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   Il viaggio di ritorno è stato lungo e silenzioso. Nonostante tutto mi sentivo rilassata, non mi capitava di stare così bene da molto tempo. Per una volta, sono riuscita a riposare bene. Tutto grazie a Hvitserk. Mi erano mancate le sue braccia, sentite il suo caldo respiro sul collo e il battito del cuore vicino al mio orecchio che mi cullava dolcemente.
  Al ritorno al campo, ci hanno accolti con impazienza. Tutti con milioni di domande a cui non potevamo dare risposte altrettanto positive.
Ubbe mi aiuta a scendere da cavallo e mi guarda speranzoso, ma il sorrise gli muore sul nascere quando vede la mia espressione. Vorrei poter dire che il fratello ha accettato l'accordo per qui siamo stati mandati là, ma non è così.
Ivar è fin troppo determinato.

  <<Non hanno intenzione di fare un accordo>> dice Bjorn dopo un lungo momento di silenzio. Ubbe appoggia le mani allo schienale della mia sedia e lo stringe con forza. <<Dobbiamo combattere dunque?>> chiede Ubbe ed il fratello maggiore annuisce. <<Combatteremo per il retaggio di mio padre>> afferma il figlio di Lagertha. Appoggio le braccia al tavolo e raddrizzo la schiena. <<Noi ci abbiamo creduto. Noi abbiamo compreso che un semplice agricoltore dalla Norvegia abbia rischiato la vita per esplorare il mondo, affinchè il popolo potesse prosperare>> continua parlando con enfasi e guardando tutti i presenti. Bjorn ha ragione. Questo era Ragnar, era il suo sogno, e noi dovremmo fare lo stesso.
  <<Se Ivar vince, il sogno di Ragnar svanirà>> quasi non mi rendo conto di averlo detto ad alta voce, ma lo capisco quando gli occhi sono tutti puntati su di me. Inizio a perdere speranza e la mia fiducia nella nostra causa vacilla.
<<Allora prepariamoci. Le scelte semplici hanno i loro vantaggi no?>> chiede Ubbe, appoggiando una mano sulla mia spalla e una su quella di Torvi, seduta accanto a me. <<Non conosciamo i piani di Ivar. Non possiamo lasciare Kattegat senza difese>> Lagertha dice la sua, facendoci annuire. <<Dovremmo mandare un numero consistente di guerrieri alla città>> continua senza però tener conto dell'elevato numero di franchi uniti all'esercito di re Harald.

  <<Gli dei hanno già deciso l'esito di questa battaglia>> si intromette Halfdan, zittendo tutti. Quella semplice frasi mi fa raggelare il sangue nelle vene. Come possono gli Dei volere questa guerra? Appoggio la mano sulla pancia e sospiro. Gli Dei hanno voluto che io avessi questo bambino, ma ora fanno scoppiare una guerra.

****

  Passo lentamente la pietra sulla lama della spada, il suono stridente e ripetitivo riempie l'aria silenziosa della tenda. La luce fioca delle torce tremola, riflettendosi sul metallo lucido, mentre osservo attentamente controluce i risultati del mio lavoro. Ogni graffio, ogni imperfezione deve essere eliminata; in battaglia, una lama affilata può fare la differenza tra la vita e la morte.
Tra tutte le persone che incontrerò sul campo di battaglia, l'unica che non voglio vedere è Hvitserk. Il solo pensiero mi stringe il cuore in una morsa dolorosa. Ciò che gli ho detto la notte scorsa era vero: sono stanca di essere sempre separata da lui. Se gli dei volevano che stessimo insieme, perché continuano a dividerci?

  Il vento freddo s'insinua tra le pieghe della tenda, portando con sé l'eco distante dei preparativi per la guerra, un misto di voci, il clangore del metallo e il fruscio delle armature.
Ultimamente stanno succedendo davvero molte cose. Alzo lo sguardo e osservo attraverso l'apertura della tenda la nostra regina Lagertha e il vescovo cristiano discutere a bassa voce, i loro visi illuminati dalla luce del sole che filtrata attraverso le fronde degli alberi, creando ombre danzanti. Si confrontano e bevono birra insieme, i loro sguardi si incrociano spesso con una dolcezza che non passa inosservata.
Credo che tra Lagertha e il vescovo ci sia del tenero. Così come tra Torvi e Ubbe, che ridono insieme vicino al fuoco, e tra Bjorn e la principessa Snaefrid, i cui sguardi carichi di amore parlano più di mille parole.
  Sembrano tutti felici con i propri compagni e compagne, mentre io mi ritrovo a dover combattere contro l'amore della mia vita. La consapevolezza che sto aspettando un figlio da lui rende il tutto ancora più doloroso. Il pensiero di Hvitserk mi invade la mente, e il suono della pietra che scivola sulla lama diventa quasi ipnotico, un tentativo disperato di allontanare la sofferenza che mi lacera il cuore.
Fuori, la notte avanza, avvolgendo il campo in una coltre di oscurità, mentre io mi perdo nei miei pensieri, preparandomi per l'inevitabile.

  Immergo le dita nella ciotola e le passo sul viso, creando il mio solito trucco da battaglia.
Un falco si posa accanto a me, sul tronco dell'albero caduto sul quale sono seduta.
Con un gesto della mano saluto l'animale e questo si posa sulla mia spalla.  Sgrano gli occhi
<<Non dirmi che sei il mio animale guida?!>> affermo osservando gli occhi gialli del rapace. <<Perfetto.. ora parlo anche con gli animali>> sussurro a me stessa, sospirando. Gli accarezzo le piume delle ali e appoggia la piccola testa contro la mia, chiudendo gli occhi.
Mi alzo dal tronco e cammino velocemente verso il resto dell'esercito.
<<Ti sei fatta un nuovo amico?>> mi chiede Lagertha guardando meravigliata l'uccello appollaiato sulla mia spalla.
Il trucco nero che ha intorno agli occhi gli risalta maggiormente le iridi chiare.
<<Mia madre diceva che se un falco ti si posa sulla spalla, è stato mandato da qualcuno a te caro che si trova nel Valhalla>> rispondo facendo sorridere la regina.
Mi da una pacca sulla spalla e la seguo, restando in testa al resto degli uomini. Il falco spicca il volo, sorvolando il campo di battaglia prima di sparire oltre la vegetazione.

La regina impugna la spada con una determinazione feroce e, abbassandola velocemente, ci dà l'ordine di attaccare. Un grido di battaglia si alza dalla nostra linea, un ruggito collettivo che rimbomba nel cuore di ogni guerriero. Sollevo l'arco e scocco la freccia che, insieme a tutte le altre, crea una pioggia appuntita che si abbatte sui nemici con un sibilo mortale. Il cielo sembra oscurarsi per un istante mentre le frecce volano, disegnando archi letali nell'aria.
Lascio l'arco a qualcuno alle mie spalle e prendo la spada che tengo sulla schiena. Il metallo freddo è rassicurante nella mia mano, e il suo peso familiare mi dà forza. Corro in direzione dei nemici stringendo lo scudo a proteggermi il più possibile. Il terreno sotto i miei piedi è fangoso e scivoloso, impregnato del sangue e del sudore di chi ha già combattuto qui prima di noi.
Con il filo della lama colpisco un uomo, la sua espressione di sorpresa dura solo un attimo prima che cada. Un altro nemico si avvicina, e con un movimento fluido, ruoto su me stessa, parando un paio di colpi con agilità. Le lame si scontrano con un clangore assordante, e sento le vibrazioni percorrere il mio braccio fino alla spalla. Alzo lo scudo e lo uso per spingere indietro il mio aggressore, che barcolla per un attimo, il tempo sufficiente per prepararmi al prossimo attacco.
Un uomo cerca di colpirmi alla testa con la sua ascia, e mi abbasso di colpo, sentendo l'aria fendersi sopra di me. La sua arma manca il bersaglio, e con un movimento rapido e preciso, colpisco dietro il suo ginocchio. Questo cade a terra agonizzante, la sua voce si spezza in un grido di dolore. Fa per alzarsi, ma con la punta della spada gli trafiggo il petto, spegnendo la sua vita con un solo colpo netto.
Intorno a me, il campo di battaglia è un caos di suoni e movimenti: urla, clangori di metallo, il rombo sordo dei corpi che cadono. L'odore del sangue e del sudore è opprimente, eppure in mezzo a tutto questo, sento una strana calma, una determinazione incrollabile.

  <<Complimenti, sei viva e vedo che sei in attesa. Non me lo sarei mai aspettato.>> Questa voce.
Speravo che non l'avrei mai più sentita. Stringo la mano intorno al manico di cuoio della spada e mi volto lentamente. E' cambiato negli ultimi sette mesi, ora non ha più i capelli lunghi e ha la barba abbastanza incolta. Un tatuaggio blu gli contorna l'occhio e il collo.
<<Il tuo ragazzo ha giurato che mi avrebbe ucciso, ma non l'ha fatto>> ghigna.
Quell'odioso sorrisetto che mi fa tremare le mani dalla rabbia. <<Nils. Brutto figlio di puttana>> urlo così che mi possa sentire. Lui alza la spada e la punta contro di me. <<L'ultima volta che ti ho vista, eri appesa ad un albero e urlavi. Urlavi come una bambina. Mi pregavi di lasciarti andare>> mi punzecchia. Iniziamo a camminare in tondo, senza levare gli occhi l'uno dall'altra. <<Hai fallito. Hai deluso il tuo Jarl>>. Affermo a denti stretti. Muove un passo in avanti e indietreggio di uno. <<L'unica delusione che gli ho dato, è stata non aver finito il lavoro con tuo padre ma, tanto è morto ugualmente>> alle sue parole smetto di respirare.

Era lui l'uomo che ha ferito a morte mio padre? Il pensiero mi attraversa la mente come un fulmine mentre guardo il nemico cadere a terra. L'uomo incappucciato, senza identità, che nella notte ha cercato di rubarci la barca.La memoria di quella notte è vivida. L'aria era fredda e umida, il mare in sottofondo cantava una nenia inquietante. Mio padre si era alzato per controllare qualcosa sulla barca, il nostro prezioso mezzo di sostentamento. Fu allora che lo vidi: una figura scura, incappucciata, che si muoveva furtivamente nell'ombra. Mio padre affrontò l'intruso con coraggio, ma non aveva visto il pugnale che scintillava nella notte.

Veloce come il vento, parte il suo primo affondo. Lo paro con lo scudo, ma la forza del colpo mi costringe a retrocedere. Sento i muscoli del braccio tendersi sotto la pressione. Alzo la spada e mi ritrovo faccia a faccia con lui. <<Bellissima come sempre>> dice con un ghigno. Ne approfitto per tirargli una testata, il suono sordo dell'impatto mi rimbomba nelle orecchie.Nils barcolla, ma si riprende in fretta, afferrandomi per la treccia e tirandomi la testa indietro. Sento il dolore acuto del cuoio capelluto tirato al limite. La sua mano si stringe intorno al mio collo, sollevandomi da terra. <<Sai, tra tutti i bei ricordi che ho di te, il migliore è quando eri in Danimarca. In quel fienile. Tu sotto di me che gemevi mentre ti toglievo la verginità>> sussurra, la sua voce intrisa di crudeltà.

Il verso di un falco vibra nell'aria, e pochi secondi dopo, il mio falco scende in picchiata. Gli artigli affilati attaccano il viso di Nils. Lui urla di dolore e mi lascia andare. Cado a terra, l'aria fredda che riempie i miei polmoni con bruciante sollievo. Il falco torna a volare sopra di noi e sussurro un grazie, come se mi potesse sentire.Facendo leva sulle braccia, mi rialzo affannata. <<Finiamo questa storia>> dico a me stessa, facendo roteare la spada e avanzando verso Nils. Il sangue gli cola dall'occhio ferito, i graffi sul viso e sulle mani sono profondi. Nonostante le ferite, i suoi occhi bruciano ancora di odio.
Attacco con una serie di colpi rapidi e precisi, ogni movimento carico di furia. La mia spada incontra la sua in un clangore assordante. Paro un affondo laterale con il mio scudo, e subito dopo contrattacco, puntando alla sua gola. Nils riesce a deviare il colpo, ma solo per un soffio. Continuo a premere, colpendo con forza, cercando di trovare un varco nella sua difesa.
Con un movimento improvviso, Nils riesce a disarmarmi, la mia spada vola via dalla mia mano. Non mi arrendo. Uso lo scudo per colpirlo al fianco, e poi con un calcio lo mando in ginocchio. Recupero la mia spada in un attimo, la mano ferma e decisa mentre punto la lama al suo collo.
Per un istante, sembra che i suoni della battaglia si spengano. Posso udire solo il mio respiro pesante, il sudore che mi cola sulla fronte. Il sangue dei nemici si secca sulle mie mani. Sento il peso di tutte le sofferenze e delle ingiustizie subite. Ogni colpo, ogni insulto, ogni ferita mi spinge verso questo momento.
Punto la spada alla sua gola e stringo la mascella. <<Non vincerete>> affermo conficcando con forza la spada nel suo braccio, facendolo gridare e dimenare. Premo il piede sul suo braccio e il sangue scorre più velocemente.
Con un calcio allontano la sua arma e sgrana gli occhi. <<Dammi la mia ascia!>> grida sgranando gli occhi e cercando di alzarsi. Con un calcio lo colposco al volto. <<Non ti meriti la sala degli Dei>> affermo prima di colpirlo alla gola con un colpo rapido della spada. Mi allontano di alcuni passi. I suoi occhi si spalancano e porta entrambe le mani al collo. Un intenso fiotto di sangue rosso scuro gli bagna le mani.
Bastano pochi secondi e lo vedo contorcersi a terra.

Alzo lo sguardo e vedo Hvitserk in piedi in mezzo alla mischia. Fissa un punto di fronte a se, come se avesse visto un fantasma.
Un uomo gli corre alle spalle, brandendo un'ascia. Urlo il suo nome e corro nella sua direzione, saltando i corpi a terra.
Allungo il braccio e l'ascia del mio compagno di esercito colpisce il mio scudo, trapassandolo. Hvitserk, riprendendosi, colpisce il nemico e mi prende tra le braccia <<Stai bene? Dimmi che state bene>> si affretta a dire, prendendomi il viso tra le mani prima di accarezzarmi la pancia protetta dalla corazza di cuoio e metallo. Annuisco respirando velocemente guardando il suo volto coperto di sangue, così come il mio.

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