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Grace_C_argent ti voglio un universo di bene, ma non sclerare ok?
Ora vi lascio alla lettura😘😘
Mi giro sul fianco, prendendo un respiro profondo, e allungo il braccio verso il lato vuoto del letto. La luce fioca dell'alba filtra attraverso le tende, tingendo la stanza di un tenue bagliore dorato. Con gli occhi ancora socchiusi dal sonno, alzo la testa, cercando la familiare presenza di Hvitserk accanto a me. Il suo posto è freddo e vuoto, un'assenza che riempie l'aria di un senso di solitudine e di mistero.
Mi guardo intorno e noto Ivar seduto su una sedia. Sta affilando i suoi coltelli, ma non sembra molto concentrato.
Mi alzo dal letto, stiracchiandomi e, avvicinandomi a lui, attiro la sua attenzione.
<<Già sveglia?>> chiede, restando concentrato sul suo lavoro. Annuisco e pongo a lui la stessa domanda. <<Non ho dormito molto>> risponde, stringendosi nelle spalle. Gli chiedo il motivo e mi rivolge una smorfia. Lui sbuffa, mettendo da parte i suoi attrezzi. <<Continuo a sognare Rebeka. Vorrei che tra noi fosse come tra te e Hvitserk>> spiega e gli passo la mano tra i capelli. <<Voi avete qualcosa di diverso da noi>> affermo beccandomi uno sguardo confuso dal giovane. Appoggio la testa alla sua spalla senza dargli una risposta e sorrido. <<Non ti vedevo sorridere da molto>> mi sussurra, guardandomi con un sopracciglio alzato. Ha ragione. Negli ultimi giorni non ho avuto molti motivi per sorridere.
<<Signore. Dovrebbe venire>> interrompe il silenzio un uomo che, come una furia, entra nella sala. Ci alziamo e gli passo la stampella.
Seguiamo l'uomo per mezza York e arriviamo fino alla chiesa.
Seduti su due sgabelli di legno consumato, Ubbe e Hvitserk appaiono come ombre spezzate, i loro volti una mappa di lividi e i corpi segnati da ferite sanguinanti. La luce tremolante delle torce crea ombre danzanti sui muri di pietra della stanza, accentuando l'atmosfera tetra e soffocante. Il suono delle mie scarpe sul pavimento di pietra rompe il silenzio mentre mi avvicino di corsa, il cuore martellante nel petto.
Mi inginocchio tra loro, il freddo del pavimento che si insinua nelle mie ginocchia. I loro occhi stanchi e sofferenti incontrano i miei, e scuoto la testa, sentendo un nodo di angoscia stringermi la gola. Ogni livido, ogni taglio racconta una storia di lotta e disperazione, un ricordo indelebile di battaglie recenti.
<<Portatemi una ciotola d'acqua e dei pezzi di stoffa pulita>> chiedo con urgenza, la voce tremante.
L'odore ferroso del sangue mescolato al sudore e alla polvere riempie l'aria, mentre il fumo delle torce crea una foschia spettrale. Il silenzio è interrotto solo dal lontano gocciolare dell'acqua che riecheggia nel corridoio. Le torce gettano una luce inquietante sui volti segnati dei miei fratelli, e ogni movimento sembra carico di una tensione palpabile, come se la stanza stessa trattenesse il respiro in attesa del prossimo momento.
<<Ben tornati fratelli. Avete sete? So che non dovrei dire "ve lo avevo detto", ma... Ve lo avevo detto>> afferma Ivar restando seduto sull'altare, facendo dondolare le gambe avanti e indietro.
Lascio lo straccio bagnato nelle mani di Ubbe, se lo passa sul viso e mi sorride come ringraziamento.
Hvitserk non è conciato male, ma è comunque ben conciato. Prende anche lui lo straccio e, prima di usarlo per pulirsi, mi lascia un bacio sul naso. <<Lasciatemi indovinare. Siete andati dai sassoni per cercare un accordo, e vi hanno accolti a braccia aperte e con dolci parole>> gli uomini alle nostre spalle ridono ma li zittisco, rivolgendo loro un semplice sguardo.
Ivar lascia che i fratelli gli raccontino cosa è successo. Stringo i pugni, sentendo salire la voglia di uccidere quei sassoni bastardi.
Il senz' ossa scoppia a ridere e canzona nuovamente i fratelli. <<E voi siete stati coraggiosi, gliele avete rese giusto? Non ve ne sarete andati senza combattere>> i presenti seguono le risate del minore e mi lascio cadere a terra, sedendomi con le gambe incrociate. Le mani mi tremano e ho una voglia matta di picchiare qualcuno.
<<Stavamo solo provando..>> prova a giustificarsi Ubbe ma Ivar, arrabbiato, sbatte una mani sul marmo su cui è seduto. <<Voi avete sbagliato! Avete dimostrato debolezza! Siete fortunati a essere vivi. E questo è finalmente il tempo in cui voi, riconosciate me, quale capo di diritto del grande esercito>> sbatto le palpebre un paio di volte e richiamo lentamente il suo nome.
Ubbe si alza e cammina verso il più piccolo <<Quale fratello maggiore, non potrò accettare mai e poi mai una cosa del genere. Sarebbe come se tradissi i miei doveri>> si volta verso la folla e apre le braccia. <<Non dovrei farmi carico del nostro popolo?>> Chiede e Ivar commenta nuovamente. <<Non sembra tu abbia messo tutta questa cura in questo>> dice.
Ubbe si volta verso di lui, ma lo storpio inizia a sussurrare all'orecchio di un uomo. Il maggiore lo riprende un paio di volte, richiamandolo, ma Ivar non lo ascolta neanche.
Ad attirare la sua attenzione sono io. Afferro uno degli stracci imbevuti di acqua e sangue e glielo lancio, colpendolo in faccia. Lo sguardo che mi rivolge è fastidio e rabbia. <<Ivar! Ubbe ti sta parlando. È tuo fratello ed è più vecchio di te. Dovresti portare un po' più di rispetto. Non puoi continuare a combattere senza i tuoi fratelli>> grido facendo sussultare la maggior parte degli uomini presenti.
I nostri sguardi non si staccano un secondo e, sono più che sicura, se non fossi la sua migliore amica, mi avrebbe già uccisa. <<Tu vuoi fare la bella contadinella con Ubbe, o combattere con me?>> Chiede e mi passo la punta della lingua tra le labbra.
<<Io non combatterò con te Ivar>> rispondo, mantenendo un tono calmo e freddo. Lui sgrana gli occhi, sorpreso dalle mie parole che lo hanno colpito dritto nel profondo.
<<Io, Hvitserk e Martha, torneremo domani a Kattegat con i nostri uomini>> sentenzia Ubbe appoggiandomi una mano sulla spalla. Lo storpio ci guarda e annuisce lentamente. <<Se questa è la vostra decisione>>. Il suo tono mi fa male. È così menefreghista al riguardo, come se tutta la nostra vita, ciò che abbiamo sempre fatto l'uno per l'altro non sia mai successo. Come se fossimo estranei.
Usciamo dalla sala sotto gli occhi di tutti. Una ragazza bionda, con gli occhi azzurri contornati dal trucco nero, della nostra stessa età, mi si piazza davanti con lo sguardo piegato in disgusto. <<Levati>> le dico a denti stretti ma lei sembra non sentirmi. <<Spostati o ti infilerò la mia spada in gola>> affermo a denti stretti. Ci guardiamo per diversi minuti ma poi muove un passo di lato e la sorpasso.
All'ultimo momento Hvitserk si ferma e torna dal fratello minore. <<Hvitserk che cosa fai?>> Gli chiedo e come unica risposta abbassa lo sguardo, posizionandosi accanto al fratello.
La ragazza di prima fa un sorrisetto strafottente e sussurra: <<Qualcun'altra prenderà il tuo posto >> cerco di scattare verso di lei ma Ubbe mi trattiene. La bionda fa un passo indietro e mi guarda. <<Ti strapperò la lunga con le mie stesse mani se proverai a parlare ancora>> lei sbianca e vengo trascinata via dal maggiore dei fratelli.
Non posso credere che Hvitserk abbia preferito Ivar a noi.
****
Mi tengo le ginocchia strette al petto, cercando conforto nel calore del mio stesso abbraccio. Davanti a me si stende la costa frastagliata e rocciosa, le scogliere scolpite dal tempo che si tuffano nel mare. L'acqua, stranamente calma, riflette la tiepida luce del tramonto in sfumature dorate e arancioni che danzano sulla superficie. Non è bello come i tramonti di Kattegat, ma ha una bellezza selvaggia e cruda che toglie comunque il fiato.
Il vento leggero porta con sé il salmastro dell'oceano, mescolato all'odore della terra e delle alghe. Il suono ritmico delle onde che lambiscono la riva crea una melodia ipnotica, un sottofondo perfetto per i miei pensieri tormentati. Ogni respiro che prendo è riempito dalla pace di questo momento, una tranquillità di cui ho disperatamente bisogno dopo gli avvenimenti tumultuosi dell'ultimo periodo. Chiudo gli occhi per un istante, lasciando che la serenità di questo luogo mi avvolga, cercando di scacciare le ombre della mia mente. La natura selvaggia e indomita del paesaggio mi ricorda la mia stessa forza interiore, ancora intatta nonostante tutto. Questo rifugio temporaneo mi offre un frammento di pace, un momento di respiro nel caos della mia esistenza.
Ivar è il mio migliore amico, ma ultimamente sta facendo troppe mosse impulsive. Anche se si rivelano geniali per la maggior parte delle volte.
È una delle persone a cui tengo di più al mondo, da piccola immaginavo che fosse lui il mio fratellino; penso che se fosse ancora vivo avrebbe quasi la stessa età di Ivar.
Qualcuno, e so bene chi, si siede accanto a me. All'inizio non dice nulla, guarda un po' il tramonto e un po' me.
<<Ti prego Martha, resta anche tu>> sussurra chiudendo gli occhi per qualche secondo.
Scuoto la testa e alcune ciocche di capelli mi scivolano dalla treccia laterale, troppo larga. <<Sei ripetitivo Hvitserk>> volto la testa verso di lui, alludendo alle ultime tre ore in cui non ha fatto altre che richiedermelo, trovandolo a guardarmi di già. <<Perché vuoi andartene?>> mi chiede corrugando la fronte.
Faccio un respiro profondo e arriccio il naso. <<Lo sai perché>> rispondo forse un po' troppo acidamente. <<No. Non lo so>> ribatte con il mio stesso tono. Penso che si sia stancato di essere trattato male da me, ma non lo faccio apposta.
Mi alzo in piedi, ignorando volontariamente la sua affermazione e il tono scortese.
Anche lui si alza e mi afferra per un braccio.
Mi rassegno al pensiero della nostra imminente discussione.
<<Hvitserk. Ivar è un folle. Ha diviso la vostra famiglia e lo sta facendo per dimostrare di essere un uomo. Ma ancora non ha capito che non deve dimostrare niente a nessuno>> affermo con tono arrabbiato, cercando comunque di non alzare la voce.
Il ragazzo davanti a me, distoglie gli occhi dalla sottoscritta per qualche secondo, ma non allenta la stretta intorno al mio avambraccio. <<Anche tu la pensi come me, ma nonostante questo stai dalla sua parte perché.. >> continuo ma vengo interrotta da lui. <<No. Tu non sai il perché>> ribatte tra i denti puntandomi l'indice contro, l'espressione arrabbiata sul volto.
Stringo i pugni lungo i fianchi e socchiudo gli occhi. <<Tu non lo fai perché condividi le sue idee. Lo fai per attirare l'attenzione, per sentirti importante. Lo fai nella speranza che le generazioni future ti ricordino>> ammetto, a voce forse un po' troppo alta.
Ora come ora vorrei che mi urlasse contro, che mi dicesse le peggio cose, e invece se ne sta con la testa china e le braccia conserte, perciò continuo.
<<Sei così voglioso di gloria e fama da non accorgerti che a certe persone non interessa che tu sia sulla bocca di tutti>> parlo gesticolando e spostandomi i capelli dal viso. Finalmente Hvitserk alza la testa. <<È solo questo il motivo per cui te ne vai? O perché con te ci sarà Ubbe?>> chiede senza far trapelare la minima emozione dalla voce.
Quella ad essere confusa, e sconvolta, adesso sono io. Aspetto in silenzio alcuni istanti. <<Stai insinuando che ci sia qualcosa tra me e Ubbe?>> chiedo sconcertata e lui annuisce. <<Si, esattamente. Dopotutto ultimamente avete passato molto tempo insieme. Magari oltre che parlare avete fatto altro>> ipotizza scrollando le spalle, con fare ovvio. Mi prendo il viso tra le mani e poi le appoggio sui fianchi. <<Tu sei andato fuori di testa se pensi che ti potrei tradire>> ora davvero non mi importa di tenere la voce bassa. <<Ah no? E perché? Mi hai già tradito una volta. Chi mi dice che non lo rifaresti?>> il suo tono così calmo mi fa arrabbiare ancora di più e gli lascio un ceffone sul viso.
Speravo sarebbe finita, che come sempre si prendeva lo schiaffo e capiva di avermi fatta arrabbiare, e invece, a sua volta, mi tira uno schiaffo. Dopo che la sua mano ha colpito la mia guancia mi ritrovo a terra dolorante.
Mi alzo e passo il dorso della mano sulla bocca, levando un po' di sangue che esce dal labbro spaccato. Mi guarda con gli occhi spalancati. Evidentemente anche lui non si aspettava di fare questo gesto. Però, lo ha fatto.
Faccio per allontanarmi, ma mi afferra nuovamente il braccio. <<Ti prego Martha, non te ne andare. Mi dispiace, io non..>> inizia ma ad interromperlo questa volta sono io.
<<Molto probabilmente Ivar farà una guerra contro Lagertha e io starò dalla parte della nostra regina. Sarai un mio nemico su quel campo di battaglia. E se ti trovassi davanti a me, non esiterò>> affermo con tono freddo e calmo.
Cammino verso il fiume dove ho lasciato Ubbe e i suoi uomini ad aspettarmi.
Non so con quale forza ho potuto dire a Hvitserk quelle cose, ma l'ho fatto e già me ne pento. Raggiungo la riva del fiume e Ubbe mi tende la mano e mi aiuta a salire sulla nave.
Faccio un nodo alla cima e assicuro meglio la vela all'albero.
<<Attenti a voi. Certo vi deve bruciare che nessun'altro accetti di venire con voi. Nessuno è con te Ubbe, sono tutti con me>> grida Ivar e la folla lo acclama.
Mentre la nostra nave inizia ad allontanarsi, vedo Hvitserk raggiunge la riva.
Non ho il coraggio di guardarlo.
Vorrei saltare giù da questa barca e andare da lui, ma non lo faccio.
Non ci riesco.
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