32
Porto la freccia vicino allo zigomo e scocco. Con un fruscio la freccia colpisce, in pieno petto, una delle guardie in cima alle mura. Le altre sentinelle si mettono sull'attenti, danno l'allarme, ignari della folla di norreni ammassati sotto di loro.
Abbasso l'arco, lasciando il posto ad un'altra guerriera, ed estraggo la mia spada. La faccio roteare prima in avanti e poi all'indietro, avanzando verso gli altri mie compagni. Alcuni uomini avvicinano delle scale a pioli al muro di cinta, iniziando a salirci sopra, coperti dagli arcieri.
Io e Ubbe siamo tra quelli che stanno salendo sulle mura.
Colpisco al petto un nemico, affondando la punta della lama nella carne. Ubbe scaglia la sua ascia contro un altro, per poi chinarsi a recuperare l'arma. Un omone grande e grosso mi corre contro, sollevando la sua spada con fare minaccioso. Mi scanso a destra e con un calcio lo faccio finire di sotto, proprio in mezzo al cortile. Scendiamo nella piccola piazza e Ubbe si avvicina al portone di legno mentre io gli copro le spalle. Un Sassone sbuca dal nulla, cercando di colpirmi. Mi butto a terra e, restando in ginocchio, gli trapasso la pancia e la schiena con la lama. In breve, la folla di norreni entra nella città, urlando e brandendo le loro armi. Mi sposto per lasciar passare Ivar e il suo carretto, dal quale scende Hvitserk. Anche lui si unisce alla battaglia, combattendo con maestria e attenzione, liberandosi di ogni nemico davanti a se.
Attraversiamo le strade lasciando corpi dietro ogni nostro passo. Impugno la spada con due mani e uccido un paio di uomini. Il loro sangue mi schizza addosso, ma non ci presto molta attenzione.
Mi ritrovo con la schiena contro quella di Ubbe. <<Bel giorno per uccidere dei cristiani>> scherzo sgozzando un soldato in armatura. Il ragazzo alle mie spalle ridacchia, mi afferra per un braccio e mi fa scambiare di posto con lui. Finisco il suo avversario, conficcandogli un pugnale nella gola. <<Abbiamo compagnia>> mi avvisa. La via in cui ci troviamo si sta riempiendo di uomini, arrabbiati e vogliosi di ucciderci. Si scagliano contro di noi, ma prontamente puntiamo i piedi e pariamo ogni affondo o colpo con i nostri scudi. Tiro un calcio a uno di loro, facendolo finire in ginocchio, per poi spingerlo con un piede al suolo. Gli tiro un calcio in faccia e mi concentro sul prossimo avversario. Con questo mi ritrovo a fare più fatica, ritrovandomi infatti chiusa tra il suo corpo e il muro di una casa. Punta la lama di un coltello sulla mia gola mentre, dolorosamente, mi lascia un segno poco profondo sulla pelle. Sento il sangue colare lungo il collo e cerco di allontanarlo, tenendogli le mani il più possibile lontane da me.
Con un colpo secco, un'ascia si conficca nel suo cranio e questo scivola a terra. Alzo lo sguardo su Ubbe, che tiene ancora il braccio sollevato. Lo ringrazio con un cenno del capo e raggiungiamo gli altri. Sono, per la maggior parte, fuori dal portone della chiesa, in attesa di poter entrare nel luogo sacro per i cristiani. Le porte si aprono e, dopo pochi secondi, le urla delle persone in preghiera, superano nettamente la voce del loro sacerdote. Con furia quasi animale, Hvitserk si scaglia contro i cristiani e con lui, molti altri norreni. Un uomo corre nella mia direzione e mi cade addosso. Lo guardo negli occhi, notando in essi solo terrore. Lo allontano da me, e con una spinta, gli faccio intendere di andarsene da li.
Ciò che vedo, è proprio ciò che volevo evitare. Il sangue di persone innocenti e disarmate scorre sul pavimento di pietra, mischiandosi alle lacrime e alla polvere.
Mi guardo intorno, soffermandomi su Ubbe. Sta sorreggendo una monaca completamente vestita di bianco. La depone sul pavimento e alza lo sguardo su di me. Mi avvicino di corsa dicendole di scappare il più velocemente possibile e di nascondersi. Non vorrei mai che qualcuno le faccia del male. E' una donna di dio. Anche per me è in accettabile.
Ivar fa bloccare al suolo il sacerdote, gli incide una croce sulla fronte e gli fa colare in bocca dell'oro fuso, ricavato dagli oggetti sacri trovati nella chiesa. <<Adesso bacerai la tua croce>> gli dice nella sua lingua. Lega il suo cadavere ad un cavallo e lo fa trascinare fuori dall'edificio.
<<Era proprio necessario?>> chiedo allargando le braccia, riferendomi a tutto questo. I mosaici sul pavimento sono coperti di corpi e sangue. Tiro un calcio ad un candelabro che cade con un tonfo, spargendo le sue candele sul pavimento.
Ho cercato di passare sopra al sacrificio di due bambini. Ma non accetterò mai l'uccisione di tanti cristiani innocenti e disarmati.
Mi lascio cadere al suolo, sedendomi contro la fredda roccia delle mura. Passo una pezza sulla lama della mia spada, ripulendola dal sangue appiccicoso. <<Brindo a voi fratelli miei. E alla conquista di York>> afferma ad alta voce Ivar sedendosi più dritto sul suo carretto. <<A York e ai nostri fratelli. Senza dimenticare Sigurd>> risponde Ubbe alzando il calice prima di versarne il contenuto a terra. <<Ultimamente ha la luna storta>> scherza Hvitserk facendo ridere il fratello minore, ma facendo sbuffare me. Gli lancio la pezza insanguinata, colpendolo sul volto, per poi alzarmi e andarmene anche io, avvertendo entrambi di non provare a seguirmi.
Cammino senza una meta per le strade affollate. Devo trovare un posto isolato, dove poter pensare, ma nessun posto è abbastanza silenzioso. Ho così voglia di tornare a Kattegat; mi manca la sua bellezza o il profumo delle spezie che riempivano il mercato. Negli ultimi giorni non riesco a dare pace ai pensieri che mi girano nella testa. Ho la sensazione che qualcosa in me stia cambiando, ma non riesco a capire cosa.
Due mani si posano sui miei fianchi e delle forti braccia mi sollevano da terra. <<Ti stavo cercando>> mi sussurra Hvitserk, strofinando la punta del naso contro il mio collo. Mi scanso. <<Quale parte di "Non azzardatevi a seguirmi" non ti è stata chiara Hvitserk?>> chiedo con tono brusco. In risposta lui muove due passi indietro, alzando le mani in segno di scuse.
<<Ti ho osservata oggi. Sei una vera valchiria>> si complimenta sorridendomi. Lo ringrazio rilassando le spalle fin troppo tese.
Intorno a noi si alza l'odore della carne cotta sul fuoco e inizio a sentirmi male. Mi allontano da lui, portandomi una mano sulla bocca e strizzando gli occhi. <<Stai bene Martha?>> mi chiede, accarezzandomi dolcemente la schiena. Non gli rispondo e mi allontano ancora un po', cercando un posto tranquillo. Mi siedo sul bordo della fontana e Hvitserk mi porge un bicchiere d'acqua. Pian piano inizio a sentirmi meglio e il ragazzo si inginocchia davanti a me. Appoggia le mani sulle mie ginocchia e accarezza il tessuto di cuoio dei pantaloni. <<Va meglio?>> chiede e annuisco, passando il dorso della mano sulla fronte sudata. <<Sono nervosa ultimamente. Devo assolutamente parlare con Ivar>> rispondo ignorando di proposito la sua domanda. Mi alzo e vado alla ricerca di Ubbe e del loro fratello storpio.
Arrivando davanti al luogo in cui si trova Ivar, un gruppo di uomini ci bloccano il passaggio. Questi alzano gli scudi e uno di loro mi colpisce con quest'ultimo, allontanandomi di alcuni passi. Il mio ragazzo serra i pugni e porta la mano alla sua ascia. <<Fateci passare. Dobbiamo parlare con nostro fratello>> interviene Ubbe cercando di essere diplomatico. Uno omone dai capelli bianchi si fa strada tra la gente e si para davanti al maggiore. <<Perché dovremmo?>> chiede con superiorità. <<Sai chi siamo?>> chiedo facendomi avanti, guardando dal basso il vecchio prepotente. <<Dovrò chiedere se vostro fratello vorrà parlarvi>> mi ignora, restando però a guardarmi dall'alto in basso. <<Non servirà chiedere se non avrai più la lingua per farlo. Spostati>> mi intrometto nuovamente mettendomi, questa volta, davanti a lui. Il vecchio, dopo alcuni secondi, guarda i fratelli alle mie spalle e poi ci lascia passare. <<Eh brava la mia donna>> dice Hvitserk cingendomi le spalle con un braccio.
Alcuni metri più avanti, troviamo Ivar appoggiato ad una sedia, con il torso scoperto. Un uomo gli sta tatuando la schiena. E' lui stesso a chiamarci. <<Avete dato un'occhiata? il rafforzamento delle difese sta procedendo bene>> dice e mi avvicino a lui. <<A che ti servono delle guardie del corpo Ivar?>> chiede Ubbe visibilmente stufo dei modi di fare del fratello minore. <<Hai bisogno di protezione?>> chiedo osservando il disegno blu sulla sua muscolosa schiena. <<Certo che no>>. <<E allora perché le hai?>> chiede Hvitserk appoggiandosi al alcuni barili, bevendo chissà cosa. <<Sono uno storpio, e ho bisogno di loro>> risponde con nonchalance. <<Vedi... tu non ti consulti mai con noi. Sembra quasi che credi di essere il capo del grande esercito>> inizia Ubbe, avvicinandosi ulteriormente al fratello, il quale gli da ragione. <<Tu non lo sei. Noi tre siamo i capi. Insieme, come avrebbe voluto nostro padre>> continua ma il discorso non sembra importare molto a Ivar. << Siamo più grandi di te. Non puoi lasciarci da parte, è inaccettabile>> ribatte Hvitserk alzando un sopracciglio. <<Hai ragione Hvitserk, ma per essere al vostro pari devo impegnarmi molto più di voi. Devo farvi dimenticare di essere uno storpio>> spiega Ivar raddrizzando la schiena. Mi chino su di lui e appoggio le mani sulle ginocchia. <<Ivar noi sappiamo chi sei e ti accettiamo così. Per noi non fa nessuna differenza>> dico ma il suo atteggiamento mi da subito ai nervi, facendomi cambiare nuovamente umore nell'arco di poche ore. <<Non cercare di farci sentire dispiaciuti per te. Perché non lo saremo mai>> termino la mia frase addolcendo un po' il tono. Mi rivolge un sorriso un po' tirato, come il mio d'altronde, e mi allontano da lui.
<<Sta arrivando un grande esercito sassone. Credevo lo sapessi già>> dice Ubbe e, insieme a me e Hvitserk, ce ne andiamo da li.
Cammino ancora per alcuni metri, colpendo con un lungo e spesso ramo i cespugli più bassi. <<Dovevo tornare a casa con Rebeka>> bisbiglio tra me e me, ricordando di averla rassicurata dicendole di tornare a Kattegat perchè l'avremmo raggiunta presto. Solo ora mi rendo conto che andare con lei, come mi aveva proposto, non sarebbe stata affatto una brutta idea.
In pochi secondi però mi ritrovo piegata in due mentre rigetto in mezzo alla vegetazione l'interno del mio stomaco.
Mi stringo le mani sull'addome e sento dei passi veloci venire verso di me. Una mano mi tira indietro i capelli, mentre un'altra si posa sul mio petto. Ubbe mi sussurra di stare tranquilla e, una volta smesso, mi aiuta a stare in piedi. Strappa un pezzo della sua tunica, dandomela per ripulirmi la bocca. <<Meglio?>> chiede e annuisco. Con la mano mi fa segno di avvicinarmi a lui e, acconsentendo, mi ritrovo stretta tra le sue braccia. Mi accarezza la schiena dolcemente. <<Tu hai bisogno di riposo. Non sei ancora guarita dalle ferite e dalla tua malattia>> sussurra e chiudo gli occhi, beandomi delle sue attenzioni mentre gli do ragione.
Ho scritto questo capitolo su Word e mi sono detta <<saranno si e no 400 parole. E' troppo corto>>. Beh... a dire il vero sono circa1428 parole.
Un bacione a tutti!
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