30.
Stringo le braccia intorno al collo di Bjorn mentre mi tiene sollevata da terra. <<Smetteremo mai di salutarci e dirci addio?>> chiede facendomi dondolare da una parte all'altra prima di rimettermi con i piedi a terra. Appoggia la fronte alla mia sorridendo. <<Mi raccomando, non fare cose stupide>> sussurro guardandolo da sotto le ciglia. Lui appoggia le grandi mani sulle mie spalle e sorride. <<Mi mancherai piccola Martha>> sussurra attirandomi contro il suo petto muscoloso. Lo guardo prendere le sue cose e salire sulla barca. Si allontana con la piccola flotta che ha scelto di seguirlo e lo saluto con la mano alzata finché non svolta in un'insenatura, sparendo alla mia vista.
che seguo lungo la sponda finché la vela gonfiata dal vento non lo conduce troppo lontano.
Cammino lentamente, seguendo le indicazioni che mi sono state date, spostando i rami degli alberi intorno a me. Mi è stato detto che Floki voleva vedermi. Mi chiedo il perchè di questa segretezza. Ma poi ricordo che è di mio zio che sto parlando; la segretezza fa parte di lui.
Ad un certo punto vedo una zona con pochi alberi, piena di costruzioni e pile di legname sparse qua e là. E poco più avanti il carretto di Ivar.
<<Zio>> affermo ad alta voce avvicinandomi allo scheletro di una piccola nave, sul quale lui sta lavorando. <<Che bel modellino>> dico accarezzando con una mano il legno chiaro.
<<Non è un modellino. È una nave per un solo uomo>> mi risponde Ivar guardandomi dal basso. Probabilmente mi ha detto ciò che gli è stato spiegato da Floki in precedenza.
<<Non mi servirà l'aiuto di nessuno per manovrarla>> dichiara con tono abbastanza tranquillo il costruttore di navi. <<Che significa?>> chiedo ma nessuno dei due risponde.
<<Non vorrai mica partire anche tu vero?>> do voce ai miei pensieri alzando la testa verso l'uomo che si aggira sulla quasi imbarcazione. <<Dove decideranno gli dei io andrò>> risponde pacato con una piccola risata, continuando il suo lavoro maniacale. Stringo le labbra in una sottile linea e mi stringo le braccia al petto, un po' per il freddo e un po' perché, improvvisamente, mi sento sola. Quasi abbandonata. <<Non voglio che tu vada. Ho ancora bisogno di te nella lotta contro i cristiani>> gli dice Ivar dopo alcuni secondi di silenzio. Ma Floki sembra non ascoltarlo. Osservo mio zio e sospiro. Scommetto che questo pensiero gli girava nella testa da molto tempo. <<Ti prego, non te ne andare. Sai che per me sei sempre stato come il mio vero padre>> lo prega ancora lo storpio. Lo guardo rimanendo un po' stupita. Non sapevo che Ivar provasse questo per mio zio.
<<Il tuo vero padre era Ragnar Lothbrok, l'uomo più famoso di tutto il mondo. Non dimenticarlo mai Ivar. O sappi che gli dei ti puniranno per questo. Ora, lascia che finisca la mia barca>> non ho mai sentito mio zio così serio e allo stesso tempo minaccioso.
<<Non puoi andartene zio>> dico cercando di reprimere l'angoscia. <<Senza te io, e anche Martha, saremmo soli>> continua Ivar con la voce incrinata, abbassa la testa e mi inginocchio accanto a lui. Gli stringo un braccio dietro le spalle e, finalmente, Floki scende dalla nuova costruzione con un piccolo balzo. Si piega davanti a noi e ci guarda a turno. <<Io devo partire. Senza Helga non ho più nulla qui. Oltre a te Martha, ma ormai sei adulta e puoi cavartela da sola>> afferma alzando le spalle. Ha ragione, ma il senso di vuoto si mischia alle mille domande e suppliche nella mia testa. Mentre abbraccia il giovane vichingo, nella speranza di poterlo consolare, mi metto in disparte.
Mi sta abbandonando anche lui. Perché gli dei voglio questo? Sono un'orfana, non ho più una zia che mi coccoli e tra poco il mio amato zio partirà probabilmente senza fare mai più ritorno. Mi mordo l'interno della guancia mentre una scintilla di paura mi invade, rischiando di crescere e prendermi completamente. Mi sento chiusa in una gabbia invisibile, mi manca l'aria e non riesco a non strofinare le mia mano tra loro.
<<Non hai bisogno di me. Martha è una compagnia migliore. Lei non ti tradirà mai Ivar il senz'ossa, flagello degli uomini>> afferma Floki all'improvviso alzando lo sguardo dallo storpio a me. Il labbro mi trema e per fermarlo lo prendo tra i denti. Mi siedo a terra passando i palmi delle mani sui pantaloni di un marrone scuro. Ivar scuote la testa e si allontana decidendo di rinunciare a questa discussione che sa di aver perso in partenza. Striscia verso di me, fermandosi al mio fianco. Restiamo entrambi in silenzio ad osservare Floki che continua il suo lavoro indisturbato.
Bjorn è partito da alcune ore ormai. Con le prime luci del nuovo giorno, partirà anche Floki seguendo l'istinto e la rotta che, secondo lui, gli forniranno gli Dei.
****
<<Non andartene zio. Per favore non lasciarmi anche tu>> dico restando sul pontile con le braccia incrociate. Floki si avvicina a me, mi accarezza la guancia e appoggia la fronte alla mia. Mi bacia la fronte e lo guardo negli occhi. Come se questo gesto significasse un discorso, uno che solo noi possiamo comprendere. <<Devo farlo Martha. E' il mio destino>> ridacchia a voce bassa accarezzandomi il collo con una mano callosa e ruvida. <<Pensavi di andarcene senza dirci niente. Eh Floki>> la voce di Ubbe mi fa voltare verso di lui che, con passo tranquillo, raggiungere la sponda del fiume seguito da Hvitserk. <<Volevo risparmiarvi la fatica di tentare di fermarmi>> dichiara Floki caricando sulla sua imbarcazione provviste e altra roba. <<Lo faremo comunque>> risponde a tono Ubbe, alzando le spalle. <<Non potete. Diciamoci addio nel modo migliore invece>> risponde velocemente, raggiungendo i figli di Ragnar sulla riva. Abbraccia prima Ubbe e poi Hvitserk e si ferma a guardare Ivar. <<Tu. Pazzo dalle gambe storte. Resta. Abbiamo bisogno di te quanto ne aveva nostro padre, e, invece, decidi di svignartela. Codardo>> dice stringenti gli occhi. <<Alzati e dimmelo in faccia>> lo sfida Floki, sorridendo leggermente. Lentamente alza lo sguardo su di me e apre le braccia, con passo svelto mi ci precipito contro. <<Martha: sono fiero di te, così come lo era Helga. Così come lo era tua madre. Siamo fieri di te>> mi sussurra scompigliandomi i capelli ancora una volta lasciati sciolti. Vorrei ribattere, gridare e minacciarlo di inchiodarlo ad una roccia come hanno fatto con il dio Loki se prova a partire. Ma le parole mi muoiono in gola e gli occhi mi pizzicano per le lacrime.
Si allontana da tutti, sale sulla sua nave e molla gli ormeggi. Inizia a remare verso il mare aperto e tutti lo guardano dalla riva, senza dire una parola se non "onore a Floki".
****
Le candele e le torce illuminano quel che basta per poterci vedere in faccia. Siamo seduti intorno ad un tavolo rotondo, mentre in silenzio ceniamo. Hvitserk mi accarezza la gamba da sotto al tavolo, sorridendomi ogni tanto. Questa volta non è un gesto di malizia, ma semplice dolcezza e rassicurazione.
<<Parlando per nostro padre, penso dovremmo colonizzare la terra dataci da Ecbert. I sassoni sono nel caos e questa è una buona opportunità. Abbiamo le risorse per creare un vero insediamento>> rompe il silenzio Ubbe. Appoggio le braccia sulla superficie di legno e mi verso un po' di birra nel calice di osso. <<Tu che ne pensi Ivar? Concordi?>> gli chiede Hvitserk portandosi alla bocca un pezzo di carne. <<Non voglio sciogliere l'esercito. In realtà, voglio continuare la guerra contro i sassoni; visto che siamo in una posizione di forza>> risponde e lo guardo con un sopracciglio alzato. Sono stanca di combattere. Non facciamo altro che versare sangue e seppellire i nostri morti dal nostro arrivo in Britannia.
Sorseggio la bevanda alcolica e cerco di seguire il ragionamento del giovane ma la mia mente è lontana. <<Dovremmo tornare a nord e costruire un insediamento, come dici tu, ma sulla costa; così da poter razziare dove ci pare>> io e Hvitserk ci guardiamo e Ubbe continua a parlare <<Nostro padre non voleva che fossimo solamente razziatori>>.
<<Non stai ascoltando fratello. Dobbiamo avere una roccaforte. Al nord saremmo più vicini alle nostre terre, alle rotte marittime. Potremmo insediarci in una fortezza inespugnabile>> Lo interrompe Ivar. Quest'ultimo mi guarda chiedendomi se c'è un posto con queste caratteristiche nel territorio di Aelle. Sospiro cercando di fare mente locale, ricordandomi la geografia del posto in cui ci troviamo. tanti villaggi e piccole città di dubbia importanza per Ivar e il suo piano di conquista. Poi la mia mente raggiunge un ricordo preciso. <<Ci sarebbe una città di nome York. È stata costruita dai Romani, sulle rive di un grande fiume e non è molto distante dal mare>> rispondo guardando un po' tutti. Ivar batte la mano sul tavolo e mi indica. <<Dovremmo prenderla. Sarà la nostra tattica. Insediarci al centro del paese significherebbe essere circondati da nemici. A York saremmo più vicini a casa. Giusto Hvitserk?>> abbasso la testa sul mio piatto mezzo vuoto e Hvitserk ammette di essere d'accordo con il fratello minore. Ubbe rivolge ai due un sorriso tirato e, prendendo il suo piatto, si alza, camminando per l'ampia tenda. Lo seguo con lo sguardo, confusa. <<Tu che ne pensi Martha?>> mi chiede Ubbe, senza levare gli occhi dal fratello storpio. Prendo un altro respiro e mi lecco le labbra. <<Penso che non sia così importante prendere York. Dovremmo costruire una roccaforte nelle terre che ci sono state concesse>> rispondo appoggiandomi allo schienale della sedia tenendo la testa bassa. Ivar appoggia il suo bicchiere e mi guarda stringendo gli occhi. <<Pensavo fossi d'accordo. Dopotutto l'idea di York è stata tua>> mi dice sporgendosi un po' di più. Scuoto la testa e mi gratto il retro del collo. <<No Ivar. Tu mi hai chiesto se ci fosse una roccaforte e io ti ho risposto>> rispondo gesticolando stringendomi nelle spalle mentre un senso di malessere si insinua in me. <<Pensavo saresti sempre stata d'accordo con me>> continua guardandomi di traverso. Arriccio il naso e passo la mano sugli occhi. <<Sono d'accordo con la tua idea Ivar. E' solo che, secondo la mia esperienza, cercare di conquistare quella città sarà un massacro. Pensi davvero che i sassoni non si aspettino questa mossa? Credi che ci diano la città come se fosse un regalo con tanto di fiocco rosso sopra?>> chiedo mettendomi più dritta sulla sedia. Hvitserk, ancora accanto a me, osserva la discussione in silenzio. Non ha il coraggio di immischiarsi.
<<Siamo più forti di loro>> continua il mio interlocutore, indicando a vuoto dietro di lui. <<Ivar. Non puoi permettere che i tuoi uomini muoiano per una città di per se inutile. York è in piedi da tantissimo tempo, è praticamente in rovina. Vuoi davvero che tantissimi dei tuoi uomini muoiano per conquistare una città che crolla a pezzi?>> chiedo e dal suo sguardo capisco che non cambierà minimamente idea. Decido di rinunciare alla discussione e, dicendogli di fare come vuole, mi appoggio allo schienale della sedia, scivolando leggermente verso il basso per stare più comoda.
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