28.
Tutti parlano di quanto sia bello il Valhalla, ma qui non ci sono lunghe tavolate, ne musica. C'è il sole, la costa e l'erba verde. Sono sulla porta di una graziosa casa di campagna e la brezza proveniente dal mare mi accarezza il viso. Un bambino di circa quattro anni corre da una parte all'altra della spiaggia insieme ad un cane dal pelo grigio. Il piccolo ha un groviglio di capelli castani e mossi e due occhioni verdi. Il cane gli gira intorno facendolo ridere. Porta l'attenzione dall'animale a me e mi saluta con la mano saltellando sul posto. Ricambio il gesto e la mia attenzione viene catturata dal pianto di un neonato. Mi giro e vedo dentro casa un piccolo lettino e due manine che sbucano da esso. Mi avvicino e, sporgendomi, mi affretto a prendere tra le braccia la piccola bimba che piange. La coccolo un po e in breve si calma iniziando a succhiarsi il pollice della mano destra. Sorrido intenerita e non bado troppo al lontano nitrito di un cavallo. Mentre cullo la piccola il bambino che ho visto sulla spiaggia corre in casa. <<Mamma, mamma... sta tornando papà>> grida saltando da un piede all'altro prima di correre di nuovo fuori, rischiando di inciampare nel cane. Lo seguo giusto in tempo per vedere Hvitserk avvicinarsi a cavallo e nostro figlio corrergli incontro. Il mio amato vichingo smonta da cavallo e prende in braccio il figlio facendolo girare in aria. Insieme si avvicinano a me. Hvitserk non perde tempo e mi bacia per poi accarezzare la testa alla figlia <<mi siete mancati>> dice.
Spalanco gli occhi respirando profondamente. Mi sento come se avessi trattenuto il respiro troppo a lungo. La tenda è silenziosa, la vita al di fuori pare sempre la stessa. Bjorn è accanto a me e, accortosi del mio rinsanimento, si avvicina maggiormente. <<Che sollievo vederti sveglia>> dice accarezzandomi delicatamente la fronte. Ho male ovunque, anche il solo respirare è una tortura. <<Cosa è successo? Dove siamo?>> gli chiedo e la gola mi brucia come se al suo interno scorresse fuoco. <<Hai dormito per sei giorni>> risponde senza smettere di coccolarmi. Mi guardo intorno e poi guardo me. Ho una benda sporca di sangue che mi fascia la coscia, diversi altri bendaggi su addome e braccia. <<Dov'è Helga? Voglio ringraziarla per avermi aiutata>> dico sorridendo al figlio di Lagertha. Lui abbassa lo sguardo e si passa la mano dietro al collo <<Bjorn, dovè Helga?>> gli chiedo un paio di volte alzando la voce. <<Martha mi dispiace. Lei... Helga è morta>> dichiara con un toco così basso che quasi non lo sento.
Helga, la mia amata zia. Non può essere vero. Mi sarei aspettata di piangere, ma sono troppo sconvolta anche per le lacrime. O forse, semplicemente, non ne ho più.
<<Che ne è di Ecbert e del suo esercito?>> chiedo stringendo i pugni. Lui si alza e inizia a camminare avanti e indietro per la tenda. <<Abbiamo fatto un accordo. Non è più un pericolo per noi>> risponde accarezzandosi la lunga barba. Annuisco e sposto dal mio corpo le pesanti pellicce. Cerco di alzarmi in piedi ma ovviamente perdo l'equilibrio. <<Ma che fai? ti devi riposare>> sentenzia tenendomi ma scuoto la testa. <<Sono stata a riposo sei giorni. Voglio farmi una passeggiata>> rispondo cercando di rimettermi in piedi. Bjorn mi lascia fare, sa quanto posso essere testarda, ma è comunque pronto a prendermi se dovessi rischiare di finire a terra. Ogni passo è faticosissimo. <<Puoi chiedere a Rebeka di venire qui?>> gli chiedo e lui annuisce. Prima di uscire dalla tenda mi lascia un bacio sulla fronte. Resto da sola e sento la fatica dei combattimenti e nella mia mente riaffiorano piano piano i ricordi di quanto mi è accaduto. La collera mi scorre nelle vene, il dolore per la perdita di mia zia pesa sul petto come un masso enorme che non so come riesco ancora a portare. I lembi di tessuto dell'ingresso della tenda si aprono e Rebeka corre all'interno, abbracciandomi. Si assicura che io stia bene prima e abbandonata in fretta l'idea di tenermi a letto.
<<Nils è scappato. Con lui alcuni suoi uomini>> mi avverte la giovane mentre cammina al mio fianco. La cosa non mi sorprende. Sa bene che se fossi sopravvissuta lo avrei cercato per ucciderlo. Se fossi morta i figli di Ragnar mi avrebbero vendicata. In entrambi i casi non sarebbe finita bene per lui.
<<Ecbert si è tolto la vita>> aggiunge spostandosi i capelli dietro le spalle. Mi fermo sul posto, guardandola con gli occhi sgranati. Si possono dire molte cose diverse di Re Ecber, ma mai avrei pensato che compisse questo gesto. Il suo Dio rinnega chi muore per suicidio. Forse la disperazione di aver perso la sua terra lo ha spinto a tanto. Forse, semplicemente, ha preferito morire che vedere la Bretannia in mano ai pagani, portando con sé il ricordo di un grande regno. Oppure un grande segreto.
Vorrei chiederle di mia zia ma il solo pensiero mi distrugge lentamente come una lastra di ghiaccio sotto al troppo peso. <<Hvitserk??>> gli chiedo invece facendola sbuffare. <<Disgustosamente innamorato di te. E' rimasto tutto il tempo al tuo fianco. Ha fatto offerte e sacrifici agli Dei, li ha pregati persino>> sorrido nel sapere che Hvitserk ha fatto tutto questo per me e subito le immagini del mio sogno riaffiorano nitide come cielo senza nuvole. <<Più tardi festeggiamo la vittori contro il Re dei Re. Te la senti di venire?>> chiede, prendendomi a braccetto mentre continuiamo a camminare. Non discuto sul fatto di essere stanca, ma non ho intenzione di festeggiare dal mio letto di quasi morte. <<C'è una cosa che devo chiederti>> rompo il silenzio, cambiando discorso. Lei annuisce, facendomi segno di continuare. Le racconto del mio sogno, di come mi sono sentita e, soprattutto, se possa essere un segno mandato dagli Dei.
Rebeka mi stringe a lei. <<Forse gli Dei vogliono dirti qualcosa amica mia>> risponde alzando le spalle, dopo aver ipotizzato e avanzato le sue teorie.
Rebecca mi aiuta a vestirmi perché da sola non riesco neanche ad alzarmi. Stringe i lacci sulla schiena senza farmi male. <<Perché mi guardi così?>> le chiedo. All'improvviso smette di guardarmi come se cercasse di vedermi attraverso e sbatte le palpebre. <<Nulla. Ti vedo.. diversa>> risponde con una semplice alzata di spalle, continuando con il suo lavoro. Decido di lasciare i capelli sciolti che mi cadono lisci fino alla fine della schiena. <<Dovrò chiedere a Hvitserk di portare anche a me un bel vestito quando tornerà dalla prossima razzia>> scherza ammirando l'abito che lei stessa ha scelto per me. Il tessuto blu scuro mi calza a pennello.
Tenendomi a braccetto raggiungiamo il resto della gente. Alcuni mi salutano chiedendomi come sto, altri mi danno il ben tornata. <<Martha>> mi sento chiamare e mi guardo intorno finche non vedo Hvitserk corrermi incontro. Mi stringe tra le braccia ma si scusa subito pensando di farmi male. Gli porto una mano dietro la testa e unisco le nostre labbra. <<Mi sei mancata. Ho davvero temuto di perderti>> sussurra tra un bacio e l'altro, come nel mio sogno. Prendendomi la mano mi porta al tavolo dove stanno i suoi fratelli. Rebeka ci raggiunge poco dopo, prendendo posto accanto a noi.
Hvitserk fa sedere sulle sue gambe e mi bacia la spalla leggermente scoperta. Con il pollice mi accarezza la guancia e lo zigomo violaceo. Mi guarda come se fosse stato lui a ridurmi così. <<Mi dispiace per non averlo impedito>> sussurra baciandomi cautamente l'angolo della bocca. <<Non è stata colpa tua. Eravamo in battaglia>> rispondo semplicemente, alzando le spalle. Gli bacio la tempia sussurrandogli che si deve assolutamente dare una ripulita. <<Inizi a puzzare sai?>> aggiungo con una smorfia e quasi l'acqua che sta bevendo non gli va di traverso.
Al centro del tavolo dei Ragnarson si alza Bjorn, solleva il calice d'orato e la folla seduta davanti a lui si zittisce, anche Sigurd smette di suonare e torna a sedersi accanto a Rebeka.
Mi sporgo un po in avanti per poter vedere meglio il fratello maggiore. <<Amici. Nessuno potrà mai e poi mai dubitare di quello che abbiamo raggiunto. Abbiamo sconfitto non uno, ma ben due re Sassoni>> la folla lo acclama, ancora con l'adrenalina della battaglia in corpo. Gesticolando un po' del contenuto nel calice che tiene alzato si rovescia sul tavolo. <<Per noi, i figli di Ragnar, il nostro primo dovere era di vendivare la morte di nostro padre. E lo abbiamo fatto. Abbiamo anche realizzato il suo sogno. Abbiamo il diritto di possesso di alcune vaste terre e ci inseriremo qui>> la folla grida applaudendo e alzandosi in piedi.
Mio padre sperava di poter vivere abbastanza da poter vedere questo giorno. Sono qui per lui e so che lui è qui con me, a festeggiare.
Bjorn appoggia il calice sul tavolo e abbassa la testa. <<Purtroppo io non potrò essere qui per veder crescere e prosperare la nostra nuova colonia. Il mio destino mi porta altrove. Tornerò nel mar Mediterraneo, seguirò il mio destino. Ma i miei fratelli resteranno qui. Skol!>> Bjorn si risiede e mi sorride, lo stesso sorriso che mi rivolge quando non ci vediamo per lungo tempo. <<Io resterò qui, ma non per fare il fattore>> grida Ivar rompendo i "festeggiamenti" attirando l'attenzione di molti. È seduto a capo tavola, alla parte opposta di Sigurd. <<Ci sono così tante terre che vorrei raziare e conquistare. Abbiamo un grande esercito e direi di usarlo. Chi di voi la pensa come me bene, ma chi pensa il contrario che si chieda "chi, ora, potrà mai fermarci"?>> Io e Ubbe ci guardiamo. Ivar non si è mai accontentato di ciò che aveva, è davvero incontentabile.
<<Non puoi comandare l'esercito Ivar >> gli dice Ubbe evidentemente stanco del suo voler sempre di più. <<Non sto dicendo questo. Dico solo che se qualcuno volesse continuare a raziare, sarebbe sotto il mio comando. Tu mettiti pure il grembiule e fai l'uomo di casa>> lo canzona e Hvitserk raddrizza la schiena, stringendomi un braccio intorno ai fianchi. Anche lui è infastidito dall'atteggiamento del fratello minore. Avermi vicino lo rende più tranquillo e lo aiuta a rimanere più calmo.
<<Qui deve rimanere un grande uomo, per esclamare le terre e difenderle>> afferma il mio ragazzo e Ivar piega lievemente la testa. <<Aaaah, non sembri nemmeno tu a parlare caro fratello. Il Hvitserk che conosco io adora le razzie, lui è un vero vichingo. Quello che hai appena detto non è da vichingo>> gli risponde Ivar. Stringo i pugni, sta davvero superando il limite. Può volere la gloria, come molti di noi. Ma non deve mancare di rispetto ai fratelli maggiori. Hvitserk mi accarezza il braccio sussurrandomi che non ne vale la pena di arrabbiarsi.
<<Chi di voi vuole seguirmi? Chi di voi vuole seguirmi in battaglia, per l'amore della gloria e per amore di Odino, nostro padre?>> grida alzandosi, mentre si tiene stretto al tavolo. La folla esplode ancora in un urlo. <<Non avresti dovuto farlo Ivar. Siamo tutti figli di Ragnar. Non sei diverso da noi, non sei speciale>> afferma Sigurd sporgendosi sul tavolo per poter parlare col fratello minore difronte a lui.
<<Francamente non mi importa di quello che dici Sigurd. La verità è che tu non attireresti la mia attenzione neanche se stessi per morire>> urla così che tutti lo possano sentire. Scuoto la testa e Ubbe batte la mano sul tavolo, stanco di questa sceneggiata.
<<Be forse perché anche tu non sei un vero uomo. O sbaglio senz'ossa?>> ribatte Sigurd, come loro solito è un continuo di battute e risposte a tono. Solo che questa volta sta degenerando molto in fretta.
Ivar abbassa la testa guardandolo con rabbia e la quiete torna tra gli uomini. <<Chi vuole restare qui?>> chiede Bjorn e re Harald si alza. Gli occhi ora sono puntati su di lui, ma nessuno smette davvero di osservare il giovane senz'ossa. <<Io vorrei restare qui, ma ho altri progetti che coltivare la terra>> subito dopo, suo fratello Halfdan, lo segue. <<Io vorrei unirmi a te Bjorn. Voglio vedere il Mediterraneo>> Bjorn sorride e senza difficoltà scavalca il tavolo, andando ad abbracciare il suo nuovo compagno. <<A quanto pare l'unica cosa che ha tenuto insieme i figli di Ragnar, è la morte del loro padre>> dichiara Bjorn per sciogliere la tensione e Ivar solleva la testa di scatto. <<Oh smettila Bjorn. Sei tu che non vuoi tenere unito il nostro esercito. E sei tu che vuoi andartene e fuggire in luoghi soleggiati. Tutti gli altri possono seguire me>> grida in preda alla rabbia.
Schiocco la lingua contro il palato e respiro profondamente. Vorrei dire la mia ma Sigurd si alza in piedi, precedendomi. <<Be anche io non voglio seguirti Ivar. Tu sei un folle, hai il cervello di un bambino>> Ivar serra la mascella e lo avverte di non andare oltre, ma il fratello lo ignora. <<L'unica cosa che sai fare tu è fare musica Sigurd>> dice tra i denti il senz'ossa. <<Io sono un figlio di Ragnar tanto quanto te>> ribatte Sigurd bevendo un lungo sorso dal suo calice. Ma non sembra affatto finita. <<Non ne sono così sicuro. Da quanto ricordo Ragnar non suonava nessun strumento e di certo non faceva sesso con gli altri uomini>> questa volta richiamo Ivar alzando la voce tanto da far gelare il sangue a chi mi sente.
<<Sei ridicolo, proprio come quando ti metti a gattonare come un bambino>> continua a provocarlo Sigurd alzando sempre di più la voce. La folla che sta assistendo è totalmente attonita e catturata da questa scena. Qualcuno vorrebbe intervenire, altri non vedono l'ora di vedere come andrà a finire. Tra i fratelli dei due c'è solo silenzio. La verità è che nessuno ha il coraggio di intervenire davvero per paura della collera che potrebbe subire da Ivar. Quest'ultimo sbatte con forza la mano sul tavolo facendo rovesciare il suo bicchiere. <<Chiudi la bocca>> grida più forte Ivar diventando rosso in volto e lo richiamo ancora. <<Martha questi non sono affari tuoi>> mi grida contro guardandomi come non mi ha mai guardata. Mi si gela il sangue nelle vene. Deve assolutamente darsi una calmata, sta esagerando. <<Che c'è Ivar, non sai ribattere?>> continua il biondo ma viene interrotto da Ubbe che lo richiama da fratello maggiore. <<Ivar, non ascoltarlo>> afferma rivolgendo lo sguardo al più piccolo ma Sigurd, nonostante tutto, continua. <<Deve essere difficile ora che tua mamma è morta. Sapendo che è l'unica persona che ti abbia mai amato davvero. Perché per gli altri fai solo pena>>.
Con un gesto fulmineo, Ivar afferra l'impugnatura della sua ascia e la scaglia con forza contro il fratello. La lama si conficca nel suo petto. Rebeka tira un urlo e io mi porto le mani alla bocca. Un sussulto si alza dalla folla e in un istante tutti sono congelati al loro posto. Sigurd si leva l'arma dal costato e barcollando avanza verso il fratello che lo ha colpito. Bandisce la stella ascia con l'intento di colpire a sua volta Ivar, ma la lascia cadere a terra e, con le ultime forze, perde l'equilibrio.
Io, Hvitserk e Ubbe corriamo da Sigurd. Ho il cuore che mi martella nel petto, non avrei mai pensato che Ivar e Sigurd arrivassero a tanto. Giriamo il corpo di Sigurd e gli prendo la testa tra le mani tremanti, appoggiandola sulle mie gambe. Gli accarezzo i capelli mossi e lo osservo impotente mentre gli ultimi bagliori di vita lo abbandonano. Sotto di noi una gran possa di sangue si sta allargando.
Quando eravamo bambini eravamo inseparabili. Cercavamo sempre di fare del bene, aiutando gli altri come potevamo. Siamo stati noi a trovare il cadavere della piccola Siggy nel fiume, gli unici a cui sia mai davvero importato di lei. Abbiamo curato l'uno le ginocchia sbucciate dell'altra. Abbiamo imparato a leggere e scrivere insieme e così anche a cavalcare e tirare di scherma. Era la cosa più vicina ad un fratello che potessi immaginare e ora, il suo volto pallido e sempre più freddo mi fissa senza vita.
Alzo lentamente la testa verso Ivar rivolgendogli uno sguardo di delusione, dissenso, rabbia.
Anche lui è sconvolto, ha agito senza pensare. Il suo corpo era in mano alla rabbia. Continua a balbettarlo, cercando scuse e motivazioni che non ascoltiamo. L'aver ucciso suo fratello per uno scatto d'ira, non lo giustifica.
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