2.


   La fredda sera ormai si avvicina, l'aria gelida soffia tra le colline portando con sé stralci di nuvole bianche. Il vento freddo penetra nei vestiti, pungendo la pelle e rendendo ogni movimento più faticoso. Il peso della mia gravidanza si fa sentire in ogni passo, mentre mi muovo con cautela lungo il terreno irregolare. Lascio il coniglio, abilmente catturato dal falco, nelle mani di Bjorn, già scuoiato da me. Mi ringrazia con un cenno della testa, e il suono del suo respiro pesante si mescola al fruscio del vento tra i rami spogli degli alberi.
  Portandomi dietro lo straccio e il coltello, mi avvio lentamente per il sentiero tortuoso fino al fiume. Il freddo dell'acqua mi colpisce le mani non appena immergo il panno sporco di sangue, un brivido mi corre lungo la schiena. Pulisco anche la pelliccia della nostra cena, mentre l'odore metallico del sangue si dissolve lentamente, sostituito dall'aroma fresco e terroso del fiume.   Pulisco con cura la lama del coltello, osservando il filo un po' smussato. <<Dovrò chiedere a Ubbe di affilarlo>> penso a voce alta, mentre il suono lontano del galoppare veloce di un cavallo mi fa alzare la testa.
Alzo la testa sull'attenti mentre, all'orizzonte, appaiono due cavalli guidati da due uomini.   Recupero la mia roba e, alzandomi il cappuccio sulla testa, torno al capanno giusto in tempo per vedere una vecchia faccia familiare.

  I due uomini smontano dai loro destrieri e ci vengono incontro, il passo incerto e lo sguardo alto. Bjorn scuote la testa e torna al riparo, sedendosi vicino al fuoco, il crepitio delle fiamme riempie l'aria di un calore accogliente, e con lui anche gli altri, tranne Lagertha. <<Chi non muore si rivede, conte Rollo>> dico in francese, appoggiando le mani sui fianchi e stringendo leggermente gli occhi. <<Ti trovo bene, Martha. Sono felice di vederti finalmente in questa condizione, anche se le circostanze non sono delle migliori>> risponde nella medesima lingua.   Sorrido come ringraziamento, anche se non condivido il suo pensiero. <<Ho appreso, qualche tempo fa, di ciò che è accaduto a tuo padre. Mi addolora molto la tua perdita, Adrian era un grande uomo e un grande amico>> continua, sotto lo sguardo curioso della donna guerriero che non capisce le nostre parole. È così bello tornare a parlare una lingua appresa durante il mio viaggio. <<Ora è nel Valhalla con mia madre e mio fratello>> rispondo, sorridendo tristemente. Sposto lo sguardo sulla donna accanto a me, dicendole che li lascerò soli.

  Così facendo, torno anche io accanto al fuoco, il calore delle fiamme mi avvolge, alleviando la stanchezza. Aiuto Bjorn a cucinare la piccola preda catturata in precedenza, l'odore della carne che arrostisce si mescola con quello della legna bruciata, creando una sensazione di conforto in questa fredda notte d'inverno.

****

  Rollo e Lagertha hanno parlato per lungo tempo. Lui ha proposto dalla donna un lascia passare per Parigi, dicendo che saremmo sotto la sua tutela. Prima l'incertezza sul viaggio per l'Inghilterra, ora l'incertezza sul seguire o meno Rollo fino in Francia.

  <<Possiamo fidarci della sua proposta?>> chiede Ubbe appoggiando le spalle al muro di pietre, stringendo le braccia al petto. Il fratellastro squote la testa, camminando avanti e indietro; l'ascia, appesa alla cintura, gli batte sulla coscia a ogni passo. <<Lui ci ha traditi. Ha tradito mio padre. Tu sei quasi morta per causa sua, Lagertha. E adesso ci sta tradendo una seconda volta con Ivar>> urla fuori di se. Non so cosa si siano detti lui e suo zio, o quest'ultimo con la donna guerriero, ma i loro stati d'animo sono a dir poco peggiorati.
  <<Ora ce ne stiamo tutti seduti qui a suggerire di cedere alla sua ridicola offerta di proteggerci>> continua scimmiottando le movenze del conte franco. <<Non avete orgoglio? Avete paura di morire? Io no!>> Bjorn la corazza si avvicina alla madre, la guarda dall'alto e le sussurra qualcosa prima di afferrare l'ascia e dirigersi all'aperto. Intuendo le sue intenzioni lo segue il più velocemente possibile, urlandogli dietro di fermarsi. Lui, non ascoltandoci, arriva dinanzi allo zio spingendolo in ginocchio. Quest'ultimo non accenna un minimo di resistenza e spalanca le braccia, come ad accogliere la sua morte.
  Grazie agli dei Ubbe e Torvi riescono a fermare il giovane Lothbrok prima che affondi l'arma nel cranio di Rollo. Quest'ultimo urla di lasciare il nipote e così fanno.
<<Se vuoi uccidermi, fallo>> chiede il conte ancora in ginocchio. Il nipote appoggia il filo ricurvo della lama sul suo collo, facendogli spalancare gli occhi. <<Non sei degno del tempo che serve per ripulire la mia ascia dal tuo sangue>> afferma sprezzante, voltandogli poi le spalle e sputando in terra. Faccio per fermarlo, afferrandogli un braccio, ma con uno strattone riprende il suo cammino. Lagertha sospira, stanca di tutte le divergenze degli ultimi tempi.
  <<Rifiutiamo la tua offerta>> dice, chiudendo gli occhi, mentre una nuvoletta bianca fuoriesce dalle sue labbra.
Rollo accetta la decisione della donna seppur con un po' di rammarico. <<Vi chiedo scusa, e vi dico addio. Non ci rivedremo mai più>> afferma lui, alzandosi dolorante. Mi arriva davanti, sovrastandomi con la sua altezza. Appoggia una mano sulla mia guancia e accarezza la pelle arrossata a causa del freddo con i polpastrelli ruvidi. <<Per qualunque cosa, le porte di Parigi saranno sempre aperte per te. E lo saranno per i tuoi figli e per i loro figli>> mi sussurra in francese, stringendomi in un caloroso abbraccio. Rollo è ancora in debito con la mia famiglia e se avere un posto sicuro nella sua casa è la sua moneta non posso che essergliene grata. <<Che gli Dei ti guidino Rollo>> affermo salutandolo, prima di vederlo andare via.
Mi chiedo quanti altri addii dovrò dire prima di poter essere finalmente felice.

  <<Domani si insinueremo in una cittadina costiera nel regno di Harald. Abbiamo bisogno di molte provvigioni in vista del lungo viaggio>> afferma Lagertha e all'improvviso inizio a capire di che cosa hanno parlato lei e l'ex cognato.
L'incontro con Rollo è stato rapido. Troppo poco tempo per gli addii e per qualsiasi altro discorso. Ma la sua offerta resta un dono prezioso nella mia mente. Ormai sono ben consapevole che non avrò scelta. Il mio bambino nascerà in Inghilterra ma se dovesse succedere qualcosa, se dovessimo scappare di nuovo, so che a Parigi troveremo rifugio. Cerco di allontanare questi pensieri dalla testa ma, negli ultimi tempi, ho imparato che avete un piano B è sempre una buona cosa. Potrebbe non servire mai. Ma è meglio tenersi preparati. Per fortuna le mie conoscenze e amicizie sono ampie e raggiungono anche la città del dio cristiano.

*****

   Tendo l'arco, portando la mano fino all'orecchio, il cuoio della corda scricchiola sotto la tensione. Il freddo pungente dell'aria della notte mi fa trattenere il respiro mentre mi appiattisco maggiormente contro il carretto di fieno. L'odore del fieno secco, misto a quello della terra umida, mi riempie le narici. Punto alla testa della sentinella di fronte al capanno delle provviste, concentrandomi sul battito del mio cuore che risuona nelle orecchie. Scocco la freccia che, con un sibilo tagliente, si conficca esattamente nell'occhio della vittima, un colpo sordo segue, e poi il silenzio. Con passi veloci e silenziosi, il suono appena percettibile delle nostre scarpe sul terreno, raggiungiamo il casolare e recuperiamo ciò che ci occorre per il lungo viaggio in mare.
  L'odore acre del legno invecchiato e delle provviste conservate mi ricorda quanto siamo lontani da casa. Arriviamo fino al molo, il legno dei pontili scricchiola sotto i nostri passi, a cui è ancorata una barca abbastanza grande per tutti. Le onde lambiscono dolcemente lo scafo, creando un ritmo rassicurante. Con l'aiuto di Ubbe, salgo a bordo e mi siedo contro la parete in legno della barca. Mi stringo il mantello di pelliccia intorno al corpo mentre un brivido mi attraversa la spina dorsale. L'aria salmastra del mare mi riempie i polmoni, un odore fresco e pungente che porta con sé la promessa di un viaggio lungo e incerto.

  <<A quest'ora gli uomini di Ivar avranno già setacciato il nascondiglio>> afferma Torvi mentre una delle piccole cittadine del regno di re Harald si allontana sempre di più. Il rumore dei remi che fendono l'acqua e il fruscio della vela bianca gonfiata dall'aria proveniente dalle montagne creano una sinfonia rilassante. <<Chissà che ne farà di Margrethe>> pensa ad alta voce, sedendosi accanto a me. Il suo respiro si mescola al mio, creando una nuvola di vapore nell'aria fredda della sera. <<Non so cosa ne faranno di lei. Ma se si avvicinerà troppo a Hvitserk>> inizio, stringendo i pugni fino a farmi diventare le nocche bianche. Mi volto verso di lei e serro la mascella, il suono dei denti che si stringono è appena percettibile. <<Io la ucciderò e getterò i suoi resti a Jormungand>>.

****

  Il sole splende sulle terre dell'Inghilterra. Il fiume che stiamo percorrendo ci porterà il più possibile vicino alla capitale di re Aethelwulf, secondo la conoscenza del vescovo Heahmund.
Era da molto che non percorrevo le rotte fluviali di questa regione, trovandole magnifiche nonostante l'inverno.
Il fiume è calmo e rocco di pesci, mentre le sponde traboccano di uccelli e altri piccoli animali che si abbeverano nelle limpide acqua.
  Un piccolo esercito inglese è posizionato sulle sponde del fiume, le freccie infuocate pronte ad essere scoccate. Il vescovo avanza verso il parapetto e grida il nome del principe Aethelred nella loro lingua. <<Non scoccate. Non mi riconosci? Sono io, il vescovo Heahmund>> il principe muove la mano, e i suoi soldati abbassano gli archi. Una nuvola passa davanti al sole e una folata di vento mi scosta i capelli dietro le spalle. <<Vogliamo che tu ci accompagni, vogliamo solo incontrare tuo padre. Re Aethelwulf>> il principe abbassa la testa, ma la rialza subito. Il suo cavallo muove un passo in avanti nitrendo. <<Non lo sai allora? Re Aethelwulf, mio padre, è morto>> grida per farsi sentire. Deglutisco a vuoto e spalanco gli occhi. L'unica persona che, stando alle parole del vescovo, potesse aiutarci era morta. <<Che cosa ha detto?>> domanda Torvi guardando la mia espressione. <<Il re è morto>> le rispondo leccandomi le labbra screpolate.

  Il vescovo avanza ulteriormente sulla piccola spiaggetta di sassi, il suono dei ciottoli che scricchiolano sotto i suoi piedi riempie l'aria, accompagnato dal fruscio delle onde che lambiscono la riva. Con lui anche Lagertha, il suo sguardo attento e risoluto. <<Chi regna ora sul Wessex?>> chiede incuriosito, la sua voce profonda e decisa si mescola al mormorio del mare. La risposta non tarda ad arrivare. <<Mio fratello, Re Alfred>>.
  Nell'udire quel nome, un brivido mi attraversa la schiena e i peli sulle braccia si rizzano. L'odore salmastro dell'aria sembra improvvisamente più pungente, portandomi indietro nel tempo.
Ricordo di averlo incontrato da ragazzina. Suo padre, Athelstan, mi aveva insegnato a disegnare.  Mi viene in mente il profumo della pergamena e dell'inchiostro fresco, e il suono della penna che graffiava delicatamente la superficie. Athelstan era un grande amico di Ragnar, un ex frate cristiano che aveva abbandonato la tonaca per seguire i danesi. Il suo sorriso gentile e la sua pazienza nel mostrarmi come tracciare linee e forme rimangono impressi nella mia memoria.

  I soldati ci fanno attraccare accanto alla riva, obbligandoci a scendere. Un soldato mi strattona per un braccio ma viene bloccato dal vescovo. <<Fate attenzione con questa donna>> lo rimprovera per ovvi motivi. Il sassone mi rivolta uno sguardo indignato. <<È una sporca pagana>> ribatte, stringendo la mano guantata intorno al mio polso. Gli sputo in faccia, digrignando i denti <<Attento Sassone. Parlo la tua lingua e non avrò problemi nel tagliare la tua>> rispondo facendogli sgranare gli occhi mentre il mio falco gli plana a pochi centimetri dalla testa prima di posarsi sulla mia spalla. <<Sei...Martha Halvorsen>> sussurra. <<In carne ed ossa>> affermo, beandomi della fama che mi sono guadagnata. Una Danese che parla Inglese e latino, che tiene testa a re e sacerdoti senza temere niente.

  I soldati ci fanno salire su un carretto ricoperto di sbarre, una specie di prigione su ruote. Il cocchiere da uno scossone alle redini e i cavalli partono al trotto verso la città. Mi siedo contro la parete di sbarre, strofinandomi le mani per il freddo. A ogni scossone o buca sento male da qualche parte. Ma i dolori che avverto di tanto in tanto sono ben peggiori.

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