I
San Diego, California
Il faro è sempre stato il mio desiderio più recondito.
Da bambina mi svegliavo di soprassalto la notte con la strana e incredibile sensazione di essere stata sfiorata dalle onde del mare in burrasca, dalla pioggia fine e non c'era sensazione più bella di toccare le lenzuola e immaginarle umide, odoranti di salsedine. Così mi accoccolavo sul cuscino e piangevo, desiderando di essere amata dai miei genitori che con me sono sempre stati troppo distaccati, lontani conducendomi verso strade che non avrei mai voluto percorrere.
Eppure eccomi qui, al funerale di mio padre, guardo la sua bara con indifferenza. Mi ripeteva continuamente di avermi salvata, ma lui non desiderava la mia salvezza, come appresi nel tempo: desiderava proteggere se stesso e la sua figura di celebre avvocato.
L'ho sempre odiato. Ho odiato quando da bambina cercavo le sue attenzioni e mi allontanava. Inizialmente non comprendevo, ero piccola, volevo essere amata, vedevo in lui un riferimento, un'ancora a cui aggrapparmi nei momenti di difficoltà, senza però ottenere mai una risposta.
Poi con il tempo capii. Un giorno venni a sapere di non essere la figlia della donna che passava per mia madre. Ero e sono il frutto dell'amore tra mio padre e un'altra donna. Una donna che viveva ai margini della buona società a cui mio padre apparteneva; una escort con la quale si accompagnava durante i suoi lunghi viaggi all'estero o in altre città oppure nelle serate allo sbando, quando lasciava Lara per dedicarsi ai suoi vizi, alle passioni segrete.
Avevo sedici anni e Lara, che odiavo quanto mio padre, mi fece leggere una lettera nella quale Sarah, la mia vera madre, gli rivelava la paternità. Allora compresi il motivo della tensione tra Lara e mio padre; capii il perché il loro rapporto non ha mai funzionato. Il suo fu un gesto di ripicca, desiderava ferirmi rivelandomi la verità.
Appresi così il nome della mia vera madre, e la sua professione, allora considerata socialmente una vergogna. Purtroppo mi resi conto di essere la figlia dell'imbarazzo, la figlia di un amore proibito e che Lara sebbene da tutti ritenuta mia madre, mi odiava nell'odio per mio padre.
Seppi anche che mio padre aveva amato Sarah, ma per non mettere a repentaglio la sua carriera e l'onore, per non sfigurare socialmente non intese rompere il matrimonio con Lara.
Non chiese mai il divorzio a quella che credevo mia madre e lei accettò, forse per comodo, forse per non doversi vergognare del marito. Ma lo odiava e io lo percepivo in ogni suo gesto, nei suoi sguardi, nelle sue parole e soprattutto nei miei confronti: il frutto del peccato.
Mi sono trovata sola e non amata. Non conosco nulla di mia madre Sarah, tranne che quando rimase incinta chiese a mio padre di prendersi cura di me. Non so nemmeno perché mio padre acconsentì.
Lara, colei che mi ha cresciuta, mi ha sempre disprezzata perché per lei ero la figlia di Sarah, la vera donna di mio padre, la donna che lui aveva amato.
Lara mi evitava, mi ha denigrata. Poco dopo aver letto quella lettera decisi di farla finita con la vita a cui ero costretta. Non ho mai voluto morire, ho desiderato lo sballo, ho voluto punire il mio corpo, sacrificarlo a una purezza che pensavo potesse rendermi accettata dagli altri, amata per davvero; paradossalmente amo la vita, ma non sono mai riuscita a farla mia.
Io ho avuto i soldi, molti soldi, ma mai una carezza.
Così ho deciso di spenderli nella droga, credendo che potesse trasformarsi nello strumento per trovare la libertà di essere me stessa. E tu, Tess, mi sei sempre stata vicina. Hai condiviso ogni mia illusione, ogni mio proposito. Eravamo uguali e siamo state complici. Iintesi perché anche tu eri priva d'amore e d'affetto; anche tu figlia di una famiglia ricca e fredda, distante dal tuo prorompente desiderio di affetto, di comprensione, di amore.
La droga è stata la nostra porta per uscire dall'incubo della sofferenza, nella speranza di trovare la forza di vivere, per gioire ma anche per piangere.
Quanti pianti ci siamo fatte, amica mia! Quante lacrime versate. Dopo la morte di tua madre e il nuovo matrimonio di tuo padre tu chiedevi amore, ma lui si girò dall'altra parte per amare la nuova donna della sua vita. Ti ha ignorata. Non c'è mai stata occasione di essere amate, cara Tess, non c'è mai stato modo di essere capite. Forse per questo te ne sei voluta andare; mi hai lasciata da sola.
Amavi la vita, la amavi davvero tanto, ma è bastata una pasticca in più per fuggire via da me, via dal mondo.
Via dal mio mondo.
Socchiudo gli occhi, non riesco a trattenere le lacrime, non per mio padre, ma per tutto quello che mi è successo, per tutto quello che mi sono inflitta, per il male che mi sono fatta e che forse ho fatto anche a te, cara amica mia.
E, così, ripenso a te, Tess che sei stata per me una sorella, nonostante il tuo nichilismo, l'asprezza dei tuoi sentimenti. Io non ho saputo tenerti con me quella sera in spiaggia.
E' questo che mi trattiene dal piangere sulla bara di mio padre mentre la terra la ricoprirà per sempre. Sei stata tu l'unica speranza, l'unica amica. Ora piango per te.
***
Dieci anni prima
«Alice, salta, salta e datti alla pazza gioia!»
Tess, urli mentre salti sul mio letto, i tuoi capelli biondi volano assieme a te e io ti guardo sorridente. Ti raggiungo e assieme ci divertiamo a distruggere camera mia, lanciamo ogni cosa: vestiti, trucchi e intanto ridiamo come pazze. Siamo ragazzine di sedici anni, frequentiamo il liceo e tutto dovrebbe essere roseo e fiorito, ma non per noi, noi anime dannate che non facciamo per questo mondo così instabile e incoerente.
Stanche e sudate ci sdraiamo per terra e il mio occhio cade subito su quella scatoletta che tengo sotto il letto. Dentro c'è di tutto, il nulla e il tutto.
Ma, tu, Tess, mi prendi per mano e la mia voglia, quella voglia maledetta di uccidermi passa subito.
«Ascolta, Alice, perché non ce ne andiamo un po' a zonzo? Qua e là. Non so dove, ma a zonzo, libere da noi stesse.»
Ci guardiamo negli occhi e tu, cautamente, mi carezzi il viso.
Il nostro rapporto è così strano, Tess. Sicuramente ti amo, ti amo come gli angeli amano il paradiso.
Mi è sempre piaciuto l'amore, il sentirmi amata da qualcuno, l'amare incondizionatamente, ma è proprio l'amore che ci sta distruggendo, cara Tess e tu lo sai.
Sorrido e i tuoi occhi azzurri si illuminano.
«Andiamo in spiaggia, sai che amo l'oceano.»
«Sei così profonda, Alice. Amo la tua profondità, amo il tuo senso di essere qui, in questa vita, qui con me.»
Ti abbraccio, ti stringo forte perché vai protetta, vai curata. Tu sei la mia piccola bambola rotta.
Questa vasta distesa d'acqua per me è casa; per noi, Tess.
Le nuvole si infittiscono, ma a noi poco importa.
Aneliamo liberarci da ogni catena, da ogni vincolo, vogliamo la vita; essere noi stesse in tutto.
Inizia a fare freddo, ma non lo sentiamo, non lo vogliamo sentire perché desideriamo buttarci a capofitto nelle emozioni, quelle forti, dense, che ci sembrano belle davvero.
Ci sdraiamo sulla sabbia morbida, accoccolate, vicine e mai avrei pensato che sarebbe stata l'ultima volta che ti avrei sfiorata, mai avrei pensato che sarebbe stata mia la colpa.
Mi guardi e sorridi.
E intanto il mare si agita, intanto in me qualcosa si agita. Sentiamo in lontananza i fulmini, ma noi siamo qui, su questa spiaggia e poco badiamo all'umore del tempo.
«Oh, cara Alice, la vita è questa, intensa e contorta. La vita mi ha tolto tanto ma mi ha dato te e lo sai ciò di cui ho bisogno per sopravvivere. Ma guarda questo oceano che ci separa dal nulla e dal tutto!»
«Non farlo più, Tess. Non dannarti più.»
«Ne ho bisogno, Alice. Ho bisogno di qualcosa che mi dia la forza di vedere le onde così come le vedo adesso.»
Indugio sulle tue parole, amica mia, perché so cosa mi stai per chiedere e io non voglio, non qui, dinnanzi a questo spettacolo immenso.
«L'hai portata, vero?» Mi domandi spontanea, come se questa richiesta fosse normalità, come se ci fosse una sola cosa che ci unisce.
Mi alzo di scatto e ti guardo con aria sofferta.
«Ti prego, Alice, dimmi di si.»
Le lacrime scivolano lungo il mio viso. Sono arrabbiata con te, Tess. Sono arrabbiata perché quella scatola è solo mia, è personale, è la mia personale autodistruzione.
Non te la nego, però. Frugo nella borsa e te la consegno.
«Tess...»
«Fallo con me, Alice. Sempre assieme.»
Sbuffo e mi siedo nuovamente accanto a te. La rabbia lascia spazio alla frustrazione.
Così apri quella maledetta scatola, tiri fuori tutto quello che c'è dentro: cocaina, morfina, metadone e tutti gli strumenti necessari.
Mi vergogno di me stessa, mi vergogno di rubare i soldi a mio padre, mi vergogno di spenderli in queste schifezze, eppure sono le uniche cose che mi tengono in vita. Mi vergogno di usarle con te, Tess. Mi vergogno di farti del male, ma nel mio profondo ho come la sensazione che possano aiutare anche te.
Chiusa nel mio piccolo mondo, io sono sempre stata attenta, non voglio morire, non è la morte che ricerco, è qualcosa che va oltre la morte, qualcosa che va oltre la vita, qualcosa che mi faccia sentire altra in un mondo che non sa darmi niente.
Comincio con la cocaina, mi faccio un paio di strisce, ma poi mi fermo.
Chiudo gli occhi e aspetto che faccia effetto. Inizio a sentirmi carica, eccitata. Dopo un po' mi alzo di scatto e corro verso l'oceano, mi butto in acqua, urlo. O meglio, è quello che credo di fare.
Ma ti lascio da sola, Tess e non so cosa tu stia combinando, non so che fine tu voglia fare, so solo che mi sento come ho sempre desiderato sentirmi.
Quando sento che l'effetto sta per svanire mi butto sulla sabbia e penso di addormentarmi, non ne sono sicura. Forse cado in uno stato di trance che non so descrivere, che non so mai descrivere.
La vista è annebbiata, ma cerco di correre verso di te. Hai gli occhi sbarrati e la bava alla bocca, sei completamente cosparsa di vomito.
«Tess!» Ti chiamo inutilmente, non rispondi.
Ancora stordita cerco di sentire il battito del tuo cuore, oramai inesistente.
Chiamo il 911, balbetto qualcosa, parole a caso. Poi mi accoccolo su me stessa e attendo la risposta definitiva.
Sei morta, Tess, sei morta per mano mia.
La colpa è stata mia perché non ti ho saputo proteggere, non ti ho protetta dall'assenza di tuo padre dandoti di più della mia amicizia, del mio affetto.
Non ti ho protetta nemmeno quando hai osato di più nella tua spasmodica ricerca della libertà assoluta, della felicità che non hai saputo trovare altrove e hai messo tutta la tua fiducia in quelle pasticche che ti davo, inconsapevole della tua determinazione. Ti ho lasciata fare, mi sono lasciata andare anche io.
Non volevi morire, Tess, lo so. So che amavi la vita quanto l'ho sempre amata anche io. Ma c'è stata una forza nascosta che ti ha trascinata con sé, fatalmente, inaspettatamente.
Forse volevi solo sfuggire, fuggire da una vita che non ha saputo offrirti nulla, dall'incubo di una famiglia distratta e insensibile ai tuoi richiami.
Hai odiato la tua nuova madre, hai odiato il modo in cui ti trattava. Le parole feriscono più di una lama tagliente e sono state le parole ad ucciderti.
Ti hanno portata via dal mondo.
Ti hanno portata via da me.
E intanto aspetto. Il mare si agita e le nubi oscurano il cielo, calano come ombre sull'universo sconvolto che sento agitarsi dentro di me.
Piove. Il turbine del vento urla sulla sabbia e sugli scogli. Lo sciabordio delle onde si fa intenso, forte, opprimente. La pulsazione interiore del mare che mette sotto sopra ogni elemento della natura. Così percepisco il cuore nel petto che batte scosso da un impeto interiore forte come le onde; la mia mente non vive più.
Sono condannata, Tess.
Mi hai condannata ad una vita di tormenti. Una vita di rimpianti.
Ti odio, Tess, amica mia; ti odio per essertene andata, ti odio perché il tuo ricordo sarà sempre per me una punizione. E non so come poterne fare a meno.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top