Tre.

22 Febbraio
Javier era seduto sui gradini a Corso Umberto. Questa volta mi aspettava
«Nina, puoi venire un po' con me?»
Sono scesa dalla Biblioteca stanca, non mi va di discutere, ma comunque è abbastanza strano che voglia che lo segua. Ci sei tu dietro, ne sono sicura. Glielo chiedo ma dice che non può dirmi niente, non ancora.
Allora lo seguo in silenzio. L'aria è fredda e vorrei tornare a casa.
Lo seguo a piedi, poco distante, svoltiamo nel violetto a sinistra e percorriamo le Rampe San Marcellino. Sulla sommità c’è una macchina nera con i vetri oscurati, me la indica e si mette in disparte. Mi avvicino e qualcuno abbassa il finestrino: tu.

Ho saputo che Lucrezia ha perso il bambino dopo l’estate. Nessuno me l’aveva detto e io non lo avrei mai immaginato. Quando ti hanno arrestato ho pensato a lei e alla sua gravidanza. L'ho scoperto solo di recente. Qualcuno ha anche detto che probabilmente non era vero che aspettasse un bambino, che era solo per allontanarci. Beh, ci è riuscita.

Rivederti così, improvvisamente, mi ha fatto venire il mal di testa. Forse mi aspettavo di vederti, seguendo Javier, o forse no. Non lo so. Comunque credo che non ci sia un motivo per cui debba essere qui, con te.
Tu non parli, mi guardi.
Sono le 15.42 e fa freddo: così perdo il pullman. Mi chiedi se voglio un passaggio, ti dico che non mi serve «Mi hai fatta salire per questo?» ti chiedo nervosa.
«Ero da queste parti per lavoro, volevo vederti»
«Per lavoro…» dico stronza, a bassa voce. Non ti è piaciuto questo mio commento. Fai cadere la cenere al di fuori del finestrino e mi dici di entrare e fare un giro. Vorrei andare via, forse… ma non ci riesco e quindi salgo. Non parliamo di niente e tu costeggi il lungomare facendo slalom tra le macchine in coda. Odio la tua guida.

Siamo di nuovo qui, nel parcheggio dove l’abbiamo fatto la prima volta.
«Sei venuto a cercarmi per questo? Sono solo questo per te? Sesso?»
«Nina smettila, parli di cose che non sai»
«Non so niente. Non ho mai saputo niente. Nemmeno di te»
«Ho solo cercato di proteggerti. Avrei potuto fare di meglio per il tuo bene, ma significava tenerti lontana e sono stato un fottuto egoista ma io non ci sono riuscito. Non ci riesco tutt'ora, Nì. Mi hai fottuto il cervello. Ti ho amato, anzi ti amo, ma probabilmente non abbastanza da tenerti lontana!» urli quasi.
Non so che dire. Anzi, vorrei dire un sacco di cose ma non ci riesco. Ti amo ancora, ma non posso… non posso.
Tu ti fiondi sulle mie labbra. Mi baci, mi baci con forza.

Facciamo l’amore, Fede. Lo facciamo di nuovo a distanza di mesi, come l’ultima volta. È un altro addio?
Ho un sacco di pensieri, ho paura anche per te.

Facciamo l’amore e improvvisamente siamo di nuovo solo noi, ora non ho più pensieri.
Ma poi finisce. Il cellulare squilla, ci stacchiamo, io mi rivesto…e anche tu.

Mi riporti al posto di prima e dici a Javier di accompagnarmi a casa.
Credo di non aver altra scelta, quindi non ti saluto e inizio a scendere i gradini. Javier sale sul motorino che aveva lasciato sul marciapiedi a Via Tarì e mi invita a salire.

Ho pianto tornando a casa.
Javier mi ha stretto la mano, credo mi abbia visto dallo specchietto. È stato molto gentile con me, ma non ho avuto le forze di ringraziarlo per la premura. Ho aperto il portoncino del palazzo e ho corso per le scale del condominio. In cucina mia madre sta preparando la cena.
Da quella volta che mi diede lo schiaffo ha trovato la forza necessaria a rialzarsi. A quanto pare una cosa utile l’hai fatta.
Mi chiede se va tutto ok, le dico che devo studiare.
«Sto bene, mamma»

Non sto bene, Fede. Non sto bene per niente, mi manca il respiro e ho un attacco di panico. Luca è scomparso, tu sei ricomparso e io mi sento sola. Sola più di prima. Vorrei non averti mai conosciuto. Cosa mi hai fatto? Perché devo stare così male?
Se lei non era incinta perché non mi hai cercata?
Forse l’hai fatto o volevi farlo, non ti ho dato modo di dirmi un sacco di cose.
Ho deciso di fare una cosa che mi frullava in testa già da un po'.

Ho deciso che partirò per l’Erasmus in Spagna. Ho bisogno di staccare.
Mi tratteneva mia madre sola qui, ma zia Maria dice che c’è lei, zia Rosetta e poi i nonni sono a tre fermate di autobus. Non sarà poi così sola, magari conoscesse un uomo e ricominciasse a vivere.
Un bravo uomo, che la ami e non le dica bugie. Che sia onesto e che non abbia segreti, come quelli che avevi tu con me.

Ho deciso che partirò per l’Erasmus in Spagna. L’ho comunicato anche a mio padre, è d’accordo. Lui dice che me lo merito, con tutto quello che in questi anni abbiamo passato e quello che ho subito io.

Ho deciso che partirò per l’Erasmus in Spagna. Mio nonno ha detto che mi verrà a trovare di sicuro. Così si fa un bel viaggio lontano da mia nonna.

Ho deciso che partirò per l’Erasmus in Spagna. Ho inviato un messaggio anche a Luca. Non lo sento da un po', ma ci tenevo a farglielo sapere, magari se torna sa che non ce l’ho con lui perché è scomparso da un giorno all’altro.

Ho deciso che partirò per l’Erasmus in Spagna. Avrei voluto venisse anche Maria, ma dice che ha da lavorare e non può permettersi questa esperienza. L’ho abbracciata e le ho detto che ci organizzeremo per venirmi a trovare. Troverò un modo.

Ho deciso che partirò per l’Erasmus in Spagna, ma a te non lo dirò. Lo scoprirai sicuramente. A quanto pare scopri sempre tutto.

Forse Javier non ti dirà che ho pianto sul motorino con lui, non ti dirà che sono stata male e tu non saprai quanto dolore mi hai causato. Dopotutto io non te l’ho mai detto e non te l’ho mai dato a vedere.
Io crollo da sola, in silenzio, ma solo perché tu non ci sei.
Mi piacerebbe sedermi sul pavimento dell’appartamento e piangere, piangere tutte le cose che non ti ho mai detto e tutto l’amore che ho provato per te e per nessun altro mai.

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