CAPITOLO 3

Il giorno dopo cucinai tutto il pomeriggio. Avevo chiesto a Mathias di venire a stare da me: avremmo guardato horror tutta la notte, abbuffandoci di dolci e patatine come due tredicenni.

Avevamo tappezzato il pavimento del salotto di cuscini per poterci sdraiare completamente durante il film. Il divanetto era troppo piccolo perché potessimo distenderci in due.

Era una fresca sera estiva. La brezza, che entrava dalle porte finestre lasciate aperte per far circolare l'aria, smuoveva le lunghe tende in canapa color panna.

"Tesoro dimmi che hai preparato le tue ciambelle, ti scongiuro." Mi pregò con gli occhi Matt, seguendomi in cucina.

"Mi conosci bene." Gli sorrisi. Tirai fuori dalla credenza due ciotole stracolme di ciambelle glassate insieme ad altre schifezze.

Matt squittì, emozionato come un bambino, e corse verso di me per prenderne una. La faccia che fece mentre la morse mugugnando dal piacere ripagò tutti gli sforzi fatti: era una vera soddisfazione vederlo godersi i miei dolci.

"Questo è un complotto per sabotare la mia pelle! Già sento la voce di Robert..." Si fermò appena si rese conto di aver dato più aria alla bocca rispetto a quanto avesse voluto. 

Ma fu troppo tardi, ormai l'avevo sentito.

"E questo?" Mi voltai per guardarlo negli occhi, piacevolmente stupita. "Chi sarebbe questo Robert? Non me ne hai mai parlato."

Matt si grattò la nuca imbarazzato. Era molto riservato su certi argomenti e lo conoscevo: era tipo da relazioni serie, di quelle che durano anni, e il fatto che avesse menzionato qualcuno in un discorso lo faceva salire in graduatoria nella lista degli argomenti importanti.

"Ci stiamo solo frequentando, ma sono già pazzo di lui. Studia Moda e Design , è un tipo così sofisticato." Soffiò in tono sognante. Puntò lo sguardo nel vuoto perso nei suoi pensieri.

"Terra chiama Matt!" Sventolai teatralmente una mano di fronte a lui per riscuoterlo. Pazzesco quanto poco gli bastasse per perdersi in chissà quali film mentali smielati.

"Sono molto contenta per te. Spero solo per lui che continui a rimanere così sofisticato in tutti i sensi nei tuoi confronti, o..." Feci scrocchiare le nocche di una mano in modo minaccioso. 

Sbuffò. "Lo so, lo so: 'o se la vedrà con me'. Rilassati ora, Miss ti-spacco-la-faccia-se-fai-soffrire-i-miei-amici." Si sistemò meglio sul divano. "Certe volte mi chiedo se io non sia in realtà figlio di qualche Vip famoso e mi abbiano segretamente affibbiato un bodyguard per proteggermi."

La sala calò nel silenzio per un secondo, in cui ci guardammo contemporaneamente increduli per poi scoppiare a ridere alla gigantesca stronzata che aveva appena detto.

"Invece faccio tutto gratis, pensa un po'." Gli diedi corda.

In sottofondo il giradischi riproduceva Hey dei Pixies quando iniziammo a scorrere la home di Netflix per scegliere il film. Mi cadde l'occhio sull'orologio appeso alla parete: segnava le nove e mezzo.

Vediamo se dopo questa volta si farà ancora vedere. Gongolai al pensiero di un Arthur scocciato, gli stavo già dicendo addio con il pensiero. 

Ma ahimè, cantai vittoria troppo presto.

"Ma, senti, il tuo tipo invece?"

Mi andò di traverso una patatina. Iniziai a tossire così forte che credetti di star per sputare un polmone.

"Chi cavolo sarebbe il mio tipo?"

Alzò gli occhi al cielo. "Ma sì, quel biondino...George...no, Arnold..."

Sì, Schwarzenegger...magari.

"Arthur."

"Sì, ecco, lui!"

"Perché dobbiamo parlarne ora?" Smisi di scrollare la lista dei film. D'un tratto le mie dita si fecero così interessanti da richiamare tutte le mie attenzioni.

Mathias assunse un'aria seria, incrociando le braccia al petto. Odiavo quando faceva così, era lo stesso tono che usava mia madre per rimproverarmi.

"Lili, ne abbiamo già parlato. Non fare la bambina."

Presi a massaggiarmi lentamente le tempie. Quanto lo stavo odiando: riusciva ad essere una seccatura anche senza essere presente.

"L'ho visto ieri sera in spiaggia" dissi tutto d'un fiato.

Mi guardò con sospetto. Sentiva che stessi nascondendo qualcosa.

"Ha avuto il coraggio di chiedermi di andare ad una fest-"

"AD UNA FESTA?!" Mi perforò un timpano.

"Dio Matt, mi hai ucciso." Tenni una mano premuta sull'orecchio danneggiato. "Sì comunque, era quello che stavo per dire."

Aveva l'espressione più incredula che gli avessi mai visto: bocca e occhi spalancati, con la mano con cui stava mangiando una ciambella ferma a mezz'aria.

"E quando sarebbe?"

"Questa ser -"

"QUESTA SERA?!"

Mi alzai dal divano, ormai molto nervosa. "Mathias Wallace giuro che se lo rifai vai a dormire in spiaggia da solo!"

Si ricompose.

"Si, questa sera. Aveva detto che sarebbe passato a prendermi per le dieci. Povero illuso."

Senza dire una parola Matt guardò la parete su cui era segnata l'ora. Non seppi esattamente cosa gli passò per la testa, ma senza dire nulla mi prese di peso, caricandomi su una spalla, e mi portò in camera lanciandomi poi sul letto.

"Si può sapere che ti prende?" Sbraitai.

"Si può sapere che prende a te?" Si avvicinò fino ad arrivarmi a un palmo dal viso, spiazzandomi. Le volte in cui l'avevo visto così serio potevo contarle sulle dita di una mano.

"Un ragazzo carino e gentile è riuscito a rivolgerti la parola più di una volta, nonostante non l'avessi puntato tu per prima, ti ha addirittura invitato ad una festa e che fai? La psicopatica asociale?" Era sul punto di urlare.

"Io ti adoro, Lili, lo sai. Ma quando è troppo è troppo. Ti stai chiudendo in un guscio, il tuo muro ti porterà all'autodistruzione e io non ci sto. Ti voglio bene e proprio per questo non-ci-sto." Scandì le parole alla fine.

Rimasi senza fiato. La verità fece più male del previsto, mi bruciò al petto come se avessi immerso una ferita aperta nell'aceto: aveva avuto il coraggio di dire qualcosa che nemmeno io ero ancora riuscita ad ammettere a me stessa.

Ascoltare Matt però implicava anche andare contro una delle mie regole più importanti: fidarmi.

E la sola idea mi dava i brividi.

Si allontanò dirigendosi verso uno dei miei armadi, aprendolo poi. "Quindi tu questa sera andrai a quella festa. Mancano pochi minuti alle dieci, hai abbastanza tempo per poterti preparare decentemente."

Tirò fuori un paio di pantaloncini e un top, che guardai storcendo il naso: messi insieme non mi avrebbero coperta nemmeno per metà di ciò che consideravo come minimamente accettabile.

Mi si accese una lampadina.

"Ci vado solo se vieni anche tu." Lo sfidai con lo sguardo incrociando le braccia al petto.

Per un secondo perse il sorriso, guardandosi i vestiti.  Sapevo a cosa stesse pensando: non aveva l'outfit adatto - pantaloncini color cachi e una banalissima maglietta bianca - quando solitamente, alle feste, poteva arrivare a sembrare un lampadario accecante. 

Ero convinta che avrebbe declinato.

"E va bene." Disse invece contro ogni mia aspettativa. "Ora tu vestiti."

Le speranze mi abbandonarono del tutto.

Incapace di alzare lo sguardo da terra, presi quei pochi vestiti sul pavimento e mi diressi al bagno per darmi una sistemata. Sopra il tutto indossai una felpa, abbastanza larga da coprirmi fin sotto i glutei.

Vedendomi Matt fece un'espressione contrariata, ma non disse nulla. Era già tanto che mi avesse convinto.

Erano appena le dieci e qualche minuto quando scendemmo.

"Dove andate ragazzi?" Chiese mia madre perplessa. 

Non più di quanto lo fossi io, comunque. Solo Matt poteva convincermi a fare qualcosa di quel genere controvoglia.

"Ad una festa! Tranquilla, Karen, te la riporto a casa io sana e salva." Rispose per entrambi.

Mia madre fece schizzare le sopracciglia verso l'alto. Come biasimarla? Quella sociopatica di sua figlia stava andando ad una festa vera, quelle in cui le persone socializzano

"Non ne dubito. Divertitevi ragazzi!"

Sì, come no.

Come uscimmo mi rollai una sigaretta e l'accesi, inspirando profondamente. Ero pura ansia: non tanto per la festa - non era la prima a cui stessi andando, ma sperai potesse essere l'ultima - quanto per il fatto che così facendo avrei sicuramente dato l'idea sbagliata di me ad Arthur, quando tutte le mie intenzioni miravano a farlo scollare.

Imboccammo la strada in sterrato che collegava casa mia alla statale e dopo pochi metri notammo una Range Rover nera parcheggiata con i fari tenuti accesi.

Mi venne in automatico da fermarmi lì dov'ero, ma mezzo secondo dopo Matt mi stava già trascinando tenendomi a braccetto.

"'Sera ragazzi." Ci salutò Arthur uscendo dall'auto. Il suo sguardo si posò un po' più a lungo sul mio amico.

"Spero non sia un problema se vengo anch'io. Sai, Lili è un po' timida." Si fece avanti Matt. Lo guardai in cagnesco. 

Timida un corno. Mi hai obbligata tu a venire.

"Ma figurati, più siamo più ci si diverte! A proposito: piacere, io sono Arthur." Gli porse la mano sorridendo a trentadue denti.

Piacere sono Arthur e bla, bla, bla! Vomitevole, nemmeno all'asilo si presentano così.

Matt ricambiò la stretta in un modo entusiasta, il che non fece altro che innervosirmi ulteriormente. 

"Mathias! E il piacere è tutto mio."

Ero rimasta a fissarli imbronciata, fino a quando non riuscii più a trattenermi e sbuffai sonoramente.

"Volete scambiarvi anche i braccialetti dell'amicizia o possiamo andare?"

Mathias mi rivolse uno sguardo omicida, Arthur invece sorrise. Come a suo solito.

Odiavo quel sorriso.

"Hai ragione, Lili, meglio se andiamo. I miei amici saranno già la ad aspettarci." Rispose aprendomi la portiera del passeggero.

In tutta risposta lo ignorai, andando a sedermi nei sedili posteriori. Una vocina dentro di me continuava a ripetermi che stessi esagerando con quelle scenate, ma la seppellii sotto gli strati di rabbia e orgoglio che, invece, tenni fieramente a galla.

Al suo fianco si mise Matt.

"Allora, Arthur." Iniziò Matt. "Che tipo di festa è? Sai sono piuttosto emozionato, sto dedicando tutto il mio tempo allo studio e non ho più dato spazio allo svago!"

Desiderai che i sedili potessero risucchiarmi. Volevo essere ovunque tranne lì, i miei livelli di sopportazione erano stati ampiamente varcati da un po'.

"L'hanno organizzata un gruppo di ragazzi che frequenta la mia stessa Università. Non è...Esattamente legale, ma per questo non preoccupatevi: dovesse arrivare la polizia ci penserei io a portarvi in salvo."

D'un tratto Arthur ottenne tutte le mie attenzioni. "Perdonami: cosa vorresti dire? In che senso non è legale?"

Ci manca solo una multa da aggiungere alle mie spese mensili e sono rovinata.

"Via Lili, non abbiamo più sedici anni!" Mi rispose Mathias. Quella sera aveva deciso di essere insopportabile in tutto e per tutto.

"Infatti: dovrei sborsare quattrocento bigliettoni di tasca mia. Trovameli tu!"

Sentii Arthur ridacchiare, annuendo con il capo senza però spiccicare parola.

Il mio amico si voltò a guardarmi. "C'era d'aspettarselo che fosse così. Meglio: dà un po' di pepe alla serata!" Si sfregò le mani eccitato. "Mi sento come se fossi tornato al liceo."

Come poteva emozionarsi con una cosa del genere? A me veniva la nausea al solo pensiero.

Dopo circa un quarto d'ora di viaggio Arthur imboccò una stradina, semi nascosta tra i cespugli al bordo della statale. Ringraziai mentalmente che quel macchinone fosse ben ammortizzato o sarei stata sballottata da tutte le parti: la strada sembrava essere stata abbandonata a se stessa, piena di buche e rami secchi.

Il luogo perfetto per fare casino senza preoccuparsi di venire disturbati.

La mia attenzione venne catturata da un suono basso e ritmico. Intravidi alcune luci farsi strada tra le fronde dei pini marittimi.

Scesi dall'auto e la musica si fece più chiara alle mie orecchie. L'odore famigliare della salsedine mi pizzicò le narici, facendomi intuire che la spiaggia dovesse trovarsi a pochi metri da lì, nonostante non si sentisse lo scrosciare delle onde, coperto da quel ritmo incessante.

Era un genere musicale a me sconosciuto. I bassi sembravano potessero farmi tremare le ossa, una serie di suoni elettronici li accompagnavano creando quello che mi sembrò più rumore che musica.

Sbucammo in uno spiazzo ben nascosto tra gli alberi. Decine di giovani si contorcevano in danze scombinate, non curandosi di chi vi avesse vicino o del fatto che facesse già parecchio caldo. 

Istintivamente storsi il naso in una smorfia. 

Cercai subito con lo sguardo dove si trovasse l'alcool ed individuai un bancone, probabilmente arrangiato all'ultimo minuto - era composto da qualche asse di legno rette da due cilindri in metallo - stracolmo di bottiglie di ogni genere e forma.

Quello sarebbe stato il posto in cui avrei passato il resto della serata. O almeno, fu ciò che progettai.

Arthur si diresse verso un gruppetto che se ne stava in disparte dal resto della gioventù. Riconobbi i due ragazzi che erano presenti alla sera dell'Ivy Pub, quella in cui il biondo decise di cimentarsi nel ruolo di supereroe.

"Eccoti finalmente." Ci notò uno dei due. "Ti stiamo aspettando da un po'."

Posò lo sguardo su me e Matt, seguito dagli altri componenti del gruppo. Arthur lo seguì. "Loro sono i miei amici: Muriel e Mathias."

Ero imbarazzata più che mai. Non mi presentavo in questo modo, così diretto, dai tempi della scuola media e fu come se avessi dimenticato quali fossero le regole da seguire.

Tutto ciò che seppi fare fu un sorriso che aveva l'aria di essere tutto fuorché sincero. Matt al contrario si fece avanti e salutò tutti con entusiasmo.

Si presentarono uno ad uno: James e Kyle erano i loro nomi. Tra loro sbucò anche una ragazza dall'aspetto famigliare. 

Ci misi un po' a collegare il suo viso ad un volto già presente nei miei ricordi, lei fu più veloce. 

"Oh mio Dio...Muriel, sei proprio tu?" 

Il mio cuore perse un battito, per poi riprendere ad accelerare impazzito. Sentii la bocca seccarsi, vampate calde mi percorsero le membra dai piedi alla punta dei capelli e gli arti iniziarono a formicolare.

Non è possibile.

Madison era impeccabile. La pubertà con lei era stata generosa: era poco più alta di me, i capelli biondi e boccolosi come li ricordavo le arrivavano all'altezza dell'ombelico, tenuto scoperto e adornato da un piercing che brillava alle luci stroboscopiche. 

Di certo era una che non passava  inosservata, con quelle gambe lunghe e toniche e il seno tondo messo in risalto ancora di più da un top più che scollato. 

Ora l'attenzione di tutti era rivolta a me.

L'ultima volta che l'avevo vista era stato il giorno in cui mi espulsero dal liceo, momento che segnò una svolta decisiva nella mia vita. L'avevo intravista mentre cercavano di separarmi dal corpo inerme di Aiden: mi osservava da lontano con indifferenza, composta e silente, mentre nel corridoio dominava il caos per l'accaduto. Ormai il suo giocattolo si era rotto.

Da quel dì in poi avrei frequentato la scuola da casa.

Ingoiai a vuoto prima di essere in grado anche solo di formulare un pensiero. Ero sconvolta: come per autodifendersi il mio cervello aveva staccato la spina qualche secondo, che a me erano parse ore.

"S-si. Madison, giusto?" Feci finta di non averla riconosciuta.

"Proprio io!" In un secondo mi fu addosso, stritolandomi in un abbraccio. Un ondata di profumo pungente m'investì. 

Rimasi pietrificata, impossibilitata a ricambiare il gesto.

"Com'è piccolo il mondo, cara."

Già, che fortuna.

Arthur ci squadrò con un sopracciglio incurvato verso l'alto. "Vi conoscevate già?"

Madison mi affiancò e mi pose un braccio sulle spalle tirandomi a se. "Oh sì! Eravamo grandi amiche ai tempi del liceo, giusto Mimì?"

A quelle parole sentii la bile salirmi dallo stomaco e raggiungere l'esofago. Lentamente il panico che mi aveva travolto all'inizio stava mutando in rabbia. Un'ira incontrollabile.

Richiamando a me tutte le forze dell'universo per non perdere la calma e saltarle addosso, semplicemente feci finta di non aver sentito nulla e me ne andai, riprendendo a respirare con regolarità. 

Non mi ero accorta di aver trattenuto il fiato per tutto quel tempo.

Mi avvicinai al minibar per conseguire i miei piani della serata. Cercai Matt con lo sguardo e lo intravidi in mezzo alla gente dimenarsi come un forsennato. 

Sorrisi alla scena. Per lo meno lui sembrava essersi integrato.

Ordinai un semplice Mojito. Lo spiacevole incontro aveva troncato anche la mia voglia di alzare il gomito per sentirmi più leggera. 

"Cara!" Sentii dire alle mie spalle.

Giuro su Dio che questa è l'ultima volta in cui do ascolto a Mathias.

Si posizionò proprio di fianco a me e fu impossibile ignorarla. Al solo vederla e sentirla il bruciore di stomaco divenne tale da aver voglia di correre in disparte per rimettere tutto.

"Credo che siamo partite con il piede sbagliato." Le si spense il sorriso. Ordinò un cocktail, il mio stava già sul bancone.

"Vorrei cogliere l'occasione per scusarmi."

Mi irrigidii, se possibile, ancora di più. Non riuscii a trattenere un risolino sarcastico, mi sfuggì dalle labbra come una sottile lama affilata che, se avesse potuto, l'avrebbe volentieri trafitta più e più volte.

Davvero credi che basterebbero delle scuse?

"Sono tutta orecchie." Esordii puntando le mie iridi nelle sue, in segno di sfida. Indurii lo sguardo, come facevo con chi consideravo una minaccia.

Per una frazione di secondo la vidi vacillare, poiché il suo sorriso perse la sua falsa intensità per un attimo. Credo non si aspettasse quella reazione da parte mia. 

D'altronde come avrebbe potuto: mi ricordava come uno scricciolo indifeso, con i capelli imbrattati di escrementi di cane e l'animo spezzato, mentre l'ultima volta che mi aveva vista le sarò sembrata una maniaca omicida.

"Ecco..." Tossicchiò scostando lo sguardo verso il suo drink. "Mi piacerebbe se ci lasciassimo tutto alle spalle per un nuovo inizio. D'altronde ora avremo anche amici in comune. Che ne dici?"

Il Karma si stava prendendo gioco di me un po' troppo in quei giorni: una delle principali cause di tutti i miei problemi era venuta apposta non solo per elemosinare il mio perdono, ma chiedere un nuovo inizio.

"Nessuno è amico di nessuno qui." Strinsi i pugni a tal punto che le nocche scricchiolarono in modo macabro. "Figuriamoci di te." Sputai con disgusto senza degnarla di una sola occhiata.

Fu tutto ciò che provai in quel momento: puro ribrezzo. Con quale sfacciataggine aveva avuto il coraggio di venire da me così sorridente, chiedendomi una cosa tanto ridicola?

La mia mente era un tripudio di scenari dell'orrore: prima le avrei spaccato un bicchiere in testa, frantumandolo; poi le sarei letteralmente saltata addosso, buttandola per terra, e...

"Capisco." La sua voce, non più così stridula, mi distrasse dal film che avevo preso a girare mentalmente. "D'altronde, non sono mai riuscita a perdonarmi per ciò che ho fatto, perché dovresti farlo tu?"

Non capii bene se fosse puro vittimismo o se fosse sincera: ero troppo concentrata sul regolare la mia ossigenazione, dato che aveva preso a girarmi la testa, tenendo gli occhi chiusi per calmarmi.

Diedi un paio di sorsi al mio bicchiere, sperando mi aiutasse a tornare più lucida.

Seguì il silenzio. Aprii gli occhi, sentendo il battito regolarizzarsi, e rivolsi le mie attenzioni a ciò che mi stava di fronte. La musica pompava a tutto volume e c'era chi sembrava si nutrisse di quel ritmo.

Notai in un punto Arthur e altri suoi amici: si dimenavano come anguille, sudati e felici. 

"Che spreco." 

Mi voltai verso la bionda con stizza, siccome della sua dannata voce quella sera ne avevo avuto abbastanza, ma anche curiosa di sapere a cosa si riferisse. Guardava nella direzione in cui ero concentrata io appena prima.

Vedendo la mia espressione confusa, sospirò: "Ho visto come lo guardi." Accennò verso Arthur con il mento. "Ma sai, è gay."

Strabuzzai gli occhi. Non mi aveva affatto dato quell'impressione.

"Non ci credo." Mi sfuggì.

"Purtroppo è così. E' da un paio di anni che si frequenta con Kyle, non lo sa praticamente nessuno tranne noi amici stretti, ovviamente."

Li osservai attentamente. Kyle era su di giri e si era tolto la maglietta, sventolandola come una bandiera. Arthur lo seguì a ruota e iniziarono a saltare contemporaneamente, tenendosi reciprocamente sotto braccio.

Più che una coppia gay sembravano due amici che si stavano divertendo in preda agli effetti dell'alcool e dell'adrenalina. Ma non potei che crederle, chi ero io per giudicare?

E poi meglio così. Vuol dire che con te non vuole averci a che fare.

Ma allora perché mi aveva cercato così tanto nei giorni passati? Era forse interessato a Matt?

I miei pensieri si bloccarono di colpo quando una scossa di calore estranea m'inondò le membra, sentii la testa girare un paio di volte. 

Guardai il drink sconvolta: io lo reggevo bene l'alcool e quello era solo il primo bicchiere.

Finii di bere velocemente e mi allontanai dal bar, decisa a prendere una boccata d'aria fresca. Le ondate di calore, però, non facevano che aumentare di frequenza e intensità. Tolsi la felpa legandomela in vita.

D'un tratto quella musica assordante si fece più coinvolgente, invitante.

Dov'è Matt. Ho bisogno di Matt. C'è qualcosa che non va. Matt, Matt...

Quando finalmente lo trovai, lo raggiunsi a grandi falcate, strattonandolo. 

"Tesoro! Ma quanto hai bevuto?" Mi prese per le spalle. Un'euforia improvvisa s'impossessò della mia mente e iniziai a ridacchiare senza sosta. Vedevo tutto intorno a me ondeggiare. 

"In realtà per niente, ma meglio così. Oggi spenderò di meno!"

Presi a saltare come se mi fossero entrate delle formiche nelle scarpe. Matt non poteva credere ai suoi occhi: per un po' mi guardò come se fossi stata posseduta, poi prese a muoversi con me.

"Era da una vita che non ti vedevo così felice! Finalmente ti sei lasciata andare!"

Ci muovemmo senza fermarci un secondo per quelle che mi parvero ore. Ero talmente sudata che potevo distinguere le goccioline scendermi lungo la schiena e la fronte.

Ballai con qualsiasi persona mi capitasse di fronte. Non m'importava più di niente, la musica era come se si fosse fusa e mi fosse entrata nel sangue. 

Ad un certo punto - non saprei dire esattamente quale in tutto quel lasso di tempo - uno dei tanti con cui mi stavo dimenando mi prese dai fianchi e mi attirò a sè.

Contrariata, cercai di spingerlo via, ottenendo invece l'effetto opposto. Cercai di voltarmi per dirgli in faccia che non volevo che mi stesse così vicino, ma il gesto peggiorò solo la situazione: mi ritrovai a pochi centimetri dal suo faccione sorridente e tentò di baciarmi.

Tutto accadde in pochi secondi.

Più veloce che potei, per quanto le mie condizioni mi permettessero di esserlo, arretrai e gli sferrai un gancio dritto allo zigomo che lo fece indietreggiare. Lo sentii maledirmi in tutti i modi possibili.

Il gesto fece allontanare le persone intorno a noi: si creò un piccolo spazio in cui ci trovammo l'uno di fronte all'altra.

"Piccola stronza." Lo sentii ringhiare a denti stretti.

Disperata, cercai con lo sguardo un volto famigliare che potesse aiutarmi e intravidi quello di Arthur: doveva aver assistito alla scena perché con espressione preoccupata stava cercando di farsi largo tra la folla per venire nella nostra direzione.

Purtroppo mi distrai abbastanza a lungo perché il colosso mi raggiungesse, sovrastandomi minacciosamente. D'istinto iniziai ad indietreggiare quando qualcosa mi fece inciampare e cadere malamente all'indietro.

Battei la testa. Intravidi dal basso Arthur insieme a Kyle e James cercare di calmare il ragazzone che avevo assaltato. Il viso un po' distorto di un Matt preoccupato occupò poi l'intera visuale, disse qualcosa che immaginai potesse essere l'ennesimo rimprovero.

Poi tutto si fece nero.



Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top