Capitolo 35: FUOCO D'INFERNO

L'inferno c'è, ma è vuoto.
Hans Urs von Balthasar

Io e Sebastian tornammo nel motel tenendoci timidamente per mano e assaporando quel leggero contatto nel punto dove i nostri corpi si univano.
C'era però un po' di tensione tra noi ed io non riuscivo a capirne il motivo.
Non avevamo parlato durante tutto il tragitto e ciò seminava qualche dubbio nella mia mente.
Si era forse pentito di avermi baciata?
«Certo che no» borbottò sorprendendomi.
«Davvero?»
Annuì mentre io sospiravo sollevata anche se qualcosa non mi convinceva.
«Sei sicuro di star bene?»
«Si»
Stop.
Bene, qualcosa lo turbava. Ma cosa?
Era l'alba quando rientrammo nella sala principale dell'hotel e notai con le farfalle nello stomaco che nessuno dei due aveva voglia di lasciare l'altro.
Fu così che senza parlare andammo nella mia stanza disordinata gocciolando sulla moquette.
Chiusi la porta e mi infilai dei vestiti asciutti: Sebastian fece lo stesso rubando una maglietta dall'armadio di Thomas.
«Tutto bene tra voi due?» chiesi alludendo all'indumento di mio fratello.
«Ci sopportiamo, ecco tutto»
Mi distesi sul letto e mi voltai verso il ragazzo coricato accanto a me.
«Per questo motivo sei strano? Hai paura di farlo arrabbiare quando scoprirà che-»
«No»
«E allora cosa?» domandai esasperata «Adesso ti rendi conto di aver baciato un mostro?»
Sebastian si alzò in piedi ed io scattai all'istante a sedere.
Era più agitato di quanto pensassi.
«Cosa stai-»
«Non sei spazzatura» borbottò colpendo l'armadio.
«Non sei fredda o apatica»
Un calcio.
«Smettila» mormorai con un fil di voce.
«Non sei imbarazzante»
Un pugno.
«Non sei disgustosa»
Un altro pugno.
«Ti prego, basta..»
«Non sei sporca»
Un colpo.
«Non sei un mostro!»
Le sue nocche iniziarono a sanguinare copiosamente come un fiume in piena.
Sebastian continuava a colpire l'armadio nonostante provasse dolore.
Perché? Lo sapevo bene.
«Basta!» gridai all'improvviso non riuscendomi più a trattenere.
Sebastian volò dall'altro lato della stanza.
Ero stata io.
Ero stata io, ero stata io, ero stata io.
Cosa avevo appena fatto?
Corsi verso di lui lacrimando come una bambina.
Cosa avevo fatto?
Mi lanciai ai suoi piedi e presi la sua testa tra le mani.
Non ebbi il coraggio per parlare così mi limitai a piangere, fragile come un cristallo sottile.
Sebastian aprì gli occhi e mi accarezzò la guancia asciugandomi le lacrime con il palmo della mano.
«Meriti di essere amata» sussurrò amaro «Hai capito?»
Annuii distrutta e lo abbracciai con tutte le mie forze.
«Io devo- devo chiamare aiuto» singhiozzai disperata.
Non gli diedi il tempo di replicare che uscii alla ricerca di chiunque mi avesse potuto aiutare.
Sebastian..
Cosa avevo combinato?
Era colpa mia, colpa mia, colpa mia.

Fuori c'era il putiferio.
Le persone correvano a destra e a manca mentre gridavano spaventati cercando familiari e amici in mezzo ad una nuvola di fumo acre.
Andai a sbattere contro qualcuno e asciugandomi le ultime lacrime rimaste borbottai una scusa.
«Cèline! Sei tu?»
«Oh Penny, si sono io» risposi sollevata «Dove sono gli altri e cosa sta succedendo?»
Penny mi afferrò il braccio e iniziò a correre trascinandomi di peso.
«Non riuscivamo a trovare te e Sebastian così Thomas è venuto a cercarvi ma nel frattempo è scoppiato un incendio e sono tutti fuori e oddio Cèline. Sono così contenta di vederti. E Sebastian?»
Sebastian.
«Dobbiamo tornare indietro!»
«Come- cosa?»
«Sebastian! Lui è svenuto nella mia stanza e dobbiamo tornare indietro a prenderlo o morirà»
Penelope si fermò e mi fissò indecisa.
«Fammi strada» annunciò in fretta.
Corremmo veloci verso ciò che era la mia stanza ed entrammo trafelate.
Spalancai la porta con un calcio tossendo come indemoniata e sbarrai gli occhi.
Di Sebastian non c'era traccia.
Mi avvicinai nel punto dove lo avevo lasciato.
Sentii solo Penny gridare qualcosa ad alta voce, poi qualcosa di rovente mi colpì i piedi.
Svenni, e il caos circostante divenne solo un lontano ricordo.

Qualcuno mi teneva in braccio.
Camminava lento e fiero e mi faceva da scudo con il suo corpo.
Non riuscivo a parlare: la mia bocca era secca e pungente.
Qualcuno mi scaraventò sul terreno duro e delle mani amorevoli poggiarono la mia testa su qualcosa mi morbido.
«Cèline. Cèline apri gli occhi. Cece, apri gli occhi»
Ed io li aprii. Avrei tanto voluto non farlo.
Davanti a me l'edificio che ci ospitava era ridotto in un cumulo di macerie e Arelis insieme a Jace e Penelope erano accanto a me con uno sguardo vuoto.
«Insomma Thomas, avevo chiesto di essere delicati»
Quella voce. Quella ruvida voce.
Non era possibile. Non volevo fosse vero.
«Mi dispiace Victor»
«Guarda guarda. La bella addormentata si è finalmente svegliata»
«Victor» ringhiai acida.
«Ciao cara. Sembri scontenta di vedermi»
In tutta risposta sputai sulle sue scarpe lucide.
Lui rise ed io ebbi l'impulso di prenderlo a pugni.
Victor aveva gli occhi scuri come l'abisso più oscuro e i lineamenti marcati gli indurivano l'espressione severa e ironica. I capelli erano perfettamente laccati e in ordine come i suoi baffi sottili mentre il completo che indossava era impeccabile.
Qualcuno venne alla luce. Era Thomas, mio fratello.
Lo stesso fratello che tanto avevo imparato ad amare adesso puntava un coltello alla gola di Nicholas che piangeva disperato.
«La mia famiglia, la mia famiglia..» ripeteva attonito.
«Thomas» sussurrai a voce bassa «Thomas»
Era lui la spia.
Mio fratello era la spia.
Dopotutto questo tempo era sempre stato lui il bugiardo.
Ed io che avevo accusato Sebastian..
Oddio.
No no no no no.
«Dov'è Sebastian?» digrignai a denti stretti ignorando la fitta al petto per il suo tradimento «Dove cazzo è Sebastian»
«Vieni avanti caro» suggerì Victor.
Ed eccolo lì, Sebastian.
Si innalzava in tutta la sua bellezza indossando un completo pulito color della pece.
«Anche tu» balbettai sconfitta.
Mi ero fidata.
Mi ero preoccupata.
Mi ero confidata.
Avevo dato una possibilità ad entrambi ed ero stata tradita.
Provai a scagliare la mia rabbia contro tutti loro ma sentii una fitta colpirmi il cuore.
Victor rise di gusto e mi guardò trionfante.
«Curioso. Estremamente curioso il fatto che tu non te ne sia accorta prima»
Volsi lo sguardo a Thomas.
Ero accecata dalla rabbia e quella stessa emozione mi permise ti togliermi le bende dagli occhi.
«Hai ucciso tu quell'uomo in ospedale. Ti conosceva e tu l'hai ucciso. Ecco perché eri così tranquillo»
«Intendi tuo nonno, piccola peste?»
«Non era mio nonno-»
«Si che lo era» rivelò sorridendo «Solo che tu non lo sapevi»
Mio nonno. Thomas aveva ucciso mio nonno.
«Menti» farfugliai incredula «Tu stai mentendo»
«E perché dovrei? Sei davvero incantevole quando sei sconvolta»
«Vaffanculo»
«Che ne dici dell'arresto?»
«No..»
«Si invece!» proclamò allegramente «Il tuo fratellino ti ha fatto arrestare per non farti andare troppo lontano. Tu ti sei fidata subito e devo ammettere che questo mi è dispiaciuto parecchio. Patetica, davvero patetica»
«Sta zitto»
«Non credo proprio mia cara Cèline»
Thomas mi guardava dritta negli occhi, risoluto e deciso come una roccia.
«Non hai niente da dirmi?»
Disse solo: «Mi dispiace, ma è la cosa giusta»
«Ti dispiace Thomas? Davvero?»
«Si» assicurò con voce monotona.
«La colpa è tua se siamo finiti così!»
«Tu non capisci. Non capisci!»
«E cos'è che non capisco, sentiamo»
Ma lui tacque. Cos'altro mi stava nascondendo?
«Sebastian» supplicai «Sebastian guardami. Guardami!»
Finalmente i nostri occhi si incontrarono ma anziché ammirarne la loro bellezza notai quanto fossero spenti rispetto a qualche ora prima.
«Sei migliore di così. So che sei migliore di così»
Silenzio.
«Cazzo Sebastian! Era una palla anche tutto quel discorso? Cosa rimarrà di noi?»
«Non esiste nessun noi» ribatté monotono.
Trattenni le lacrime che minacciavano di annegarmi.
Quando ero diventata così debole?
Victor si fece avanti interrompendoci.
«Va bene così» decreto affaticato «Portateli via»
Qualcuno afferrò ognuno di noi dalle spalle e ci immobilizzarono trasportandoci in un una limousine costosa.
Lanciai un ultimo sguardo a mio fratello e al ragazzo che avevo baciato qualche ora prima.
«Proverò sempre a scappare» promisi a Victor «Sempre»
«Staremo a vedere»

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