CAPITOLO 34: SUSSURRI DI MEZZANOTTE
Tu sei il segreto che sussurro alla notte.
emituitt, Twitter
Sapevo dove aveva intenzione di portarmi non appena Sebastian imboccò il viale a sinistra della grande Chiesa.
Provai a non fermarmi per correre indietro, al sicuro nel mio carcere, ma non riuscii a mantenere un passo veloce.
Camminavo lentamente e a testa bassa cercando di ignorare le voci nella mia testa che sbraitavano contro di me e che rendevano pesante ogni mio passo.
Sebastian se ne accorse prima ancora che io potessi indossare la mia forte armatura e mi sorprese a rimuginare sul passato.
Ero davvero pronta per fare quel passo?
Sapevo fosse uno di quei passi più lunghi della gamba dove il rischio di cadere è maggiore rispetto alla possibilità di rimanere illesi e la cosa mi distruggeva.
Per anni avevo cercato di essere impassibile, una statua fredda e apatica che vedi nei musei quando vai in viaggio con la scuola, un essere inanimato.
Volevo essere indifferente al mondo e ciò mi aveva portata ad essere più sensibile di quanto fossi pronta ad ammettere.
Volevo correre via lontano da tutto e da Sebastian, Thomas, Penelope, Arelis, Jace.
Volevo fuggire da me stessa, lo desideravo con tutto il cuore.
Sapevo però quanto ci avessi provato e quante volte ero inciampata nel mio percorso.
Non ne valeva la pena.
Sorpassando gli ostacoli e non andandogli contro avevo solo creato un'ostacolo più grande dei precedenti.
Credevo sarebbero spariti così com'erano venuti e invece si erano sommati tra loro in un unico enorme dilemma.
Ero stanca, davvero tanto stanca.
Non riuscivo più a ricordare un episodio in cui i miei occhi avevano brillato per davvero.
Non rammentavo nemmeno quando questi si erano spenti.
Era come se tutto avesse avuto inizio con la mia fuga: frammenti di ricordi qua e là e poi il buio totale, nient'altro.
«Sei pensierosa»
Continuai a tenere lo sguardo basso, decisa a non guardarmi intorno.
A volte le immagini o le parole mi spaventavano: rendevano tutto vero, più reale.
Come una macchina fotografica che inquadra ricordi rendendoli vividi nella nostra mente.
Andai a finire contro il ragazzo che si era bloccato difronte a me e per poco non caddi all'indietro.
Sentii le mani di Sebastian afferrarmi la vita al volo e sorreggermi con sicurezza.
«Ti ho presa» sussurrò ad un soffio dal mio viso.
Ci osservammo a lungo, in silenzio.
Riuscivo a specchiarmi nelle sue iridi cineree e notai che il calore del suo corpo era persino piacevole.
«Dovremmo andare» mormorai pigramente a malincuore.
«Si»
Lui però non si mosse nemmeno di un millimetro così mi raddrizzai aspettando che si staccasse.
Sebastian mollò la presa sui miei fianchi e continuammo a camminare in silenzio fino alla destinazione.
«Siamo arrivati» proclamò troppo presto.
Non ero pronta, non ero pronta, non ero pronta.
Davanti a me si innalzava fiera la mia vecchia casa.
Rimasi per un po' a guardarla fino a quando il ragazzo mi invitò ad entrare.
Lo precedetti senza emettere un singolo suono con l'ansia nel all'anima.
La porta era poggiata sul pavimento come i vetri frantumati delle finestre.
C'era molta polvere e qua e là qualche topo sgusciava fuori dagli angoli oscuri.
L'unica luce lì erano i raggi che emanava la luna.
Riuscivo a spulciare nei miei ricordi ogni tanto. Vedevo le pareti nivee circondate da diversi quadri colorati, la TV accesa il sabato sera per farmi vedere i miei film preferiti e la pizza calda sul tavolino difronte al divano arancione.
Mi sembrava di sentire il profumo della mia pietanza preferita.
Andai in cucina dove la situazione non era meglio: piatti e bicchieri spaccati, mobili appesi per metà, sangue secco.
Amavo cucinare la torta di mele con mia madre mentre ascoltavamo la musica scelta da lei con papà che giocava con il cane in giardino.
La mia stanzetta era completamente distrutta con i vestiti gettati a casaccio e il materasso ammuffito dove qualche gatto aveva trovato rifugio.
Su quel letto mio padre mi leggeva le storie della buona notte con la voce buffa che mi faceva tanto ridere.
Volevo piangere fino a svenire.
Anziché andare via da quel luogo e rifugiarmi in un vicolo per essere patetica mi avviai in giardino come un fantasma.
Eccolo lì, il mio fiero albero di arance eretto in tutta la sua bellezza: era l'unica cosa intatta di quel luogo.
Come ipnotizzata mi sedetti sulle sue radici sporgenti immergendo la testa nelle ginocchia e riportando alla luce ricordi dimenticati.
Le partite a pallavolo con i miei genitori, le feste per il mio compleanno con il mio cagnolino Windy, le tavolate alla luce del sole in procinto di tramontare.
E invece eccomi qui, spezzata e spaventata dal mondo intero.
Quando era cresciuta quella bambina piena di vita? Quando aveva iniziato a vedere il mondo in bianco e nero?
«Qui è davvero bello sai?» sussurrò Sebastian all'improvviso.
Mi ero dimenticata di lui e la sua presenza non fece altro che distruggermi ancora di più.
Non riuscii a trattenermi: mi gettai sul suo collo poggiando la testa sul suo petto e piansi anche l'anima.
Ricordo i singhiozzi spezzati di quella sera e le sue mani gentili che mi accarezzavano.
Per quanto tempo aveva represso le mie emozioni?
Avrei potuto continuare all'infinito se Sebastian non mi avesse afferrato dolcemente il mento per farmi alzare il viso.
«Ti preferisco così» mormorò nostalgico.
Tirai su con il naso.
«Con il cuore a pezzi e la faccia impiastricciata?»
Scosse leggermente la testa.
«Ti preferisco umana»
Fu come guardarlo per la prima volta.
Vidi le sue iridi turchine e i capelli biondissimi riflettere di luce propria, le fossette pronunciate ai lati della bocca e le sue labbra deliziose.
Mi baciò.
Sebastian poggiò le sue mani ai lati del mio viso mentre mi baciava.
Io ero immobile davanti a lui, una statua di ghiaccio che si stava sciogliendo.
Beandomi del suo sapore risposi istintivamente al bacio lento e dolce come lo zucchero.
Si stava trattenendo: aveva paura di spaventarmi.
Mi staccai per guardarlo negli occhi ma lui sentì subito la mia mancanza così cercai di nuovo le sue labbra desiderose di me.
Forse stavo sognando.
Sentivo i suoi palmi bollenti cuocermi le guance e la sensazione era così piacevole che volevo assaporarla avara con la punta della lingua.
Sentivo il sapore della sua bocca fresca mista al salato delle mie lacrime e pensai che se il nettare degli dei avesse avuto un gusto preciso sarebbe stato quello.
Mugolai quando Sebastian si alzò staccandosi da me.
«Dobbiamo andare in un posto» annunciò euforico.
Lo guardai terrorizzata: avevo avuto abbastanza sorprese per quel giorno.
Lui sorrise.
«Ti piacerà» mi assicurò convinto «Promesso»
Il taxi ci lasciò in un boschetto poco distante dalla mia casa.
Non ci ero mai andata prima d'ora.
«Dove mi stai portando?» chiesi mentre correvamo verso un luogo sconosciuto.
«Lo vedrai!» gridò lui cercando di superare la potenza del ruggito del vento.
Sebastian mi prese la mano congelata e il contrasto con il suo calore mi fece rabbrividire.
Corremmo come se ci stessero inseguendo fino ad un laghetto lì vicino.
Non aveva intenzione di-
«Dobbiamo tuffarci» rivelò brioso.
«Stai scherzando?»
«Per niente»
Era davvero serio.
«Tu sei pazzo»
Mi guardò enigmatico aspettando una mia risposta.
«Ma fa freddo. E poi non ho nemmeno il costume!»
Mi rivolse uno sguardo malizioso.
«Potresti indossare la mia maglietta se non arrossisci prima»
Che sfrontato!
Si spogliò dei suoi vestiti rimanendo in soli boxer ed io dovetti guardare altrove per non arrossire. Dannazione!
Quando ero diventata così timida?
Mi porse la maglietta, sfidandomi sfacciato.
«Bene» ghignai accettando la sfida.
Mi sfilai la maglietta sotto lo sguardo attento si Sebastian, poi mi slacciai i pantaloni e li sfilai.
Adesso ero in intimo davanti a lui.
I suoi occhi erano diventati più scuri e famelici e con aria minacciosa si avvicinò a me porgendomi un casto bacio sull'angolo della bocca.
«Seguimi» disse solo.
Poi si tuffò in acqua.
Cos'aveva in mente?
Senza perdere tempo mi tuffai nell'acqua gelida che mi mozzò il respiro.
Mi trovai Sebastian ad un palmo dal viso: gli rivolsi un'occhiata interrogativa ma anziché rispondermi si voltò nuotando via da me.
Tenendoci per mano nuotammo insieme nella acque illuminate dalla luce della luna fino ad una grotta sommersa in cui il ragazzo si infilò.
Lo seguii nell'oscurità e ci ritrovammo in una sorta di bolla d'aria sommersa.
«Io non- Wow»
La grotta era cristallina e le pareti rocciose riflettevano i colori naturali dell'acqua calda.
Era stupendo.
«Ti piace?» domandò Sebastian compiaciuto.
«Non ci credo. Questo è bellissimo»
Continuai a guardarmi intorno fino a quando Sebastian mi tirò a sé afferrandomi per i fianchi.
«Ti sta molto bene la mia maglietta» mormorò vorace.
«Lo so»
Sorrise fissando i suoi begli occhi nei miei.
Afferrò le mie cosce e le avvolsi intorno alla sua vita.
Si avvicinò per baciarmi ma io mi spostai veloce.
«Cosa vuoi Sebastian?»
Mugolò qualcosa al mio orecchio a voce troppo bassa affinché potessi sentirlo.
«Cosa vuoi?» ripetei godendomi il suo viso combattuto «Dimmi cosa vuoi Sebastian»
Adoravo avere il potere su di lui.
«Te cazzo» ruggì subito «Voglio te»
«Baciami» lo pregai.
Non se lo fece ripetere due volte.
Le nostre labbra si unirono di nuovo in un'unica danza soave ma questa volta era un ballo passionale e fugace.
Esplorammo le labbra dell'altro come affamati e mi beai di ogni suo tocco.
Sebastian infatti perlustrava sott'acqua tutto il mio corpo mentre io mi appendevo al suo collo per non scivolare giù nell'oblio dell'oscurità.
«Da quanto aspettavi questo momento?» domandai sorridendo tra un bacio e l'altro.
Lui si staccò giusto il tempo per rispondermi:
«Da sempre» bofonchiò ridendo.
Poi ripartì alla carica mordendomi con passione il labbro mentre io gli passai le mani tra i capelli che mi avevano attirata fin da subito.
Erano umidi e lisci tra le mie mani: ero curiosa di sapere come fossero da asciutti.
Eravamo aggrappati l'uno all'altro come se l'altra persone fosse l'ancora di salvezza.
Forse era vero, forse Sebastian era davvero la mia ancora di salvezza ma lui non avrebbe mai dovuto scoprirlo.
Volevo godermi il momento, e quello sembrava l'attimo perfetto.
Se è questo l'inferno voglio restare qui.
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