Capitolo 30: SOGNI RICORRENTI
I sogni sono risposte a domande che non abbiamo ancora capito come formulare.
X-Files
Quel giorno lo passai a dormire tutto il tempo o meglio, stetti con gli occhi chiusi cercando di dormire alla ricerca di sonno e riposo. Ma nessuno di questi arrivò.
Allora decisi di aprire il mio quaderno nascosto ma non trovai nemmeno l'ispirazione.
Frustata decisi di farmi un altro bagno ma non avevo proprio voglia di lavarmi. O di mangiare.
Diciamo che non avevo voglia di vivere e basta.
L'arrivo di Sebastian in piena notte però mi fece sobbalzare e mettere all'allerta.
«Cosa vuoi?»
Silenzio. Si sentiva solo il tamburellare dei nostri cuori.
Non appena fece un passo verso il letto sul quale ero distesa la luna lo accarezzò dolcemente e il sogno che avevo fatto mi riapparve nella mente, vivido come la realtà.
Sentii le guance pizzicarmi e pregai che la luna non decidesse di baciare anche me.
La rabbia mi salì al cervello: perché diavolo dovevo arrossire?
«Ti ho fatto una domanda» ripetei severa «Cosa ci fai qui?»
Sebastian si sedette alla punta del materasso dalle lenzuola scompigliate.
«Thomas mi ha chiesto di venirti a chiamare. Dobbiamo partire»
«Dopo tutto quello che è accaduto dobbiamo andare lo stesso in Polonia? Beh, va a dire al mio fratellone che è una follia»
«Non eseguo i tuoi ordini» ribatté duro.
Gli lanciai un'occhiataccia di soppiatto e distolsi lo sguardo non appena i suoi occhi caddero nei miei.
«Credi ancora che io sia la spia?» domandò cauto contorcendosi le mani.
Era nervoso. Davvero gli importava ciò che pensavo di lui?
«Nel mio sogno mi consigliavi di fare attenzione nel fidarmi delle persone» risposi secca «Non sei il primo della lista dei sospettati ma di certo non ti escluderò»
«Bene» disse solo.
Rimanemmo in silenzio per un po' finché lui non mi rivolse la parola.
«Credo sia meglio prepararci per il viaggio»
«Puoi restare per un po'?»
Le parole mi uscirono di getto e il ricordo del sogno precedente non mi aiutava.
Sebastian fece un sorriso forzato, poi mi trascinò per le caviglie su di sé.
«Cosa vuoi Cece?»
Non lo sapevo nemmeno io. L'unica cosa di cui ero a conoscenza era che adesso volevo lui.
Volevo lui.
Volevo godermi quella sensazione di sfuggire alle regole per poco tempo.
«Cosa vuoi Cèline?»
Ammaliata dal suono della sua voce gli passai le mani tra i morbidi capelli color della neve.
Immersi i miei occhi ambrati nei suoi e lo sentii mugolare qualcosa.
Era teso come una corda di violino: forse non voleva.
Non mi voleva?
«Tu invece cosa vuoi Sebastian?» lo provocai.
Passò lo sguardo dai miei occhi alle mie labbra dischiuse.
Sentii come la terra mancarmi sotto i piedi e in un secondo mi ritrovai sola nella stanza.
Lui.. Sebastian era andato via.
Mi aveva lasciata da sola.
L'ira mi investì in pieno petto.
Vaffanculo a Sebastian.
Vaffanculo al mondo.
Vaffanculo a me che ci stavo credendo.
Vaffanculo.
Nonostante non avessi nemmeno la voglia di alzarmi, mi feci forza e decisi di vestirmi con i miei soliti abiti: misi nello zaino le poche cose che avevo sfiorando con la mano il mio quadernino.
Adesso si che l'ispirazione arrivava.
Con i palmi e le nocche spaccate mi toccai il retro del capo e trasalii al contatto della mia mano fredda.
Sentivo già il gonfiore della testa dovuta alla botta.
Dannazione.
Mi pettinai al volo i capelli e andai nella reception dove gli altri mi aspettavano impazienti.
«Scusate il ritardo» borbottai in fretta «Ero occupata»
Guardai per un attimo Sebastian, il quale mi fissava insistentemente con occhi vitrei.
Gli rivolsi un'occhiata piena di disprezzo e mi avviai con gli altri verso l'uscita.
Ci aspettava un lungo viaggio.
Avrei avuto tutto il tempo che volevo per pensare.
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