Capitolo 25: COLORI E IDENTITÀ
L'identità è sempre stata al centro dell'attenzione della psicologia e la cura spesso consisteva proprio nel far trovare l'identità a chi appariva confuso. Si riteneva che, senza identità, non si potesse vivere nel mondo, mentre oggi, se sei precisamente identificato, hai un destino da manicomio.
~Vittorino Andreoli
A quanto pare Sebastian e Arelis avevano deciso di coalizzarsi contro di me: mentre io, Penny e Thomas discutevamo per trovare un modo per far evadere Jace, quei due borbottavano qualcosa a bassissima voce.
«Potremmo utilizzare la mia capacità, sarebbe tutto più facile» proposi speranzosa.
Ultimamente riuscivo a sentire concretamente la capacità dentro di me e potevo sentire il suo desiderio di essere liberata.
Era come se si fosse risvegliata dal letargo e adesso non ne voleva sapere di addormentarsi di nuovo.
«Non credo sia il caso» rivelò Penny a bassa voce «Credo che la tua capacità abbia uno strano effetto su di te»
Consapevole della verità decisi di tacere e cedere la parola a mio fratello.
«Credo invece sia un'ottima idea. Sarebbe tutto più facile usando i suoi poteri, a patto che tu non uccida nessuno»
Aggiunse qualcosa a bassa voce ma non riuscii a capire il contenuto delle sue parole.
«Potrei privare i poliziotti dell'ossigeno fino a farli svenire» proposi un po' timorosa.
«No»
Mi voltai e vidi Sebastian congelarmi sul posto con lo sguardo.
«Perché dovrei prendere ordini da te?»
«Non devi» rispose prontamente «Semplicemente non possiamo rischiare che tu vada fuori controllo sguinzagliando il mostro che è in te»
Ahia.
Quella fece davvero tanto male.
Realizzai che tutto ciò che mi aveva detto erano solo bugie.
"Non te lo meriti", "Non sei un mostro", "Siamo simili" e cazzate varie erano tutte menzogne.
Sebastian aveva deciso di ferirmi nonostante sapesse quanto ciò mi avrebbe fatto stare male.
"Adesso sì che vorrei sguinzagliare il mostro che è in me" pensai spietata.
Ma non l'avrei fatto. Non gli avrei dato la soddisfazione di vedermi crollare.
«Tu cosa proponi allora?»
Alzò un sopracciglio che gli diede l'aria da superiore del cazzo.
«Io e Thomas possiamo distrarli e metterli al tappeto mentre voi cercate Jace e lo portate al sicuro»
Ci fu una gara di sguardi maligni che venne interrotta dalla voce di Arelis.
«Mettiamola alle votazioni» propose «Chi vuole che Cèline utilizzi i suoi poteri dica "si"»
Storsi il naso alla parola "poteri" ma confermai il mio "sì" insieme a mio fratello.
«Chi non vuole che lei usi i suoi poteri dica "no"»
«No» esclamarono in coro Arelis e Sebastian insieme a Penelope.
«Bene»
La mia voce era aspra come un limone.
Iniziai a camminare più velocemente al fianco di Thomas che mi osservava silenzioso.
«Cosa c'è?» domandò.
«Niente»
Sbuffò camuffando una risatina.
«Ti conosco Cece»
«Io invece no» rivelai affranta e cambiando argomento «Sei mio fratello ma non ti conosco»
Il sorriso svanì dal suo viso.
«Semplicemente non c'è nulla di eclatante da sapere sul mio conto»
«Lo so, ma io intendo anche le piccole cose»
«Allora chiedi»
Gli rivolsi un'occhiata interrogatoria e mi accorsi che lui era serio.
«Beh, allora.. Qual è il tuo colore preferito?»
«Grigio» rispose veloce «Il tuo?»
«Sono scontata se dico il nero?»
«Credo proprio di si»
Sbuffai.
«Allora il marrone»
Thomas rise.
«Davvero?»
Annuii sicura di me.
«A chi piace il marrone?»
«A me. E odio il bianco»
Incuriosii mio fratello che mi chiese:
«Come puoi odiare il colore della purezza e dell'innocenza?»
«Lo trovo un colore stupido, unione di tutti i colori»
Rimase in silenzio.
«Trovo che sia privo di identità» aggiunsi convinta «Riflette soltanto tutti i colori e noi lo definiamo tale anche se non lo è»
«Sicura di star parlando ancora di colori?»
Questa volta fu il mio turno di tacere.
Thomas mi abbracciò e mi fece ruotare su me stessa.
«Hai una bellissima identità, piccola Cece»
Volevo davvero crederci e ci provai davvero.
"Solo per questa volta" promisi.
Sentii le voci sbraitare dentro di me ma decisi di ignorarle.
"Solo per questa volta" promisi.
Ci fermammo in un albergo a caso dove decidemmo di prendere due stanze: una per noi ragazze e una per Thomas e Sebastian che, a quanto pare, avevano deciso di darsi tregua.
Uscii dal bagno avvolta in un asciugamano con i capelli umidi e notai il mio telefono squillare.
Lo presi di corsa con mani tremanti e risposi fingendomi tranquilla.
«Victor» sentenziai riconoscendo la sua risata.
«Ciao Cèline» salutò lui «Come procedono le ricerche?»
«Cosa vuoi da noi?
«Ti sbagli mia cara. La vera domanda è cosa voglio da te»
Rise con tono maligno. Persino da lontano e a distanza di anni riuscivo ad immaginare i suoi baffi sottili vibrare alle sue risate come era solito accadere.
«Allora cosa vuoi da me?»
«Ti voglio con me» ghignò deciso «Per l'eternità»
Rischiai di far cadere il telefono sul pavimento.
«Mai» risposi fermamente «Non mi avrai mai. Ne me ne gli altri, è una promessa»
«Mia cara Cèline, non fare promesse se non sai come mantenerle»
Tacqui, ansiosa.
«Ti starai chiedendo dov'è la bambina. Beh, è ancora viva per il momento»
«Vaffanculo Victor»
«Adoro quando pronunci il mio nome»
Sebastian aveva detto le stesse identiche parole.
«Lo senti mai Cèline?» domandò «Senti mai ila tua capacità pregare di liberarsi dalla tua noiosa presa? Riesci a percepire il potere scorrere nelle tue vene?»
«No»
«Mi deludi mia cara. In tutti questi anni non ti ho ancora insegnato che non si dicono le bugie?»
Sentii il pianto di una bambina e delle grida sovraumane mi trapassarono i timpani.
Diana era in pericolo.
«Ti ripeto la domanda» ringhiò Victor «La senti la rabbia distruggerti ogni particella del corpo?»
«Si» dissi arrendendomi.
Ma Diana non smise di urlare.
«Ho detto di si!» urlai nel panico.
Un vaso non troppo lontano a me esplose in mille pezzi.
Diana tacque ed io con lei. Il mio respiro era affannato.
«Bene» si congratulò «Molto bene»
Iniziai a singhiozzare silenziosamente.
«Sei patetica Cèline. Debole e patetica»
«Chi è la spia?»
«A te l'onore di scoprirlo»
«Vaffanculo»
Sentii un bip ronzarmi nelle orecchie.
«Hai capito Victor? Vaffanculo!»
Ma lui non riusciva a sentirmi: la telefonata era conclusa.
Mi accasciai sul pavimento tirandomi i capelli con le mani.
Cosa avevo combinato?
Era colpa mia. Era colpa mia. Era colpa mia.
«Cosa è successo?»
Arelis e Penelope avevano sentito il vaso rompersi ed erano accorse a vedere cosa fosse successo.
«Victor» dissi solo.
Arelis sbarrò gli occhi mentre Penelope si sedette accanto a me prendendomi leggera la mano.
«Diana è viva?»
«Si, ma non so per quanto ancora» risposi affranta «Ha qualcosa in mente»
Anche Arelis si sedette al mio fianco con l'aria sconfitta.
«Mi dispiace» sussurrò ad un tratto «Non è stata colpa tua. Io avrei dovuto fare più attenzione e invece mi sono distratta»
Sospirai a fondo.
«Non volevo ucciderti. O almeno non l'avrei fatto»
Sorrise amaramente.
«Rincuorante»
Stanca di fare la vittima mi alzai e le ragazze fecero lo stesso.
«Basta piangersi addosso» dichiarai decisa «È l'ora di far evadere un prigioniero»
Pronta o no, non potevamo aspettare.
Si stava facendo tardi e di Thomas e Sebastian nemmeno l'ombra.
Stanca di aspettare decisi di andare a bussare alla loro porta.
Nessuna risposta.
Bussai di nuovo ma nessuno aprì la porta.
Stavo per andare a riferire alle ragazze la missione fallita ma la porta si aprì e ne uscì Sebastian vestito di tutto punto.
«Sei tu»
Non capii se fosse dispiaciuto o sorpreso.
Eravamo lì a fissarci quando Thomas fece capolino dalla stanza.
«Sorellina!» esclamò allegro «Come siamo affascinanti»
Arrossii leggermente. Infondo, indossavo solo un pantalone di pelle e una maglietta semplice.
«Troppo aderente?» domandai insicura «Forse dovrei cambiarmi. Si, mi sa che è proprio quello che farò»
«Cece»
«Si?»
«Stai bene. Tranquilla»
Sospirai.
«Ammetto di essere un po' nervosa» mormorai imbarazzata.
«Io invece non vedo l'ora, finalmente un po' di azione!»
Guardai sospettosa Sebastian che sfuggì abilmente alla presa dei miei occhi.
«Andiamo» ordinai.
Dovevamo liberare Jace, o Lui l'avrebbe avuta vinta.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top