Capitolo 24: PRIGIONI MENTALI

Il mondo è una prigione dove è preferibile stare in una cella d'isolamento.
~Karl Kraus

Tante volte avevo provato ad evadere dalla mia prigione, ma quando ti accorgi che l'unica persona da cui devi scappare sei tu, ecco che le cose si complicano.
Noi siamo i più grandi nemici di noi stessi, esseri immaturi e infantili che si preoccupano solo e soltanto di pensare a ciò che potrebbe andare male, storto, non come ce lo siamo immaginati.
E questo è un loop infinito, rimpianti su rimorsi e rimorsi su rimpianti e noi, anziché imparare dagli errori passati e costruirci una strada futura, continuiamo a rincorrerli ammaliati come i navigatori con le sirene, ciechi e sordi per tutti gli altri.
Ognuno concentrato solo e soltanto su se stesso è impassibile agli occhi dei sognatori che osservano il mondo come una tela bianca che sussurra loro di dipingerla.
Continuiamo a crogiolarci nel nostro dolore fino a quando questo non ci consuma dall'interno, pezzo dopo pezzo, mattone dopo mattone finché non rimane altro che un impronta di ciò che eravamo e che potevamo essere.
Un tempo desideravo essere distrutta da esso, sbriciolata come una fetta di torta nelle mani di un bambino pasticcione, ma poi nella mia vita è entrato mio fratello insieme alla sua amica e mi hanno impedito di crollare anche se è l'unica cosa che desideravo, e che desidero tutt'ora, ardentemente.
Poi è arrivato Sebastian che si è rivelato essere così simile a me tanto quanto è diverso.
Avevo mentito a Penelope. Io non ero riuscita a leggere Sebastian e l'unica cosa che mi rimaneva era una manciata di orgoglio spezzato.
E l'arrivo di Arelis insieme alla piccola Diana mi aveva sconvolto più di quanto io avessi dato a vedere.
Forse erano come me, spaventate e alla ricerca di un'oasi tranquilla. Non riuscivo ad accettarlo.
Era come se il mio cervello richiedesse tempo per elaborare tutto e l'unico modo per farlo svegliare era stata la cattura di una bambina.
Ero l'esempio della distruzione umana, mentale e non.
Restava solo uccidere Victor e da lì io sarei stata in pace con me stessa.
Bugiarda
Sapevo bene infatti che niente e nessuno avrebbe stabilito pace in me.
Ma c'erano altri problemi più importanti adesso, e continuare ad essere egoista non me li avrebbe risolti.
Jace, un altra vittima come noi, era in prigione per chissà quale motivo ed era stato uno dei ricercati più importanti del Messico.
Accidenti, come aveva fatto a mettersi così nei guai?
E se.. Merda.
«Dobbiamo trovarlo» ordinai fermamente precipitandomi fuori dal bar.
«Hai un qualcosa in mente» sentenziò Thomas fiero «Dimmi tutto»
«Beh, non so nemmeno da dove partire in realtà. Non vi sembra strano che Victor ci abbia trovato nell'esatto momento in cui abbiamo deciso di riunirci? Non è strano che quei tizi del bordello ci abbiano inseguito così ferocemente? Non è strano che Diana sia stata presa proprio quando era con noi? E non è strano che Jace sia stato catturato proprio adesso? Qui qualcosa mi puzza» ansimai affannata.
Vedevo i pensieri vorticare pericolosamente nelle loro menti quando una lampadina si accese nella mia.
«Una spia» sussurrai incredula «Ma certo»
Penny intervenne.
«Non crederai davvero che-»
«Lo credo eccome invece. Qualcuno ci spia, l'unica cosa da capire è chi»
Era qualcuno esterno o interno al gruppo? 
Penelope era la classica ragazza di bell'aspetto che avrebbe potuto ingannare chiunque con i suoi occhi dolci.
Arelis mi odiava adesso ma non avrebbe mai messo la vita di Diana in pericolo, a meno che non fosse parte del suo piano.
Sapevo poco su Sebastian e adesso che gli avevo sbattuto la mia verità in faccia avevo perso l'occasione di scoprire di più su di lui.
E infine c'era Thomas, mio fratello. Avrei voluto escluderlo dalla lista ma dovevo essere vigile e all'allerta.
Avrei scoperto chiunque ci fosse dietro, a qualsiasi costo.

Erano tutti sudati tranne me quando arrivammo davanti la prigione.
La struttura era immensa e del filo spinato ne delimitava i confini. Un gruppo di detenuti era all'aperto e ci fissava come fanno i gatti con i topi.
Entrammo, io per prima, e un odore di sudicio mi investì immediatamente le narici.
Mi guardai intorno cercando qualcuno che sembrasse avere l'aria da poliziotto ma erano tutti impegnati con un ragazzo dai capelli rossi poco distante da noi.
«Jace! Mio dio..»
Arelis fece per correre verso di lui ma io mi parai di fronte a lei.
«No» sibilai «Non così»
«Ma lui-»
«Capiranno che lo conosciamo. Aspettatemi qui»
Mi avvicinai ai poliziotti che stavano perquisendo Jace che mi squadrarono dall'alto in basso.
«Salve, sono Vivienne» mi presentai.
«Stranieri» disse uno di loro nella mia lingua «Ci mancava solo questo»
«Vorrei parlare con il ragazzo»
Continuarono a tenermi gli occhi addosso.
«Adesso» ordinai poco gentile.
«Lei sarebbe?»
«Vivienne. Sono-»
«FBI. Io sono Thomas e lei è la mia socia. Gli altri stanno con me. Dobbiamo parlare con Jace»
Mio fratello si era intromesso di nuovo. Credeva che non ce l'avrei fatta da sola?
Avevo tanta di quella forza sotto la pelle che tremai al solo pensiero.
Il poliziotto ci scrutò con aria sospettosa.
«Avete un distintivo?» chiese superiore.
Il suo sorrisetto svanì quando Thomas gli mostrò un distintivo reale. Dove diavolo l'aveva preso?
Mi resi conto che pur essendo mio fratello conoscevo davvero molto poco della sua vita, quasi nulla.
La voce dell'uomo mi risvegliò dai miei pensieri.
Ci condusse in una stanza e ci avvisò:
«Avete 5 minuti, poi il ragazzo verrà con noi»
Chiuse la porta e ci lasciò soli.
Jace rise.
«Caspita ragazzi, che bello spettacolo!»
La sua risata era sguaiata ma potevo notare che fosse forzata.
«Allora che ci fate qui? Volete un autografo dal ragazzo più ricercato del Messico?» domandò ammiccando a me.
«Non credo visto che adesso sei in prigione» risposi acida.
«Wow, la ragazza ha le palle»
Il suo sguardo si fece improvvisamente serio.
«Cosa vuole l'FBI da me? Non voglio avere problemi»
«Non siamo dell'FBI»
Arelis uscì allo scoperto sotto la luce scadente del neon.
Jace la squadrò per qualche secondo.
«Ci conosciamo?»
Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime.
«Sono io, Arelis..»
Jace si mise sugli attenti.
«Non è possibile. Lei è- è morta»
«No Jace, no. Sono viva, sono qui»
Non riuscì a trattenersi e lo abbracciò con foga.
Il ragazzo era sospettoso quando mormorò:
«Questo profumo..»
Si staccò da lei per guardarla negli occhi.
«Sei tu» sussurrò incredulo «Sei davvero tu!»
La strinse tra le sue braccia come un fratello per lungo tempo finché lei decise di presentarci.
«Loro sono Sebastian, Penelope, Thomas e sua sorella Cèline»
Gli occhi di Jace mi trapassarono il cuore.
«Lei è Cèline? Insomma, è davvero lei?»
Arelis annuì.
«Ecco da dove proveniva quel tono sfacciato» ghignò.
«Senti chi parla»
Mi sorrise e poi chiese chi fossero gli altri.
«Sebastian è come noi, Victor ha usato anche lui. Penny è un'amica di Thomas»
«Capito. E come mai siete qui?»
«Si tratta di- di Diana..»
Jace sorrise, uno di quei sorrisi che ti fanno brillare gli occhi.
«Dov'è quella piccola peste?» chiese cercando la bambina con gli occhi.
Arelis non riusciva a parlare così dissi:
«L'ha presa Lui. Diana è con Victor»
Il ragazzo sbarrò gli occhi, poi sorrise incredulo.
«Dai ragazzi non è divertente. Diana? Piccola, vieni fuori!»
Arelis lo guardò, triste.
«Non è uno scherzo Jace» sussurrò leggera «Mi dispiace»
La faccia di Jace sbiancò come se avesse visto un fantasma.
«Com'è successo?»
Stavo per parlare ma Thomas mi precedette.
«Non c'è tempo adesso» dichiarò sicuro «Abbiamo poco tempo»
«Victor mi ha trovata e crediamo sia utile unire le nostre capacità per porre fine a questa storia»
«E come credete di farmi uscire da qui?» domandò sospettoso.
«Tempo scaduto»
Il poliziotto di prima era entrato nella stanza nel momento più importante della nostra conversazione. 
Come avremmo fatto a far uscire Jace di prigione?

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