Capitolo 22: A PETTO SCOPERTO
Il potere è l'afrodisiaco supremo.
Henry Kissinger
L'aeroporto era affollato come un qualsiasi luogo pubblico e l'aria era piacevolmente calda.
«Ho caldo!» piagnucolò Diana.
Beh, forse dovrei dire che l'aeroporto del Messico era piuttosto afoso ma a me non dispiaceva quel calore su tutto il corpo.
Ero abituata al freddo e alla neve, un po' di caldo non mi infastidiva molto.
A quanto pare i miei compagni non la pensavano così poiché in un battibaleno avevano tutti tolto tutti il giubbotto e adesso avevano le braccia scoperte.
Non avrei mai potuto farlo.
Sebastian mi rivolse un'occhiata fugace notando che ero l'unica ad indossare ancora una maglietta a maniche lunghe che mi ricopriva i polsi.
Capì le lo guardavo anche io e anziché spostare lo sguardo, i suoi occhi si fecero ancora più insistente.
Guardai altrove, stanca di giocare.
Ultimamente mi ero lasciata troppo andare e le cose dovevano ristabilirsi nel proprio ordine.
Io e Sebastian dovevamo allontanarci anzi, non esisteva un "io e Sebastian".
Nessun noi, niente di niente.
Così era e così dovrà essere per sempre.
Non voglio, ma soprattutto non posso. E non con lui.
Avevo bisogno di leggerezza, qualcuno che l'avesse assaporata con la punta della lingua.
Lui invece aveva sofferto come me. Eravamo troppo simili e questa somiglianza poteva solo farci del male.
A volte giocare andava abbastanza bene, altre volte non era per nulla corretto.
Qualsiasi cosa fosse iniziata, dovevo assolutamente chiuderla.
Diana mi prese per mano e mi portò al sicuro, nel mondo reale.
Eravamo in Messico per cercare Jace, uno dei sei esperimenti torturati da Victor. Una volta trovato, mancava solo un'ultima persona e poi- poi..
E poi cosa?
Avremmo vissuto la nostra vita passandola a fuggire da lui? Nascosti, temendo anche la nostra ombra? Non lo accettavo.
Volevo vivere, volevo almeno provarci. Mi ero stancata di sopravvivere.
«Hai fatto qualche altro sogno piccolina?»
Diana scosse la testa scompigliando i suoi riccioli biondi e fissandomi dritta negli occhi.
«Sei molto bella ma lo nascondi. Devi prenderti cura di te Cece! Non è giusto, anche io vorrei essere così bella..»
La guardai sorpresa dicendo:
«Tu sei bellissima Diana, ricordalo sempre. E non hai bisogno di paragonarti agli altri, che sia io o Penny o Arelis o chiunque altro. Non voglio sentirtelo più dire, va bene?»
Annuì e strinse di più la presa sulla mia mano.
Poi iniziò a correre mentre rideva a crepapelle.
«Prendimi Cèline, vieni a prendermi!»
«Diana non allontanarti troppo! Diana!»
Non la vedevo più. Era sparita in mezzo a un centinaio di persone.
«Diana! Piccola, dove sei?»
Avevo iniziato ad urlare mentre il panico mi attanagliava il cuore.
Preoccupati, gli altri si avvicinarono a me chiedendomi cosa fosse successo.
«Dov'è Diana?» chiese Arelis cauta.
«Io- io non lo so»
«Dove cazzo è Diana! Cèline, dov'è andata!»
La paura la travolse in un istante.
Iniziò a correre verso la reception e in un attimo sentimmo la voce di Arelis espandersi in tutto l'aeroporto.
«Diana è pregata di venire all'ingresso. Ripeto, Diana è pregata di ritornare all'ingresso»
La voce metallica della ragazza continuava a rimbombare nell'immensa stanza quando il mio telefono incominciò a vibrare. Accidenti, non era proprio il momento.
Lo lasciai squillare finché la chiamata non si interruppe. Poi ricominciò a suonare.
«Pronto» risposi incurante di nascondere la preoccupazione.
«Cèline, Cèline! Ho paura, ho tanta paura, ti prego vieni qui!»
Il terrore mi circondò con tutta la sua potenza: era la piccola Diana a parlare a telefono.
Cercai di mantenere una calma apparente e le domandai dove fosse.
«Sicuramente non con te, mia cara Cèline»
Non era possibile. Non poteva essere. Merda merda merda!
«Victor»
La mia voce era gelida come un iceberg.
«Mi manchi molto, sai? Io ti manco, non è vero?»
«Per niente, pezzo di merda. Non osare torcerle nemmeno un capello, altrimenti-»
«Altrimenti cosa? Dai il via libera al mostro che è in te? Hm, non vedo l'ora di vederti all'opera allora.. »
«Brutto stronzo! Vieni fuori!»
Mi guardai intorno alla ricerca di Victor e della piccola Diana, ma non vidi nessuno.
«Ti prego Victor, non farle del male. Ti prego»
«Adesso mi piaci Cèline. Sei così adorabile quando mi preghi»
Rimasi in silenzio con i sensi di colpa che mi divoravano dall'interno.
«Ci sentiremo presto, mia cara»
«No! Diana!»
La telefonata fu interrotta così provai a richiamare il numero sconosciuto, senza successo.
«Cazzo. Cazzo!»
Diedi un calcio ad una sedia lì vicino e senza volerlo la feci volare dall'altra parte della sala.
Le guardie dell'aeroporto iniziarono a venire verso di me.
«Andiamo»
In un battibaleno fummo tutti in mezzo alla strada.
«Chi era al telefono?» domandò Penelope
«Victor. Era Victor. E ha preso Diana»
Penny si coprì la bocca con le mani, Thomas fissò lo sguardo su di me mentre quello di Sebastian divenne pura roccia. Arelis invece scoppiò in lacrime.
La guardai e mi sentii impotente come mai prima d'ora.
«Mi dispiace tanto, non avrei dovuto permetterle di allontanarsi»
«No, non avresti dovuto assolutamente! Chissà cosa le farà adesso che è di nuovo nelle sue mani. Oddio. Oddio!»
Sebastian la abbracciò cercando si consolarla ed io distolsi inconsciamente lo sguardo.
«Bisogna stare calmi» intervenne Thomas «Dobbiamo continuare a cercare Jace e portarlo con noi»
«E Diana? Non possiamo lasciarla nelle sue mani!»
«Tranquilla Arelis, cerca di calmarti. Non le farà del male, le serve viva. Adesso la nostra priorità è trovare gli altri esperimenti e portarli al sicuro prima che Lui li trovi»
Qualcosa mi colpì il viso.
Era Arelis. Mi aveva dato uno schiaffo sulla guancia.
Prima che potessi controllarmi il mio istinto ebbe il sopravvento.
Non ebbi nemmeno il tempo di sbattere le palpebre che Arelis cadde ai miei piedi contorcendosi dal dolore.
Tutti gridavano di fermarmi ma io non potevo, o meglio, non volevo.
Sentivo la sua energia scorrermi come lava dentro le mie vene: non ricordavo questa sensazione, così appagante e potente.
L'unico a reagire fu Sebastian che si posizionò davanti a me.
«Fermati Cèline.Adesso. Questa non sei tu, la stai uccidendo»
La sua voce era calma e autoritaria.
Tutti avevano paura di me, eccetto lui.
All'improvviso sentii l'energia abbandonare il mio corpo e Arelis smise di avere spasmi.
Si alzò, ancora dolorante, e mi rivolse uno sguardo di puro disprezzo seppur fosse ancora spaventata.
Sebastian mi rivolse un ultimo sguardo, poi andò dalla ragazza zoppicante facendole poggiare il braccio attorno al suo collo.
«Andiamo» sussurrò Penny.
Ci incamminammo verso un bar ognuno perso nei suoi pensieri.
Victor aveva preso Diana, ed era tutta colpa mia.
Stavo per uccidere Arelis, ed era tutta colpa mia.
Avevo messo tutti in pericolo e l'unica colpa l'avevo io.
Avrei risolto tutto da sola. L'avrei fatto per proteggerli.
Da lui. E da me.
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