Capitolo 16: PREOCCUPAZIONI ARTISTICHE
Si usano gli specchi per guardarsi il viso, e si usa l'arte per guardarsi l'anima.
George Bernard Shaw
Il viaggio in macchina con Thomas era stato alquanto silenzioso poiché Penny, che non vedevo da quella notte, aveva deciso di viaggiare con Sebastian sulla sua moto.
Dovevo ammettere che forse l'avevo ferita, eppure qualcosa dentro di me non ci riusciva.
Era bella, anche intelligente, intraprendente, curiosa e artistica, Era positiva e sempre con il sorriso stampato sul volto. Ed io, come tutti gli altri, ci ero cascata.
Ennesimo errore da segnare nel mio ennesimo quaderno degli errori.
«A cosa pensi?» mi chiese mio fratello.
«I miei pensieri continuano a tornare su una cosa stupida»
Ci fu qualche minuto di pausa, poi:
«Tu credi sia solo una cosa stupida o vuoi convincerti che lo sia?»
Tacqui, pensierosa.
«Sai, c'è differenza tra le due cose»
«Lo so»
«E hai intenzione di tenere il muso per tutta la serata?»
Mi voltai verso il finestrino, offesa dalle sue parole.
Si, forse ero un pochino permalosa.
Sentii lo stomaco di Thomas brontolare mentre cercava di trattenere una risata, poi sentii le sue dita calde solleticarmi i fianchi.
Mi stava facendo il solletico? Nessuno prima di lui..
Per quanto cercassi di rimanere impassibile, una strana risata si fece spazio a suon di sorrisi sulle mie labbra. E mentre Thomas guidava e mi pizzicava i fianchi, io mi contorcevo sul sedile come posseduta da uno dei peggiori demoni descritti da Dante.
Solo quando rischiammo di scontrarci contro un'altra macchina Thomas mise le mani a posto, con mio.. dispiacere?
Mi lasciai inondare dal calore della macchina e lo guardai, divertita.
Lui mi squadrò a fondo, soffermandosi sul mio stupido sorriso che non voleva saperne di rientrare nel mio subconscio.
«Lo vorrei davvero tanto» sussurrò.
«Cosa vorresti, Thomas?»
«Che tu fossi sempre così..»
Poggiò la mano sotto il mio mento e mi diede un bacio al sapore di miele sulla fronte.
Non ebbi il tempo di stupirmi che lui scese dalla macchina. Eravamo arrivati a destinazione.
«Scappo un attimo in bagno, tu entri?»
«Tra un secondo» risposi «Vorrei incipriarmi il naso»
«Incipriarti il-?»
Sospirò e andò via, sussurrando qualcosa di non piacevole sul genere femminile.
Scrutai i miei occhi nello specchietto retrovisore.
Non poteva essere sempre così? Tutto rose e fiori, tutto facile e bello.
Poi la conversazione con Penelope riaffiorò nella mia mente e la piccola scintilla nei miei occhi che cercavo di trattenere svanì via così come era venuta.
Le avrei parlato, decisi.
Non avevamo bisogno di drammi adolescenziali, il tutto era già troppo complicato.
Speravo lo avrebbe capito.
Ero ad un passo dalla porta. Ricordo che mi fermai un'istante, un solo istante per allisciarmi la maglietta azzurra che indossavo. Disegnai un sorriso in volto. Poi li sentii.
Penny e Thomas stavano parlando troppo vicini da distinguere le loro voci, ma non abbastanza da origliare in silenzio. Sebastian invece era seduto in mezzo a loro, immerso completamente nei suoi pensieri.
«Lo so bene, hai fin troppa ragione. Ma io cosa posso fare?»
«Devi cercare di abbattere il suo muro protettivo Penny, solo tu puoi riuscirci»
«Io?»
«Si, tu! Guardala, è completamente sola e ha bisogno di qualcuno con cui confidarsi. Sta sempre lì per conto suo, sembra sempre così-»
«Sola?»
«Angosciata»
«E ci credo, dopo tutto quello che ha passato!»
«E io la capisco, ma non è questo il punto»
«Il punto credo sia esattamente questo» mormorò improvvisamente Sebastian «Non ha bisogno di una badante, o peggio, di una baby-sitter. Ha bisogno di sentirsi capita e ascoltata. Ha bisogno di una roccia su cui appoggiarsi quando tutto il poco che le è rimasto va in pezzi»
«E tu come fai a saperlo?»
«Lo so e basta. Perché non chiedete alla diretta interessata?»
A quel punto, Sebastian mi guardò dritto negli occhi.
Prima che gli altri mi scoprissero, decisi di fare la mia mossa.
Camminai verso di loro, altezzosa e sicura di me come mai.
«Scusate per l'attesa. Il bagno era più frequentato di quanto pensassi»
Thomas mi sorrise caloroso mentre Penelope si attorcigliava imbarazzata una ciocca di capelli intorno al dito e Sebastian mi scrutava silenzioso come al solito
Penny, che non riusciva nemmeno a guardarmi in faccia, chiamò disperata la cameriera e, dopo aver ordinato, iniziammo le ricerche.
Avrei affrontato la questione più tardi. Adesso, i veri problemi erano altri.
«Ci sono dei quadri su questo biglietto. Alcuni conosciuti, altri un po' meno»
Sentivo le dita intorpidite per la rabbia, ma cercai con tutte le forze di sovrappormi ad essa.
«Non ce n'eravamo accorti» constatai alquanto infastidita.
Thomas mi lanciò un'occhiata di traverso e fece cenno a Penelope di continuare a parlare.
«Io credo sia un codice e-»
«Oppure delle coordinate»
Ci girammo tutti verso Sebastian, che con calcolata lentezza morse la punta di una patatina assaporandola in silenzio.
«Come possono dei quadri essere delle coordinate?» domandò sospettoso Thomas.
Sebastian ricambiò lo sguardo accusatorio di mio fratello.
«Date di nascita, di morte, numeri nei titoli. Io credo siano coordinate» ripeté alzando le spalle.
«Credo invece che dovremmo seguire la teoria dei codici, quindi ci conviene-»
«Oh sta zitta, biondina»
Penny mi guardò malissimo.
«Primo quadro, "La ferrovia" di Manet. Qui dice che il pittore è nato nel 1832» dissi citando il l'articolo di Google.
«Io mi rifiuto» esclamò Penelope che con furia si alzò dalla sedia e uscì dal locale.
«Cazzo» mormorò Thomas «Voi continuate a cercare, io vado a vedere che le succede»
«Come sempre, fratellone» sputai acida.
Lui sembrò non sentirmi e andò via appresso alla ragazza.
«Che data hai detto?»
«1932»
«E quando è morto Monet?»
«No, sono sicura sia la data di nascita. Dove la vita ha inizio, dove l'inferno comincia»
Sebastian mi scrutò curioso, poi mi chiese il prossimo dipinto.
« Mariposa 12»
«Questo è facile, 12'»
«Bene. Poi abbiamo "Senza titolo" di Adolfo Borgognon»
«Di che anno è il quadro?» mi chiese lui.
Controllai online.
«Del 1992»
«E siamo a 18° 32' 12' 1992''»
«Il prossimo è "Natura morta" di Lopizzo del 1969»
Tutto cominciava ad avere un senso.
«C'é "Pro croce rossa", è un francobollo però. Precisamente del 1953»
Tutto cominciava a filare. Ero emozionata.
«Infine abbiamo "Pittore di quadri popolari" del 1849 e "Natività" di Ghirlandaio del 1492»
Sebastian mi mostrò il telefono dove aveva preso nota.
«18° 32' 12' 1992'' verso nord, 69° 53' 45' 492'' verso ovest. E queste indicazioni ci portano a-»
«Calle El Cono» conclusi io.
«Ho sempre voluto visitare Santo Domingo» mi svelò il ragazzo.
Buon per lui. Ci aspettavano ben 7 ore di volo.
Ed io non avevo mai preso un aereo.
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