Capitolo 11: LIMITI DI SICUREZZA

Se si prevedono quattro possibili modi in cui qualcosa può andar male, e si prevengono, immediatamente se ne rivelerà un quinto.
~Arthur Bloch

Avete presente quando avete una cosa molto importante a cui non riuscite a smettere di pensare e quando lo fate ve ne pentite? 
Esempio: sei in fuga da uno scienziato pazzo che ti ha fatto del male in tutti i modi possibili ed immaginabili e quando questo pensiero sfugge (stranamente) al tuo controllo, ecco che lui ti trova.
Non vi è mai capitato? Strano.
Per me invece era come dimenticarmi il motivo della mia esistenza, e tutto perchè finalmente avevo smesso di pensarci.
Ma ecco che puntualmente arrivava Lui a ricordarmi quanto io odi me stessa.
Dopo aver aperto bocca Sebastian mi afferrò la mano ed iniziò a correre nella direzione opposta all'appartamento.
«Cosa stai facendo? Thomas e Penelope sono in pericolo!» gridai in preda all'ansia.
Non mi sentivo affatto bene. Il mio corpo tremava tutto e il mio respiro era alterato: un attacco di panico.
Preoccupata, mi imposi di non crollare. 
Non avrei permesso a nessuno, figurarsi a Sebastian, di mostrarmi debole.
Le cose stavano andando a rotoli: Victor mi aveva trovata e Thomas e Penelope, soprattutto Sebastian, erano in pericolo. Tutto per causa mia.
 «Non è colpa tua» disse lui interrompendo i miei pensieri.
«La tua capacità è leggere nel pensiero?» chiesi preoccupata.
Sorrise: «Effettivamente non sarebbe male, ma no»
Restai in silenzio: domandargli quale fosse la sua capacità era intimo come chiedergli con chi avesse perso la verginità.
«Cosa ti ha detto di preciso mio fratello?»
Sebastian cambiò di nuovo umore.
«Crede di aver visto Victor in città con i suoi scagnozzi. Mi ha detto di vederci in un posto il più lontano possibile dall'appartamento. Lui e Penelope hanno già preso tutti i bagagli»
«Penelope?»
«Già. A quanto pare è indispensabile nella ricerca degli altri esperimenti»
«Non chiamarli così. Sembrano oggetti»
Sebastian restò in silenzio ed con lui.
Corremmo per qualche altro minuto lungo i grigi marciapiedi di San Francisco fino ad arrivare ad un immenso garage abbandonato dove una bellissima motocicletta pregava di essere montata.
«È tua?» domandai curiosa.
Non me ne intendevo di mezzi di trasporto, ma quella moto sembrava costare davvero parecchio. Chissà dove aveva preso tutti quei soldi.
Sebastian annuì e con agilità vi montò sopra. 
Giocò un po' con l'acceleratore che sotto il suo tocco faceva le fusa e poi si voltò verso di me, allungando una mano per invitarmi a salire: la afferrai prontamente e in un battibaleno mi trovai la sua schiena leggermente curvata ad un soffio dal mio viso.
Ero però indecisa sul dove poggiare le mani finchè lui non me le afferrò cortesemente poggiandole con delicatezza tra i passanti dei suoi jeans.
Ogni volta che Sebastian mi toccava lo faceva con una delicatezza innata, come se temesse di spezzarmi.
Stranamente, quella caratteristica di lui non mi infastidiva troppo.
«Partiamo o stiamo aspettando qualcuno?» chiesi dopo qualche secondo notano che Sebastian si era perso tra i suoi pensieri. 
Questo, come ripreso da una trans, diede gas all'improvviso facendomi balzare leggermente all'indietro: per sicurezza, mi strinsi di più a lui.
La motocicletta sfrecciava impetuosa per le strade sorpassando ogni mezzo di trasporto che ostacolava la nostra strada: io mi tenevo stretta a Sebastian con le braccia avvinghiate intorno a lui e la testa poggiata sulla sua spalla.
E mentre il vento agitava i miei capelli, pensai che Sebastian, in quel momento, era l'unica persona capace di non farmi cadere nell'oblio.

Il viaggio proseguiva senza intoppi quando il mio compagno di viaggio ad un tratto iniziò a chiamare il mio nome che arrivava sferzato alle mie orecchie.
«Si?» sussurrai al suo orecchio.
«È l'agilità» mi rivelò lui. Non capii subito.
«Cosa?»
«La mia capacità intendo. È l'agilità»
Stetti in silenzio in attesa di raccogliere un briciolo di coraggio.
«Credo che tu sappia che tutto è energia; persino gli esseri umani lo sono. Io sono capace di controllare qualsiasi tipo di energia» svelai riprendendo fiato «Nonostante io sappia che tu ne fossi già a conoscenza, ho deciso di dirtelo perchè voglio realmente fidarmi di te, Sebastian. Quindi ti chiedo, posso fidarmi di te?»
Restò a lungo per così tanto tempo che mi pentii di avergli parlato. Poi però mi rispose, ed io i ricredetti.
«Si Cèline, puoi fidarti di me» mormorò infine «Qualsiasi cosa farò, sarà solo per proteggere te»

Non avevo mai visitato Berkeley, e mai avrei immaginato che per sfuggire a Victor mi sarei rifugiata in una villa circondata da antichi palazzi.
Sebastian spense il motore della motocicletta e con un balzo atterrò sul cemento scuro.
Si passò le mani sui jeans ed io nel frattempo scesi dal veicolo.
Quasi infastidito bofonchiò: «Se avessi aspettato, ti avrei aiutato io a scendere»
«Non c'era il bisogno» 
Nei suoi confronti, sentivo di dover tracciare una nuova linea di divisione.
Sebastian si stava intrufolando nella mia vita e il modo in cui lo faceva mi terrorizzava.
Io dovevo essere forte, irraggiungibile e non dovevo avere paura di nulla.
Ero fredda e distaccata, non come prima.
Ma la vera domanda era: com'ero prima? Ormai non lo ricordavo più.
Eppure con Sebastian la mia copertura crollava, mi faceva dimenticare come avevo deciso di comportarmi: riusciva a farmi mostrare una parte di me dimenticata da tempo abbattendo tutti i miei muri protettivi.
Ed era spaventoso il modo inconsapevole con cui lo faceva. Forse non se ne rendeva neanche conto.
Ma c'era qualcosa nei suoi occhi che diceva tutt'altro.
Non potevo permettermi di abbassare la guardia.
Pensare però che lui avesse sofferto come me mi faceva venire la nausea. Eppure era così diverso da me...
Dovevo assolutamente tracciare una linea di confine tra di noi, ma come?
 Per l'ennesima volta, tutto era troppo complicato.
Vidi Thomas e Penelope venirci incontro correndo e in un secondo fui avvolta da due paia di braccia che continuavano a chiedermi se stessi bene.
«Cosa diamine è successo?»
«Thomas lo ha visto insieme ai suoi scagnozzi non troppo lontano dall'appartamento e noi abbiamo subito fatto le valigie»
Penelope ignorava anch'essa Sebastian che, dietro di me, giocava con il telefono come se nulla fosse.
Thomas si fece avanti, scusandosi: «Cèline, mi dispiace così tanto, io non-»
«Lasciamo perdere ok? Non sarei dovuta scattare in quel modo. Adesso ciò che conta è che stiamo tutti bene»
«Perché sei ancora qui?» domandò Penny a Sebastian con voce autoritaria.
Lui riposò il telefono in tasca e con voce pacata dichiarò: «Io sto con Cèline»
Mi imbarazzai per la serietà con cui lo disse e, dimenticando i buoni propositi, lo difesi. 
«Anche lui è uno dei sei ragazzi maledetti da Lui, e come volete proteggere me dovrete fare lo stesso con lui. Perchè se lo mandate via, io vado con lui »
Forse avevo esagerato, ma non mi importava: Victor era alla ricerca di entrambi e non c'era nessun motivo di far annegare un innocente in un mare che non aveva desiderato.
La cosa che più mi lasciava perplessa era che sembrava non temere Victor.
Voleva solo proteggere me, nemmeno se stesso, ma me.
Penny restò a bocca aperta.
«Tu non puoi-»
«Bene» la interruppe Thomas.
«Cosa? Ma Thomas, tu eri il primo a non volerlo con noi!»
«Oramai è inevitabile Penny» chiarì lui «Conosce la nostra posizione e sarebbe pericoloso lasciarlo andare»
«E comunque, cara fidanzatina, rimango solo per Cece, non di certo per te o per il tuo fidanzato»
«Noi non siamo fidanzati!» ribadì lei.
«Entriamo o no?» domandai cambiando argomento.
Mentre entravamo in casa notai Sebastian farmi l'occhiolino.
Respirai a fondo: mettere distanza tra noi sarebbe stato più difficile del previsto. 
Stava entrando a far parte della mia vita ed io non riuscivo a fermarlo: sarebbe entrato all'inferno, che io l'avessi voluto o meno. Ma forse, all'inferno c'era già.

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Riuscirà Céline allontanarsi da Sebastian? Lo scoprite nel prossimo capitolo! Lasciate una stellina e lasciate ip vostro parere nei commenti. A domenica prossima! :)

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