3: Divinità
Erano passate da poco le quattro del mattino. L'aria era inspiegabilmente afosa, il sudore mi colava dalla fronte alla schiena al seno, per via dei dieci balli caraibici - a cui, ovviamente, avevo fatto schifo - in cui mi avevano invitata a ballare. E sempre lo stesso ragazzo.
Pensai, tra me e me, che ce ne voleva davvero tanta di pazienza, e soprattutto di buona volontà, per continuare a insistere nel voler ballare con me. Specialmente perché sono una vera e propria frana nel mondo caraibico.
<<Ne vuoi una?>>
Alzo lo sguardo dal mio bicchiere, ed eccolo che lo rivedo.
Sorrido, mentre afferro la sigaretta che mi offre. <<Grazie>>, urlo, mentre la musica riprende a essere più forte.
Mi indica il posto al mio fianco, e io annuisco e gli faccio spazio affinché possa entrarci anche lui. Non lo avevo mai visto prima qui in giro per la città, non che ci siano tutti questi migliaia di abitanti nella piccola cittadina in cui sono nata e cresciuta.
Lui si siede in silenzio, mentre inspira dalla sua sigaretta, così decido di iniziare io la conversazione; d'altronde, glielo devo dopo aver sopportato i miei balletti malefici.
<<Non ti ho mai visto qui in giro>>, comincio, e lui ridacchia mentre espira via il fumo.
<<Perché non sono di San Severo, sono di Lucera>>, dice, per poi aggiungere subito dopo: <<però vengo qui al Morrison da qualche settimana. Ho iniziato da qualche mese soltanto a ballare>>, mi spiega mentre io penso che non riuscirei a ballare quei maledetti balli caraibici nemmeno se ci andassi a studiare per anni.
<<Io sono negata>>, rido, mentre mi segue a ruota anche lui. Direi che l'ha notato più che bene dopo dieci balli. <<Io sono più per la reggae, cose del genere>>, ammicco con una certa soddisfazione.
Se proprio devo dire di apprezzare qualcosa di me oltre i miei occhi, quello è senz'altro il mio culo.
<<Non mi hai detto però come ti chiami>>, irrompe d'un tratto, facendomi sentire una stupida.
<<Cazzo, è vero!>> Scoppio a ridere, e mi rendo conto solo ora che l'alcool e l'erba hanno cominciato a dare il loro vero effetto. Sorrido: <<Mi chiamo Deborha>>, gli dico.
E lui sorride. <<Con l'acca o senza?>>
Alzo gli occhi al cielo. <<Se ti dico com'è scritto il mio, di nome, saresti soltanto la millesima persona che lo troverebbe strano.>>
Lui mi guarda, scettico. <<Perché, in quanti altri modi di scrive Debora?>>
Scoppio a ridere mentre sorseggio un altro sorso del mio gin tonic, per poi passarglielo: almeno così saremo pari con la sigaretta offerta.
<<Fidati, lo scoprirai se mi stalkererai sui social.>>
Mi alzo, mentre lui ride. <<Chi ti dice che ti seguirò sui social?>> Mi fissa, con una certa aria: un misto tra il divertito, lo sbronzo e la beffardagine.
Alzo le spalle, con nonchalance: <<Non avresti insistito a ballare con me, altrimenti.>>
E dopo avergli lanciato un occhiolino, mi allontanò ridendo. Vedo già Esmeralda dall'altra parte della sala, trasandata ma assurdamente troppo euforica, mentre si guarda attorno al locale e ai giardini sicuramente per cercarmi.
<<Vai già via?>>
Lo sento urlare dietro di me. Sorrido, per poi voltarmi: <<vedi? Mi stai già cercando qui. Figuriamoci sui social.>>
Incredibile ma vero, avevo perso mia cugina. Un attimo prima l'avevo vista euforica, sudata, trasandata e stranamente fin troppo felice, e quello dopo aver salutato Walter era sparita.
Sbuffai. E adesso dove cavolo si era cacciata?
Intravidi mia cugina Maria, sua sorella, alle prese con un ballo di salsa col suo ragazzo. Ma perché ci casco sempre e torno sempre in questo dannato posto? Pensai.
Mandai al diavolo l'ennesimo depravato che mi si buttò addosso per palparmi, e proseguii verso la fine dei giardini, nel retro. A dire il vero sarebbe una zona dove, oltre al personale, non potrebbe mettere piede nessun altro, ma sono una ragazza: una ragazza vestita in maniera succinta, giovane e a quanto pare attraente, perciò posso sempre cavarmela in maniera piuttosto semplice.
Non feci in tempo a scavalcare la siepe che subito sentii una voce squillante urlare: <<Debbyyyyyyy!>>
Vidi mia cugina e Chiara, la ragazza di nostro cugino, ridere a crepapelle. Poi capii subito perché erano sparite così d'un tratto, e cosa ci facevano lì: stavano fumando una canna.
Mi sedetti di fronte a loro, nell'erba fresca, sbuffando. <<Vi ho cercate per quindici minuti!>> Dissi, stizzita.
Loro mo guardarono, ridendo. E lì capii che sarebbe stata una causa persa.
Feci segno a mia cugina di passarmi la canna, mentre Chiara prese a guardare qualcosa più in là, nel buio, alle sue spalle.
<<Ei, c'è un frigo lì>>, disse, per poi voltarsi a guardarci. <<Scommettiamo che troviamo alcool gratis?>> Ammiccò, mentre mia cugina si alzò di scatto per seguirla a ruota.
<<E dai, ragazze!>> Sbuffai, alzandomi di nuovo: i miei piedi chiedevano pietà.
<<Ci metteremo in un mare di merda>>, le avvertii non appena le raggiunsi. Ed in effetti, c'era davvero un enorme frigo illuminato appena davanti a noi.
Lo guardai meglio, e mi accorsi subito di un particolare.
<<Non c'è alcool>>, dissi, mentre loro continuavano, sballate com'erano, la loro ricerca.
Alzai gli occhi al cielo, e mi chiesi come avremmo fatto a tornare a casa. A piedi, senza passaggio, coi piedi doloranti e degli abiti succinti, nel cuore del mattino, e soprattutto sballate e sbronze da far paura.
<<Trovato!>> Squitti Esmeralda.
Le feci segno di stare zitta, nonostante il volume della musica che ancora non si decideva a diminuire; stavamo praticamente rubando alcolici, in una zona vietata del locale, in un locale. Tra l'altro sbronze, e con due di loro ancora minorenni. Ottimo.
<<Ci metteremo nei casini>>, dissi, mentre le vedevo attaccarsi alla bottiglia di vodka.
Mi guardai ancora attorno, quando sentii una voce farmi sobbalzare.
<<Confermo, vi metterete nella merda>>, disse, per poi raggiungerci nel buio anche Walter.
Ringraziai tra me e me qualsiasi santo esistesse in paradiso in quel momento, per non essere state scoperte da qualche security.
Walter mi raggiunse, sorridendo. I capelli riccissimi ancora scombinati: avrà ballato ancora qualche altro ballo, pensai.
Poi lo vidi allungare il collo e lo sguardo dietro le mie spalle, ridendo.
<<Sono andate, vero?>>
Mi voltai a guardare mia cugina e Chiara, distese entrambe a terra sull'erba intente a ridere di non so cosa.
<<Non è così grave>>, tentai di dire, voltandomi. Alle mie spalle, sentii Chiara fare il verso del cavallo. Per qualche assurda ragione.
Walter rise: <<no, eh?>>
Un altro verso, stavolta di un maiale. Avrei voluto sotterrarmi: che figura di merda.
Alzai gli occhi al cielo, esasperata. <<Puoi aiutarmi?>> Quasi lo supplicai, mentre Walter continuava ad alternara lo sguardo tra me, e le due rincoglionite dietro le mie spalle.
Tirò fuori dalle tasche dei pantaloncini le chiavi di un auto, e in quel momento ringraziai per la seconda volta qualsiasi santa divinità. Prendemmo entrambe le due naufragate stese a terra, ed è inutile dire che fu un'impresa da record falle uscire di lì.
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