Revive 23

"Adoro, adoro, adoro i tuoi grovigli,

li conto ad uno ad uno e penso in questo mi somigli."

-Cesare Cremonini

Mi aveva stretto forte i polsi e me li aveva tolto i palmi delle mani dagli occhi. La verità a volte può essere un'altra. Puoi passare una vita intera a dire che sei certa di saper amare, di saper dosare bene la dose e di non aver sbagliato ricetta. Eppure, basta una persona che ti stravolge tutto e non credi più a niente del passato.

Hai davvero amato altri occhi al di fuori dei suoi?

Sei davvero in grado di reggere tutto questo amore e non crollare sfinita da tutto ciò che senti?

Senti troppo, eppure non è mai abbastanza. Riesci a dare e ricevere sempre di più.

Mi aveva tolto le mani dagli occhi che avevo serrato per non aver paura della vita ancora.

Mi aveva fatto assaggiare il brivido della vita, il sapore di com'è amare per davvero.

E' bastata una persona per mettere in dubbio tutti gli anni passati ad autoconvincermi del contrario.

E' bastata una persona per non farmi crollare a terra. Qualcuno che sull'orlo del precipizio ti allunga una mano e ti aiuta a rialzarti e a rimetterti in piedi.

***

Lo guardavo fisso negli occhi scuri come la notte che avevamo di fronte mentre guidava spedito verso il negozio.

Odiavo l'inverno. Odiavo guardare fuori dalla finestra e vedere che alle sedici del pomeriggio il buio era già presente in ogni angolo della città.

Quante speranze mi erano crollate addosso? eppure non avevo paura.

Come sarebbe stato il nuovo anno? non lo so, ma non avevo paura.

Con lui al mio fianco, ogni angoscia e preoccupazione scompariva del tutto perdendosi nel vento come quando soffi sui semi di un dente di leone sfiorito e tutti i semi volano liberi nel vento.

Mi lasciai amare in un modo del tutto travolgente, senza alcun freno perché dopotutto non c'era nessun freno in grado di reggere.

Entrammo in negozio di malavoglia e iniziammo a svolgere i nostri lavori. Ero intenta a sistemare alcuni shampoo sullo scaffale quando vidi entrare il titolare del negozio.

Eric era un uomo di mezza età ed era il marito di Amelia, i loro caratteri, insieme, stonavano un po' come una chitarra scordata.

In paese lo conoscevano tutti perché Eric era davvero un bravo uomo, sempre pronto ad aiutare tutto e tutti.

Per questo quando guardò me e Daniel mi gelò il sangue a ciò che mi disse.

«Stella da domani andrai nel altro negozio, quello infondo alla strada e vicino alla rotonda. Servirà una mano lì per un po' quindi non te la prendere, è perché abbiamo bisogno di qualcuno lì.» annuii piano provando ad assimilare le parole che ora mi sembravano lontane e indistinte mentre Daniel si avvicinò a Eric guardandolo in cagnesco.

«Davvero Eric?! Dopo tutto quello che ho fatto per te ti comporti in questo modo? Dì la verità che la sposti nell'altro negozio solo perché non vuoi che stiamo vicini!» ad ogni parola il suo tono si alzava di qualche ottava così per evitare una lite gli afferrai il braccio e lo tirai verso me.

«Daniel, non c'è problema. Per me va bene» provai ma Daniel mi rivolse uno sguardo di intransigenza « Eric, vieni un attimo con me voglio parlarti»

Eric uscì fuori seguito a ruota da Daniel e li vidi scomparire poco dopo il reparto dell'igiene casa.

Non sapevo catalogare il modo in cui mi sentivo ma sapevo che odiavo il fatto che Daniel si fosse messo in mezzo per me. Quando poco dopo lo vidi entrare dalla porta verso le casse, non mi lanciò nemmeno uno sguardo.

«So vedermela da sola.» iniziai guardandolo di sbieco.

«Ma sai cosa mi ha detto? Che lui non intende separarci ma che semplicemente ha bisogno di qualcuno lì. Te ci credi? Io no. Come fa a non volerci separare se fra tutti ha scelto proprio te! sicuramente le voci girano e chissà a cosa avrà pensato di noi! io lavoro per lui da dieci fottuti anni e non sono un bambino alla prima cotta!»

Mi avvicinai piano a lui e gli afferrai il volto caldo fra le mie mani fredde.

«Andrà tutto bene. Questo non ci separerà» gli dissi. Lui dapprima mi guardò torvo, con uno sguardo misto di sentimenti e poi rilassò tutti i muscoli sotto al mio tocco.

«Ora va meglio» ammise prima di afferrare le chiavi del negozio perché ormai era l'orario di chiusura.

***

Quando ritornai a casa mi sdraiai sul letto e mi chiesi se anche lui, dopo una giornata stancante, quando si metteva a letto pensava a me.

Chiusi gli occhi e la mia mente mi riportò di nuovo nell'Underground di Londra, fra l'odore misto di gente e lo sguardo e i vestiti di etnie diverse, fuori diversi ma dentro tutti uguali.

Mi portai al freddo secco di Londra, lo stesso che ti accoglieva quando uscivi dalla metro di Oxford Street e ti rinfrescava dal caldo opprimente della metro e dalla gente frenetica.

Uscivi e ti ritrovavi in mezzo alla vita. Ti guardavi intorno e c'era gente che correva a destra e manca, chi seguiva uno schema immaginario calcolando i passi e l'andatura come robot. I negozi delle grandi firme posti uno accanto all'altro in palazzi imponenti di un'epoca passata.

Londra effettivamente era magica perché appena c'eri dentro, ti sentivi investito da una modernità racchiusa esteticamente da palazzi antichi e case tipiche.

Da quando ero ritornata, avevo sempre pensato di aver lasciato un pezzo di me lì e che prima o poi avrei dovuto ritornare su quelle strade per ritrovarmi nella piazza principale appena fuori alla metro di Piccaddilly Circus o nel Green Park, dove amavo passeggiare a piedi fino a Westminster e perdermi nel Tamigi scuro che scorreva sotto al ponte massiccio in pietra dove era sempre impossibile camminare pervia dei turisti intenti a farsi una foto con in vista la casa del parlamento e la torre più conosciuta al mondo: il Big ben.

Ma i ricordi più belli erano quelli della sera quando ritornavo a piedi nel mio studio flat sfinita, con le gambe stanche morte e i piedi doloranti e gonfi. Ma non importava se il mio corpo aveva bisogno di riposare, non importava quanta stanchezza sentivo perché non mi ero mai sentita più viva di quei momenti. Quando nonostante il freddo fuori che iniziava a minacciare l'inverno io mi toglievo la giacca di jeans e mi assaporavo qualsiasi cosa Londra potesse donarmi. Anche la pioggia fitta e repentina di quella città.

Quando riaprii gli occhi era già mattina, il fresco vento dell'alba accarezzava dolcemente i rami dell'albero fuori la mia finestra e il cielo era esploso in mille tonalità accese susseguite da quelle tenue.

Sarebbe stata una bellissima giornata nonostante non sarei andata a lavorare nel negozio in cui c'era Daniel.

Ma confermai l'inizio promettente quando appena entrata nel negozio vicino alla rotonda, quello che stava lì da sette anni e stava sempre sotto alla proprietà di Eric e Amelia, Giulio -un altro membro dello staff- mi accolse sorridente con il caffè.

«Abbiamo la macchina per il caffè qui.» me lo passò e io gli sorrisi. Tutti parlavano bene di lui e della sua gentilezza.

«Comunque ci sono dei fiori lì, sono per te. Li ha portati Daniel» i miei occhi saettarono da Giulio al suo indice che indicava il punto fisso sull'altra casa dove c'erano dei fiori freschi avvolti in una carta satinata gialla con un enorme fiocco giallo che li teneva saldi.

Mi assicurai che Giulio non scherzasse essendo che continuava a sghignazzare e poi afferrai i fiori per guardarli meglio.

Non erano fiori comuni, scelti lì per caso per fare solo un bel gesto. Avrebbe potuto scegliere delle rose e ne sarei rimasta comunque contenta, anche se avevo sempre amato i girasoli ad esempio. Non erano neanche i fiori di alcune ricorrenze come le mimose; No, questi erano iris e associai subito il nome di questi fiori alla nostra canzone, quella che ci ha legato in sottofondo e tenuti uniti.

Lessi attentamente il messaggio scritto in bella grafia sul cartoncino spillato al nastro.

«Quanta vita c'è, quanta vita insieme a te.

Lele.»

Questa era un'altra Iris, era la canzone di un famoso artista italiano. E avevo imparato che Daniel amasse molto qualsiasi genere musicale e che si esprimesse spesso tramite alcuni pezzi e stralci di canzoni.

Sorrisi a trentadue denti. Erano appena le otto di mattina quindi questo voleva dire che Daniel non aveva fatto ritardo al lavoro come al solito. Anzi. Si era svegliato presto per prendere i fiori e portarli personalmente in negozio prima del mio turno.

Primo punto per Eric!

Quella stessa sera, quando Daniel riuscì a scappare dall'altro negozio e venire qui con la scusa di portare delle balle di carta igienica, ero contentissima di vederlo e non riuscivo a nasconderlo.

Ormai tutti sapevano che ne ero innamorata perché anche al semplice suono del suo nome bastava guardarmi in faccia per capirlo.

«Ora devo scappare di là» mi annunciò riferendosi a Best Shop, l'altro negozio. Ero triste, ogni volta che correva di qua per salutarmi e doveva ritornare indietro sentivo un dolore simile al sale su una ferita.

«Ci vediamo presto» mi disse cupo, si avvicinò piano, mi guardò e poi tornò sui suoi passi diretto alla porta. Ci pensai due volte prima di chiamarlo.

«Daniel» gracchiai. Gli diedi appena il tempo di girarsi perché scattai in avanti e portai le mie labbra sulle sue per poi riattaccarle dopo mezzo secondo.

Non ero brava con i primi baci. Non lo ero con niente in realtà. Ma mi sentii meno insicura quando sul volto di Daniel spuntò un sorriso enorme che gli coprì gran parte del viso.

Da allora, niente riuscì a placare ciò che provavo per lui.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top