Revive 21

Non bisogna avere paura di morire, ma di non cominciare mai a vivere davvero. Saltate dentro l'esistenza ora, qui, perchè se non trovate niente ora, non troverete niente mai piú.

Roberto Benigni

Fin da piccoli sentiamo la necessità di non rimanere da soli. Ci addormentiamo fra le braccia di nostra madre e cerchiamo un conforto nel buio. Crescendo, questo tasto rimane invariato. Cerchiamo chi ci fa compagnia per una notte, per un'ora o addirittura per una vita.

Crescendo non solo ci distacchiamo dai nostri genitori, ma ci distacchiamo da noi stessi. Ci sentiamo a metà, come una goccia di tequila rimasta sul fondo di un bicchiere. E ci sentiamo cosi perché non si sa in che modo, in quale spazio e tempo, abbiamodeciso di separarci da noi stessi. Di cercare la nostra metà in un'altro paio d'occhi, di cercare la nostra forza in un'altro paio di braccia e non più nelle nostre, proprio come quando da piccoli cadevamo dalla bici e ci sbucciavamo un ginocchio, a quei tempi avevamo la forza di alzarci da soli e continuare a correre come se niente fosse successo.

Io questo concetto lo vedevo in un'angolazione più cruda, non riuscivo a guardare il mio riflesso nello specchio perché odiavo un po' i miei occhi che catturavano un'immagine a cui non volevo appartenere.

Odiavo il fatto che mi fossi lasciata scivolare via da me stessa e che per trovarmi avrei dovuto trovare prima la persona che amavo. Non volevo credere a questa realtà dei fatti, volevo credere che mi sarei bastata da sola, che non ci fosse nessuno in grado di potermi amare se non l'avessi fatto prima io. Chi amerebbe l'ultima goccia di tequila rimasta in un bicchiere quando ormai l'acool già ha fatto il suo effetto e quando hai già i primi conati di vomito?

La gente sceglie un bicchiere più pieno, e se proprio non ce ne sono, passa avanti. Sceglie qualcos'altro. Magari riprende un caffè o sceglie una sambuca, un'amaro, una birra, un gelato, un paio di labbra nuove.

Il mondo era troppo pieno di sé, troppo concentrato su altro per accorgersi di quell'ultima goccia perché spesso si salta alla conclusione che quel bicchiero è già finito, si salta subito al finale e all'inizio di un'altra storia.

Valerio parcheggiò fuori al cancello di casa, appena entrai dentro l'auto, sorrisi nel rivederlo. Ero contenta che stesse bene e che non ne aveva passate una delle sue, qualche guaio con la polizia, le litigate a casa, le botte con il fratello.

Lo vidi e mi sentii bene. Lui sorrise e allungò una mano per scuotermi i capelli in modo goffo. Sembravamo due persone che si vedevano ogni giorno e invece, non ci vedevamo da quasi un anno.

Mesi che per me sono stati una sofferenza atroce riducendomi il petto in un rottame sanguinante. Ma ero abbastanza sicura di non riuscire a storcere nulla dalla bocca di Valerio al riguardo. Le sue sofferenze, se le combatteva da solo in perfetta scena muta. Non mi avrebbe mai permesso di entrare cosi dentro, già quello che mi aveva permesso, per lui, era troppo da sopportare.

Su alcuni aspetti, come le battute e lo stare con gli amici, Valerio era aperto e, visto da fuori sembrava un ragazzo come tanti. Ma quando poi si arrivava a parlare di se stessi, si ammutoliva come un pesce.

Questo mi riportò a mesi fa, in un febbraio torrido, quando il sole usciva meno timido nel cielo, e Valerio mi afferrò le mani e iniziò a parlarmi di sé. Non so perché aveva dato questo potere proprio a me, ma fatto sta, che ero perfettamente consapevole dello sforzo che gli costava.

«Sei sempre la stessa. Bellissima.» constatò rivolengomi un'occhiata ammiccante.

«Anche tu, lo stesso coglione.»

«Dove andiamo?» mi domandò, iniziando a guidare di nuovo.

«Ma dove vuoi, non ha importanza» ammisi, rilassandomi sul sedile. Non volevo essere agitata o nervosa, dopotutto era Valerio e io ero quella che lo conosceva meglio.

Ero quella che era riuscita a portarsi a letto il suo cuore, e per me questo aveva importanza.

«Okay, vada per un caffè» nel frattempo, sapevo che dopo dovevo uscire con Daniel, quindi gli inviai un messaggio riguardo al fatto che ero in un altro paese e, ovviamente, non perse tempo a dirmi che mi sarebbe venuto a prendere ovunque io fossi.

Parcheggiò di fronte ad un bar che era su uno stradone e scese, io lo seguii e me lo ritrovai accanto, con il braccio intorno al collo.

Il bar al suo interno era accogliente, caldo e in stile Marocco con tanto di Narghilè.

Appena ci accomodammo, passò un cameriere alto e snello che salutò Valerio con un pugno sul braccio.

«Ciao. Cosa posso fare per voi?» il cameriere mi guardò attentamente mentre io abbassai gli occhi sul menù e decisi.

Valerio si voltò verso di me e mi accarezzò una ciocca di capelli scuri.

«Cosa prendi vediamo...» Mi guardò anche lui con i suoi occhi scuri, intrisechi di screziature chiare. Sembravano quasi uguali al colore delle bottiglie di birra.

«Una cioccolata calda andrà bene.»

«Dolce...Come te.» sentenziò prima di rivolgersi al cameriere. «Caffè» disse solo.

Il cameriere appuntò velocemente le ordinazioni e si dileguò a passo spedito verso il bancone.

«Allora...Cosa mi dici? che è successo con il tuo ex?» Mi guardai intorno circospetta e poi iniziai a giocare con i tovagiolini di carta sul tavolo.

«Non funzionavamo. Capita.»

«E l'hai fatto capitare dopo sei anni?»

«Sì» risposi secca, guardandolo finalmente in viso. Era sempre pallido ma non aveva mai perso il suo sorrisetto ambiguo. Di quelli che sembrano sicuri di sè e pieni del mondo.

«Tu? cosa vuoi fare ora?»

«Il militare, Stella. Mi sto esercitando in palestra e spero di riuscire a superare tutte le prove»

«Vedrai che ci riuscirai» dissi sicura, perché ci credevo davvero. Proprio come credevo in lui il giorno del suo diploma. So quanto contava per lui e so quanto ha faticato per meritarsele alcune cose.

«Tu? ti vedo una tipa che farà grandi cose.» Sorrise debolmente e si sistemò meglio sulla sedia, avvicinandosi a pena il giusto per far combaciare la sua spalla alla mia.

«Non lo so Vale. Sono insicura al massimo su ciò che vorrei essere»

«Qualsiasi cosa sceglierai, sarà giusta. Lo so. Comunque ieri ti pensavo.»

«Ho i miei dubbi al riguardo. Ma dimmi pure»

«Pensala come vuoi, sono sicuro che nessuno ti farà mai cambiare idea. E niente, pensavo a quanto tempo è passato dalla scuola. Non vedevo l'ora finisse»

Lo sapevo Valerio, che non desideravi altro. Tu che eri sempre criticato dai professori che ti guardavano con un gesto di superiorità. Tu che eri cosi incompreso.

Quanto tempo è passato Valerio da quando facevo di tutto, pur di non farti ferire dagli altri.

Il cameriere portò le nostre ordinazioni ed io iniziai subito a riscaldarmi con la mia cioccolata.

«Posso assaggiarla?» mi domandò, guardando il liquido denso.

«Certo»

«Sì ma non dal bicchiere. Posso baciarti Sun?» me lo domandò così, su due piedi. Si voltò per guardarmi in viso e i suoi occhi caddero sulle mie labbra screpolate.

Mi chiese il permesso prima di insinuarsi di nuovo in me.

E anch'io lo guardai e non feci altro che vedere le due figure ben distinte di fronte ai miei occhi. Passato e presente. Quel che eravamo stati e le ceneri di chi siamo ora. Fuoco ardente e terra arida.

Non eravamo più nulla per me.

«No, Vale. Non più» Lui annuì piano e si voltò verso il caffè, sorridendo amaramente.

Avevamo fatto tanto per ritrovarci e poi ci eravamo persi di nuovo.

La vita a volte era questo, spendere tutte le forze per salire in cima e raggiungere la vetta del monte, ma quando ci sei sopra, ti accorgi che non hai aria per respirare e che le tue fatiche sono state immane e inutili.

Valerio, non sei più il mio posto. Forse eri un paese in cui avevo sostato per un po' e che mi aveva rapito il cuore, proprio come Londra aveva fatto con me. Ma non eri il mio posto perenne, una come me, era perennemente in viaggio e doveva trovare qualcuno che fosse in grado di saper correre a gambe levate verso una nuova meta come me.

«Se non ora, quando?»

«Non lo so più Vale.»

Quando eravamo in auto, volevo andare via perché respiravo un aria pesante, una di quelle che ti appesantiscono il cuore perché sentivo che non era colpa nostra, se c'eravamo persi. Ma solo colpa mia. Ero cambiata cosi tanto da non esserne più innamorata. Mi lasciai fermare poco lontano dal bar, inventai una scusa sul fatto che dovevo andare da un'amica, anche se lui insisteva per portarmi a casa o per farmi accompagnare fino sotto al portone.

Ma appena fui lontana da lui, inviai l'indirizzo a Daniel e mi fermai vicino al bordo della strada con la testa piena di pensieri.

Era difficile da capire per me, io che mi ero innamorata di Valerio lentamente, giorno dopo giorno, e avevo pianto lacrime amare e piene di odio per non potergli stare accanto come volevo. E ora? ora che cosa mi restava? chi ero e chi volevo essere?

Ora non sapevo neanche se mi piaceva più la cioccolata calda, neanche se volevo continuare a studiare fotografia, non sapevo nulla oltre a una cosa.

Chiara e distinta in mezzo al caos.

Come un faro nella notte.

Chiara e distinta come la linea dell'orizzonte.

Era vero che ero persa, sì. Ma di Daniel.

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