Change 10
"Portami lontano dai fantasmi delle mie paure,
cucimi il coraggio sulla pelle nelle notti scure"
-Mezzosangue.
«Sunny! Non sei contenta? Stai bene!»
Daniel, appena misi piede in Best Shop, mi accolse con una felicità disarmante. Sembrava mi conoscesse da una vita, eppure, era davvero contento che io stessi bene.
Mi abbracciò forte fino a stritolarmi e poi indietreggiò.
«Come fai ad essere così caldo anche d'inverno?» domandai.
«Ho i miei metodi. Tipo la febbre.»
Lo guardai meglio ed era vero, nonostante fosse sempre bello, era pallido e arrossato sul naso.
«Che ci fai qui a lavoro?»
«È la stessa cosa che gli ho chiesto anche io. All'altro negozio non era così...volenteroso» Gioele sbucò dalle sue spalle con una sigaretta.
Quel ragazzo era strano, aveva sempre la faccia serena e allegra. Sembrava non avesse mai nessun problema.
Daniel gli diede una gomitata sulla pancia, provocando una risata sonora da parte dell'amico.
«È vero, dovresti stare a riposo.»
Mi allungai per toccargli la fronte ma lui indietreggiò, lasciandomi con la mano a mezz'aria.
«Sto bene» mentì, prima di allontanarsi, evitando così l'assalto delle mie domande.
Poi mi voltai e vidi Gioele che sghignazzava.
«Tu non me la racconti giusta. Che hai da ridere?»
Scosse le spalle divertito.
«È possibile che tu non ti renda conto di nulla?» mi domandò, ma io non sapevo cosa dire.
Gioele si avvicinò, portando il volto ad un palmo dal mio.
«Sunny, Daniel sta qui solo per passare quanto più tempo possibile con te. Fidati di me.»
***
Ero intenta a sistemare il deposito di detersivi per la casa quando venni chiamata al microfono.
Dalle casse del negozio, la voce di Daniel mi pregava di andare in ufficio.
Sapevo che Amelia era appena andata via, così andai in ufficio trattenendo un sorriso.
Sapeva inventarsene una più del diavolo.
«Daniel?» lo chiamai appena aprii la porta, la stanza era illuminata solo dai monitor dei computer e le luci della radio e della stampante.
Lo guardai interrogativa, attendendo spiegazioni.
«Dobbiamo festeggiare la tua salute.»
Mi sorrise, indicando l'enorme quantità di pizze e bevande sulla scrivania.
Lo guardai divertita, con le braccia incrociate sul petto.
«Siamo a lavoro, te ne rendi conto, vero?»
Lui picchiettò le sue ginocchia, invitandomi a sedere. Esitai un momento valutando se era opportuno ma, come resistergli?
«Dai Sunny, non tenermi il broncio.»
Mi arresi e mi allungai per prendere un trancio di pizza.
«Solo perché mi prendi per la gola.»
Evitai comunque di sedermi sulle sue ginocchia e restai in piedi.
«Dovresti andare a casa» constatai, guardando le palline arrotolate create dai fazzoletti utilizzati da lui.
«Non iniziare» si imbronciò e, sempre stando seduto, portò la sedia scorrevole a muoversi verso me, per abbracciarmi. Chiuse gli occhi e posò la testa sul mio ventre.
«Daniel?» lo chiamai, senza ricevere nessuna risposta.
«Scotti da morire.»
Mi abbassai e lo guardai in cagnesco.
«Va a casa, per favore» continuai.
«No, perché poi non mi vieni a trovare.»
«Esattamente» gli sorrisi debolmente e presi il telefono fisso dell'ufficio.
«Ora chiama a casa, prima che ti meni.»
Lui si arrese, evidentemente troppo stanco, e chiamò a casa.
Nel giro di un'ora se ne andò. Ed io mi sentii maledettamente vuota e annoiata senza di lui.
Volevo dare un senso a tutto, darmi un senso e non uscire fuori di senno, ma ogni tentativo di stargli lontana mi costava una fatica insopportabile.
***
Nonostante volessi tornare a casa e infilarmi sotto al piumone, fui costretta ad andare da Christian perché, a detta sua, doveva parlarmi urgentemente.
Appena arrivai fuori la porta di legno tinteggiato, lo vidi venire da me, aprirmi e sorridermi tirato finché non mi fui seduta.
«Dimmi» non andai per vie secondarie, volevo semplicemente andarmene a casa il prima possibile.
Quindi arrivai diritta a sodo.
«Devo partire. Mi hanno chiamato per andare a lavorare fuori e devo anche muovermi. Ma non voglio farlo lasciando le cose così. Ho bisogno di riprovarci con te. Voglio fidarmi. Devi solo dirmi che ci proverai con me» mi afferrò le mani portandole fra le sue e mi guardò turbato.
Ahia. Faceva male dover ammettere che non volevo riprovarci. Però, non potevo nascondere che mi sarebbe mancato, dopotutto.
«Dove vai?»
«Dall'altra parte d'Italia. Ai confini.»
«Per quanto tempo?»
«Un anno.»
«Ma un anno è lungo.»
«Potrai venire anche tu con me fra un paio di mesi, che ne dici? Ce ne andiamo a convivere, io e te.»
«Non lo so, Chris. Ti ho appena chiesto una pausa e... e ora tutto questo. Io sono ancora confusa. Non forziamo le cose.»
«E che faccio? Parto così? Ce la faremo, vedrai.»
Mi sentivo ancora più male. Dopotutto Christian stava andando dall'altra parte dell'Italia per lavoro, da solo. Senza alcun amico, senza niente.
Era vero che stava andando per una bella opportunità, sarebbe stato difficile far passare il resto del giorno dopo il lavoro.
«Dimmi che possiamo provarci. Ne ho bisogno.»
Abbassai lo sguardo e annuì flebilmente. Più per convincere me che lui.
Mi ritrovai immersa in un suo abbraccio forte.
«Che bello. Ne avevo proprio bisogno. So che le cose ultimamente non stanno andando bene, ma ho bisogno di sapere che non ci arrenderemo.»
Il mio cuore si stava sbriciolando, come se una grossa parete di esso fosse crollata via e dentro di me c'era una frana.
Non sapevo se mi sentivo triste perché sarei dovuta restare lontana da Chris per qualche mese o se, invece, era per non aver avuto alcun tempo per pensare a noi.
«Ti amo» mi disse.
Ma non risposi, cambiai argomento.
Quella sera, Christian diede la notizia alla comitiva, che sembrò alquanto sorpresa e contenta allo stesso tempo.
Io me ne stavo in disparte, in un angolo, a sperare che il tempo corresse via il più velocemente possibile.
«Ehi.»
Ivan mi venne incontro.
Lo guardai e lui ricambiò, non sapevo il motivo ma ogni volta che Ivan era nei miei paraggi, Christian ci interrompeva sempre, evitando in tutti i modi che io parlassi con lui.
Fedele alle mie parole, Christian mi prelevò dal mio angolino rassicurante e mi portò a casa sua.
Le stelle nel cielo erano povere. Anzi, il cielo era incredibilmente vuoto e mentre lo guardavo, avevo l'impressione di guardare solo il buio.
Dopo tre birre, Chris iniziò a baciarmi.
Quando vidi la pelle d'oca diedi la colpa al freddo.
Ma lui continuava a baciarmi in modo così irritante che mi dovetti scansare.
Non ci volle molto a suscitare la sua rabbia.
«Davvero? Io sto per partire e tu... Ma che ti prende?» disse, avvicinandosi, mentre io provavo a creare più spazio fra noi.
Ma sentivo che anche se avessi messo un'intera galassia fra noi, non sarebbe stato abbastanza.
«Smettila di sfuggirmi.»
Mi afferrò i polsi ma io mi ribellai come un'anguilla fuori dall'acqua.
«Non toccarmi!» gridai.
Lui si fermò e mi guardò a bocca aperta.
Forse avevo esagerato, ma non volevo assolutamente mi toccasse. Non volevo più sentire il suo tocco su di me, non volevo più farci l'amore. Mai più.
Iniziai a piangere come una fontana, sedendomi su una sedia quando mi sentii venir meno.
«Perché non dovrei toccarti? Sei la mia donna. Ma che ti viene?»
«Non lo so» dissi singhiozzando.
«Ma tu, per favore, non toccarmi» aggiunsi, per assicurarmi che avesse afferrato il messaggio.
«Perché?» mi domandò incredulo.
«Non voglio.»
Si arrese, lasciandomi da sola mentre piangevo sommersa dai singhiozzi.
«Chiudi la porta quando esci» disse solo.
Il giorno dopo, per via della sua partenza, facemmo sesso. Mi arresi.
Portai la testa altrove, chiusi gli occhi, attenta a non vedere nulla se non il buio nascosto dietro alle mie palpebre e lo lasciai fare.
Non feci molto, io. Anzi, non feci nulla.
Gli bastò abbassarmi un po' i pantaloni e da lì interruppi ogni mio sentimento.
Ero chissà dove.
Avevo mentito a me stessa e ai miei sentimenti e, solo per farlo felice. Perché questo sapevo fare io, pur di accontentare le persone a cui volevo bene, mi ferivo da sola.
Quando finì, era così soddisfatto da andartene via con il sorriso e con la convinzione che stesse andando tutto bene.
Come poteva funzionare se era già partito così?
Perché hai continuato questa tortura?
Hai solo limato di più il coltello per affondarlo di più nella piaga.
Ma facemmo finta di nulla, in quello eravamo maledettamente bravi.
Come me, che ero brava ad ignorare i miei sentimenti.
Angolo Autrice.
Eccoci con un nuovo capitolo. Nel prossimo, vedremo delle novità. :)
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