Capitolo 14- Prima Parte

Otto del mattino, la luce entrava dalle finestre colorando la casa di un bagliore azzurro. L'aria era fredda, e pesante. Molto pesante. Ed altrettanto pesanti erano i pensieri di Ben.
Guardò lo schermo della vecchia televisione a tubo catodico davanti a sé, posizionata di fronte al divano forse un po' troppo antiquato. E si ripeté ancora i passaggi da seguire.
Il minimo imprevisto avrebbe distrutto il suo piano.
Quando la porta della stanza di Toby si aprì, un nodo gli si formò nel petto. Lo sentì entrare in bagno, e dopo qualche minuto, lo vide entrare in soggiorno.
-Buongiorno. Non mi aspettavo di trovarti qui- lo salutò il ragazzo, e quando Ben si voltò per guardarlo, un sorriso forzato gli attraversò le labbra. Toby era scalzo, con solo un paio di pantaloncini ed una canottiera addosso. Si avvicinò tenendosi le mani nelle tasche, trattenendo uno sbadiglio. Si sedette accanto a Ben, passandogli un braccio sulle spalle.
-Ti sei svegliato presto, stamattina- commentò Ben, con un filo di voce.
-Che ti aspettavi? Ho dormito tutto il giorno, ieri.-
Toby gettò un breve sguardo in direzione del corridoio, e quando ebbe la conferma che nessun altro era sveglio, avvicinò il proprio viso a quello di Ben. Lui rimase immobile ad aspettare il contatto, e le labbra di Toby poggiarono appena sulle sue, in un bacio tenero. Era molto diverso dai baci che si erano scambiati i primi tempi: questo era più intimo, più lento, meno aggressivo e famelico. Ed il petto di Ben si strinse ancora di più al pensiero che, dopo tutto quel tempo, forse Toby aveva finalmente cominciato a provare dei sentimenti per lui.
Una serie di tic scosse il braccio del ragazzo, ma lui non si retrasse, e non diede alcun segno di disagio.
Aveva finalmente cominciato a fidarsi.
E Ben lo stava mandando al patibolo come una bestia da macello.

Avvenne tutto verso mezzogiorno, con la pioggia fuori che non smetteva di battere, e la luce che penetrava pallida dalle finestre impolverate.
Fu Toby il primo ad accorgersene. Lui era sempre il primo ad accorgersene. Ogni volta che l'Operatore si avvicinava, semplicemente lui smetteva di sentire. Così come il suo fisico, anche la sua mente diventava insensibile, e la sensazione orribile che aveva vissuto durante i mesi successivi alla morte di Lyra tornava. E non esistevano più le risate, non esisteva più la cucina, e le sei persone al suo interno che non facevano altro che scambiarsi battute. Toby vide Jack rispondere ad una frecciatina di Jeff, ma quando Brian e Tim risero, il suono arrivò alle sue orecchie come ovattato, distante. Lui era lì, e non lo era allo stesso momento. Il suo corpo era seduto sul tavolo, ma la sua mente era nelle mani dell'Uomo Alto.
E nel momento in cui cominciò a lasciarsi andare, quando sentì che la sua coscienza cominciava a scivolare e non essere più sua, allora urlò. Urlò reggendosi la testa fra le mani, rannicchiato su se stesso nel tentativo di riprenderla. E dal modo in cui stava gridando, Ben capì subito cosa gli stava succedendo.
Ed una lacrima gli scese lungo il viso.
-Toby! Toby, cosa succede?-
Brian si era lanciato in soccorso del ragazzo, e gli aveva poggiato entrambe le mani sulle spalle. Lo stava costringendo ad alzare lo sguardo, ma quando i suoi occhi incrociarono i suoi, li trovò pieni di lacrime.
-Brian...- sussurrò Tim, gelido. Non aggiunse altro, ed il suo sguardo venne rivolto alla finestra, i suoi occhi così distanti e persi da riflettere la luce lattea che filtrava attraverso i vetri.
-Non può entrare finché restiamo barricati qui dentro. Gliel'ho impedito per anni, non lo farà di certo oggi.-
Jack aveva parlato con sicurezza, rivolgendosi a sua volta in direzione della finestra. Ben non ebbe il coraggio di guardare, sapeva già cosa avrebbe trovato lì fuori.
-Ma questo non gli impedirà di torturare Toby!- protestò Brian.
Tim andò nella sua stanza, o meglio quella che lui e Brian dividevano, e tornò dopo pochi secondi con un flacone di pillole in mano. Quando lo vide, Brian storse il naso, e si incrociò le braccia sul petto.
-Tim, hai ancora quella merda?-
-Funzionava. Funzionava bene in passato, te lo ricordi? Almeno con queste possiamo bloccare le crisi- rispose Tim, e senza perdere tempo, tolse il tappo al flacone. Si posizionò davanti a Toby, poggiandogli due pillole sul palmo della mano. -Fidati di me, ti sentirai meglio.-
Toby non chiese nemmeno dell'acqua per mandarle giù. Portò la testa verso l'alto e se le lasciò scivolare in gola, lottando ogni secondo per mantenere il controllo. Stava ancora piangendo, e qualcuno gli porse un fazzoletto per potersi asciugare le lacrime.
Con sua sorpresa, si trattava di Jeff.
-Prendetele tutti- disse Tim, mentre faceva scivolare un altro paio di pillole sul palmo di Brian. -Non dobbiamo essere vulnerabili. Se prende il controllo di uno di noi... penso possiate farvi un'idea di cosa potrebbe spingerci a fare.-
Ben tenne lo sguardo basso, fisso sulle proprie ginocchia. Si era appena ricordato di quello che Jeff gli aveva detto una volta.
"Tu potresti ucciderci tutti, e noi non potremmo farci niente".
-Se quel mostro pensa di potervi fare del male, mi dispiace ma dovrà passare sul mio cadavere.-
Jack aveva sgranchito gli artigli, e questi avevano emesso un orribile fruscio nello sfregare fra di loro. Toby lo guardò aggiustarsi il boa di piume, e raddrizzare la testa fin quasi a sfiorare il soffitto. Teneva sempre la schiena un po' piegata, quando doveva parlare con loro, per adeguarsi alla loro altezza. In quei mesi che Toby aveva trascorso all'interno di quel nodo, Jack aveva rappresentato per lui una figura di riferimento, e vederlo combattivo e sicuro di sé lo riempiva di forza a sua volta. Lui era diventato la cosa più vicina ad un padre che Toby avesse mai avuto.
Era scappato già una volta dalle mani dell'Uomo Alto, stavolta era disposto a combattere. Per la sua nuova famiglia, per la sua nuova vita.
Per il suo nuovo amore.
-Dov'è Ben?-
La voce di Brian lo riportò alla realtà, e Toby ebbe l'istinto di girarsi verso l'altro capo del tavolo, dove prima c'era il fantasma, ma non lo trovò.
-Sarà andato a prendere le armi?- ipotizzò Tim, e appena ebbe finito di prendere le sue pillole, posò il flacone aperto sul bancone della cucina ed uscì in corridoio.
Ma Jeff lo superò, spintonandolo con una spallata. Percorse il corridoio a grandi falcate, entrando in soggiorno. Fu lì che trovò Ben con una mano sulla porta d'ingresso.
-Lo sapevo!- urlò il killer, e la sua faccia già sfregiata venne deformata dalla rabbia, assumendo un'espressione che aveva qualcosa di ferale. -Grandissimo figlio di puttana! Lo sapevo che non ci si poteva fidare di te!-
Toby si sentì come se il cuore gli stesse cadendo dal petto. Avvertì dolore, ma non fisico. Guardò tutti gli altri mettersi a correre verso l'ingresso, e per un attimo il tempo attorno a lui sembrò essersi fermato. Vide gli occhi di Jack spalancarsi, le lunghe gambe scattare, e la bocca deformarsi in una smorfia che metteva in mostra i denti affilati. Lo seguì, con quella sensazione di pesantezza al cuore, e la testa prese a girargli al punto che dovette reggersi con una spalla contro il muro.
-Ben, non aprire la porta. Se lo lasci entrare, ci condannerai tutti.-
Al contrario di Jeff, Jack non aveva urlato. Ma il suo tono era comunque rimasto fermo, imperativo.
Ben era lì. In piedi davanti la porta, una mano leggermente adagiata sul pomello. Le sue dita sembravano sfiorarlo appena, con quel tocco delicatissimo che ormai Toby aveva imparato a riconoscere fra mille.
-Ben, io non so cosa lui ti abbia promesso... ma non devi credergli. Ti prego- provò ancora Jack, e due lacrime gemelle scesero giù dalle guance di Ben. Sembrava terrorizzato tanto quanto loro, ed una sensazione spiacevole prese possesso di Toby quando se ne accorse.
Furia. Rancore. Odio.

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