Capitolo 12- Seconda Parte
Uno strano rumore proveniva dalla cucina.
Alcuni colpi rapidi e ritmati, e lo sfregare del metallo contro una ciotola, ogni tanto interrotto dallo scricchiolio della credenza.
Dal pavimento, Smile rivolse a Ben uno sguardo languido, prima di cambiare posizione e tornare a sdraiarsi accanto al suo padrone, lasciato a dormire sul pavimento del corridoio. Da quando era svenuto per il prelievo di sangue, non aveva più aperto occhio, ed ora dormiva beato spolverando per terra con la sua massa di capelli. Ben notò che gli mancavano le ciglia, come se una parte delle palpebre superiori fosse stata asportata, e adesso come risultato chiudeva troppo quelle inferiori. Sembrava un gufo ridicolo con la faccia mutilata.
Avevano aspettato tutta la notte che Toby si svegliasse. Addirittura il Rake era venuto a fargli visita.
Alla fine, Brian era crollato sul divano, complice anche un po' Tim, che aveva insistito perché si distendesse a riposare. Jack si era seduto per terra, le lunghe braccia avvolte attorno le ginocchia, e la testa abbassata ancora in dormiveglia. Solo Ben, che non dormiva mai, e Tim erano svegli.
Quando dalla cucina l'odore di burro fritto iniziò a propagarsi nel soggiorno, Ben si decise a lasciare il corridoio, lasciando libero il passaggio per la stanza di Toby.
-Buongiorno- lo salutò Tim, dopo essersi acceso una sigaretta nel fornello. Stava usando un bicchiere pieno d'acqua come posacenere. -Sto facendo dei pancakes, ne vuoi?-
-Non ho bisogno di mangiare- rispose Ben. -E se lo facessi ora credo che rischierei di mangiarmi tutto quello che trovo per il nervosismo.-
Tim annuì, e girò una delle frittelle. Ovviamente, sapeva che Ben era un fantasma, eppure non si stava facendo domande. Nessun "non pensavo che i fantasmi potessero mangiare", "non pensavo che per i morti fosse impossibile dormire", niente di niente. E quel silenzio di Tim era una cosa che adorava. Lo faceva sentire normale, lo faceva sentire come tutti gli altri.
-Non si è svegliato?- chiese, senza alzare gli occhi dalla padella. La sua voce lasciava trasparire appena le emozioni, ma anche se non conosceva Toby, era preoccupato per lui.
-No, non ancora.-
-Ci tieni molto a lui, vero? La faccia che avevi ieri sera è la stessa che ho fatto io, quando... insomma, ho visto te ed ho rivisto me stesso.-
Tim non era riuscito a completare la frase, ma dal modo in cui aveva parlato, Ben capì che si riferiva alla quasi-morte di Brian.
-Tim... come è successo?- chiese Ben, parlando piano. Il suo tono di voce superò appena lo sfrigolare del burro in padella.
-Non lo so. Non lo ricordo. L'attimo prima ero me stesso, e l'attimo dopo non lo ero più. È questo quello che l'Operatore fa alle persone che controlla. Ho visto Brian cadere giù da quella finestra, e... sapevo di essere stato io, ma allo stesso tempo sapevo che non era mia la colpa. È come se quel mostro avesse agito col mio corpo... scusami, sto dicendo un casino di cose senza senso.-
-No, no, ti seguo- lo tranquillizzò Ben.
-Per anni ho creduto che Brian fosse morto. Onestamente non so nemmeno come mi sento, adesso. Ti è mai capitato di sentirti come se potessi morire di felicità?-
Tim aggiunse un altro pancake alla pila che stava costruendo, e sciolse un altro po' di burro in padella. Ben si sedette sul piano accanto a lui, un sorrisetto sarcastico a sollevargli le guance.
-Sai che sono morto suicida, vero?- ironizzò Ben, facendo intendere all'altro di essere la persona sbagliata con cui parlare di felicità. Ma poi, il ricordo della sera prima gli tornò in mente, ed una serie di sensazioni presero a muoversi dentro di lui. Il tocco freddo del tavolo da pinball contro la schiena, il fiato caldo di Toby, la sensazione dei suoi capelli fra le dita... -Ma sì. Che tu ci creda o no, sono stato felice fino a questo punto.-
-Allora sai come mi sento io adesso ad essere qui con Brian, sapendo che lui è al sicuro. Mi sento come se la vita avesse voluto farmi un favore, ed il mio unico modo per sdebitarmi è... prepare la colazione.-
Ben ridacchiò appena, osservando mentre un altro pancake veniva aggiunto agli altri.
-Lo apprezzerà. Vedrai, talvolta sono le piccole cose a renderci più felici.-
Tim gli rivolse un sorriso stanco, facendosi spuntare alcune piccole rughe sotto gli occhi, evidenziando le occhiaie. I suoi occhi scuri induguarono per alcuni istanti in quelli di Ben, prima di cadere nuovamente verso la colazione.
-Glielo diciamo o no a Toby che sei rimasto a tenergli la mano tutta la notte?- domando Tim, e dal suo tono divertito Ben capì che stava insinuando qualcosa.
Ma era ovvio, che stupido. Ormai doveva essere diventato palese agli occhi di tutti. Ed il modo in cui erano scappati insieme al centro commerciale non faceva altro che confermare ogni sospetto.
-Lo capirà quando mi vedrà- rispose Ben, scendendo sul pavimento con un piccolo salto. Tim lo guardò con la coda dell'occhio, mentre imboccava il corridoio in direzione della stanza di Toby.
All'improvviso, la stessa tristezza che l'aveva tormentato tutta la notte lo pervase, ed il peso sul petto che la conversazione con Tim aveva alleviato tornò.
Spinse la porta, e guardò verso il letto.
Toby aveva gli occhi aperti.
Stava guardando il soffitto.
-Tobs?- lo chiamò, sentendo le lacrime risalirgli agli occhi.
-Hey... ciao- rispose lui, con appena un sussurro. Ben si lanciò verso il bordo del letto, ed un grande sorriso gli si allargò sul volto, mentre due lacrime gemelle gli cadevano lungo le guance.
-Come stai?- chiese, prendendogli una mano. Toby voltò appena la testa in sua direzione.
-Ho appena fatto un sogno assurdo, lo devi sentire...- disse, ed il sorriso di Ben si allargò ancora di più. -Eravamo io e te nel bagno di casa mia, stavi scrivendo con un pennarello sulle mattonelle del bagno, non lo so nemmeno io perché. Ad un certo punto è entrata mia madre incazzatissima e mi ha detto che dovevo andare a scendere il cane. Ad un certo punto Rake fa capolinea dalla porta e ti giuro... abbiamo cominciato ad urlarle che Rake non era un cane, è stato stranissimo.-
-Io? Urlare in faccia a tua madre? Sono alto due Vigorsol, non mi prenderebbe sul serio- rispose Ben, ridendo appena.
-Sì lo so, ma vaglielo a spiegare alla mia testa. Da un lato è stato bello perché... per un attimo mi è sembrato di vederla di nuovo lì.-
Ben si sedette sul letto, e guardò verso il corridoio. Da quell'angolazione, soltanto Jeff poteva vederli, e... lui stava ancora dormendo beato.
-La rivedrai, Tobs. Tutto tornerà alla normalità quando tutto questo sarà finito. Vedrai- lo rassicurò, e gli accarezzò il dorso della mano con il pollice come Toby faceva sempre con la sua. -Hey, vuoi sapere chi ti ha salvato la vita? Non ci crederai mai.-
-Beh... Jack, no? Chi mi ha tolto il proiettile dalla pancia?-
-No, intendo chi ti ha donato il sangue- specificò Ben, ricordando all'improvviso la penosa scenata di Jeff. -Guarda lì lo zero negativo.-
Ben si spostò appena, lasciando scoperto l'angolo del corridoio dove una massa di capelli corvini dormiva disteso sul pavimento. Appena lo vide, il corpo di Toby venne scosso da un forte brivido. Ben pensò che si trattasse di un tic, ma quando si voltò, lo vide ridere a crepapelle.
-Non posso crederci!! Ma non era un pluriomicida? La vita è stata una stronza con lui!!-
Ben prese a ridere a sua volta, guardando meravigliato il ragazzo steso sul letto, fino a quando un rumore dal corridoio non catturò la sua attenzione. Tim arrivò correndo, ed i calzini rischiarono di farlo scivolare lungo il pavimento.
-Brian! Brian, vieni a vedere chi si è svegliato!-
-Ma che cazzo ti urli?- gli rispose una voce bassa e roca, proveniente da Jeff. -La gente non può nemmeno più dormire in pace...-
In un istante, altri rumori si ammassarono nel soggiorno, riducendosi in passi una volta arrivati in corridoio. La figura di Jack apparse calandosi oltre la soglia della porta, per poi raddrizzare la schiena ed arrivando a sfiorare il soffitto con la testa. Brian arrivò immediatamente dopo, scansando violentemente il clown.
-Toby!- urlò, lanciandosi in direzione del letto. Si aggrappò al bordo del materasso, e Ben lasciò timidamente andare la mano di Toby.
-Mi dispiace ragazzi, ma per stavolta sono sopravvissuto. Sarà per la prossima- disse ironico, sempre ridacchiando. Nonostante le pesanti occhiaie livide che aveva in volto, i suoi zigomi avevamo ripreso un po' di colore.
-No, tu hai rischiato di fare morire me- rispose Brian.
-Eri ad un tanto così dal farmi piangere- lo informò Jack, facendogli cenno con gli artigli. -Ma ormai dovresti saperlo... io frequento solo gli uomini che siano in grado di sbavarmi il rossetto, non il mascara.-
Il primo commento che quella frase suscitò fu il sottilissimo "oh mio dio" da parte di Tim. Ben cambiò espressione tre volte, prima di sbarrare gli occhi ed urlare:
-No! No! Non sai quale orribile immagine mi hai messo in testa!!-
-Jack, dove hai sentito questa frase? E perché hai pensato che dirla adesso potesse essere una buona idea?- si aggiunse Brian.
-È la cosa più fraintendibile che abbia sentito in tutta la mia vita, Jack. È meraviglioso- si congratulò Toby.
-Sono un clown per un motivo, no?- rispose Jack, facendogli l'occhiolino.
-Tu non sei solo un clown, Jack, tu sei l'intero circo. E un giorno di questi ti troverai un coltello piantato nel fianco.-
Jeff si era alzato dal suo angolo di corridoio, e si era poggiato al battiscopa della porta, le braccia incrociate e l'espressione arrabbiata. Jack si voltò a guardarlo, sorridendo impassibile. Toby era abbastanza sicuro che se anche solo Jeff avesse provato ad attaccare il clown, si sarebbe ritrovato a doversi reggere le budella con le mani mentre gli uscivano fuori dal corpo. Non aveva mai visto Jack in azione, ma quegli artigli lunghi dovevano essere in grado di fare male. Molto male.
-Uh, okay- fu la semplice risposta del clown.
-Dicci un po' Jeff, come ci si sente ad essere diventati degli eroi? È bello essere entrati nel proprio arco di redenzione?- lo stuzzicò Ben. Jeff gli rivolse uno sguardo di odio puro.
-Il mio corpo è stato preso contro la mia volontà, ieri sera. Mi sono sentito violato. Ho sentito il mio stesso sangue abbandonarmi ed entrare in un tubo.-
-È stata la tortura più divertente della mia vita, e pensare che te la sei cavata con solo una puntura sulla braccio- rispose Jack.
-E mezzo litro di sangue in meno- puntualizzò Tim.
-Jeff.-
Una voce chiamò il killer, e la sua attenzione venne richiamata verso il letto, all'interno di quella stanza spoglia e polverosa.
Due occhi lo guardano oltre la penombra, e Jeff sentì una strana sensazione stringergli lo stomaco.
-Grazie. Non ce l'avrei mai fatta, senza di te.-
Il killer lasciò la stanza, reggendosi il petto.
La sensazione adesso si era spostata verso il cuore.
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