Capitolo 11- Prima Parte

Erano passati anni dall'ultima volta che Toby era entrato in un centro commerciale.
Non sapeva perché, semplicemente ad un certo punto della sua vita i suoi avevano smesso di andarci. I vestiti per lui li comprava sua madre, mentre Lyra andava per negozi rigorosamente da sola o con le amiche. Era raro che lei litigasse con i suoi, ma quando si trattava di vestiti, suo padre era in grado di uccidere a forza di ripetere "una signorina non dovrebbe vestirsi da maschiaccio".
Questo, unito al rapido peggioramento dei tic nervosi di Toby, avevano fatto in modo di limitare drasticamente le uscite di famiglia. E non è che lui si sentisse proprio a suo agio adesso.
-Finita la cena, direi di farci un giro, voi che ne dite?-
Prima impressione su Tim: era un ruffiano.
Avendo capito che non c'era modo di discutere civilmente con Brian, aveva provato ad entrare nelle grazie degli altri tre, e c'era riuscito benissimo con Jeff. Era bastato lasciargli carta bianca per parlare di sé, perché Jeff iniziasse ad adorarlo. Aveva raccontato la storia di come si fosse sfigurato e di come avesse sterminato la sua famiglia in una sola notte, e Tim si era dimostrato attento anche ai più raccapriccianti dettagli. Da qualche parte nel suo racconto aveva anche detto di essere andato a fuoco, ma Toby non era sicuro che tutto fosse vero al cento per cento.
Eppure, dal modo in cui Tim aveva posto alcune domande a Jeff, Toby aveva avuto una strana impressione. Parlava come uno psichiatra, come se stesse continuamente cercando di leggere fra le righe. Da quello che aveva detto Brian, Tim era stato sotto il controllo dell'Uomo Alto per anni, e Toby si chiese se anche lui fosse finito sul lettino dello strizzacervelli.
-Tim, no, dobbiamo tornare a casa. C'è qualcuno che ci sta aspettando, e adesso sarà molto, molto preoccupato per noi.-
Più i minuti passavano, più Tim e Brian sembravano una coppia sposata durante un litigio.
-Una mezz'ora in più non cambierà le cose. Non sono stanco, posso guidare anche di notte.-
E alla fine, ovviamente, Tim l'aveva avuta vinta. E alla fine, sempre ovviamente, i due se n'erano andati per i fatti loro, staccandosi dal resto del gruppo.
-Quei due stravedono l'uno per l'altro, ve lo dico io- aveva detto Jeff, con la faccia coperta dalla sciarpa e gli occhiali prestati da Toby. Si erano seduti tutti e tre su una panchina, davanti una fontana con delle palme. L'acqua era colorata da alcuni LED rosa, e sul fondo della vasca, vi era il mosaico di un fenicottero.
-Sì, questo era abbastanza ovvio. Brian è arrabbiatissimo, e penso che gliela farà scottare molto a lungo- rispose Ben, incrociando le gambe. Attorno a loro le persone passavano indisturbate, in un viavai continuo e ritmato, ma nessuno di loro li guardava, tutti troppo impegnati a preoccuparsi di se stessi.
-Non crede che ci si possa fidare di Tim... e non lo biasimo- si aggiunse Toby. -Io lo so cosa significa essere sotto il controllo di quel mostro e... non mi sorprende che Tim sia stato portato a compiere atti orribili contro la propria volontà. Ma non credo che sia cattivo, non lo penso per niente.-
-Nemmeno io, che motivo avrebbe avuto di salvarci la pelle, altrimenti?- concordò Ben.
-Non so voi ragazzi, ma io credo che stanotte sentirò rumori molesti dalla camera accanto- rispose Jeff, e Toby si ricordò che a lui era stata data la camera accanto quella di Brian. E non ce n'era una anche per Tim, quindi sarebbe stato costretto a dividerla con qualcun altro. -Detto questo, io vado in bagno.-
Toby guardò Jeff alzarsi e andare verso uno dei corridoi laterali. Mentre camminava, con le mani nella tasca della felpa e la schiena curva, urtò una donna alla quale non si premurò nemmeno di chiedere scusa.
A quel punto, Toby si voltò verso Ben, e lo trovò con una guancia poggiata contro il palmo della mano, gli occhi persi a guardare un punto in lontananza. I capelli gli cadevano scombinati sulla fronte, coprendo le piccole sopracciglia, curvate verso l'alto con aria sognante. Toby sentì uno strano formicolio allo stomaco, lo stesso che sentiva ogni volta che si fermava ad osservare Ben. La curva del suo naso, le lentiggini sul viso, e quelle ciglia chiarissime che incorniciavano due occhi scuri come pozzi. Gli venne la voglia di baciarlo ovunque, di portare le labbra su quella pelle sempre così gelida, sentire il suo respiro che aumentava fra le sue braccia.
La prima volta che l'aveva visto, era stato dentro il circo di Jack. Lo aveva trovato a dondolarsi sui trapezi, ed aveva subito avvertito quella presenza oscura, quella strana energia che emanava, quell'elettricità. E col passare dei giorni si era reso conto che voleva mangiarsela a morsi, quell'energia.
-Che c'è? A cosa stai pensando?-
Ben si era accorto di come Toby lo stava fissando, ed era subito scattato sull'attenti. Anche a lui, forse, creava disagio essere guardato così a lungo.
-Tira ad indovinare- rispose Toby, mantenendo il contatto con quelle pupille rosse. La gente che popolava il centro commerciale era ormai una massa informe fuori fuoco. -Voglio sentirtelo dire.-
Il volto di Toby, invece, era illuminato dalla luce rosa della fontana. Il suo tono di voce era stato così lieve da confondersi con lo scrosciare dell'acqua, e lo sguardo di Ben si spostò dai suoi occhi rossi alle sue labbra, lì dove aveva sbagliato a tagliarsi due peletti di barba.
-Non qui, ci sono persone- bisbigliò, e prendendo la mano di Toby sentì un brivido corrergli lungo la schiena. -Seguimi.-
Senza neanche rendersene conto, stavano correndo. Correvano come per salvarsi la vita, come se Natalie e i suoi due demoni li stessero inseguendo. Correvano per seminare Jeff, prendendo i corridoi più stretti con l'intento di perdersi, ed erano ormai così tanto abituati a fuggire da non urtare neanche le persone. Quando si fermarono per permettere a Toby di riprendere fiato, fu solo perché ebbero trovato un vicolo cieco. O meglio, una di quelle porte destinate al personale... con serratura elettronica.
-Vuoi vedere che riesco a farla scattare?- disse Ben, indicando la piccola porta rossa. Toby sentì una scarica di eccitazione, ed una sensazione di brivido gli pervase le vene al pensiero di fare la cosa sbagliata.
-Vai, prova- lo incitò Toby, gli angoli della bocca tirati in un sorriso. Ben si abbassò ad osservare la serratura, e la toccò con l'indice della mano destra, mentre con la sinistra spingeva la maniglia. Nel giro di secondi, si udì uno scatto.
-Che idioti- commentò Ben, mentre apriva la porta. -È il sistema di sicurezza più scadente che abbia mai visto.-
Toby lo seguì dentro, ed entrambi vennero ingoiati dall'incanto retrò di dozzine di luci al neon. Tantissime sfumatore di ciano e magenta si riflettevano sul pavimento a scacchiera, perdendosi fra i contorni in metallo di alcune arcade vecchio stampo. Erano entrati dalla porta sul retro della sala giochi, a quell'ora chiusa al pubblico da una saracinesca.
Accertandosi che non ci fosse nessuno, Toby e Ben si saltarono addosso quasi contemporaneamente.

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