Capitolo 22 - Christian
Chris
Stark mi lecca le dita che penzolano dal divano svegliandomi, sbadiglio rumorosamente e mi stiracchio un po'.
Apro un occhio, poi l'altro, mi guardo intorno, sul divano sono solo, la cerco ma nella stanza non vi è traccia, solo il musetto di questo diavoletto che sembra sorridermi.
Mi volto verso la piccola cucina a vista, ma non è nemmeno lì, mi alzo dal divano scostando la coperta che questa notte ci ha tenuti al caldo e mi perdo nei ricordi.
Le sue labbra piene dei miei baci, i suoi occhi lussuriosi, le mie mani sulle sue curve, i nostri corpi fusi in uno finalmente, come i nostri cuori.
Non è cambiato niente, proprio come quattro anni fa ci apparteniamo.
Mi alzo e cerco i pantaloni, noto sul tavolo una tazza piena di thé, ne sorseggio un po' constatando che sia leggermente tiepido, scosto la doppia tenda che ieri sera ci ha protetti e mi soffermo nel mentre ad osservare questa distesa bianca.
Alberi innevati, il sole pigro sembra non voler svegliarsi nonostante l'ora tarda, qualche uccello svolazza, questo manto bianco e candido quasi luccica.
Sento dei rumori provenire dal bagno e ridacchio, continuo a sorseggiare il suo thé godendomi lo spettacolo che la posizione di questa piccola baita offre e che soprattutto madre natura ci regala.
Come è strano l'amore, è una forza talmente potente ed inarrestabile contro la quale perderai sempre, arriva quando vuole, ti travolge in pochi attimi, è talmente testardo che nonostante il tempo, le ferite delle incomprensioni, le macerie dei nostri cuori spezzati, resta lì.
Apro la grande vetrata ed esco fuori, la temperatura è leggermente fresca, il maglione che indosso mi protegge abbastanza, continuo a sorseggiare la mia bevanda e lo vedo, ai lati delle scale, un piccolo fiore che sbuca fra cemento e neve.
Il mio sentimento per Sara lo immagino proprio così, come un fiore che prepotente non si è arreso all'aridità che lo ha coperto, quel cemento che ho dovuto buttarci sopra, per sopravvivere senza di lei.
Sono stato un ingenuo, come chiunque crede di poter spegnere l'amore a piacimento, perché quel fiore stava solo riposando e ha rotto quegli strati di cemento spuntando di nuovo in superficie quando ho rincontrato i suoi occhi.
Flashback
Arrivo in ritardo volutamente in questo rinomato hotel dove il mio capo festeggerà il suo compleanno, non volevo neanche venire.
C'è tutta l'azienda, la maggior parte pronti a compiacerlo, lui ha detto più volte che ogni cavaliere che si rispetti ha al suo braccio una dama, me ne frego, sono venuto solo.
A limite avrei potuto chiedere a Natalie di accompagnarmi, ma resterò il minimo indispensabile.
Sorseggio un analcolico salutando qualche collega e mi guardo intorno notando le manie di grandezza di quello sbruffone del boss, qui è tutto raffinato, a partire dal pavimento scuro con al centro della sala disegnato il logo dell'hotel, continuando con il soffitto in legno e gli enormi lampadari al centro e ai lati.
I tavoli, disposti alle estremità della sala hanno lunghe tovaglie bianche e un centro tavola con un vaso sottile che contiene tre rose rosse.
Al lato della grande vetrata che dà sulla piscina esterna illuminata, tre tavoli lunghi rettangolari pieni di cibo di ogni genere, nell'angolo opposto, un ragazzo che si occuperà della musica.
Mentre prendo in giro Giorgio, per l'enorme macchia di vino che si è fatto sulla giacca, versandoselo a causa del passaggio della nostra collega Monica, che come sempre indossa abitini poco coprenti, ad un tratto succede qualcosa di inaspettato.
Tutta la sala sembra bloccarsi, la musica, le persone, il loro vociferare, le loro risa, credo anche il sangue nelle mie vene, quando vedo il suo sorriso dall'altro lato della stanza.
Resto immobile con il bicchiere a mezz'aria, estraneato da tutto ciò che succede intorno a me, non so neanche se sto respirando, fino a quando i suoi occhi per caso entrano nei miei.
Il suo sorriso radioso che illuminava tutto svanisce, la vedo sbarrare gli occhi e fare un passo indietro, come se istintivamente il suo corpo per proteggersi volesse fuggire, di scatto abbassa quei cristalli verdi.
Dopo tutto questo tempo riesco ancora a farle del male, dolore che riesco a leggere anche da qui.
É con Alex e altri, il mio collega, abbiamo instaurato da subito un ottimo rapporto e stiamo diventando addirittura amici oserei dire e ne sono molto felice.
Che ci fa con lui, come lo conosce?
Giorni fa mentre ero con Carlo ho creduto di vederla, ma ero convinto fosse stato frutto della mia fantasia, ora non ne sono più così convinto.
Infondo Roma è immensa, mi ero detto, la verità è che è da quando sono sceso da quell'aereo che ho sempre la paura di incontrarla, timore di non poter poi starle lontano.
Ora, averla a pochi metri da me mi provoca delle emozioni così contrastanti da terrorizzarmi.
Vorrei correre da lei, stringerla, baciarla, chiederle perdono, allo stesso tempo vorrei girarmi e andare via, non solo da questo posto, ma da Roma, pur di starle lontano abbastanza, perché sarebbe solo un maledetto casino se scoprisse di me e Gabriella.
Inutili sono i miei discorsi mentali, sembro uno psicopatico, fermo qui in un angolo a bere ed osservarla nel suo abito blu, a domandarmi se i suoi capelli profumano ancora di ciliegia.
La vedo a disagio osservarmi di tanto in tanto mentre cerca di far finta di divertirsi, afferra la mano del fratello di Alex e iniziare a ballare, stringo involontariamente il pugno mentre lui stringe a sé Sara.
Esco fuori a prendere una boccata d'aria e smetterla di farmi del male, credevo di essere stato in grado di gestire quel che provo per lei, di soffocarlo, di intrappolarlo in un angolo remoto del mio essere e rinchiuderlo lì anni fa.
Cosa diavolo è successo?
Sembra avermi investito in pieno, essersi liberato in una frazione di secondo con una facilità disarmante ed ora ride di me e della mia ingenuità.
È bastato uno sguardo, il suo sorriso, come diavolo può essere possibile?
Prendo il telefono e chiamo Sergio.
"Amico, la festa era noiosa?"
La sua voce è allegra.
"Sara è qui."
Non sento risposta quindi lo richiamo, magari non mi ha sentito per via della linea.
"Prendila, portala in bagno, chiudi la porta a chiave e mentre le dai un orgasmo da paura le dici la verità, ti perdonerà."
Le stronzate che partorisce la sua mente sono sempre inerenti al sesso, crede di risolvere tutto con quello.
"Ma ti senti quando parli?"
Quasi ringhio.
"Dico solo che hai sbagliato a rinunciare a lei, è la tua seconda occasione."
Il suo tono serio mi fa sospirare, perché ha maledettamente ragione, ho sbagliato, ma ormai è tardi.
" Ci sentiamo, devo andare."
Faccio avanti e indietro in questo piccolo giardino, chiamo il mio amico Carlo.
"Sara è qui alla festa, sto malissimo."
"Wow, cosa vuoi fare? Potresti parlarle, iniziare a riallacciare i rapporti e vedere come va...capire se ha qualcuno nella sua vita."
Non rispondo, al momento non so cosa fare.
"Christian, ci vediamo da te se vuoi, una birra e due chiacchiere?"
Ha capito che sono davvero a pezzi.
"Ok."
Fine flashback
Altri rumori in bagno mi riportano al presente, non sono riuscito a starle lontano, ma era prevedibile, qualunque cosa accadrà, stavolta combatterò per noi e so già che dovrò farlo.
Vado verso il bagno e la porta e semi aperta, la chiamo bussando ma non ricevo risposta, entro e trovo Stark mordicchiare il beauty di Sara che teneva sullo sgabello, deve averlo fatto cadere, quindi erano questi i rumori che sentivo, non era lei.
Raccolgo tutto e ripongo il beauty in alto dove il cane non può arrivare, lo sgrido bonariamente, forse un po troppo perché mi guarda appena e poi se ne va sculettando.
"Sara."
La chiamo a gran voce, salgo a piedi scalzi quei pochi gradini che portano al piano di sopra, controllo le stanze, ma non c'è.
Il telefono squilla mi precipito di sotto, lo afferro con la speranza che sia lei, invece è Carlo.
"Amico, come va, sei rientrato?"
La sua voce è squillante.
"È andata via, mi ha ripagato con la stessa moneta."
Invece la mia è quasi un sussurro.
"Che vuoi dire?"
Il mio amico chiede confuso.
"Mi sono svegliato e lei non era qui, ha addirittura lasciato il cane con me."
Guardo Stark gironzolare per il salotto senza meta, forse la sta cercando, proprio come me.
"Dici che è stata una vendetta?"
Alle sue parole chiudo gli occhi, non posso crederci, non ha finto, era la mia Sara, ma questa mattina può essere fuggita per vendetta o per paura.
"Non lo so, ho intenzione di scoprirlo. Ci sentiamo."
Riattacco e provo a chiamarla, staccato, ovviamente non mi sorprende, mi siedo sul divano buttando il telefono accanto a me, mi stropiccio il viso con entrambi le mani e
poggio la schiena sui morbidi cuscini.
Stark abbaia attirando la mia attenzione, scodinzola mogio venendomi vicino e sembra triste.
"Piccolo, anche tu ti senti abbandonato?"
Lo accarezzo.
"Deve essere proprio andata nel panico per averti lasciato qui con me, non lo avrebbe mai fatto."
Inizia a scodinzolare come se avesse capito ciò che gli ho detto e si fosse ad un tratto rincuorato.
"È così che si è sentita quel giorno, anzi, peggio, perché io so che è scappata per paura di soffrire, lei non sa che sono fuggito perché sono un codardo."
Rassetto tutte le mie cose e chiudo la baita, salgo in auto con Stark e parto per Roma.
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