Capitolo 14 - Christian
Chris
Sono steso sul letto a fissare il soffitto, ho cercato di tenermi alla larga da lei per tutto il weekend, non è di certo stata un'impresa facile.
Sergio non fa altro che dirmi di rapirla e fare tanto sesso, così poi, al momento della verità, dovrà per forza perdonarmi.
É il solito.
Sono le 19:00 di domenica sera,domani pomeriggio ho un'altra seduta di fisioterapia, ma non riesco ad aspettare, la voglia di vederla è diventata un bisogno.
Sta piovendo ininterrottamente da due giorni, in questa stanza c'è fin troppo silenzio, spezzato dal rumore della pioggia e dai miei pensieri.
Non so come potrei dirle la verità e non perderla ancora.
Entro in cucina e il lavello ancora carico di stoviglie che mi aspettano mi fanno sbuffare, ignoro questa seccatura e vado in salotto.
Per fortuna non ho la cucina a vista, non sarebbe proprio una soluzione quando non hai voglia di lavare i piatti, anche se non ho mai ospiti oltre Alex, Carlo, Natalie e Gabriella.
Ci sono ancora due bicchieri sul tavolo, di cui uno marchiato col suo rossetto, ha sempre voluto marchiare me, purtroppo ci è riuscita fin troppo bene.
Non è così che ho immaginato la mia vita, soprattutto dopo essermi innamorato di Sara; ma il destino è un ottimo giocatore, prima me la porta via, ora la rimette sulla mia strada, proprio quando mi ero rassegnato.
Sul divano una sciarpa arancione con farfalle bianche attira la mia attenzione, la prendo e istintivamente sorrido.
"Hai complicato tutto, ma una parte di me non tornerebbe mai indietro."
Sergio è ripartito questa mattina, ma ritornerà presto con la scusa di volermi dare il suo supporto morale, cavolate, sono sicuro che il vero motivo abbia un nome e tante treccine sulla testa.
Il mio telefono giace spento sul divano, da quando Alex due ore fa si è convinto a darmi il numero di Sara, non l'ho toccato, lo fisso da lontano cercando di capire cosa fare.
Non posso tirare troppo la corda con lei, si merita una spiegazione, lo so perfettamente, la meritava quella notte, quando quella telefonata mi ha rovinato la vita facendomi rinunciare a lei, lasciandola sola nel suo letto.
Mi rendo conto che io mi stia nascondendo dietro questa scusa, perché avrei potuto gestirla meglio, sono stato un codardo, questa è la realtà.
Lo sono tutt'ora, perché non posso dirle che....la perderò.
Fra tre settimane è Natale, quante volte l'ho pensata in questo periodo, lei ama questa festa, e qui mi viene una grande idea.
Prendo il telefono, il cappotto e le chiavi, sono già fuori casa, devo essere ingegnoso e passare del tempo con lei per ricordarle chi eravamo.
Dopo quindici minuti sono sotto casa sua, non smette di piovere e fa davvero un freddo assurdo, vedo il fratello di Sara uscire dal portone, per fortuna non l'ho incontrato.
Cosa gli avrei detto per giustificare la mia presenza qui a quest'ora?
Sono già davanti la porta, prendo coraggio e busso, non so come andrà, ma so che presto dovrò dirle qualcosa di quella notte.
Stark inizia ad abbaiare e dopo pochi secondi lei apre la porta, indossa un pigiamone a tuta con cappuccio a forma di panda.
"Marco, cosa hai dimenticato, sei peggio di me."
Non appena incontra i miei occhi, i suoi si spalancano, non ha guardato dallo spioncino, è la solita.
"Tu."
É tutto ciò che dice prima di chiudermi la porta in faccia, devo dire che è andata piuttosto bene.
Ed io che ero felice di aver trovato il portone del palazzo aperto credendo così di avere più chance.
La sento dall'altro lato della porta parlare con sé stessa.
"Che figura di merda."
Mi viene da ridere, la immagino con le mani sul viso a morire dalla vergogna, era buffissima con indosso quel coso, ma mi sono innamorato anche della sua semplicità e il suo lato buffo e infantile.
"Sara, aprimi per favore."
"Non ci penso proprio, che ci fai qui?"
Mi farà impazzire la sua cocciutaggine.
" Devo parlare con te e sono venuto a trovare il nostro cane."
"Ancora con questa storia? Ti sei fissato."
Il suo tono di voce è indispettito ed io vorrei solo buttare giù questa porta e baciarla, stringerla, fare...
La porta si apre e mi porge il cucciolo con il guinzaglio e bustine.
"Piove, scendi tu a fargli fare la pipi."
Richiude di fretta la porta sbattendomela di nuovo in faccia.
Stark inizia a leccare la mia mano racchiusa nel guanto di pelle comprato ieri e scodinzola.
Mi guarda con i suoi occhioni teneri e non posso non sorridere, questi esserini dispensano amore e buonumore.
Mi avvio e per fortuna sembra esserci una tregua da questo mal tempo, prenoto due pizze a domicilio sperando non mi sbatta fuori casa.
Il piccolo non vuole collaborare, mi fissa e sembra cogliere il mio stato d'animo.
"Non guardarmi così, so di non riconquistarla con una pizza, ma al momento non posso raccontarle di lei."
Stark abbaia e sono quasi sicuro che mi stia rimproverando.
Arrivo nuovamente davanti la sua porta e inizio a bussare, questa volta trovo davanti a me una ragazza con jeans e maglioncino rosso, come il suo viso.
Credo abbia dimenticato la matassa di capelli, intrappolati sulla testa alla rinfusa con un enorme elastico nero, che subito scioglie.
É un ottimo segno.
Io e Stark entriamo e lui ovviamente essendo ormai nel suo ambiente, scondinzolando se ne va in salotto, lo seguo sperando che la padrona di casa non mi cacci.
Stranamente non mi urla contro nulla, forse è ancora imbarazzata per quel pigiamone di prima, spero abbia questo stato d'animo anche quando suonerà il fattorino delle pizze.
Tolgo i guanti e li poggio sul bracciolo del divano, sto per levare anche il giaccone quando suonano alla porta e la voce di Marco, suo fratello, arriva da lì dietro.
"Sara, sono io, apri."
La vedo sbarrare gli occhioni chiari e fissarmi nel panico, inizia a spingermi nel corridoio verso la porta che scopro essere la sua stanza.
"Non fiatare."
Mi intima prima di sparire dalla mia visuale.
"Ciao, cosa è successo?"
"Ho dimenticato il telefono."
Nella mia mente penso che quei due siano proprio fratello e sorella.
"Eccolo, e questi guanti?"
Alla domanda di Marco chiudo gli occhi imprecando.
"Devi sempre rovinare tutto, erano un regalo per te, niente sorpresa."
Ma è impazzita?
"Wow, sembra vera pelle. Grazie sorellina."
Dopo poco la porta di casa mi fa capire di essere rimasti soli e infatti viene a darmi il via libera.
"Gli hai regalato i miei guanti?"
Chiedo divertito tornando in salotto.
"Ero nel panico. A proposito, erano di vera pelle?"
Annuisco.
"Wow, farò un figurone con mio fratello."
"Prego Sara."
Rispondo sarcastico.
Si avvia verso la porta d'ingresso e aprendola mi fa cenno di uscire.
"Buonaserata, grazie per essere passato."
La raggiungo e chiudo questa dannata porta, vado a sedermi sul divano e inizio a giocare con Stark, la sua espressione, che vedo con la coda dell'occhio, è davvero comica.
Mi aspetto di vedere fra qualche istante uscire fumo dalle sue orecchie.
" Devi aiutarmi, vorrei fare un regalino agli altri per Natale e tu li conosci meglio di me."
Mi fissa con un sopracciglio alzato e incrocia le braccia sotto al seno prosperoso, non accorgendosi di farmi del male.
"Puoi chiedere ad Emily."
Raccoglie i capelli nella solita coda bassa.
"Sto chiedendo a te."
Non ha il tempo di controbattere che il suono del citofono la fa sobbalzare.
"È la pizza di sicuro, vado io."
Mi alzo ignorando le sue lamentele sul fatto che non vuole cenare con me, pago il fattorino e torno con i due cartoni fumanti, ha già apparecchiato.
Non ha fatto poi molta resistenza.
" Ti faccio restare solo per la pizza."
Precisa minacciosa puntandomi un dito contro e assottigliando gli occhi, è poco credibile visto che si illumina non appena quasi mi strappa dalle mani i due cartoni.
Sembra proprio una bambina, ci manca solo che inizi a saltellare.
Ceniamo in perfetta armonia, mi racconta dei gusti delle ragazze e gli altri, inserendo qua e là qualche aneddoto divertente e non mi sentivo così bene da tanto tempo, davvero molto tempo.
É questo che ti fa capire di aver trovato una casa, questa parola non si riferisce ad un appartamento, quattro mura ed un tetto, ma alle persone.
Casa sono coloro che ci fanno sentire bene con la sola presenza, con uno sguardo, persino nel silenzio.
Lei è sempre stata la mia casa, ecco perché mi sentivo fuori posto ovunque e con chiunque, semplicemente perché ero lontano da lei.
L'ho capito anni fa, quando guardandola appisolata sul mio divano, non riuscivo a distogliere lo sguardo, non riuscivo a non sentire quel pugno in pieno stomaco, una voragine nel petto.
Credo di essermi innamorato in quel momento, oppure quando le nostre labbra si sono unite, combaciando perfettamente, in realtà forse quando mi ha sorriso la prima volta.
É la stessa sensazione che si espande ora in profondità nel mio petto.
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