Capitolo 1 - Sara
Sara
Guardo Biancaneve, poi il genio della lampada, sono tentata da Wonder Woman, sbirciando meglio trovo Sailor Moon, la afferro e mi intenerisco, asciugo una immaginaria lacrimuccia.
Era uno dei miei cartoni animati preferiti.
"Ma chi è?"
Una tenera vocina attira la mia attenzione, mi volto e trovo una bella bambina dietro di me, credo abbia intorno a quattro anni.
Giocherella con le sue codine alte e mi osserva curiosa con gli occhioni di un azzurro splendente, è adorabile.
"Questa è la paladina della giustizia, insieme alle sue amiche guerriere Sailor..."
Il mio racconto viene interrotto insieme al mio entusiasmo.
"Io conosco tutti i cartoni animati, questo non l'ho mai visto, forse è troppo vecchio, non lo fanno più, quindi sei vecchia anche tu."
Indica il peluche che ancora ho in mano e poi me, assottigliando gli occhi mi squadra dall'alto in basso, in realtà dal basso verso l'alto data la sua altezza di neanche un metro.
"Quanti anni hai?"
Non mi aspettavo questa domanda e soprattutto il suo tono.
"Ventinove."
Mentre lo dico mi rendo conto che ha ragione cavolo, sono davvero troppo vecchia, non ho un fidanzato, un marito, un figlio, una...
"Lo sapevo."
Questa piccola smorfiosetta mi guarda fissa.
"Dovresti fare un figlio così potresti guardare i cartoni nuovi."
Si volta facendo ondeggiare le sue codine bionde e saltellando se ne va.
Ma da dove è uscito questo mostriciattolo?
Stringo fra le mani il peluche di Olaf che ho scelto fra tanti altri dallo scaffale, questo negozio di giocattoli è un piccolo gioiellino scovato per caso, ci farò spesso una capatina.
Mentre la commessa incarta il regalo, per caso ascolto la sua collega spiegare ad un cliente come funziona il tablet per bambini.
Per curiosità butto un'occhiata in quella direzione e non posso credere ai miei occhi, lui è di spalle e basta questo per farmi agitare.
"Forza, forza, ha finito di incartare questo pupazzo?"
Bisbiglio frettolosa alla ragazza davanti a me che mi guarda col sopracciglio alzato, non posso stupirmi sembro una pazza considerando che mi sono abbassata posizionando la borsa davanti il viso.
"Va bene così, grazie, devo andare."
Quasi le strappo dalle mani il pacchetto pur di scappare prima che lui possa vedermi.
Devo andare via di qui il prima possibile.
Stavolta è andata bene, me lo ritrovo ovunque, più cerco di stargli lontana e più mi viene complicato.
Con un gran sorriso in volto mi avvio verso l'auto, da quando è nata la mia nipotina acquisita non faccio altro che acquistare peluche, vestitini, bavettine.
Forse sto esagerando.
Arrivo davanti al palazzo in cui mi sono trasferita diversi mesi fa, sono stata fortunata a trovare questo piccolo appartamento a soli cinque minuti da casa di Emily e a dieci dalla futura casa di Emma.
Abbiamo condiviso tutto delle nostre vite, ogni giorno dalle elementari, anche quando eravamo lontane, siamo da sempre la spalla dell'altra. Nonostante alcune incomprensioni, alcuni litigi, a volte le avrei strozzate diciamolo pure, ma senza di loro sarei stata persa, siamo sorelle per scelta.
Sono pezzi del mio cuore, le amiche di una vita, infine abbiamo condiviso una convivenza per anni qui nella grande città eterna, Roma.
Poggio la borsa sul mobiletto chiaro all'entrata insieme al regalo per la piccola Ginevra, l'appartamento era quasi tutto arredato per fortuna, mancano poche cose che vorrei aggiungere.
Devo comprare uno specchio da mettere qui all'ingresso e prima o poi darò anche una mano di pittura.
Devo abituarmi a questo silenzio, in quest'ultimo periodo è davvero insopportabile, invece i pensieri fanno un rumore assordante da quando lui è rientrato con prepotenza nella mia vita.
Chi lo avrebbe mai immaginato, non solo me lo ritrovo nella città in cui vivo, e tra l'altro una grande città, non un piccolo paesino come il mio di origine a due ore da qui; ma diventa anche collega e amico del fidanzato della mia migliore amica.
Altro che piccolo il mondo, qui il destino si è messo a tavolino a studiare per bene come fregarmi per farsi quattro risate alle mie spalle.
Ho maledetto tantissime volte la scelta di fare il master a Milano dopo la laurea in fisioterapia, è lì che l'ho conosciuto ed è lì che mi ha distrutta.
Più che altro quel momentaneo trasferimento è stata una scelta fatta per cercare di riallacciare i rapporti con mio padre, ma è servito a poco.
I miei genitori hanno divorziato da un secolo ormai, a sedici anni, torno a casa da scuola insieme a mio fratello maggiore, le valigie di papà erano davanti l'ingresso, pronto a partire per Milano a causa del lavoro.
Dopo qualche mese ufficializzarono il divorzio e il suo trasferimento definitivo.
Bel trauma.
La mia permanenza da mio padre sarebbe diventata stabile, lo ammetto, sarei rimasta lì per Christian, mi sono innamorata di questo ragazzo conosciuto per caso una sera, è bastato poco, che idiota sono stata.
Forse avevo bisogno di affetto, attenzioni, lui mi ha fatta sentire per la prima volta in vita mia bella, non sono mai stata sicura di me, di certo ero troppo ingenua, sono caduta nella sua trappola.
Non succederà più.
"Basta Sara, smettila di pensarlo... con i suoi occhi color del cielo, cavolo ancora oggi sembra guardarmi con dolcezza accennando un sorriso e il mio cuore... No, basta."
Mi tiro due schiaffetti sulle guance per ritrovare la lucidità.
Lego i capelli in un coda alta e inizio a preparare il pranzo, insalata e petto di pollo al limone, ho intenzione di perdere qualche chilo.
Colpa del troppo gelato a causa di quel mascalzone.
Ogni volta che lo vedo finisco per consolarmi con una vaschetta di stracciatella e pistacchio, considerando che è sempre davanti le scatole, i jeans non mi entrano più, accidenti.
Dopo qualche ora mi citofona Emma, afferro il regalo e corro giù per le scale, la mia amica ha uno sguardo di fuoco, impossibile non capire il perché.
"Non una parola."
Mi avvisa la biondissima ragazza davanti a me mentre sistema meglio gli occhiali.
"Non ti prenderei mai ingiro per i tuoi biondissimi capelli."
Cerco di non ridere mentre mi fulmina con i suoi occhi chiari nascosti dietro gli enormi occhiali neri.
"Sei una stronza."
Non sarò la sola di sicuro.
Emily apre la porta di casa e resta a fissare il nuovo look di Emma.
"Ma che cavolo hai fatto? Sei biondissima."
"Sei una stronza anche tu."
Emma offesa la oltrepassa e si butta sul divano ad angolo color petrolio.
"Ho sbagliato tinta."
Incrocia le braccia sotto il seno continuando a tenere il broncio.
Mi avvicino al passeggino e davanti a me la meraviglia delle meraviglie, una splendida bambina dai capelli rossicci come la mamma, dorme e purtroppo non posso sbaciucchiarle quelle guanciotte paffutelle.
Dopo qualche ora saluto e vado via, uscita dal palazzo inizio a tastare i miei pantaloni, niente, come al solito arriva l'ansia, ormai ci convivo, apro con uno scatto la borsa e inizio a frugarci dentro.
"Accidenti, perché devo sempre perdere tutto?"
Mi lamento ad alta voce.
"Sei la solita."
Questa frase, seguita da una risatina, mi immobilizza, alzo gli occhi e incontro i suoi, un azzurro talmente limpido e chiaro da affogarci dentro.
Christian.
Dio, quando sorride così mi si ferma il battito.
É un sorriso tenero, inclina un po' la testa verso il basso e chiude gli occhi un attimo, come se si perdesse nell'emozione di qualche ricordo.
Cavolo svegliati Sara e chiudi la bocca.
Cerco di ricompormi.
"Perché mi stai parlando?"
Il mio tono accusatorio è inequivocabile.
"Io..."
Mi sembra un po' confuso.
"No!"
Lo interrompo con tono deciso.
"Ma..."
Non si rassegna.
"No!"
Con strafottenza continuo ad ammonirlo.
Apre di nuovo bocca e lo fermo ancora.
"No! Addio!"
Lo saluto ironicamente con la mano e me ne vado lasciandolo li, ogni volta che lo incontro mi tremano le gambe, ma non avrà più nessun potere su di me.
Proteggerò il mio cuore da lui a tutti i costi.
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