12. Fateci caso
Cammino a testa bassa per il paddock, tenendo stretto il computer al petto ma avendo la testa tra le nuvole.
Ritorno sulla terra solo quando una mano afferra vigorosamente il mio braccio, facendomi sobbalzare. Mi giro di scatto, spaventata e sorpresa allo stesso tempo, ritrovandomi davanti l'ultima persona che avrei voluto vedere in questo momento.
<Charles> Mormoro quasi impercettibilmente. Ha la mascella serrata, lo sguardo serio e puntato dritto nel mio. <Dobbiamo parlare io e te> Mi dice. Senza aggiungere altro mi trascina a forza in un grande edificio Ferrari, fino a chiudere entrambi in una piccola stanza al suo interno.
Sono passati solo pochi istanti, istanti in cui la mia mente non è riuscita a creare un solo pensiero lineare.
Solo ora mi molla finalmente il braccio, indolenzito, tirando un profondo sospiro. <Cosa ci fai qui?> Chiede con un'arroganza a lui solitamente estranea <Lavoro> mi limito a rispondere, innervosendolo ancora di più.
<Camilla che cazzo ci fai qui?!> Ora sbotta, alzando il tono di voce.
Lo guardo confusa e irritata <Lavoro> Ribadisco, a mia volta con un atteggiamento che non mi contraddistingue.
Si passa una mano tra i capelli, prima di batterla sul muro facendomi sussultare.
Non so cosa gli sia successo in questi anni per renderlo così suscettibile, nervoso e aggressivo, ma questo non è il Charlie che conoscevo e che, a modo mio, ho in qualche modo perfino amato.
<Ascoltami bene, non so che lavoro tu stia facendo qui, ma voglio che tu te ne vada subito> Non distoglie mai lo sguardo dal mio, il che è piuttosto ingombrante.
<Charles capisco che non sia finita bene tra me e te, credimi non sono felice nemmeno io di essere qui. Ma siamo due persone adulte, potremmo lavorare senza darci fastidio non credi?> Rimane in silenzio per un po', probabilmente perché sta pesando le prossime parole.
<Arthur mi ha odiato, lo sai?> Si gira dandomi le spalle e lasciandomi con un'espressione da ebete che, fortunatamente, ora non può vedere.
<Mio fratello è arrivato ad odiarmi per colpa tua, non mi ha parlato per mesi. Camilla ti amava cazzo, ti amava da morire e tu lo sapevi benissimo!> Torna ad alzare la voce, facendomi spaventare per l'ennesima volta.
<Non è colpa mia Charles> Ho un filo di voce, quasi rotta dal pianto.
Mentirei se dicessi che non mi sono mai immaginata questo momento, ma in tutti i miei scenari, nessuno di essi finiva in questo modo.
<Ah no?> Riprende, girandosi a guardarmi ancora <Tu lo sapevi Camilla, lo sapevi e hai ben pensato che valesse comunque la pena rovinare tutto! E per cosa poi?> Non rispondo, sapendo che se solo provassi ad aprire bocca scoppierei a piangere.
Mi mordo l'interno delle guance ripetendomi mentalmente di non piangere, non farlo per nessuna ragione al mondo.
<Per una scopata Cami, una cazzo di scopata!> Ha una strana vena sul collo, le mani strette, gli occhi arrossati come qualcuno che sta sfogando una rabbia repressa da troppo tempo.
Deglutisco a fatica, distogliendo lo sguardo e trovando improvvisamente il pavimento interessante.
Lo sento camminare nervosamente, dare un altro colpo al muro e infine sedersi a peso morto sul piccolo divano presente nella stanza.
Una lacrima mi riga la guancia, ma la asciugo immediatamente.
Non è giusto che mi tratti così.
<Non ero da sola> Inizio titubante, alzando gli occhi per incrociare i suoi. Ora basta, non starò qui a prendermi insulti da un ragazzo evidentemente frustrato.
<Come scusa?> Chiede con ironia ed è proprio questa la goccia che fa traboccare un vaso già stracolmo.
<Non ero da sola Charles! Non ero da sola in quella camera d'albergo, non ero da sola quando hai deciso di baciarmi nonostante fossi fidanzato. Non ero io a provarci con la ragazza di cui mio fratello era innamorato. Io avrò fatto la stronza Charles, ma non avevo legami, non avevo promesse. Tu si, sei tu che hai sbagliato. Sei stato un fratello di merda e un fidanzato ancora peggiore e non hai alcun diritto di venire a giudicare il mio comportamento! E no amore mio, non lascerò questo lavoro, perché me lo sono sudata e me lo merito, non mi toglierai anche questo>.
Un silenzio tombale cade nella stanza. Riesco solo a sentire il mio respiro affannato, il battito accelerato del mio cuore, le mani che il monegasco fa scrocchiare.
Mi passo nuovamente la mano sul viso per asciugare le lacrime, uscendo rapidamente dalla stanza prima che possa ribattere.
Corro fino a raggiungere l'uscita dell'hospitality, prendendo un profondo respiro quando il sole caldo del Bahrain si posa sul mio viso.
Stremata, scoppio in un pianto disperato.
ARTHUR
<Hai per caso visto Charles?> Chiedo ad uno dei meccanici della Scuderia.
Lo ringrazio e mi dirigo verso l'hospitality, dove mi è stato detto trovarsi mio fratello.
Alzo lo sguardo dal telefono solo quando sono praticamente arrivato, ma la mia attenzione viene subito catturata da una ragazza a pochi metri dall'ingresso.
Ha le mani in volto, la testa china ed è palesemente in lacrime. Mi guardo attorno per vedere se qualcuno sia intenzionato ad aiutarla, ma sono tutti così frenetici da non notarla nemmeno.
<Hai bisogno di una mano?> Le chiedo avvicinandomi cautamente. Non risponde, così ripropongo la domanda, facendo qualche ulteriore passo per raggiungerla.
Le poso la mano sul braccio e solo in questo momento lei si accorge di me.
Toglie le mani dalla faccia, rivelandosi un viso ricoperto dalle lacrime, gli occhi gonfi, il trucco colato.
Eppure, il mio cuore batte all'impazzata per questa ragazza. Perché per me, dopo tutti questi anni, dopo tutto quello che è successo, lei rimane sempre la più bella del mondo.
<Camilla?> Sento la mia bocca curvarsi in un sorriso spontaneo, mentre istintivamente la mia mano si stringe leggermente di più sul suo braccio, come se temessi che possa scapparmi proprio ora che è qui, così vicina a me.
Rimane spaesata, ma non sembra sorpresa quanto me. Ovvio lei avrà di certo saputo che io mi trovavo qua, che ora guido in Ferrari, ma come avrei potuto sapere che anche lei ci sarebbe stata?
<Cami> Ripeto non avendo ricevuto risposta, ma lei torna a piangere più forte di prima, come se io ne fossi la ragione.
Così mollo la presa dal braccio, avvolgendola in un abbraccio che ho immaginato e sperato così tante volte.
Come glielo spiego che l'ho odiata così tanto da star male, ma che ho odiato più me stesso.
Ho desiderato un'infinità di volte di poter tornare indietro, rimediare ai nostri errori. Ho potuto farlo con Charles, gli ho chiesto scusa e lui a me. Abbiamo chiarito e ora siamo più uniti che mai.
Ma Camilla era sparita, non si è più fatta sentire ed io mi sentivo quasi in colpa a rintracciarla, ritrovandomi poi a lasciarla andare via per sempre.
Eppure ora è qua, davanti a me, tra le mie braccia.
Sento il cuore battere così forte da farmi male, il sorriso che mi ha acceso in volto non accenna a volersene andare e le parole mi muoiono in bocca prima che io riesca a pronunciarle.
Non so per quanto tempo rimaniamo qui abbracciati, piano piano le sue braccia stringono anche il mio petto, avvicinando il suo cuore al mio.
Si deve alzare sulle punte per stringermi meglio, sembra quasi abbia bisogno di più contatto umano possibile.
Le accarezzo i capelli.
Chiudo gli occhi abbandonandomi a qualsiasi cosa stia succedendo ora, sapendo che intorno a noi il mondo continua a girare.
Percepisco la gente muoversi di corsa, le voci, i rumori dei cellulari e delle macchine fotografiche.
Sento in lontananza i rumori dei garage, l'odore di benzina e gomma bruciata.
Il sole mi scalda il viso, le mani mi tremano ma rimangono strette a lei.
Camilla.
Camilla è qui. Ed è così bello da non sembrare vero.
Quindi ascoltatemi, fatelo attentamente.
Quando siete felici, fateci caso.
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