6|Menzogna
21 luglio 2020
📍Nizza, Francia
🎧Maybe it was me- Sody
Non vengo spesso a Nizza, ma questa volta ne sentivo veramente il bisogno; ho bisogno di stare un momento con Jules e parlare con lui.
So già che parlerò con il vuoto, ma sento la necessità di averlo lì davanti a me e dire tutto quello che penso; in questo momento sono dal fiorista e mentre attendo che arrivi qualcuno, batto un unghia sul marmo del ripiano.
Non è cambiato nulla a Nizza, dall'ultima volta che sono venuta quasi un anno fa a salutare i nonni e a sfogliare il vecchio album di fotografie; il fiorista mi saluta e nonostante la mascherina riconosce chi sono.
Dopo un autografo e una veloce foto, prepara una piccola composizione di ortensie, i fiori preferiti di Jules; lo ringrazio e a passo svelto entro nel cimitero.
Quando ero più piccola avevo paura di entrare in questo luogo, mi stringevo al braccio della mamma o alla mano di Jules e rimanevo così finché non uscivamo da lì.
Dopo la morte di Jules, ho iniziato ad avere meno paura e raffigurare questo luogo come un punto d'incontro tra me e mio fratello; un momento tutto per noi, un momento in cui cercare di sentirlo e raccontargli tutto.
La tomba di Jules è pulita, c'è una piccola macchinina rossa che gli ha portato Milan quando aveva quattro anni e qualche altro pupazzetto, sull'angolino in basso a sinistra c'è una foto mia e di Jules alla pista dei kart di papà.
Sorrido e cambio i fiori ormai secchi, la mia famiglia non ha mai trascurato Jules e mai lo farà, solo che cerchiamo di venire a trovarlo quando possiamo.
«Ciao Jules» affermo una volta che mi sono sistemata, tolgo la mascherina e osservo il viso di mio fratello impresso nella foto.
Gradirei una risposta, ma so che non potrò mai averla quindi mi accontento di parlare a vanvera:«Ho vinto. Sono arrivata prima all'Hungaroring. C'era Tom con me, dovevi vedere come era felice»
La foto di Jules continua a sorridermi, sospiro e mi mordo il labbro inferiore; affermo:«Sai, io e Charles abbiamo fatto una litigata, non ci siamo parlati per una settimana. Dopo la mia vittoria, è venuto a scusarsi ma è tutto merito di Charlotte!»
Sorrido anche io, un po' per spezzare la morsa che mi chiude lo stomaco al ricordo delle lunghe chiacchierate con Jules, e un po' per rispondere al sorriso di Jules nella foto.
Saluto mio fratello e mi dirigo verso il centro di Nizza, mi aspetta un'intervista per L'Èquipe e spero solo di non trovare l'ennesimo giornalista voglioso di gossip e minimamente interessato alla mia carriera sportiva.
Arrivo in un piccolo edificio dove io e Erika ci siamo date appuntamento, dopo questo abbiamo un servizio fotografico per Vogue e di seguito un'altra intervista.
Prendo posto sulla sedia mentre Erika dà un'ultima occhiata al programma di oggi, mi strizza l'occhio e in poco tempo il giornalista dell'Èquipe è davanti a me.
«Buongiorno Emilie e bentornata a Nizza» afferma mentre vedo gli zigomi alzarsi sotto la mascherina, segno che sta sorridendo.
«La prima vittoria non si scorda mai, vero? Come ti sei sentita la mattina dopo la domenica?» chiede lui posizionando un registratore davanti a sè, dunque fa parte della categoria di giornalisti che vanno dritti al punto.
«Già, è indelebile! La mattina dopo ho faticato a realizzare la mia impresa, avevo il trofeo nel motorhome e ogni volta che ci buttavo lo sguardo ero incredula e ammaliata. Non ci ho creduto per un paio di giorni» proferisco mentre lui annuisce, si appunta qualcosa su un foglietto e prosegue.
«Il tuo gesto di indicare il cielo una volta scesa dalla macchina, è ben lampante a chi vada la dedica» dice e annuisco dicendo:«Jules ha fatto veramente tanto per me, mi è sempre stato vicino e questo lo sapete tutti. Gli devo ogni singolo tratto del mio essere pilota»
C'è un momento di silenzio in cui ciò che si sente è solo il rumore della penna che scrive sul foglio, si gratta la nuca e chiede:«Sei la prima donna nell'età moderna in Formula Uno, cosa pensi della possibilità che ti è stata data?»
«È preziosa e non intendo sprecarla, ci sono state cinque donne in Formula Uno, come Lella Lombardi o Giovanna Amati, e contando me diventano sei. Non sono mai riuscite a fare molto e voglio cercare di dare il massimo in questo sport per loro e cercare di levare dalla testa di alcuni lo stereotipo che la Formula Uno sia uno sport solo per uomini» ridacchio.
«Parliamo un po' della tua vita fuori dal paddock» esordisce.
Oh no.
Tento di mascherare la mia ansia e attendo la sua domanda:«Sei una grande amica di Charles Leclerc, come avete chiarito il contatto e il conseguente ritiro durante il Gran Premio di Stiria?»
Raccolgo i miei pensieri in parole concrete ed esprimo:«Charles ha capito fin dall'inizio che la colpa dell'incidente era sua ma per un po' siamo stati distanti e ci siamo chiariti solo domenica in Ungheria, semplicemente parlando»
L'uomo davanti a me annuisce e dal suo sguardo sembra pronto a sfoderare l'ultima domanda, quella che probabilmente mi darà il colpo di grazia.
«Avete mai pensato che lavorare all'interno dello stesso team potrebbe rovinare drasticamente la vostra amicizia? Se la Ferrari dovesse scegliere Charles come prima guida, tu dovresti cavartela da sola» afferma lui e per un momento, aggrotto le sopracciglia mentre tento di capire quale trappola mi stia tendendo.
«La prima guida la gestiamo io e Charles, abbiamo deciso di stare davanti a volte alterne e il team ha concordato dicendo che questa era la scelta migliore. Quindi non avete di che preoccuparvi» rispondo cercando di mantenermi calma e non perdere il controllo.
L'intervista termina e mi alzo dalla sedia, io ed Erika salutiamo l'uomo e ci dirigiamo fuori dall'edificio; una volta all'esterno, sospiro ed Erika si unisce a me.
«Ti va di prendere un caffè? Conosco una pasticceria che cucina dei macaron pazzeschi!» propongo alla mia PR, Erika guarda l'orologio e dice:«Abbiamo ancora tempo prima di andare da Vogue, dopo di che puoi mostrarmi qualcosa di Nizza»
Le faccio strada fino al bar, i proprietari mi conoscono da quando ero alta quanto un fungo dato che venivo qui sempre con Jules; entriamo all'interno e non appena Giselle, la signora che sta sempre dietro il bancone, nota che siamo entrate, ci accoglie calorosamente.
«Emilie! Come sei cresciuta! Sei proprio una bellissima donna» afferma la donna prendendomi il viso tra le mani anche se le regole in vigore non lo permetterebbero.
Io ed Erika ci sediamo a un tavolo e ordiniamo un caffè con due macaron, io scelgo quelli alle fragole mentre Erika ne prende due al cioccolato.
Concludiamo la pausa e ci dirigiamo verso lo studio di Vogue, Erika mi guarda spesso di sottecchi e dal suo sguardo sembra che abbia qualcosa da dirmi, ma pare che abbia paura.
«Non posso entrare qui dentro mentre tu mi guardi con quello sguardo, che succede?» domando fermandomi davanti all'entrata dello studio fotografico ed Erika aggrotta le sopracciglia chiedendo:«Come dici?»
«Il tuo sguardo, vuoi dirmi qualcosa ma non hai idea se sia il momento giusto. Lo fa anche Charles» ribatto e lei sbuffa affermando:«Va bene»
Erika si chiude nel suo silenzio e mi sporgo in avanti, le faccio un cenno come per intimarle di continuare e le parole le escono velocemente dalla bocca:«Mi sposo»
Mi blocco un secondo e sbalordita ripeto:«Ti sposi?», lei annuisce e in un millesimo di secondo il mio livello di felicità schizza ai massimi livelli.
Fregandomene delle norme sulla sicurezza, la stringo tra le mie braccia e mi congratulo con lei, dopo averla stretta abbastanza, la lascio andare e ci infiliamo all'interno della struttura.
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24 luglio 2020
📍Principato di Monaco
Non avrei mai detto che Charles avrebbe pensato a organizzare una festa per la mia prima vittoria come io ho fatto con lui ma ho dovuto ricredermi.
Ha organizzato una giornata in barca tra me, lui e alcuni nostri amici, per concludere in bellezza festeggeremo da Jimmi'z.
Il citofono di casa mia suona, segno che Charles è sotto casa mia, prendo la borsetta, gli occhiali da sole e con il ticchettio delle mie ciabatte a ogni scalino, arrivo al pianerottolo.
Charles è davanti alla porta di vetro, alza la mano in segno di saluto e dopo esserci rivolti un'occhiata, scendiamo verso la costa.
C'è un piccolo gruppetto che non appena ci vede alza le mani per salutare e riesco a distinguere solo alcuni di loro; una volta conclusi i saluti, saliamo in barca e Charles ci porta lontano dalla costa.
Io e Charlotte siamo sul retro della barca e stiamo sistemando alcune cose mentre chiacchieriamo; a un certo punto la ragazza si guarda attorno come per essere sicura che nessuno sia nei paraggi.
«Sono contenta che tu e Charles abbiate fatto pace, é stato parecchio male dopo quell'incidente. È veramente fortunato ad avere un'amica come te» afferma lei mentre io le rivolgo un sorriso, Charles arriva di corsa verso di noi e domanda:«Pronte a fare un tuffo?»
«Non me lo faccio chiedere due volte!» rispondo, mi tolgo i vestiti e mi getto in acqua, è fresca e la pelle d'oca mi sale sulle cosce; Charles mi segue tuffandosi a bomba e schizzandomi di acqua salata.
Ben presto quasi tutti sono in acqua e ci divertiamo come bambini, quando ci sentiamo abbastanza rinfrescati torniamo sulla barca e ci asciughiamo nei nostri salviettoni.
Riccardo propone una partita a carte ma dato che non bastano per tutti, ci tocca giocare a coppie; il pomeriggio soleggiato passa tra risate e Charlotte che si dimostra incapace di giocare a burraco.
All'avvicinarsi della sera, Charles ci riporta a riva e ci diamo appuntamento al Jimmi'z; l'unica che non potrà essere presente è Charlotte che deve festeggiare il compleanno di sua sorella Valentine.
Torno a casa e mi faccio una doccia per levarmi la salsedine di dosso, mi asciugo i capelli e indosso il vestito più bello che ho nell'armadio; scendo le scale di corsa e prendo la mia macchina, esco per le strade di Monaco e in men che non si dica sono davanti al locale.
Mi stanno aspettando tutti all'entrata, Jimmi'z ha allestito un'area esterna al locale con musica dal vivo e cocktail ancora più buoni del solito; ci assegnano una piccola zona dove sono presenti due bottiglie di qualche tipo di alcol che non conosco.
I ragazzi danno inizio alla serata versandomi un bicchierino di qualcosa che non conosco, lo butto giù in un colpo solo e il sapore dell'alcol mi brucia la gola e mi fa lacrimare leggermente gli occhi.
Tutti si divertono ma io non alzo il gomito e continuo a tenere lo sguardo puntato su Charles che per i miei gusti sta bevendo un po' troppo; sembra quasi che voglia dimenticarsi di qualcosa che lo preoccupa.
Sono sicura che toccherà a me scarrozzarlo fino al suo appartamento, quindi meglio se rimango sobria e in grado di intendere e volere.
La serata finisce con un Charles un po' brillo e che fatica a camminare, risponde alle mie domande e sembra in vena di chiacchierare parecchio.
Lo faccio sedere sul sedile del passeggero e lo sento ridacchiare tra sè e sè per qualcosa che sa solo lui, mi pongo una mano sulla bocca e mi impongo di non ridere altrimenti la situazione finirebbe con il degenerare.
Salgo il macchina e giro le chiavi per poi partire in direzione dell'appartamento in cui Charles e Charlotte convivono, il monegasco afferma:«Non ti sei divertita»
«Certo che mi sono divertita! Ho ballato con Marta e Riccardo ha provato a farmi bere qualche drink in più ma poi ho visto che tu ti davi alla pazza gioia e ho deciso di rallentare. Quanto hai bevuto? Puzzi come una distilleria!» esclamo ridendo mentre rallento leggermente, voglio godermi questo momento con lui prima che succeda un altro putiferio.
«Quattro o cinque bicchieri più del solito. No, in realtà ho perso il conto» ride lui sistemandosi sul sedile, scoppio in una risata sonora e rallento ancora di poco, è troppo divertente.
«Will è stato uno stronzo con te. Tu sei troppo buona, avrei dovuto capire che prima o poi ti avrebbe fatto del male. Il punto non è tanto che ti abbia tradita ma che lo abbia fatto per così tanto tempo!» esclama lui e solo dopo qualche secondo capisco il senso delle sue parole.
Mi fermo in mezzo alla strada, a scuola guida mi hanno insegnato che non è sicuro ma in questo momento la mia mente pensa solo alle parole di Charles.
Sono sicura che lui sa qualcosa ma non vuole dirmelo.
«Cosa intendi dire per così tanto tempo? Spiegamelo» dico in tono piatto cercando una risposta sul suo viso, Charles arriccia le labbra e non accenna a dire una parola.
La mia impazienza sale sempre di più finché non sbraito con un tono di voce che non sembra il mio:«Parla, cazzo, o giuro che ti faccio fare la strada da qui a casa tua a calci in culo, non mi importa quanto sei ubriaco o quante persone ti vedranno»
L'alcool che ho bevuto questa sera inizia a farsi sentire, forse dovrei accostare qui e fare l'autostop per essere portata a casa e lasciare che Charles se la sbrighi da solo.
«Accosta, sei in mezzo alla carreggiata» dice Charles, scuoto la testa e con uno sbuffo mi sposto sul lato della strada vicino al guardrail.
Sei una stupida, Emilie. Avresti dovuto capirlo, era troppo strano che Will avesse scelto proprio Chantalle.
«Emi, io...» inizia il numero sedici, mi giro bruscamente nella sua direzione; tutti i pezzi stanno combaciando, lui sapeva tutto fin dall'inizio.
«Dimmi la verità, tu sapevi ma non hai voluto dirmelo. È così?» domando ma il monegasco sta in silenzio un'altra volta, stringo il volante con le mani talmente forte che le nocche mi diventano bianche.
«Charles, ti prego dimmi che non è cosi» lo supplico anche se il mio tono di voce è leggermente alterato, non so come mai ma ogni volta che discuto con qualcuno cerco sempre di non pensare al peggio.
Dovrei smetterla, sono patetica.
«È vero, lo sapevo» afferma il mio compagno di squadra ed è allora che sento qualcosa rompersi dentro di me, ho sempre paragonato il rapporto tra me e Charles con un filo sottile ma resistente e forse è proprio quel filo che adesso si è rotto.
Charles cerca di parlare ma lo interrompo con una raffica di domande:«Da quanto lo sapevi? Per quanto tempo me l'hai tenuto nascosto? Perché?!»
È una situazione surreale, mi pongo le mani tra i capelli e quando sento la risposta di Charles, pongo la fronte sul bordo del volante e stringo gli occhi così forte da riuscire a vedere le stelle.
«Da quando siamo andati a Mykonos, loro due erano sempre insieme e una volta li ho sorpresi che amoreggiavano. Non so cosa mi sia preso e...» spiega mentre le lacrime mi scendono lungo il viso e faccio un rapido calcolo di quanto tempo sia passato.
Quasi un anno.
Un anno in cui Charles mi ha tenuto nascosto qualcosa di così grande, ora capisco l'assenza di Chantalle a festeggiare le sue prime due vittorie e le volte in cui Will mi diceva di non poter venire alle gare per il troppo studio.
«Un anno, Charles. Ti rendi conto di quanto tempo sia? Come hai potuto?» chiedo mentre sento la testa scoppiarmi e il cuore martellarmi nelle orecchie.
Non oso immaginare il mio stato attuale e il solo pensiero di guardare Charles in faccia mi fa venire il voltastomaco, il monegasco si fissa la punta delle scarpe e poco dopo afferma:«Non volevo ferirti, ho visto come sei stata male dopo che lo sei venuta a sapere e se te lo avessi detto io non mi avresti mai perdonato»
«Perché? Pensi che adesso io possa perdonarti?» domando alterata, i capelli che all'inizio della serata erano ben piegati, ora sono ridotti a un ammasso ingarbugliato talmente tante sono le volte che li ho stretti tra le mani.
Giro le chiavi e metto in moto per dirigermi alla massima velocità che i limiti stradali mi consentono; arrivo davanti all'appartamento di Charles e ordino:«Scendi dalla mia macchina»
«Emilie, per favore. Non posso perderti» mi supplica, le sue parole non mi solleticano il minimo sentimento e a muso duro ribatto:«Dovevi pensarci prima, scendi dalla mia macchina»
Il volto di Charles si riga di qualche lacrima, sono talmente arrabbiata che vederlo piangere non mi tocca; questa volta ha superato ogni limite e perdonarlo non sarà così facile.
Lentamente, apre la portiera e rimane per un momento a guardarmi, cercando il mio sguardo, ma io sto fissando la strada davanti a me; in questo momento mi servirebbe la pista di kart di papà per scaricare un po' della mia rabbia.
«Spero che capirai e che potrai perdonarmi» dice con voce instabile, stringo il volante e borbotto:«Non adesso»; il pilota numero sedici scende dalla mia macchina e una volta chiusa la portiera, parto a tutta velocità verso il mio appartamento.
Prima di giungere a casa mia, mi fermo un momento in un angolo vuoto della strada e mi assicuro di avere i finestrini alzati per poi urlare a squarciagola il dolore che mi sta uccidendo dentro.
Prendo a pugni il volante, facendo suonare il clacson un paio di volte; sembra uno di quei film in cui lui e lei litigano, lui si chiude in macchina sfogando la sua rabbia mentre lei piange da sola da qualche parte.
Mi accascio sul sedile, dopo essermi tolta le scarpe mi porto le gambe al petto e cerco di coccolarmi un po' per poi decidere cosa fare.
Afferro il mio cellulare e compongo un numero, la linea è libera.
Avanti, rispondi. So che non stai dormendo.
Non appena la sua voce mi giunge alle orecchie, emetto un sospiro di sollievo e affermo:«Kimi, ho bisogno di te. O per meglio dire, del tuo alcool»
N/A
Ciao a tutti/e ed eccomi tornata!
Vi sono mancati Charles ed Emilie?
Come è andata la prima settimana di scuola per i liceali?
Quante volete dirne dietro a Charles per aver trattato Emilie come uno straccio?
Vi aspetto (spero presto) con un nuovo capitolo!
Vi voglio bene💕
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