Shown

È la cosa più incredibile che io abbia mai visto in tutta la mia vita.

Non che a sedici anni Erik possa considerarsi un uomo vissuto, ovviamente, ma non molti nella loro vita hanno la possibilità di affermare di aver assistito a un cambio di bandiera degno del Trono di Spade.

Danielle è ancora sotto l'effetto di XANA, ora nascosta dietro un cristallo, in attesa del nemico. I mostri inviati non sono come quelli che hanno affrontato di solito, ma esseri diversi, forse creati non dal virus ma dagli stessi terroristi -essendo attiva la torre cristallo, Erik ha ragione di crederlo. Si tratta di creature strane, certo, ma ancor più mostruose, dall'aspetto umano ma con quelle che sembrano ali taglienti al posto delle braccia, cosa che consente loro anche di volare; di per sé non sarebbe molto inquietante, se non fosse che i mostri sono senza volto e dal corpo stilizzato, mal disegnato. Probabilmente sono stati progettati in tutta fretta apposta per mettersi in mezzo ai piedi, ma sono forti ugualmente e in poco tempo hanno fatto fuori sia sua sorella che sua madre.

Erik lancia uno shuriken, riparandosi subito dopo anche lui dietro un cristallo violaceo. L'arma comparirà nella sua mano a breve, quindi non se ne preoccupa. Osserva le due gemelle. I loro costumi sembrano essere stati fatti su misura per adattarsi a loro: Nickie, tuta bianca e capelli castani sciolti dietro la schiena, possiede un bracciale al polso sinistro con su una sfera bianca. L'ha premuta più volte per sparare scariche elettriche dello stesso, niveo colore. Fortunatamente sembra essere dotata di una buona mira, anche se prima di capire come muoversi nel mondo virtuale ci ha messo senz'altro più della gemella xanificata.

Il programma informatico invece ci ha impiegato una decina di secondi a individuare il potere assegnato a Danielle Pichon, un bracciale al braccio destro nero come la maglia a maniche corte e i pantaloni aderenti che porta. Uno scudo si è aperto davanti a Nickie e la ragazza, con espressione impassibile, ha continuato a difendere l'altra finché questa non è stata in grado di attaccare. XANA pare aver fornito all'amica, inoltre, anche un potere che Erik finora ha solo sentito nominare e che pare incluso nel pacchetto di coloro che vengono posseduti: il superfumo. Il castano però non crede che a William importerà di essere stato imitato in quel modo... non dopo essere andato a liberare sua moglie.

Dolore. È il dolore a riportarlo alla realtà, che lo costringe a pentirsi della sua distrazione e lo punisce mandandogli a pochi centimetri dal volto uno degli uomini alati. Il corpo verde scuro della creatura preme con forza su quello di gran lunga più minuscolo del ninja, che tenta di estrarre un'altra arma. Combattere contro mostri del genere non è molto vantaggioso con poteri come i suoi, visto che la capacità di camminare sulle pareti non gli arreca alcun vantaggio contro avversari volanti.

Non c'è Niels ad annunciargli con la sua voce petulante quanti punti abbia perso e quanto sia nei casini, ma neanche Jeremy, come sperava. Lo scienziato sembra averli abbandonati al loro destino dopo aver avuto le coordinate e aver scoperto di Laura, e nemmeno sua madre pare potersi degnare di contattarlo. XANA ha virtualizzato sé stesso e Nickie da solo in un disperato tentativo di difendersi dal virus Servus. Non gli è stato spiegato a grandi linee cosa significhi dall'amico di famiglia, ma non è importante e sicuramente non è il momento per chiedere alla sua amica, l'unica contattabile che ha sentito qualcosa.

Erik osserva il ventre emettere scintille. No, non c'è nessuno a dirgli come sia messo il suo avatar ma non ne ha bisogno: un altro colpo, si dice, ed è finita. Ci sono Tom e Steve alla fabbrica, ma nell'arco di tempo in cui dovrebbero arrivare Erik sa che qualche mostro riuscirà a sfuggire alle gemelle e raggiungerà la Skid, e ogni danno possibile va evitato.

Sferra una ginocchiata al manichino che lo sta attaccando e riesce ad aprirsi un minuscolo varco per separarsi da esso.

- Ehi! - grida verso la sua amica in nero. Non la chiama Danielle, ma non gli va a genio nemmeno l'idea di gridare "XANA" e vedere il bel visino di una ragazza voltarsi a quel nome. - Di' un po', non hai qualche mostro da virtualizzare anche tu? Gli Hornet ci farebbero comodo!

Preferirebbe scordare la voce distorta che gli arriva alle orecchie immediatamente, come si fa quando si brucia una lettera appena letta.

- Non ho potere. Su questo suolo, posso farlo solo con la loro autorizzazione.

- Beh, bella merda di alleati, ti sei scelto... - borbotta, mentre fa finalmente fuori il mostro. Ne conta altri quattro, ma era lo stesso numero che ha visto prima che sua sorella venisse fatta fuori da una nuova orda spuntata da chissà dove. Sbuffa. Andranno avanti fino allo stremo, persone con un limite contro avatar creabili all'infinito. Se suo cugino non si muove a far saltare quel maledetto computer, sono fregati. Erik porta una mano ai tre shuriken restanti, stufo. Li lancia uno dopo l'altro, centrando due delle creature verdi. Ne vede immediatamente formarsi un altro, che atterra sul suolo senza emettere rumore alcuno.

Nickie si lancia all'attacco spalleggiata da Danielle, facendolo fuori.

- È questo che facevi quando sparivi dalla classe?

- Più o meno...  - risponde, fermandosi un attimo per recuperare di nuovo le forze. - Servirebbe Tom, la frusta sarebbe utile per tenerli a terra... ma finché qualcuno non si degna di rispondere dubito arriverà! Jeremy!

Nessuno risponde. Erik vede apparire altri tre uomini. Loro sono bloccati là senza aiuti, senza mezzi e nessuno che gliene virtualizzi uno. Lo scienziato li ha abbandonati per monitorare la situazione di Laura ed è anche giusto, ma che sua madre e Therese siano sparite anch'esse lo fa incazzare non poco. Abbassa lo sguardo. Ha appena riflettuto su quanto ciò non debba accadere, ma d'un tratto gli appare come l'unica possibilità di essere ascoltati che hanno. Dopotutto, quanti punti vita gli saranno rimasti, dieci? Di sicuro inviare due persone con tutte le energie sarebbe più redditizio che giocare ancora al gatto e al topo. Le due sorelle stanno combattendo bene e sono quasi illese, in quattro resisteranno di certo di più.

Esce allo scoperto e resta fermo. Ci vuole poco perché un mostro verde lo noti e lo raggiunga. L'essere alza in braccio mettendo in mostra l'ala dalla forma tagliente. Erik Stern resa in mobile e incassa il corpo al torace, cominciando ad avvertire il corpo scomporsi. Quando riappare nello scanner si sente quasi svenire, ma resiste. Resiste fino all'ascensore, fino alla sala di comando, fin quando non ha costretto Jeremy ad ascoltarlo e i suoi compagni non sono al settore. Solo allora va a sedersi accanto a Amy a recuperare finalmente fiato.

***** *****

Non perderò quest'occasione. Non la perderò di nuovo.

Si trova in quel maledetto posto da una decina di minuti, ma finora si è imbattuto solo in un tirapiedi dei terroristi che ha minacciato di sparargli se si fosse mosso, a gran voce. Ha sbuffato, si è tramutato in fumo e l'ha tramortito da dietro con una botta in testa, sperando che nessuno lo abbia sentito. Può darsi che credano che le grida fossero per Niels e Marlene, ma meglio non rischiare che potesse specificare.

Jeremy ha praticamente abbandonato i ragazzi, sia quelli nella base che coloro che sono a combattere nel settore cristallo per difendere la Skid. William non può permettersi di portargli via altro tempo e soprattutto non sopporterà un altro minuto senza sua moglie... non ora che ha saputo che è viva. Non dopo cinque anni in cui la sua assenza lo ha spinto sull'orlo di un baratro, gli ha pestato la mano con cui lui si è aggrappato all'estremità e lo ha fatto precipitare in una  caduta sena fondo.

Più ci pensa, più lo assalgono i rimorsi. William ha sempre creduto di essere forte, fin da ragazzino, quando faceva il gradasso coi suoi coetanei. Non era una cattiva persona, ma l'essere l'unico bambino in casa a richiedere l'attenzione dei genitori lo aveva reso un po' pieno di sé. Solo una botta, una grossa botta poteva frenare il suo carattere, un colpo ben più forte dei rimproveri della maestra, di un'espulsione, dei rifiuti di Yumi e delle liti con Ulrich.

XANA è stato quel colpo. Due mesi di prigionia lo hanno reso profondamente diverso e gli hanno insegnato dove ciò porta. Poi XANA è tornato e William lo ha affrontato consapevole di ciò, questa volta. Laura non lo era. Un po' gli ha ricordato lui prima di essere posseduto, forse per quello le si è affezionato, o forse perché sapeva cosa significasse essere l'ultimo arrivato... e quello di cui nessuno si fida. È maturata anche lei, da ragazzina viziata qual era. Dopo aver spento il supercomputer ed essersi dichiarato, William potrebbe classificare due decenni come il periodo più bello e tranquillo della sua intera vita, e ciò lo deve alla sua amica, la sua ragazza, sua moglie e poi alla madre dei suoi figli. Poi, una sera, lei non è tornata a casa. L'ha attesa a tavola coi bambini, lasciandole il piatto in tavola e dicendo loro di aspettarla. L'ha fatto anche quando loro non hanno più resistito alla fame e hanno iniziato a mangiare. Ha aspettato sulla poltrona del salotto, davanti a programmi spazzatura, con un caffè tra le mani. Tutta la notte. Ha aspettato nei giorni a venire.

È stato allora che William ha capito, dopo quasi quarant'anni di vita, che forte non lo è affatto. Ad esserlo è Steve, non lui. È il bambino che ha preso il suo posto nel crescere la sorellina e che l'infanzia l'ha gettata via per permettere a lui, suo padre, di tornare a piangersi addosso come i neonati. Forse è per questo che non gli parlava quasi mai: per vergogna.
William Dunbar, il vile codardo che ha scaricato le sue responsabilità su un ragazzino delle medie, è continuato ad affogare in questa consapevolezza giorno dopo giorno, minuto dopo minuto. Non si è più sentito degno di frequentare i suoi amici. Si è allontanato da tutto e da tutti ed è diventato un essere passivo, che accetta tutto ciò che la vita gli riserva, senza più nessuna speranza. Forse sarebbe stato meglio morire, in confronto a quello stile di vita, ma il coraggio di un gesto del genere non lo ha mai avuto.

L'uomo è ormai certo di aver ispezionato tre quarti buoni della struttura in cui si trova. Il supercomputer non lo ha trovato semplicemente perché non si è avvicinato di proposito a quell'ala, per il semplice fatto che non è di sua competenza. Di sicuro, Laura non è stata fatta avvicinare all'apparecchio, quindi non ha nulla da fare lì. Sta per imboccare un corridoio invaso dalle casse e dai rifiuti, quando una voce lo ferma.

- Lì non abbiamo ancora avuto il tempo di fare le pulizie, sono desolato. Ma credo che non avrai bisogno di metterci piede, se ho indovinato cosa cerchi.

Si volta. Davanti a lui, un uomo dall'aspetto che è un misto tra l'insignificante e il ripugnante. I capelli, radi e sporchi, sono bianchi come neve. Il volto è attraversato da una cicatrice violacea che fa bella mostra di sé mettendosi in risalto in mezzo a una candida e rada barba. Il terrorista è alto, magro, con le gambe storte. Queste sono informazioni essenziali e visibili a una prima occhiata; William non saprebbe dire invece, per esempio, di che colore siano i suoi occhi, quanto poco curato sia il suo corpo o che scarpe indossi, perché la sua attenzione viene catturata esclusivamente da ciò che l'individuo tiene stretto a sé passandole un braccio attorno al collo, che ha una pistola cosparsa di spettinati capelli biondi puntata alla tempia e il volto traboccante di paura.

- Laura! - esclama.

- William, vattene! - Il moro carpisce a stento il significato di ciò che dice, troppo assorbito dal riascoltare la voce di sua moglie dopo tanto tempo. Anche lei deve averlo notato, visto che lo ripete una seconda volta, poi una terza: - Vattene, va' via, non pensare a me!

- Fa silenzio, tu!- le intima il terrorista. Vorrebbe spaccargli la faccia, ma quello alza la mano con la pistola in goffo gesto, come per chiedergli di attendere. - Non credo che le presentazioni siano necessarie con te, ma rinfrescarti la memoria è sempre un bene: sono Terence Leroy.

Terence, Terence... la furia divampa dentro William come una fiamma.

- Sei l'uomo della Green Phoenix! - sputa, pieno di rabbia.

- Non azzardarti a nominare ancora quel gruppo di imbecilli falliti davanti a me, se non vuoi che la tua adorata moglie ne faccia le spese - gli ordina a denti stretti Terence.

- Lasciala ora - dice invece lui, portando una mano alla gigantesca spada. - O non avrai più una testa per parlare.

- Quanto siamo scontrosi - borbotta l'altro. - Vieni allora. Vieni pure, fatti avanti, e nella frazione di secondo che impiegherai a fare i due metri che ci separano, ti posso assicurare che le avrò già fatto saltare le cervella. 

William digrigna i denti. Avrebbe voglia di affondare la zweilhänder nel ventre di quell'uomo e trapassarlo da parte a parte, è solo questo il suo desiderio ora, ma si impone di star fermo.

- Vedo che cominciamo a capirci.

- Cosa vuoi, vecchio? Cosa vuoi per liberarla?

- Sì, direi proprio che ci capiamo alla perfezione.- Terence Leroy sorride. William sa che Jeremy sta ascoltando ogni sua parola senza intervenire, che saprà consigliarlo, ma per ora deve essere cauto; un movimento avventato, e sarà Laura a rimetterci la vita. La osserva: i capelli sono arruffati, il volto rosso. Gli occhi grigi appaiono un po' più spenti di come li ricordasse. Non osa pensare cosa possano averle fatto durante quegli anni, al solo immaginarlo sente le budella contorcersi.
Stringe l'elsa della spada per il nervosismo. Ti riporterò a casa, te lo giuro. Lo deve a Steve e a Faith, oltre che a sé stesso.

- Stanotte, i vostri marmocchi mi hanno causato un bel po' di guai e tutt'ora lo stanno facendo. Io ho le forze di impedirlo. Non pretendo che mi paghiate i danni, ma avete qualcosa che potrebbe andarmi più che bene per uno scambio Questa donna attualmente è totalmente inutile, è più un peso che altro. Credo di potervela restituire in cambio del codice Lyoko e del ritorno a casa di quei due ragazzini che stanno mettendo a ferro e fuoco questo posto.

- No... - implora la donna. - Non fatelo, non dateglielo... di' ai ragazzi di distruggere il computer!

Leroy preme ancora di più la canna della pistola contro il bel volto di Laura. La voce che giunge alle orecchie di William dopo questa frase è quella di Jeremy.

- William, sta prendendo tempo. Stai al gioco, cerca di guadagnarne! Ogni secondo è prezioso. Niels e Marlene stanno sistemando gli ultimi nemici prima di poter sferrare il colpo finale!

Il moro stringe i denti.

- Il codice Lyoko... non possiamo dartelo subito. - Dice la prima cosa che gli viene in mente per fare come gli ha chiesto l'amico. - Servono dodici ore.

- Credo di poter aspettare. Nel frattempo, tuttavia, lei resta con me. Non credi sia giusto? Quei due pidocchi, al contrario, se ne vanno e immediatamente.

William non sa cosa rispondere. Se rifiuta, non ha idea della reazione che potrebbe avere il terrorista; se accetta, sono rovinati. Si prende qualche secondo e il suo sguardo va di nuovo alla moglie. Non può permettere che resti là, cerca di comunicarglielo senza parlare. Anche Laura lo fissa. Lo guarda in un modo che l'uomo non saprebbe interpretare, con le sopracciglia corrucciate e l'espressione stanca. Non scherza, gli sembra che mimi con le labbra. Poi sorride. E allora comprende, allora la paura lo invade.

Laura Dunbar è provata dalla prigionia, ma ha ancora la forza di fare uno scatto e liberarsi dalla stretta di Terence.

- Dannata puttana! - inveisce questi. Lei alza un braccio. La pistola si gira. Un grilletto si preme. Uno sparo. Un altro. Terence finisce a terra e William riprende a respirare mentre il timore che aveva di perdere la moglie, capisce, era insensato.

Finalmente può andare da lei, abbracciarla, baciarla, riportarla a casa e sperare che la loro vita ritorni normale, per quanto possibile, che possa di nuovo svegliarsi la mattina e trovare le sue spalle o il suo viso a dargli il buongiorno e che i ragazzi possano riavere la madre.

Finalmente le sue braccia le cingono le spalle e la stringono. Laura sussulta, trema tra di esse, poi tossisce. William ha ancora gli occhi chiusi. Lo sparo lo ha sentito, ma è stato il fremito di lei a fargli comprendere. È successo tutto nel giro di una decina di secondi, dalla colluttazione allo sparo. Forse se l'è immaginato...

Laura crolla sulle ginocchia e poi sul fianco. Dietro la schiena, il camice bianco si sta regolarmente tingendo di un alone vermiglio.

- No... - mormora lui. - No, no... resisti. - Fa per prenderla in braccio. - Dov'è l'uscita? Dovrà pur esserci un ospedale nei dintorni, ti ci porto subito...

- William - esala. - Non serve. È inutile, sono abbastanza ferrata da sapere che è una ferita... - Laura non finisce la frase che uno spasmo la coglie e si ritrova a tossicchiare sangue.

- No, non dirlo. Non dirlo neanche per scherzo. - Sente un groppo alla gola e l'aria mancargli, ma per qualche ragione non riesce a piangere.

- William, io lo sapevo... lo sapevo da quando mi ha puntato quella pistola contro... che sarebbe successo. Se non fosse capitato a me, sarebbero... state migliaia di persone.

- Laura...

- Forse mi avrebbe risparmiata. Ma a che prezzo? Non potete dargli il codice... non dovete farlo, non ne valgo la pena.

- Laura, ti prego! - implora inutilmente l'uomo. William Dunbar ha un corpo virtuale, ma dentro la sua anima sta andando in pezzi. - Non puoi lasciarmi di nuovo, non lo sopporterei.

- Tesoro, lo hai fatto per anni - lo consola sua moglie. Lui fa una smorfia.

- No. Non l'ho fatto. Sono scappato, sono fuggito da tutto e da tutti... non ho fatto altro che rovinare la vita di coloro che mi stavano intorno. Yumi... i ragazzi...

- I miei bambini - cambia improvvisamente argomento Laura. Sta sorridendo, ma quel sorriso per lui non è altro che un'ennesima pugnalata. A pochi metri di distanza, Terence Leroy è ormai morto. La pallottola vagante lo ha preso alla gola e il suo sangue forma una pozza dall'odore nauseante tutt'intorno a lui, arrivando a toccare anche i due sposi. Preferirebbe esserci lui lì. Farebbe meno male, si dice, che vedere la persona che più ama diventare bianca come un cencio e rivolgergli quel sorriso che, ormai è chiaro, è un addio.
- Faith sta bene?

- Sì - risponde appena William. - Steve se ne prende cura. Non è scappato... è solo merito suo se è cresciuta così bella... è identica a te. - Non sa cosa dire. Ogni parola che si costringe a pronunciare gli arreca un dolore lancinante, fisico. Non lasciarmi, grida il suo corpo.

- William... - chiama. - Promettimi che da oggi saprai restare. Se lo farai... potrò andarmene in pace.

- Laura, ti supplico, non dire queste cose...

- William, sia io che te sappiamo molto bene come finirà. Puoi mettermi a terra? Ho freddo...

Emette un gemito strozzato mentre posa sul suolo insanguinato il corpo leggerissimo della donna che ama.

- Me lo giuri?

- Laura... - William si mette le mani nei capelli. Grida, grida finché ha fiato in corpo, finché la gola non fa male. La donna alza debolmente una mano e gli sfiora il viso. La tiene lì per qualche secondo, poi la riabbassa di colpo e riduce gli occhi a due fessure. William resta lì, paralizzato, mentre lei emette un ultimo respiro e resta immobile, lo sguardo di vetro.

Si inginocchia, le sfiora la fronte con il viso, la bacia, il tutto senza poter versare una lacrima.

- Come posso prometterti una cosa del genere? Come, come, come? - continua a ripetere come un automa. Non si cura di dov'è né di cosa succeda, non si cura del botto che sente poco dopo da est, dove dovrebbe esserci il supercomputer. La missione è finita. E William ha perso, ha perso tutto.

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