Rain
Astra fissa il vuoto.
-Beh... che facciamo?
Eccetto Erik, che aveva ancora due ore di lezione, tutti si trovano in camera di Niels: sono rimasti a fargli un po' di compagnia dopo le lezioni, anche perché a nessuno, nonostante avessero un ombrello, andava di tornare a casa con un diluvio come quello che c'è ora.
È stata senz' altro la settimana più penosa della storia, non ha cessato un solo istante di piovere.
- Mh... - Suo cugino si avvicina alla finestra e guarda fuori - Ehi! Venite a vedere!
Astra , Marlene ed Amy si precipitano accanto a lui, premendo le facce contro il vetro. Appena dà uno sguardo al giardino, la ragazza si lascia sfuggire un sospiro di vittoria: ha smesso finalmente di piovere, non riesce a crederci.
- Allora possiamo uscire, finalmente!
Gli altri sembrano entusiasti quanto lei dalla cosa, dato che iniziano a prendere le loro cose e avviarsi, tra sospiri di sollievo e "sia lodato il cielo".
Purtroppo, il loro entusiasmo viene smorzato non appena mettono piede in cortile, o meglio a quel che ne resta: il terreno è ridotto ad una poltiglia fangosa semiliquida, e di sedersi sulle panchine bagnate non se ne parla neanche. Camminare per raggiungere l'uscita sarà come muoversi su un campo minato.
- Ma che diamine! - si lamenta Astra- È praticamente peggio che stare dentro.
-Assolutamente no, lì era come stare in un barattolo!- replica Amy, inspirando a pieni polmoni l'aria di settembre.
- Già - concorda Marlene. - E poi, con Tom che si era tolto le scarpe sembrava di essere in una cantina per lo stagionamento dei formaggi.
Il fratello le tira una gomitata:
- Ok, basta! - esclama Astra prima che i due fratelli inizino a litigare. - Qui serve qualcosa da fare, e subito se non vogliamo morire di noia.
La biondina sogghigna:
-E se...
-"E se" cosa?
-Se giocassimo a nascondino?
- A nascondino? Qui? Con Jim a fare la ronda? - sghignazza Niels - Beh, se vuoi fare un giro in presidenza, accomodati! E poi non vedo come potremmo nasconderci. Con questo fango lasceremmo impronte ovunque.
Astra vorrebbe dire che forse a quindici anni sono un po' grandi per quel genere di passatempo, ma preferisce tacere.
Restano in silenzio per un po', finché Marlene non riprende la parola:
-Niels, e chi ha detto che si possa giocare solo qui?
-E dove dovremmo farlo?
-Beh, potrebbe anche essere un' occasione per esplorare quella fabbrica qui vicino...- gli occhi verdi brillano di malizia.
- Non se ne parla!- sbotta di colpo Amy - Sai come la pensano i nostri genitori sulla fabbrica, Marley!- In effetti, per i giovani la fabbrica è sempre stata un tabù. Le famiglie non sono mai state severe con loro, si sono spostati da soli per Parigi da quando hanno imparato a stare in metro in autonomia. L'unico luogo della zona in cui gli hanno sempre proibito di andare. È proprio quella fabbrica .
Astra non se ne sorprende. Il rudere non è più in funzione da più di quarant' anni, ma nessuno se ne cura. L'hanno lasciata lì, senza impedire che i muri esterni si ricoprissero di edera e quelli interni di muffa, ragnatele e polvere. Ormai è covo solo di ratti, volpi e persone che cercano un posto tranquillo per attività poco lecite. A dir la verità, non sa nemmeno a cosa servisse; papà e mamma le hanno sempre solo detto che era un posto da evitare.
Molte persone -ragazzi, ubriachi o coppiette- si rifugiano lí ogni tanto, la notte, ma di giorno appare semplicemente come un vuoto, inquietante posto abbandonato.
-Oh, andiamo, sarà solo per un paio d' ore. E resteremmo in vista comunque, scommetto che ci sono un sacco di nascondigli anche al piano terra. È pure ancora giorno! - tenta di convincerli Marlene.
Astra prende la parola:
-Suvvia, Amy, non credo che si arrabbieranno... e poi, non lo verranno mai a sapere.
Per l'appunto, pensa che il nascondino sia un passatempo per bambini delle elementari, ma se serve come scusa per vedere da vicino la fabbrica è disposta a stare al gioco. Deve ammettere a sé stessa che muore dalla voglia di dare finalmente un' occhiata a quel vecchio e gigantesco edificio. Per qualche motivo, nonostante rappresenti appieno il degrado delle zone urbane, la affascina. È sempre stato una specie di calamita, cui non è mai riuscita ad avvicinarsi; non glielo hanno permesso. Forse è proprio questo divieto che le ha dato un fascino magnetico ai suoi occhi.
-Non è un buon motivo per entrare in un posto del genere!- seguita Amy.
Astra non insiste, e Marlene fa altrettanto. Sarebbe inutile, se c'è una cosa che la loro amica ha sempre dimostrato è il totale rispetto per i genitori e per le decisioni che prendono. La sua parte giapponese, suppongo.
-Niels? Tom?- chiede- Voi venite?
-Io sí, però devo essere al collegio per le otto- li informa suo cugino. - Se Jim non mi vede a cena potrebbe insospettirsi.
-Anche io voglio rincasare per quell'ora, mamma stasera prepara le bistecche!- L'altro assume un'espressione sognante solo a dire quelle parole, mentre Astra ride per la sua reazione da bambino troppo cresciuto.
-Bene!- affermano lei e Marlene- Allora, vogliamo giocare o no?
*****
Dio, si può essere più stupidi e infantili?!
Certe volte Amy proprio non capisce i suoi amici. I loeo genitori gli hanno da sempre dato molta libertà, l'unico posto dove gli hanno espressamente proibito di recarsi è proprio quella fabbrica. E non è così strano, visto che genere di gente e animali frequenta i suoi ambienti accessibili. Perché gli altri non si sforzano di essere obbedienti almeno in questo?
I suoi amici abbandonano il collegio alla spicciolata. Amy resta a guardarli con disapprovazione per qualche secondo, prima di scrollare le spalle: affari loro, se vogliono rischiare di farsi male o di finire il castigo.
Decide di approfittare della presenza al Kadic per andare in classe a prendere un libro che potrebbe esserle utile per studiare, ma mentre si sta dirigendo lí nota una persona seduta di un muretto, ricavato dallo spazio tra due colonne del porticato.
Steve ha la schiena appoggiata ad una di queste, le ginocchia piegate verso l' alto che usa come una sorta di sostegno per il libro che sta leggendo.
Alza lo sguardo scoccando ad Amy un'occhiata perplessa, resa raggelante dal chiaro delle iridi.
-Cosa vuoi?
Alzo le mani per fargli capire che vengo in pace:
-Calmo... Stavo solo passando di qui, non ti mangio mica.
-Come se ne avessi paura...
-Ma che modi! Volevo giusto salutarti. Davvero tanto... Che non ci vediamo.
-Beh, lo hai fatto. Mi hai salutato, ciao anche a te, Amanda. Ora puoi lasciarmi studiare, per favore?
- Vedo che siamo socievoli. - Amy incrocia le braccia al petto. - Almeno ricordi chi sono.
-Non ho la memoria di un pesce rosso - sbotta lui, al limite della pazienza. - Hai finito?
-Sì. Ma spero non ti spiaccia se aspetto i miei amici qui.
-Ma tu guarda, la scuola è enorme e non c'è altro posto? Per quel che mi riguarda, fa' pure come ti pare, ma lasciami studiare in pace, se non vuoi che ti ritenga responsabile dell'insufficienza che prenderò al test di domani.
Nonostante alcuni nostri insegnanti non siano gli stessi, Amy non ha idea di quale razza di professore dia un test quattro giorni dopo l'inizio della scuola. Evita di chiederlo e va a prendere quello per cui era inizialmente diretta in classe: il libro di scienze. Esce dall'aula e ritorna al solito posto, senza che Steve stavolta le dedichi una sola occhiata. Per evitare anche lei di reincrociare il suo sguardo, si appoggia con la schiena alla parte interna del muretto, scivolando lentamente verso il basso e mettendo come lui il libro sulle gambe.
È cambiato. È totalmente diverso da come lo ricordava quattro anni fa, da come si era impresso nella sua memoria, con la sua immagine di bambino taciturno e riflessivo, sempre vicino a sua madre, che adorava e da cui era ricambiato. Per carità, non si si aspettava che fosse sempre lo stessso. Non si aspettava nemmeno che l'avrebbe mai rivisto.
È anche logico che quanto accaduto a Laura lo abbia sconvolto... ma ora che le ha parlato, è come se avesse visto un'altra persona, uno sconosciuto che dovrà adattarsi a riconoscere come Steven Dunbar. E dovrà anche evitare accuratamente di fare domande.
In verità, nonostante lui le abbia appena ordinato di tacere, una cosa che vorrebbe chiedergli da ormai tre giorni c'è.
Non è il momento, Stern, si dice , non ora. Aspetta che si calmino un po' le acque, e dopo potrai provare a parlargli.
Aspettare, come se fosse facile. Non è perché non ha pazienza, sua madre le ha sempre insegnato che, insieme alla calma, è una qualità fondamentale da possedere se si vuole vivere in modo sereno. Ma la curiosità, quella non riesce mai a frenarla. Specialmente quando riguarda argomenti simili.
Si intima comunque di tacere e di aspettare, prendendo un bel respiro e immergendosi, almeno momentaneamente, nella lettura delle formule di scienze.
*****
-Trentotto, trentanove... quaranta...
L'eco della voce di Tom si fa più distante man mano che Niels avanza nell'edificio alla ricerca di un posto impensabile in cui nascondersi, ma ha ancora tempo, visto che deve contare fino a ottanta.
Si allontana dall'ingresso della fabbrica, più l'odore di umidità e di muffa gli penetra inevitabilmente nelle narici. Ogni tanto, una goccia casca da un buco nel soffitto per andare a sbattere su una lastra metallica o su una trave, producendo un sordo dang, ma Niels cerca di non pensare né a questo né alla puzza di vecchio che si respira là dentro.
Per arrivarci non hanno dovuto fare granché, visto che nonostante i cartelli, non c'è un solo centimetro della fabbrica che sia ancora protetto da corrente ad alta tensione. Probabilmente, è da più di vent'anni che chiunque può entrare indisturbato a fare i propri porci comodi, come dimostrano le bottiglie di birra buttate qua e là negli angoli, assieme a mozziconi di sigarette i cui colori sono ancora troppo vividi per essere lì da tanto.
-Psst, Niels!- si sente chiamare mentre costeggia il lato destro della fabbrica. Si gira nella direzione dalla quale proviene la voce: Marlene gli fa cenno di raggiungerla, la testolina bionda che spunta da dietro un paio di grosse casse di legno.
Attento a non fare il minimo rumore, Niels sgattaiola dietro i contenitori, ormai fatti di un materiale vecchissimo e pronti a scricchiolare al minimo tentativo di appoggiarvisi.
-Cosa vuoi?- bisbiglia cauto.
-Guarda!- Gli indica il centro della fabbrica, totalmente scoperto e privo di nascondigli.
-E allora?
-Ma sei cieco? Non vedi l'ascensore?
Quell' ammasso traballante di ferro e nastri scorrevoli di gomma Niels non lo definirebbe esattamente un ascensore, in realtà, perciò non gli ha dato molto peso.
-Che stai pensando, della Robbia?- chiede sospettoso. L' idea che crede abbia in mente non gli piace, nossignore.
-Persino uno stupido come mio fratello ci arriverebbe! Dai, usiamolo e nascondiamoci ai piani di sotto!
-Ma ti sei bevuta il cervello? Sai quanti anni avrà quel coso? Scommetto che è mezzo secolo che nessuno lo usa, crollerà non appena premeremo un pulsante, fi...
Non fa in tempo a finire di ribattere che lei gli ha già afferrato un polso e lo sta trascinando verso il trabiccolo.
Niels strattona il braccio:
-Sei impazzita?!
Lei lo ignora e si concentra su un pannello posizionato sul lato sinistro della cabina, all'interno della quale nel frattempo lo ha condotto:
-Uhm... quale piano scelgo?- si domanda da sola.
Alla fine, opta per il secondo tasto di quattro. Mentre le porte si chiudono e l'ascensore inizia a muoversi, Niels sussulta. Lei sembra notarlo:
-Dai, ma non vedi che si muove come se fosse nuovo?
In effetti, deve riconoscere che a parte i cigolii e uno stridio metallico assordante, l'ammasso di ferraglia arrugginita non sembra avere problemi a scendere.
-È pura follia...- continua però a protestare rassegnato. L'ascensore si ferma, Marlene che assomiglia sempre di più ad una bambina eccitata mentre aspetta che le porte si aprano, rivelando ciò che strappa al ragazzo un urlo perforatimpani:
-Ma che diavolo?!
Davanti a loro c'è una specie di sala di controllo. La sola luce che ci permette di vedere qualcosa è quella tremolante, mezza fulminata e traballante dell'ascensore. Niels tira fuori il cellulare e accende la torcia per cercare di distinguere qualche dettaglio, ritrovandosi davanti qualcosa che finora crede di aver visto solo nei film di fantascienza: più o meno al centro della stanza c'è una sorta di piattaforma rialzata e cava, e davanti ad essa si trova quella che sembra in tutto e per tutto la normale console di un computer, con la differenza che è molto più grande e che ha altri due schermi laterali.
-Ma questo è... incredibile- mormora la sua amica. - E cos'è questo coso?
Si accomoda su una poltroncina di pelle tutta impolverata di fronte al computer e pigia un tasto a caso sulla tastiera.
-Ferma!- le ordina timoroso lui. - Potresti combinare chissà quale guaio!
Fortunatamente, però, il computer sembra spento.
-Credi ci sia un pulsante di accensione da qualche parte?
-Non so- sospira- Ma guarda!
Le indica una porzione di pavimento in un angolo che è come staccata dal resto, forse una sorta di botola. Lei si avvicina con cautela e rimuove il pannello, scoprendo una scaletta a pioli metallici che scende in un'altra stanza sotterranea.
-Scendiamo!- Lo esorta mentre si cala nel passaggio. In verità, Niels non avrebbe alcuna intenzione di scendere, ma per evitare che Marlene si cacci nei pasticci si vede costretto a seguirla. Viene accolto dal suo grido di stupore:
-Oh, mio Dio! Ma è ancora più strano del piano di sopra!
La seconda camera è molto più spoglia: non c'è praticamente nulla, fatta eccezione per tre strane colonne cilindriche e cave quasi attaccate alle pareti e, al centro del pavimento, un' altra botola. Questa però somiglia ad un bocchettone di emergenza dei sottomarini, con tanto di manopola circolare da girare in cima.
Niels entra in uno dei tubi metallici, senza che accada nulla. Marlene prova anche a spostarne le pareti, ma quelle restano ferme dove sono senza muoversi di un solo millimetro.
-Niente! Evidentemente anche questa roba funziona con l'elettricità- deduce lui.
-Ma non ci sarà un modo per riaccendere tutto?
-Forse. L'unico modo per scoprirlo sarebbe...
-Scendere al livello inferiore!- termina lei la frase. Ma non lo ispira quest'idea, per niente.
*****
Niels non aveva intenzione di calarsi più giù di dov'era nemmeno stavolta, ma Marlene non era della stessa opinione. Nonostante si sia rifiutato categoricamente di darle una mano, la ragazza è riuscita lo stesso ad aprire la seconda botola, e si è calata giù... con una sorta di fune. Ovviamente il suo amico non desiderava affatto imitarla, né l'ha fatto.
Ma questo non gli ha impedito di dare un'occhiata dall'alto e di rimanere sempre più stranito man mano che esplorava quella stranissima sorta di laboratorio futuristico. Perché senz'altro la tecnologia che hanno a disposizione, seppur efficientissima, non può essere comparata a quella roba. Nonostante siano nel 2028, Niels non ha mai visto una console come quella del secondo piano sotterraneo della fabbrica. O meglio, lo ha letto in un qualche libro di fantascienza, ma quello sembra proprio... un supercomputer. E non è possibile che esistano veramente. Forse la fabbrica è stata usata per le riprese di un film, e non ci sono generatori. Magari l'elettricità è stata staccata dopo che il set è stato smontato, e Marlene si sbaglia. Sì, deve essere per forza così.
Eppure...
-Niels! Qui c' è uno strano simbolo!
Ormai la biondina è già scesa e sta dando un' occhiata alla stanza. Niels, da dove si trova, riesce solo a scorgere la base superiore di un'altra colonna cilindrica. A differenza delle altre non è cava ed è fatta di un metallo più scuro, percorso da venature vuote.
-Come? Puoi descriverlo? Forse è il logo di qualche azienda tecnologica.
Il ragazzo vede la sua amica puntare lo schermo del cellulare verso un lato della colonna:
-Uhm... c'è un pallino pieno al centro, con attorno due cerchi concentrici. Sulla parte bassa del più grande ci sono tre stanghette corte e sulla parte alta ce n'è una sola, piú lunga. Sembra un occhio.
Lui passa mentalmente in rassegna a tutte le ditte di elettronica che conosce - e sono tante- ma non riesce proprio a identificare quanto descritto da Marlene.
-Provo a...
Niels sente uno scatto:
-Ah!
-Marlene, stai bene?!
-Sí... ma qui c' è una leva Niels, scommetto che è questa a riaccendere tutto!- esclama lei euforica.
-Marlene, ferma- le intima il moro.
Tutta quella faccenda non lo esalta un granché, e l'ultima cosa che vuole, nonostante l'enorme amore per i computer, è riattivare tutto.
Purtroppo la sua amica è di opinioni diverse...
-Solo il tempo di dare un'occhiata- gli assicura.
Uno scatto secco.
Un ronzio.
Le venature iniziano a riempirsi.
Gente, voglio del vino. Tanto. Non pensate male, voglio sfiammarlo sul gas e metterci il miele, perché l'influenza che ho sta diventando insopportabile e la testa mi gira come una giostra.
La nostra Marley ha riacceso il supercomputer, a quanto pare... quali conseguenze porterà ciò?
Scusate se ci sono eventuali errori, ma come ho già detto non sono nel pieno delle forze.
A presto, saluti dalla zia!
Kincha007
Premessa: STEVE NON È UN BAD BOY.
No.
Non vedrete mai un bad boy nelle mie storie, lo reputo una personalità piú scontata della roba dell'Eurospin.
Cercherò di dare un carattere piú elaborato ai miei personaggi.
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