Gun dance

- Ah, i miei adorati nipoti! Su, su, venite qui! Accidenti, come siete cresciuti...

Astra si lascia stritolare assieme a Fred dalla morsa dell'abbraccio di zia Therese, non senza farsi sfuggire un gemito dovuto alla mancanza di ossigeno, sotto lo sguardo imbarazzato di Niels e Hiroki. Dopo un tempo che sembra eterno, la donna li lascia finalmente liberi di respirare. Fred sbuffa.

- Suvvia, non guardarmi cosí! Non lo faccio apposta, ma devo pur allenarmi: tra poco sarete in tre! A proposito, dov'è la mia amata sorella?

Papà, appoggiato allo stipite della porta della cucina, risponde:

- Sta riposando, in camera. Il pomeriggio dorme qualche ora... dovrebbe svegliarsi tra poco. Ma voi due entrate pure, non restate nell'ingresso. Volete un tè?

La donna avanza come una furia nel piccolo corridoio, poi irrompe in cucina, trascinando con sé il marito. Astra ha sempre trovato simpatici i modi esuberanti di fare di Therese, eppure vedendola non capisce come abbia fatto a sposarsi e ad avere un figlio a soli vent'anni. Era ed è uno spirito libero. Certo, però, visto come schiavizza il povero Hiroki, in effetti non dovrebbe sorprendersi molto. Fred, invece, non fa che ripeterle ogni volta che sono soli che non vede l'ora che nasca il loro nuovo fratello. Aelita ha annunciato pochi giorni fa che sarà un maschio, e l'urlo di gioia della zia è arrivato alle loro orecchie attraverso il telefono. Il bambino è piú che felice di non essere piú il piccolo di casa, così non si vedrà più soffocare dalla pestifera parente.

- Oh, no, per favore, -supplica questa. - Dopo quattro mesi in Giappone, se tocco un altra goccia di tè credo che finirà per uscirmi dalle orecchie. Preferirei un succo.

Suo marito si schiarisce la voce e si toglie il lungo cappotto nero, appendendolo all'attaccapanni:

- Il tè va benissimo, per me.

- Astra, Fred, Niels? Vi va qualcosa?

- Un succo anche a me! - esclama il bambino. Sia la ragazza che il cugino scuotono invece la testa, accomodandosi sul divano rosso del salotto, in attesa che gli adulti di spostino lí con le bevande.

- Come va? - gli sussurra lei, indicando col capo Therese.

- Per ora bene... papà non sa nulla di Lyoko e punirmi senza un'apparente spiegazione non è normale nemmeno per lei. Però non posso evitarla per sempre. Ah, vorrei essere come te a volte. Posso sapere come puoi essere cosí furba?

Astra scrolla le spalle:

- Prendo visione delle mie attuali priorità. -

Ok, forse è stato veramente un po' subdolo ricapovolgere i ruoli e rifare la vittima davanti a mamma e papà, con la solita scusa dei codici. Ma non lo ha fatto cosí tanto. Lui era già scioccato di suo per la vicenda intera, lei non può arrabbiarsi e c'è un figlio in arrivo. Le punizioni sono inutili. E non ha fatto un discorso degno di un retore per farli sentire in colpa. Jeremy e Aelita hanno stabilito che sarà libera di uscire a breve. Ciò che ci ha guadagnato in libertà, lo ha perso giocandosi tre mesi di paghetta. E per Astra centoventi euro sarebbero stati comodi. Ma la priorità, per ora, è quel veglione e lei ha tutte le intenzioni di andarci.

- Con Therese Ishiyama non esistono priorità, ideali o idee di democrazia. Una volta varcata la porta di casa, sei governato dalla sua democrazia, basata su solidi princípi filonazisti. Al confronto, Jim sembra un agnellino.

- In questo caso posso solo accendere un cero, cugino.

- È un aiuto. -

I genitori di entrambi si sistemano finalmente sul divano e tutti si servono dal vassoio d'argento al centro del tavolino. Ad Astra viene da ridere, ripensando a quella volta che ha sbattuto lo stesso vassoio sulla testa di Erik, giocando in casa. Quel giorno la mamma li aveva invitati tutti a fare merenda. Laura era scomparsa da poco, e lei aveva pensato che stare con gli altri avrebbe distratto Steve. Purtroppo si era sbagliata, ma lei, Erik e Tom avevano iniziato comunque a giocare... poi a discutere... Erik le aveva pestato un piede e lei si è infuriata ed sono stati dolori. Dolori forti. Marlene le ripete ancora che nemmeno lei sarebbe mai stata capace di lasciare un bernoccolo che era rimasto una settimana intera.

I grandi iniziano a conversare del piú e del meno senza prestare loro particolare attenzione; ben presto Fred va in giardino a giocare e la discussione verte sui soliti argomenti: scuola, lavoro, lamentele sui colleghi. Therese comincia a raccontare tutti i suoi aneddoti sui mesi passati in Giappone, poi Hiroki chiede di andare in bagno. Niels, accanto ad Astra, si mette una mano in fronte e lascia che la testa venga retta dal braccio, il gomito poggiato sulla gamba e lo sguardo basso.
Non appena l'uomo lascia la stanza, in essa cala un silenzio di tomba.

- Beh? - La ragazza tenta di salvare il cugino. - Stavi dicendo, zia? Di quell'uomo che non capiva che volessi comprare...

La donna, a braccia conserte, la squadra, seria.

- Ci hai provato, tesoro. Ma ora che mio marito non c'è, non ho alcun motivo per non fare una lavata di capo come si deve a questo sconsiderato che ho come figlio, dato che è da quando sono in Francia che non desidero altro. - Si alza e allunga una mano per tirare uno scappellotto al diretto interessato. - E anche voi! Come avete potuto fare una cosa simile?

- Therese, non credo sia il caso... il bagno è a due metri da qui. - Anche Jeremy però non può far altro che tacere. Fortunatamente, sua cognata sembra capire, e si limita ad una sola altra frase:

- Non aspettarti che finisca qui! Le tue uscite saranno controllate finché non tornerai in collegio, e in estate faremo i conti, signorino. Ma ora basta arrabbiarsi, mi rovinerei la merenda. Jeremy, i dettagli sulla vicenda me li racconterai dopo, passiamo ad altro!

La ragazza dai capelli rosa ridacchia, vedendo come anche il padre si ritrovi inevitabilmente costretto ad assecondare la cognata.

- Che dire, non sono stato molto in giro. Ho lavorato...

- Ci sarà una festa. Alla palestra del Kadic. - Non sa nemmeno lei perché le è venuto da dirlo così all'improvviso. Magari spera che rabbonendo i genitori sulla rimpatriata, le sarà più facile andare alla sua, di festa.

- Sì... l'ultima sera dell' anno - aggiunge il moro.

- Spero tu non ti stia azzardando a chiedermi il permesso, Niels...

- Ma no! Lasciaci finire, almeno! È per voi, il veglione. Per i vecchi alunni del collegio. Il nostro si farà a gennaio.

- In ogni caso, la tua punizione dovrebbe ricordarti la risposta. Per quanto riguarda quest'altra festa... è interessante! Non trovi, Jeremy? Credo che sarebbe divertente.

- Hai ragione, ma non credo proprio che io e Aelita verremo, quest'anno. Sarà per la prossima.

- Già... peccato. Immagino non ti vada di andare da solo. Ma posso parlarne a Hiroki. È così tanto che non facciamo una cosa del genere, l'ultima volta che sono andata a uno di questi eventi, tra il lavoro e le feste in kimono, mi sembra sia stata secoli fa! Tuttavia... - Squadra il figlio con sospetto. - Chi mi dice che non ne approfitterai per fare chissà cosa?

- Mamma... - borbotta Niels, senza ormai più un filo di speranza nella voce. - È la sera di Capodanno. I ristoranti saranno strapieni, saremo invasi dai turisti, piromani e quant'altro e i miei amici sono tutti in punizione, credo che basti a non farmi uscire.

- Niels può stare da noi, Therese. Io e tua sorella saremo a casa.

La donna assume un'espressione ancor più pensierosa, poi sospira e incrocia le braccia:

- Grazie dell' offerta, ci penserò.

Il ragazzo guarda Astra praticamente con la disperazione negli occhi. Lei si alza e, con una scusa, escono dal salotto e cominciano ad avviarsi verso la camera da letto. Una volta dentro, si stendono entrambi, ognuno su uno dei due letti sistemati nella cameretta.

- Sarà un duro inverno, per te.

- E la mia estate anche peggio.

- Condoglianze, mio caro Niels... condoglianze.

***** *****

Erik aveva preso in considerazione la possibilità che i suoi genitori andassero alla festa, naturalmente. Ciò che non aveva calcolato era che Yumi e Ulrich avrebbero detto di sì a Therese praticamente seduta stante. Quando la zia è andata a trovarli, di ritorno dal Giappone, portando la notizia freschissima da casa Belpois, ricorda che sia mamma che papà hanno fissato lui e sua sorella. Beh, lui e basta, quasi. Tuttavia, lo sguardo non era sfiduciato o severo. In quel momento, era certo che nella sua testa l'unica cosa che poteva esprimere come si sentiva era un corpo di ballerini di quelli che non vanno nemmeno al carnevale di Rio.

Si è comportato benissimo, per non dire lodevolmente, nelle ultime settimane e questo ha dato i suoi frutti. Ha persino rimediato un diciassette in matematica; probabilmente, questo deve essergli valso metà dell'approvazione dei genitori, solo per le sei ore spese su quel fottuto libro il giorno prima.

Ad ogni modo, grazie a tutto ciò per la prima volta da settimane è solo. Solo a casa. Beh, con Amy, ma è comunque senza la madre e il padre, dopo oltre una settimana che sopporta la loro presenza costante, sentendosi il fiato sul collo per via della punizione.

Continua a dare un'occhiata al libro che sta leggendo, posando distrattamente lo sguardo su parole a caso, ma ormai è più di un' ora che è lì, sul divano; per oggi può bastare. Si alza dal divano, lasciandovi una Amy beatamente avvolta nel suo morbidissimo plaid, di fronte alla tv. Stringendosi nell'odioso maglione di lana cucito da sua nonna Akiko, che indossa una volta all'anno solo per evitare che lo mangino le tarme, si avvicina alla finestra e spalanca gli occhi.

Un'ora fa, la città era avvolta nella più assoluta quiete, che sarebbe dovuta essere spezzata solo a mezzanotte, con i più disparati fuochi d'artificio. Ora la neve scende fitta, senza quasi lasciar intravedere niente del loro quartiere, come se fossero avvolti dalla nebbia. Le uniche cose che riesce a scorgere dopo qualche metro sono le file di lampioni che illuminano la strada, ora sempre più simili a fanali nella bruma; guardando a terra, il ragazzo nota che sul suolo si sono già posati un paio di centimetri del candido manto che a breve rivestirà quelle vie per chissà quanti giorni.

- Amy, vieni! - chiama, sorridendo. - Guarda!

Lei, tenendo unite le due estremità della coperta come a formare un mantello, salta giù dal divano e in pochi passi lo raggiunge, lasciandosi sfuggire anche essa un urletto di stupore.

- Non ci credo! Non si vedeva una tormenta così da un sacco! Pensare che a Natale abbiamo avuto solo pioggia...

- Già... ma consoliamoci, l'anno scorso non ha nevicato per nulla.

- Credo che ciò annullerà i festeggiamenti per il nuovo anno.

- Già. Non che a noi cambi molto, però, visto che siamo tassativamente chiusi in casa.

- Almeno siamo in due! Pensa al povero Niels.

- Zia Therese non lo ha lasciato da Jeremy e Aelita? - La ragazza scuote la testa:

- Alla fine, Aelita ha convinto suo marito ad andare con mamma, papà e Odd e Marthine. Ha detto che passare una serata con i figli da sola non le sarebbe pesato: probabilmente sarà sollevata dal non dover preparare un cenone. E la zia ha deciso che per non farla affaticare Niels sarebbe rimasto a casa da solo.

- Certe volte non lo invidio proprio- In quell'istante, il cellulare di Erik vibra nella sua tasca. Estraendolo, il tedesco legge sul display proprio il numero del cugino, e viene assalito da un terribile presentimento.
- No. No, ti scongiuro... pronto? Niels, dimmi che hai bruciato la cena, che sei rimasto senza carta igienica, che...

- Grazie mille, cugino, sul serio- risponde sarcasticamente l' altro; dal tono, però, è ben notabile il suo nervosismo.

- Andiamo al sodo.

- Un attacco. Al settore cristallo, per la precisione. Ho avvisato Steve ed Astra, ma c' è un problema: Jeremy è irrintracciabile. Probabilmente non sentirà il cellulare. Zia Aelita voleva venire, ma non le è possibile: ci serve aiuto.

- Ehm... non so come sia la situazione lì, ma qui saremmo nel bel mezzo di una tormenta, se vuoi saperlo.

- Erik, la situazione è seria! Pensaci: Steve non ha subito attacchi, Astra nemmeno e voi siete al sicuro. Devo telefonare a Tom, ma non credo che con lui sia diverso. Se noi stiamo bene, vuol dire che non siamo il bersaglio; in fabbrica sembra tutto a posto. Può esserci un solo obiettivo per questo attacco...

- I nostri genitori. Ho capito. Tu cerca di raggiungere la fabbrica con qualcuno e vai al settore. Ci sentiamo. - Riattacca e va velocemente all' ingresso, scegliendo il giubbino più pesante che trova tra quelli di Ulrich. Amy gli corre dietro:

- Dove pensi di andare da solo? Vengo anche io!

- No, stavolta no, - dichiara, irremovibile. - Se continua a nevicare così, non possiamo correre il rischio: la strada si vede a stento, se ci perdessimo non saprei come fare, e devo fare in fretta ad arrivare.

- Ma arrivare dove, di grazia? Erik!

- Al Kadic. I nostri genitori potrebbero essere sotto attacco. Ascolta, Amy, prometti che non uscirai di casa, perlomeno finché il tempo non si sarà calmato.

- Ma...

- Promettilo.

- E... va bene. Ma se dovessi avere bisogno di aiuto?

- Allora - risponde, mentre apre la porta. -Sta' sicura che farò in modo di non averne. Cercherò di tornare presto.

Detto questo muove i primi passi, cominciando ad addentrarsi nella tormenta.

***** *****

- Io non capisco chi te lo abbia fatto fare. - Danielle smuove un paio di casse di legno, sollevandole successivamente e trasportandole per qualche metro fino ad un angolo, conservando tuttavia la solita, affascinante camminata. - E soprattutto non capisco chi lo abbia fatto fare a me.

Nickie, a braccia conserte, si ferma ad osservarla, sinceramente stufa. Il piccolo sgabuzzino della palestra del Kadic è un ambiente di lavoro piú che sopportabile, malgrado i secchi per gli stracci ogni due passi, il buio quasi perenne e la puzza di detersivo. Ciò che non è sopportabile è che sua sorella abbia scelto proprio l'aiuto agli organizzatori del veglione di Capodanno come attività per ottenere qualche citazione positiva e non farsi rimandare e che si stia lamentando di ciò da due ore. E centoventi minuti con la voce di Danielle in testa sono sufficienti ad esentarla dal parlarle per almeno un mese, questo è certo.

- Non so. Di certo non è venuto nessuno a chiuderti ermeticamente il libro ogni santo pomeriggio per farti avere la media del sette su venti.

- Ma come sei comprensiva- sbotta l'altra alzando gli occhi al cielo. - Non ho mica colpa, se la matematica non fa per me.

- La matematica, la chimica, la fisica, l'italiano...

- Oh, per quello sto prendendo ripetizioni. Clement mi deve alcuni favori, sai?

- Non so chi sia Clement, ormai ho perso di vista tutti i tuoi ragazzi e mi sta bene così.

- Ma davvero? Peccato... il prossimo spero tu lo conosca, e anche bene.

Nickie resta per qualche secondo con la bocca semiaperta, cercando le parole per rispondere.

- Non starai davvero...

- Te lo avevo detto. E a te andava bene, se ricordo correttamente.

La ragazza non intende sentire oltre. Non sa davvero come comportarsi; se solo pensa a Erik con sua sorella... meglio non immaginarlo. Prende da una cassa delle bottiglie a caso. Anche se ne hanno messe di nuove appena dieci minuti fa, con duecento persone in una stanza non si sa mai, ma se pure nessuno le avesse toccate, tutto ciò che vuole è non vedere più la sua gemella almeno per tutta la settimana.

Facendosi strada tra il mare di adulti, impegnati a ballare più o meno goffamente, arrivando al tavolo. Vi sbatte praticamente sopra le bevande, poi sbuffa. Osserva la palestra: illuminato dalle luci soffuse, dai toni che si alternano giocando su rosa e verde, l' ambiente rende distinguibili ben poco i tratti delle persone che vi sono dentro. In questo momento, il dj ha optato per una canzone recente, di quelle dai ritmi veloci e ben poco ballabili per degli ospiti la cui età media è sui trent'anni, col risultato di una folla di persone che si muove come intorpidita, timidamente, per paura di fare brutta figura.

Qualcuno, però, non sta ballando, e non è sicuramente vestito con abiti adatti per stare lì dentro. Nickie ci mette poco a vedere un ragazzo con indosso un piumino imbottito di due taglie più grande e un berretto di lana in testa. Si avvicina perplessa, e quando vede chi ha davanti sgrana gli occhi.

- Erik! - Il suo amico, gli abiti bagnati e ricoperti da quelli che sembrano fiocchi di neve, se ne sta in un angolo, cercando con la testa qualcuno. Appena si accorge che Nickie gli sta venendo incontro, però, la sua espressione diventa incredibilmente tesa, quasi spaventata.
- Che stai facendo qui? - È costretta a gridare per farsi sentire.

- Nickie! Non preoccuparti, io... ehi, ma tu invece, perché sei a un veglione per adulti?

- Aiuto gli studenti. Tu, invece, non sembra. Ma... sta nevicando fuori?

- Una tormenta! Sono venuto a cercare i miei.

- I tuoi?

Nickie ricorda vagamente chi siano. Ulrich e Yumi Stern erano vecchi compagni di papà, al Kadic. Se trovare lui potrebbe rivelarsi difficile, probabilmente aiutarlo a trovare una donna giapponese darebbe i suoi frutti.
- Va bene, se vuoi ti aiuto! Come sono vestiti?

- No, tranquilla, ce la faccio! Sono venuto qua giusto per pochi minuti... devo muovermi!

- Appunto per questo, se ti dò una mano forse...

D'un tratto, Erik si volta verso sinistra. Nickie fa lo stesso, vedendovi un uomo completamente vestito di nero, dai capelli, al lungo pastrano che gli arriva fino alle ginocchia, ai pantaloni. Una piccola macchia di oscurità, tuttavia distinguibile proprio per questo, forse. Nel suo abbigliamento la ragazza non troverebbe nulla di così strano, sebbene siano a una festa, se non fosse per un dettaglio più che insolito: gli occhiali da sole. Le sopracciglia aggrottate e l'espressione implacabile, le lenti scure come la pece rendono impossibile indovinare ciò che trasmettano gli occhi di quell' uomo, con le mani sempre in tasca.

- No, no! Nickie... devo andare, scusa!

- Ma...

Sicuramente non lo lascerà andare via senza scoprire qualcosa in più. Perché è stato così vago? E perché la vista di quella persona lo inquieta tanto? fa per seguirlo, quando sente qualcuno strattonarle un braccio.

- Dove te ne vai, sorellina?

Tempismo perfetto, naturalmente.

- Danielle, non ho tempo! Lasciami!

- Ehi, ehi! Calma, cosa...

Decide di ignorarla, seguendo l'ultima immagine di Erik che riesce a cogliere, prima che venga definitivamente assorbito dal mare di persone. Lo trova subito, fortunatamente; è dietro allo stesso signore che hanno visto prima. Che sia quello Ulrich?

Sta per chiederglielo, quando vede che l'uomo in questione non si muove. Non balla. Le mani ancora infilate nelle larghe tasche del cappotto, sembra fissare qualcuno. Nickie non ha il tempo di vedere chi sia: Erik gli sferra all' improvviso quello che dovrebbe essere un pugno, sulla schiena. Questo si gira, senza emettere -almeno crede, visto il caos in cui sono- un suono. Apre la bocca, senza che Nickie riesca a distinguerne le parole a causa del rimbombarle nelle orecchie della musica pop, poi restituisce al castano il colpo. La ragazza è sbigottita. Sta per chiamare l'amico, quando questo comincia a farsi strada tra gli ex alunni del collegio, esce dalla massa di uomini e donne, ignari di tutto, e cammina spedito verso la palestra. Ora sembra proprio che stia scappando.

Scappare da chi, però? Cosa sta succedendo? La curiosità la sta rodendo dentro... assieme alla paura. Non ha mai visto Erik fare una cosa del genere -non ha mai visto nessuno farlo, a dirla tutta, ma ciò non cambia come si sente. Da noiosa attività svolta quasi per consuetudine, stare a questa festa sta diventando inquietante.

Erik esce di filato dalla palestra, e l'uomo lo segue. Nickie, prima che il portone si chiuda, riesce a sgusciare fuori. Non appena lo fa, il naso inizia a congelarsi, assieme alle orecchie, e il viso a venire sferzato da decine di gelidi fiocchi di neve. Non ha mai avuto così freddo; tuttavia, sa che se tornerà a prendere il cappotto perderà il suo amico... e qualunque cosa stia accadendo.

Gli occhi ridotti a due fessure per via della bufera, inizia a correre. Ignorando il fischio del vento, il frusciare violento degli alberi del cortile del Kadic e la neve a terra, che è alta circa dieci centimetri e le sta inzuppando le scarpe da ginnastica, avanza nella tempesta. I lampioni le permettono di rintracciare il colore del piumino di Erik, il giallo, e il nero del cappotto di colui che lo insegue, anche se in misura minore. La ragazza cerca di non farsi sentire, intimorita.

La corsa del castano termina però dopo pochi secondi, in un capitombolo nella neve che dà tempo all' inseguitore di raggiungerlo in poche falcate. Sempre più basita, la studentessa si avvicina, nascosta dal tronco di un albero. Com'è possibile che abbia percorso quella distanza in così poco? Non sembrava nemmeno stesse correndo. Deve aver visto male; in queste condizioni atmosferiche è più che probabile, in fondo.

Ma riesce a vedere la pistola. Nera, lucida, quasi brillante di oscurità, che esce dalla tasca dell' uomo, che finalmente ne rivela lo spaventoso contenuto. Forse è proprio la paura che incute a dare di essa l'impressione che brilli. È l'unica cosa che uno guarda, quando si trova in una situazione del genere.In Nickie non genera paura però: quello che la invade è vero, puro terrore. Chi è il signore che la sta puntando contro Erik con tanta calma? Perché, soprattutto?

Quell' essere -non sa come definirlo, ora come ora- pare caricarla. Click. Una morsa le stringe lo stomaco: non lo sta minacciando, vuole sparare. Se starà nascosta, Erik ci rimetterà la vita.

Le gambe si muovono come da sole, facendola uscire dalla protezione del suo nascondiglio: ce l'ha a pochi passi, l'uomo in nero, eppure lui non sembra avere occhi che per il povero studente finito a terra.

- Fermo! La prego, non spari! Cosa...

La testa gira di scatto. L'individuo non emette ancora un suono, mentre rivolge a lei l'attenzione. Nickie spera che le parli, che dica qualcosa. Poi anche busto ruota, e il braccio. Quello destro, quello con la pistola in mano. Una specie di boato; il mondo pare ruotare. La guancia si posa su qualcosa di morbido, freddo. Sente dolore al fianco, e ha ancora più paura di prima. Oserebbe dire che è nel panico.

Qualcuno grida il suo nome; lo sente, ma la voce le arriva ovattata. Dopo, il buio.

Saaaaaalve salve gente.
Questo sarà uno dei capitoli più malvagi della storia!
Perché non "il piú malvagio"?

Semplice: lo spezzo in due. La seconda parte arriverà domani o domenica, e sarà peggio. Molto peggio. Ma non dico altro because amo mettere ansia.

Detto questo: ho delineato la fine della storia epilogo a parte (fortuna che ho scritto cosa ho sognato ad agosto visto che ho scordato i dettagli...) e mi dedicherò piú attivamente ad essa per finirla una volta per tutte. È stato bello, ma dopo un anno e piú inizio a spazientirmi😅😅😅
Chiuderò in un modo che mi piace molto ma non anticipo nulla, e vi lascio con 3800 e passa parole di capitolo, per oggi, che credo bastino😂 scusate eventuali errori come al solito.

Besos,
Kincha007

Piaciuto il ritorno di Therese, EH?😏😏😏

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