5. Bullismo
Dopo la mia prima ragazza ebbi differenti batoste che in tutti i possibili e immaginabili modi tentarono di farmi crollare sia in campo amoroso che in campo amichevole, molti di quelli che considerai amici non furono altro che lo specchio di doppiezze, il riflesso di quelli che non erano altro che inutili finzioni, false amicizie usate unicamente per loro personale scopo, non considerandomi come un vero amico, ma bensì solo come un oggetto da poter usare, un'arancia da poter spremere fino al torlo, finché non mi avvessero visto crollare per terra, piangere fino a venire sommerso dalle mie stesse lacrime, cadere così in fondo al burrone da non essere più in grado di rialzarmi.
Quello che tra i molti rammento precisamente impresso alla perfezione all'interno dei miei ricordi fu un episodio di amicizia completamente composto da bugie, da amore unicamente da parte del mio cuore, un amicizia a senso unico, all'interno della quale l'altra persona per me valeva il mondo e io per l'altra fui solo una normale conoscenza a scopo differente da quello che al contrario un'amicizia vale.
Si chiamava Daniele ¹ l'amico nel quale risiedevo così tante speranze che una volta spezzate parve letteralmente impossibile continuare a sopravvivere. Mi usava, ecco a cosa servii lui all'interno di tutti quegli anni. Mi utilizzò unicamente in occasione di compiti in classe all'interno dei quali avrei dovuto passare lui ogni singola risposta o interrogazioni dove io avrei obbligatoriamente dovuto aiutarlo a studiare a nome di quella che lui chiamava "la nostra amicizia". Poteva davvero essere chiamata così? No, però io fui talmente ingenuo da non comprenderlo, da farmi mettere i piedi in testa infinite volte, ritrovandomi ossa rotte che nessuno mi avrebbe dato una mano a ingessare.
E ancora una volta dopo l'ennesima pugnalata al petto al mio fianco ci fu la scrittura, l'unica con la quale mi sentivo davvero libero, grazie alla quale fui in grado di evadere per qualche ora dalla realtà e limitare tutti i pensieri frugarmi per la testa, concentrarmi sul testo e scrivere, fogli su fogli, pagine su pagine, andando avanti, tentando di migliorare quelle che furono le mie doti che lentamente andarono maggiormente a svilupparsi, ad abbellirsi sempre di più col tempo. A fianco alla seguente azione in grado di distrarmi da ogni male e per un attimo non fare caso a tutto quello intorno circondarmi, al dolore provato sulla pelle, al sangue colare dal cuore, ci fu la mia migliore e unica amica Claudia che con trascorrere del tempo si dimostrò sempre più vicina, maggiormente al mio fianco, sempre pronta ad aiutarmi. Lei a differenza degli altri non aveva mai preteso nulla da me eppure mi aveva sempre rialzato da ogni tempesta, era merito suo se stavo ancora in piedi, se non mi ero ritrovato a piangere da solo, se al mio fianco avevo sempre avuto la sua spalla sulla quale aggrapparmi, era tutto merito suo se stavo ancora in piedi, se avevo deciso di continuare a lottare, continuare a vivere per realizzare i miei sogni, era tutto merito suo, delle sue battute, del suo sorriso, dei suoi dolci consigli, delle tenere sgridate, delle serate a chiacchierare. Una vita senza di lei mai e poi mai sarei stato in grado di immagginarla, forse sarebbe stato impossibile vivere senza lei, perché ormai l'avevo capito, anche se fin troppo tardi rispetto al tempo all'interno del quale mi era stata affianco, lei era una parte indispensabile di me della quale non avrei mai potuto mai e poi mai fatto a meno. Lei era davvero la parte più importante di me e mai avrei fatto si che qualcuno la ferisse, mai avrei lasciato che andasse via da me.
I tempi colmi di delusioni parevano essere trascorsi e per un breve periodo tutto parve andare liscio come l'olio: la scrittura, Claudia, i buoni voti a scuola, finché ogni cosa non si ritrovò a crollare per l'ennesima volta.
A scuola fui preso bruscamente di mira da uno dei soliti bulletti dell'istituto figlio di papà, viziato e prepotente di nome Nicola Barbieri ¹. Fu forse tra i momenti più orribilanti della mia vita il seguente. Non era stato facile subire quelle sue parole, grida al vento che ancora rammento tra i pensieri. I calci furono impossibili da dimenticare, di quelli che ti fanno piegare in due lo stomaco fin quando non ti ritrovi piegato su te stesso a vomitare. Le pretese, tutta la prepotenza, il sentirsi sempre superiore rispetto a me, la differenza di posizione e la popolarità, insomma non era stato un periodo facile, tutto rosa e fiori, anzi era stato l'esatto opposto di quello che al contrario mi sarei aspettato di poter vivere. Le sue angherie finirono solo quando incontrò un bullo forse peggiore di lui che riproducendo le sue stesse azioni nei suoi stessi confronti lo mandò in ospedale, e purché mi avesse fatto del male, indovinate? Fui l'unico ad andare a trovarlo in ospedale mentre lui lì, abbandonato da solo come un cane persino dai suoi più cari amici fu solo. E lo feci, lo feci davvero purché mi avesse fatto vedere le pene dell'inferno, lo feci davvero nonostante tutti quegli insulti e quelle botte, lo feci poiché infondo anche lui era una persona con delle emozioni e lasciralo marcire sopra un letto colmo di polvere non rientrava nei canoni del mio carattere, fu così accadde spesso che mi ritrovai a fargli visita, con la speranza che un giorno avrebbe smesso di comportarsi in tale maniera per piacere agli altri, con l'auspicio che la seguente conseguenza alle proprie azioni gli facesse capire di dover essere sé stesso e non qualcuno che in realtà non gli era mai appartenuto, che la felicità non dipendeva dalla popolarità scolastica ma da ben altro che possedere miriadi di falsi amici. Fu da allora, da quelle lunghe serate passate a chiacchierare che stringemmo un forte legame destinato a durare in eterno, lui non era mai stato quello che mostrava di essere. Lentamente il suo vero carattere venne a galla, il vero lui si svelò e io potei conoscere la parte di lui che mai nessuno era stato in grado di valorizzare, che lui non aveva fatto altro che nascondere con una maschera così sperando di piacere agli altri.
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