Capitolo 1: Serij

https://youtu.be/MVM8DUhdLyo


L'ordine era partito dall'alto, anche se non era chiaro da chi. Sicuramente un pezzo grosso, data la discrezione richiesta per l'incarico. Tutto quello che l'identificativo X5E8J67 sapeva era che si trattava di un pederasta, un porco che viveva ancora con la madre sessantenne nell'area 38 di Bruxelles. La casa che ora gli stava davanti agli occhi aveva il tetto spiovente rosso e i vasi coi fiori sui davanzali. Come tutte le altre.

Così si nascondevano i vermi, confondendosi con le persone comuni. Così si nascondevano i nemici del governo, i populisti, i buonisti, gli intellettuali che credevano di essere al di sopra di ciò che era richiesto per mantenere pulito il paese.

X5E8J67 provava un certo qual disgusto per quella parte dei nativi. Erano solo degli sporchi traditori della loro stessa razza. Lui, che era un clone, aveva il compito di servire il regime, di elevare quella stessa razza al cielo, purificandola dal sudiciume che tentava continuamente di insozzarla. In quanto amministratore, questo era il suo titolo, a lui spettava la parte migliore del lavoro: estirpare quella cancrena.

Si apprestò alla porta a vetro, nascondendo i guanti come meglio poteva. Il trillo del campanello fu seguito da passi corti e frettolosi dall'altra parte.

«Sì?» chiese una voce femminile. L'ombra rivelava una vestaglia azzurra, dai contorni opachi e con buona probabilità dei bigodini tra i capelli. Serij, come X5E8J67 preferiva appellare se stesso, avvicinò il viso alla porta, conscio che il volto innocente avrebbe facilitato il suo compito.

Era così che i cloni venivano fatti: capelli scuri, spalle larghe, naso aquilino, ma viso affilato, il viso di un sedicenne spruzzato di nei. Eppure Serij era in qualcosa diverso dagli altri cloni, lo sapeva bene. Tanto per iniziare il suo fisico non era pompato come quello degli altri; i suoi muscoli, per quanto si allenasse, restavano lunghi e affusolati, come quelli di un ballerino russo. I suoi capelli, crescevano più folti e ribelli, tanto che era spesso costretto a ritoccarli con la macchinetta.

Spesso si osservava nello specchietto della toilette del distaccamento, con quella luce verdina a rendere ancora più inquietante le sue occhiaie. E quel viso gli restituiva una mobilità assurda, un guizzo delle emozioni che provava, emergeva. Emozioni che non doveva provare.

«Identificativo X5E8J67, ci è stato segnalato che c'è un potenziale allarme bomba nel quartiere, apra immediatamente la porta e si diriga al punto di raccolta in rue LePin, senza prendere nulla»

La donna squittì e girò la chiave nella toppa, la porta si spalancò. Apparve uno sguardo tremante, che scivolò immediatamente ai guanti del ragazzo. Serij pregò che la donna non si facesse troppe domande, non aveva voglia di inserire anche il suo nome nel rapporto.

«M-mio figlio... lo avverta, è in cantina» disse lei speranzosa prima di allontanarsi.

Serij scese le scale, mentre un freddo glaciale afferrava le sue ginocchia e l'odore di muffa le sue narici. Luci cangianti provenivano dallo spiraglio della soglia. Posò il palmo del guanto potenziato sulla serratura. Il rumore metallico, accompagnato dallo schianto della porta e dalla nube di fumo, dovette spaventare a morte l'uomo all'interno. Quello lanciò un urlo, alzandosi di scatto e rovesciando la sedia. Alle sue spalle il pc acceso mandava immagini orribili.

Serji percepì il proprio corpo fremere, percorso da quella piccola scossa dall'origine ignota. Forse erano i guanti a provocarla, o forse veniva da qualche posto buio nel quale la sua coscienza non voleva avventurarsi troppo. Una smorfia di disgusto torse i suoi lineamenti mentre i loro occhi si incrociavano. Il pedofilo sgranava gli occhi. Non vergogna, ma paura. Non pentimento, ma sorpresa. Questo Serij intravide e gli bastò per scattare senza alcuna pietà. Caricò il guanto destro, che sfrigolò ruggendo nell'aria umida del locale.

L'ossigeno bruciò nei suoi polmoni. Da quando era un amministratore, ogni volta che effettuava un'esecuzione aveva quel vuoto nel petto. Non era esitazione, ma qualcosa non funzionava come doveva. Una volta si era arrischiato a chiedere ad un suo superiore se fosse normale. La risposta era categorica: no, non c'era nulla di normale nel provare qualcosa; le emozioni andavano represse, cancellata ogni loro traccia. Le emozioni allontanavano da ciò che si doveva fare, facevano titubare, e un amministratore non doveva titubare mai.

Il pugno colpì l'uomo nel basso ventre, egli si piegò, il respiro mozzato e gli occhi sbarrati, schiacciato con la schiena contro la scrivania.

«Questo merita un bastardo come te» disse Serij schiudendo un ghigno rabbioso. A quel punto lo fece accasciare sul pavimento. Serij si rialzò, sfondò lo schermo del portatile con un pugno, mentre frammenti inondavano il corpo immobile dell'uomo ai suoi piedi. L'amministratore tornò a guardare l'uomo. Quei capelli già radi, quel corpo flaccido, non doveva essere molto più vecchio dei propri venticinque anni.

«Non ti fai schifo da solo, feccia? Toccare i bambini... sei persino più disgustoso dei declamatori. Ma saluta il tuo dio se ne hai uno, perché presto lo incontrerai, stanne pur certo» gli abbaiò contro. L'uomo sollevò il viso, colmo di lacrime, tese le braccia per farsi quasi scudo.

«Ti chiedo pietà, tu servi il regime, servi questa razza io...» la frase fu interrotta dal suo urlo agghiacciante, mentre Serij scaricava una gragnola di colpi sul suo corpo. Il sudore gli colava insistentemente dall'attaccatura dei capelli, ma l'amministratore non si fermava: colpiva, colpiva, colpiva. Gli urli divennero gemiti, i gemiti silenzio. L'andare e venire del respiro dell'uomo era sempre più flebile.

Da sotto le costole fino a metà coscia i suoi organi erano una poltiglia indistinta. Ossa, sangue e visceri si mescolavano in maniera irriconoscibile. Ma Serij aveva lasciato il viso per ultimo.

Una scossa elettrica percorse le nocche dei guanti: le viti vibrarono la loro minacciosa tensione, le dita metalliche si piegarono.

«Addio stronzo» gli disse un attimo prima di colpirlo con entrambe le mani, spazzando via i suoi connotati.

***

Serji si rialzò. Pulire quello schifo dai guanti non sarebbe stato semplice. Ma l'ordine era stato eseguito alla perfezione: fare piazza pulita. Ora doveva solo rendere credibile la bugia detta alla signora. Qualche piccola menzogna era sempre necessaria per far vivere la popolazione nella calma più assoluta.

Tolse con cura il guanto destro, liberando la mano candida e sudata. Rovistò nella borsa e ne estrasse un piccolo congegno. Premette il bottone rosso e il display si illuminò: dieci minuti. Il timer partì.

Posò l'ordigno sul tavolo e si voltò per andarsene. Qualcosa lo bloccò : un tremito di quel corpo rivoltante. Serij gli sputò sopra e uscì.

Nell'ingresso fece in tempo a cogliere con la coda dell'occhio il proprio riflesso in una specchiera. Aveva il volto coperto di schizzi di sangue e pezzi di carne. Questo non avrebbe rassicurato molto la popolazione. Meglio prendere strade secondarie per uscire e dirigersi verso la periferia.

Lo squillo del cellulare lo costrinse a destarsi dai suoi pensieri.

«Sì? Eseguito capitano. Missione compiuta» rispose con voce roca all'interlocutore. La luce lo investì. Era una calda giornata di giugno. Mise giù la telefonata e si diresse verso rue Lolindir. Non si guardò troppo in giro, doveva solo togliersi rapidamente dalle palle.

Spazio autrice:

Salve ragazzi! Mi sono resa conto che la storia ha delle tinte un po' troppo fosche probabilmente. Quindi metterò il "contenuto per adulti" in modo che quelli che abbiano una sensibilità più acuta non debbano sentirsi violati. Ci tengo a precisare delle cose:

1) Non ho alcun controllo su questa storia, viene come viene e non sono io che decido quello che succede.

2) Anche la lunghezza dei capitoli è un po' fuori controllo al momento quindi ditemi voi che ne pensate. Ogni consiglio è ben accetto.

3) Non pensate troppo male di Serij. È il nostro protagonista, ma, come lui, tutta la storia sarà "politicamente scorretta", quindi se la cosa vi turba siete avvertiti. Se non pensate di poter reggere, potete cessare la lettura qui, me ne farò una ragione.

4) Ad ogni capitolo sarà presumibilmente associata una canzone. Se vi va sentitela XD

Ci sentiamo presto, spero :3


Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top

Tags: