33 Capitolo


-Dio deve proprio odiarmi per mandarmi uno smidollato come te a salvarmi! Ma cascasse il mondo, preferisco veramente morire fulminata all'istante che avere un minimo di gratitudine da parte tua! 

Il nome di Dio lo pronunciò con disprezzo e derisione; l'unica consonante la marcò violentemente con la lingua come se volesse chiamare per davvero quell'entità divina per mostrarle il macello in cui l'aveva messa per suo capriccio. Le altre parole a seguire furono impregnate di veleno. Anche se Dario cercava di tranquillizzarla con la sua voce, Diletta continuava a riversare le sue emozioni fin troppo represse; la pressione, lo stress, il dolore, la rabbia, non riuscì più a domarle e si rifletterono in quella risata isterica e in frasi piene di odio e disprezzo rivolte al malcapitato. Però non doveva comportarsi in quel modo. Davanti a lei, quella persona rappresentava la sua salvezza e lei cosa stava facendo? Gli sputava addosso come se fosse dello schifoso cibo marcio che la costringevano a mangiare.

Dopo quello scatto traboccante di emozioni, si fermò a riprendere fiato, mentre quello che fino a poco tempo fa era il suo amato ragazzo cercava di parlarle con timore.
Diletta non lo ascoltava, non voleva sentire la sua voce; lui non era importante, non lo era più ormai, da quel giorno per lei era un essere inutile.

Ricordava con amara nostalgia gli sguardi d'affetto che gli lanciava; cercava ogni volta di comunicargli l'amore che provava nei suoi confronti ed ogni volta li ricambiava facendola emozionare ed imbarazzare. Il suo cuore era felice. In quel momento, invece, quell'organo che serviva a far pompare sangue era sterile a quegli sguardi, indifferente come se avesse scordato il vecchio calore. Ora il suo cuore le diceva solo un aggettivo; patetico.

Voltò il suo sguardo verso la persona che aveva veramente importanza, quella che aveva il coltello dalla parte del manico; il maniaco che aveva dalla parte sua un fratello gemello nascosto chissà dove e armi come un fucile.

Nel guardarlo, un brivido di fastidio scosse la schiena di Diletta.

Kam era seduto sporgendosi in avanti, mano alla bocca dato che cercava di nascondere un ghigno emozionato, gli occhi pieni di curiosità che rimbalzavano da Dario verso Diletta e viceversa. Era uno spettatore! Era un dannato spettatore che aspettava la scena clou di quella recita fatta da attori dilettanti. Si stava divertendo e questo Diletta non poteva accettarlo; non sarebbe stata alla pari di una serie Tv. Avrebbe messo da parte la sua orgogliosa isteria per non essere più oggetto d'attenzione.

-E sentiamo, in che grosso guaio mi sarei cacciato? Nei guai ci sei tu per il macello che hai combinato.- disse Dario alzandosi dal divano.

-Ora basta... Te ne devi andare. Non ti voglio più vedere.

-No Diletta. Non me ne vado finché non parliamo. Ti sei nascosta fin troppo! Non rispondi ai miei messaggi, ho provato a chiamarti al cellulare e al telefono di casa ed era sempre tutto staccato! Sono stufo di parlare ad una segreteria telefonica!

Ovvio che Diletta non avesse mai risposto a quelle chiamate; Kam si era amorevolmente premunito nello staccare il telefono di casa e rompere il suo cellulare, ma questo non poteva di certo confessarlo. Kam continuava a fissarla, indagatore come al solito, attendeva un colpo di scena mentre lei, impotente, non poteva far altro che stare al gioco...

-Non ti ho risposto perché sapevo che eri tu a chiamarmi. Sei solo un essere disgustoso! Ed ora fuori da casa mia!

Urlò, questa volta cercando di utilizzare una rabbia che in qualche modo cercava di controllare, ma era molto difficile.

Dario era sconcertato, congelato da quella ragazza da cui un tempo trapelavano solo dolcezza ed eleganza. La Diletta che conosceva era scomparsa, svanita nel nulla. Ora davanti a lui c'era un'altra persona; Diletta ora era sciatta, senza un velo di trucco per mascherare le occhiaie, i capelli ispidi che avevano ormai dimenticato la morbidezza e la lucentezza, pelle così chiara da far invidiare il freddo pavimento di marmo.

Qualcosa non andava, Dario l'aveva intuito; conosceva Diletta da molto tempo, quasi dall'infanzia, una perfezionista come lei non si sarebbe mai trascurata in quel modo. Mai poteva immaginare quale fosse la verità.

Un altro fattore che stonava era proprio la casa; pulita come sempre, ma non era in ordine. Uno dei divani era spostato di fronte la Tv, non l'aveva mai vista una cosa del genere, quasi scioccante per la famiglia più lineare che avesse mai conosciuto. Per non parlare della totale assenza di foto, che fine avevano fatto i ritratti di famiglia sui comodini e quelle attaccate alle pareti? Ed in oltre c'era quello strano odore che gli perforava il naso, che a quanto pare gli altri non riuscivano a notare.

-Diletta, capisco la situazione che stai passando in questo momento; dopo quello che é successo, vuoi rimanere sola, ma non é così che funziona, hai bisogno di aiuto. Ora chiamo tuo fratello Leonardo così ti tranquillizzerà lui.

Dario aveva tirato fuori il telefono dalla tasca dei suoi pantaloni jeans, un gesto così naturale, così quotidiano, che innervosì Diletta mettendole una strana agitazione dentro il suo stomaco. Sembrava che ci mettesse un'eternità ad andare nella rubrica e trovare il nome giusto da contattare. Più volte il suo dito toccò il vetro di quell'oggetto che poteva rappresentare sia la sua salvezza, che anche la sua rovina.

"Un altro tocco ancora..."

Due mani le sfiorarono le spalle facendola sussultare.

-Sei troppo agitata Diletta... Devi rilassarti.- le sussurrò Kam scostandole i capelli dietro l'orecchio.

-Lo sai benissimo cosa potrebbe succedere se non andrà come desidero... E io non voglio che tuo fratello metta il naso nella nostra storia.

La voce di Kam era affilata, quasi le stesse per tagliare la gola con quelle frasi, ma allo stesso tempo era calmo e Diletta non percepì neanche un minimo di esitazione o di preoccupazione nelle sue parole. Cosa poteva fare quando uno dei due aggressori era alle sue spalle ed un altro nascosto chissà dove che li osservava?

Come aveva imparato a fare in quei fausti giorni, lo paragonò nuovamente al diavolo che le sussurrava all'orecchio la strada sbagliata da percorrere. Diletta era costretta a compiere per l'ennesima volta una scelta; fare di testa propria o ascoltare Kam. Chiuse gli occhi.

-Non chiamare Leonardo, non serve... Ora sono calma.- disse cercando di respirare, anche se l'incombente presenza dietro le sue spalle la opprimeva.

Dario la guardò per un momento senza fine, con il braccio ancora alzato e il telefono sospeso in aria. Non aveva fatto in tempo a premere il tasto di chiamata.

-Non é vero che stai bene. Dimmi un po', é lui che ti da fastidio?- sostené Dario con lo sguardo. Con il viso fece un cenno a Kam, cercando di spaventarlo con voce intimidatoria da maschio alfa, anche se non faceva alcun effetto, non riusciva a spaventare neanche un bambino. Le mani di Kam non si staccarono da Diletta, anzi, come dei malefici serpenti, strisciarono fino ad abbracciarla cingendole il busto e si appoggiò sopra la sua testa; lei notò che aveva davvero un mento spigoloso che le stava perforando il cervello.

-Dai Dario, é tutto a posto. D'altronde é inutile chiamare una persona che sta dall'altra parte del mondo, é solo uno spreco di denaro, non trovi?

La ragionevolezza di quella frase poteva spiazzare chiunque, dato che in fondo aveva ragione. Se Dario voleva davvero aiutare a migliorare lo stato emotivo di Diletta, non doveva chiedere aiuto, o peggio, scaricare il problema a quel fratello che ora si trovava nella lontana America. Aveva ragione quello sconosciuto che stava abbracciando la sua ex ragazza, ma quella voce... La sua voce lo innervosiva.

Dario stava dando cenni di cedimento.

-Senti... Tizio strambo con la passione per i dinosauri. Tu non mi piaci. Ora ti consiglio di andartene.

-No Dario, sei tu che devi andare via.- disse inaspettatamente Diletta. La sua mano, da che era abbandonata lungo i suoi fianchi, si alzò lentamente per raggiungere quella di Kam sopra la sua spalla.

Ma Dario non demordeva.

-Diletta, basta fare la viziata. Non me ne vado finché...

-Ti ricomprerò tutto ciò che ho rotto, te lo prometto. Rimedierò a ciò che ho fatto, ma ora... vorrei rimanere da sola con lui. Per favore Dario, ne parliamo un altro giorno.
Stava tremando, i suoi muscoli si contraevano contro la sua volontà in quegli impercettibili spasmi che solo Kam poteva sentire tramite quel contatto fra le loro mani.

"Ti prego Dario. Non essere il solito idiota. Vattene. Vattene con la consapevolezza che qualcosa non va nel verso giusto. Esci da questa casa, ma ritorna per salvarmi. Ma ora vattene, vattene, vattene, vattene."

Dario voltò le spalle a Diletta.

-Se é questo quello che vuoi.

Si era girato, aveva fatto un passo, un altro ancora. Mano a mano che si allontanava, Diletta non poteva far altro che guardare le sue grandi spalle che aveva amato per quello che pensava fosse un'infinità di tempo; le poteva riconoscere ovunque, anche in mezzo ad una folla.

Se ne stava andando per davvero, forse con quello strano dubbio che avrebbe salvato Diletta o forse con fredda indifferenza lasciandola da sola ad annegare nei suoi problemi.

Sparì dalla stanza e un senso di sollievo si dilagò dentro di lei e smise di tremare.

"Finalmente é andato via."

-Diletta.

"No, ti prego no!"

Con lunghe falcate Dario tornò indietro rientrando di sua spontanea volontà nell'occhio del ciclone.

-Hai detto che avresti ripagato la mia roba, ma non é solo una questione di soldi! Credi che sia povero? Che non posso permettermi di ricomprarla da solo? No Diletta, non mi freghi così.- disse tutto d'un fiato gesticolando platealmente.

-Non é una questione di soldi. Sei tu che sei matta! Sei una pazza, psicopatica ed isterica! Ti dovrebbero rinchiudere da qualche parte. Come ho fatto a non accorgermene prima che tu...

Diletta, in un primo momento, non capì perché Dario non avesse finito di insultarla, era anche curiosa di sapere quale altro colorato aggettivo avrebbe utilizzato per descriverla.

Diletta, in quella scena, aveva gli occhi spalancati, mentre qualcuno nascosto nell'ombra, contrario a quelle cattive parole, non riuscì più a trattenersi.

In fondo, stavano trattando male la sua Diletta, la stavano offendendo! Non poteva lasciar correre in quel modo, non lo avrebbe permesso.

Tommy uscì irrequieto da uno degli angoli oscuri della casa con in mano la sua amata accetta. Cinque passi e fu dietro al nuovo ospite.

Dario non finì la frase accorgendosi di una presenza alle sue spalle, si girò per capire cosa stesse succedendo. Vide doppio per un momento; il tizio che abbracciava Diletta ora, magicamente, gli era davanti... No, non era lui... Quello che si era appena avvicinato era vestito in altro molto ed aveva degli occhi azzurri ricolmi di rabbia... E con un'accetta fra le mani.

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