3 Capitolo

La prima cosa che Kam provò non fu né rabbia, né dolore.

Stupore era il sentimento più adatto.

Era rimasto a terra con gli occhi sbarrati rivivendo con incredulità la scena che aveva appena vissuto, metabolizzando molto lentamente che quella ragazza l'aveva colpito senza esitare nemmeno un momento.

Dopo poco arrivarono rabbia e dolore. Urlò con quanto fiato avesse in corpo stringendo la ferita per fermare il sangue, si alzò in piedi e velocemente cercò di raggiungere la ragazza che era appena fuggita. Scese le scale e corse verso l'uscita credendo che fosse scappata via, ma constatò che la ragazza non aveva fatto in tempo ad aprire quei pesanti catenacci dato che la porta era ancora chiusa. O era uscita dalla finestra, o si era di nuovo nascosta. La cosa più ragionevole era che fosse scappata via a chiamare aiuto per strada anche se in quel freddo giorno d'inverno non c'era nessuno in giro né tanto meno persone che erano rimaste nelle case vicine.

Qualcuno gli si avvicinò alle spalle, fortunatamente era suo fratello che era rimasto al piano terra vicino alla porta d'ingresso e non l'aveva vista passare di lì, poi preoccupato gli chiese cosa fosse successo.

-Quella disgraziata mi ha ferito ed è scappata via, tu va a vedere se è uscita di casa e se la trovi portala da me.- Disse cercando di trattenere la rabbia davanti a suo fratello anche se era molto difficile.

-Io continuerò a cercare qui.

Stava per dare inizio alla sua caccia e cominciare a controllare le stanze di quella casa, ma prima doveva pensare ad un'altra cosa. Stava continuando a sanguinare e con la mano destra tentava di coprirsi la ferita. Non sapeva se lo avesse colpito ad una arteria, ma se così fosse stato, avrebbe perso molto più sangue e dopo tutto quel tempo passato avrebbe perso anche qualcosa di più importante. Invece era ancora vivo, un Dio provvidenziale aveva guidato la mano di quella ragazza impedendo di ucciderlo dissanguato, ma doveva comunque fare qualcosa prima che quella ferita degenerasse in qualcosa di pericoloso. Doveva pensare prima alla sua vita, poi rovinarla a quella ragazzina che aveva osato anche solo pensare di ucciderlo.

Alla sinistra del salotto c'era un lungo corridoio e alla fine la cucina; allora decise di pulirsi lì e bendare frettolosamente la spalla per poi dedicarsi completamente alla ricerca di Diletta. Arrivato alla cucina si buttò di corsa sul lavello e prima di spogliarsi e dedicarsi a quella svelta medicazione, si voltò di scatto sentendo una strana presenza che di certo non poteva essere suo fratello.

Alla sua sinistra c'era la ragazza rannicchiata a terra che con occhi terrorizzati lo guardò, di certo non si aspettava di vederlo proprio lì e si era spaventata. Con il cellulare stava parlando con qualcuno.

-Polizi...- il ragazzo si avventò su di lei prima che finisse quella parola. La sovrastò tenendola per terra con il suo peso e per evitare che lo colpisse di nuovo, le bloccò le mani rubandole il telefono. Continuava a dimenarsi sotto di lui, resisteva e tentava di scappare, ma lui non ne aveva la minima intenzione di farla fuggire un'altra volta. La schiaffeggiò in pieno viso e questo sembrava averla congelata al pavimento di granito bianco e lui si alzò convinto che non l'avrebbe fatto anche lei, ma per sicurezza e per togliersi un minimo di soddisfazione, le assestò un calcio allo stomaco con cui gli rubò il fiato, facendola sentire tutt'uno con il pavimento. Con il colpo appena dato, dalla tasca della felpa le erano cadute quelle maledette forbici ancora rosse per il sangue. Le afferrò prima che fosse lei a farlo e le lanciò con rabbia, provocando un rumore sordo quando sbatterono contro il muro, poi con il cellulare ancora in mano violentemente lo buttò a terra e lo calpestò finché non fu sicuro di averlo definitivamente rotto. Guardò il suo operato respirando affannosamente, tentò di ricomporsi e si sistemò come sua abitudine i capelli all'indietro.

"Ora sono calmo."

Cercava di convincersi anche se le sue mani tremavano ancora per la rabbia, si chinò sulla ragazza che tentava di muoversi nonostante il dolore e la fermò schiacciandole la schiena al pavimento, dopo di ché la tastò per non avere altre sorprese.

-Brutta stro...- tentò di fermare l'imprecazione quando sentì sui suoi fianchi un coltello da cucina nascosto sotto la felpa grigia. Glielo prese e le puntò la lama alla gola. -Tipetto coriaceo, pensavi veramente che mi sarei fatto colpire una seconda volta?- Le sussurrò all'orecchio a denti stretti.

-Avresti dovuto uccidermi, era la tua unica possibilità di salvezza, ora sarà un vero piacere punirti.

Ad interrompere la chiacchierata fu suo fratello che era corso in cucina e lo guardò spalancando gli occhi. 

-Che stai facendo Kam?

Gli si avvicinò e lo fece alzare togliendogli il coltello dalla mano.

-Devi calmarti o vuoi che succeda di nuovo? Ricordi cosa hai fatto a Chiara? O l'hai scordato?- lo rimproverò allontanandolo dalla ragazza. Aveva ragione, doveva stare calmo e ritornare in sé.

Anche se erano gemelli, Kam era sempre stato il fratello che comandava data la personalità timida di Tommy, solo quelle poche volte lui riusciva a prendere il controllo, ma solo per poco tempo.

-Ok Tommy.- Lo guardò negli occhi, una delle poche cose in cui erano diversi; i suoi occhi verdi si riflettevano in quegli azzurri di Tommy. Lo guardava tentando di dimostrargli che aveva riacquistato lucidità.

-Ora sto bene, ma non possiamo lasciarla così,- riuscì a riprendere il solito controllo.

-Dobbiamo legarla e metterla da qualche parte. Vai a cercare una corda e un bavaglio, io trovo un posto per farla stare comoda.- Ironizzò sull'ultima frase, la prese in braccio, se la mise sulla spalla non ferita e si stupì di quanto fosse leggera. Ancora si dimenava ma ormai nella sua mente sapeva che era tutto inutile. Salì al piano dove erano le stanze da letto per cercare una camera piccola dove lei potesse stare e dopo pochi minuti ritornò suo fratello che non trovando una corda, aveva preso una cintura di cuoio resistente. L'aveva girata a pancia in giù e le stava legando le mani dietro la schiena.

-Spero che starai comoda oh mia Diletta.

Avevano deciso di recludere Diletta in uno dei bagni al primo piano, ovviamente ripulito da Kam da qualunque oggetto che potesse diventare un'arma, qualunque cosa che anche il più strambo dei creativi potesse usare per ferirli. La chiusero a chiave lì dentro, dando priorità alla villa per osservarla e studiarla meglio, poi si sarebbero occupati della ragazza.

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