27 Capitolo
Salve gente, sono io, Anna Maria... e che ci faccio ad inizio capitolo? Niente passavo di qui per caso. Volevo scusarmi per l'immenso ritardo e dirvi che cosa ho fatto invece di aggiornare... mi sono laureata (design del prodotto)! E niente... Non ho avuto tempo di scrivere per preparare il mio portfolio ahah... che stress. Ok, la storia "Clear" sta andando sempre più avanti e voglio sempre sapere le vostre impressioni e anche suggerimenti! Vabbe ho capito mi levo e vi lascio al capitolo.
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I due gemelli erano in silenzio, lasciando che il rumore della monetina che toccava il pavimento fosse protagonista di quell'attimo. Tutti nascondevano la loro debolezza, la paura dell'imminente risultato.
Kam non voleva che uscisse testa, non voleva far scappare Diletta e perdere in quel modo ridicolo suo fratello. Aveva detto che se Tommy l'avesse portata alla stazione, se ne sarebbe andato anche lui non rivelando la sua destinazione; aveva mentito, mai sarebbe partito senza di lui. Era stato il suo orgoglio a farlo parlare a sproposito, anche per far confondere ancora di più quella mente semplice che si ritrovava Tommy.
Diletta invece non voleva che uscisse croce. Il suo unico desiderio era andare via da lì, fuggire il più lontano possibile, scappare da quella casa piena solamente di brutti ricordi e di dolore.
... E Tommy? Che cosa voleva veramente Tommy?
All'unisono, i due fratelli abbassarono lo sguardo sulla moneta. Diletta non aveva il coraggio di fare una cosa così semplice come chinarsi. Dentro il suo corpo sentiva solo dolore e le sue ossa corrose dall'ansia. Se avesse abbassato la testa, sarebbe sicuramente svenuta.
Kam guardò suo fratello, per poi lasciare il corridoio senza neanche dire una parola. Troppe cose erano state dette quella mattina, troppe cattiverie, troppi sentimenti repressi da tanto tempo, troppo rancore durato neanche un attimo in quella strana giornata. Se ne andò non volendo più aggiungere una singola parola.
Tommy, con molta fatica, si piegò per prendere quella monetina vicino ai piedi di Diletta.
Le disse il risultato.
-Mi dispiace Diletta... Io... Non posso.- si giustificò in quel modo mangiandosi le parole.
-Mi dispiace, non sono così forte da proteggerti... Non sono così forte da andare contro Kam.
Aveva la mano rovinata quel ragazzo, le unghie spezzate e la pelle ancora rossa dalle varie percussioni. La moneta era al centro di quel palmo, così piccola e così fredda che mostrava con orgoglio la croce disegnata su una delle due facce.
Diletta alla fine barcollò e si dovette appoggiare al muro. Era stata la tensione a farla rimanere in piedi. Non pensava di essere così stanca, così debole da non poter contrastare la decisione di una moneta! Le pesava quello zaino sulle sue spalle e la consapevolezza che non lo avrebbe utilizzato lo rendeva un parassita che le rubava l'energia. Eppure poteva sfruttarlo quel parassita, le bastava fare qualche passo, aprire quei maledetti catenacci suoi nemici e lo avrebbe sicuramente usato.
Ma ora davanti alla porta c'era Tommy con il viso rivolto al pavimento, la mano che mostrava ancora la stupida moneta; perché aveva cambiato idea così facilmente? Non voleva aiutarla? Era bastato il lancio di quella moneta a decretare in quel modo il suo destino? No... Non lo poteva accettare. Doveva convincere Tommy, fargli ritornare la ragione, ma le parole non le uscivano.
La testa di Diletta, ad ogni pensiero, si appesantiva sempre di più; la stanchezza, la fame, la tensione che aveva provato sfociarono dentro di lei come una cascata rendendola pesante come il piombo.
Tommy la prese al volo riuscendo a reggerla, trattenendo un lamento. Doveva essere molto doloroso per lui, chissà quanto gli faceva male il suo corpo... Quanti lividi sentiva sulla sua pelle?
Tommy con molta fatica l'accompagnò dentro la stanza della ragazza; l'aiutò a sdraiarsi vicino i suoi morbidi pupazzi azzurri, quei delfini che molto gentilmente volevano tranquillizzare Diletta.
-Stai meglio?- le chiese Tommy.
Diletta era tutt'uno con il letto, le sue coperte le davano una bella sensazione, ma la stanchezza e la pesantezza erano rimaste ancorate dentro il suo corpo. Distolse lo sguardo da uno dei suoi delfini, quello dal papillon rosso.
Ancora con la testa pesante, fissava quel ragazzo seduto vicino a lei. Tommy era così gentile nei suoi confronti, era un così bravo ragazzo, nemmeno Dario lo era mai stato. Era così premuroso, in quel momento aveva occhi solo per lei, anzi, quello sinistro si stava arrossando e gli doveva fare molto male. Diletta pensava che doveva metterci qualcosa di freddo o sarebbe peggiorato...
-Io sto bene... Tu invece?- gli disse indicandogli l'occhio.
-Non é nulla. Ho imparato bene ad incassare un colpo, non é di certo la prima volta... Cioè, é la prima volta che io e mio fratello ci picchiamo in quel modo...
Rimase per un momento in silenzio assimilando meglio ciò che aveva detto, ciò che aveva fatto, per poi cambiare discorso.
-Tempo fa, un tizio in un locale, giuro che non gli avevo fatto niente, mi aveva dato un pugno qui... Sullo zigomo, però é stato lui ad urlare dal dolore. Ho la faccia fatta di ferro io, dopo di ché l'ho cacciato dal locale.
Le prese una mano per farle toccare il suo viso, farle sentire la faccia fatta di ferro. Diletta si accorse per la prima volta della pelle di Tommy. Se l'aspettava più infantile, delicata e morbida, ma sotto le sue dita sentiva un accenno di barba che le solleticavano i polpastrelli. Forse si faceva la barba ogni mattina, ma quel giorno non aveva avuto l'occasione di farsela. Davanti a lei non c'era il viso di un ragazzino come credeva, era il viso di un uomo.
Infondo Diletta non aveva mai chiesto ai due gemelli quanti anni avessero, poteva solo immaginarlo; di sicuro avevano quattro o cinque anni più di lei, avevano 24 anni come Letizia? O 28 come Leonardo?
Tommy continuò a parlare di quella serata.
-Quel giorno, Chiara mi aveva paragonato ad un supereroe, che quel tizio non poteva nulla contro la mia pellaccia dura. Mi aveva offerto da bere e stata al mio fianco fino alla fine della serata. Ripensandoci, forse quel tizio la stava infastidendo e l'aveva mandato da me. É stato gratificante mandarlo subito al tappeto.
Diletta sotto le sue dita percepì un sorriso, una fossetta aveva scavato sulla sua guancia. Anche se la sua mano era trattenuta, riuscì comunque a ritirarla staccandosi da quel viso, da quel contatto durato anche fin troppo.
-... Chiara... Chi é Chiara?
A quella domanda, Tommy la fissò interdetto, forse non se l'aspettava proprio in quel momento o almeno non detta così direttamente.
-Chi era... Lei é morta.- la corresse abbassando lo sguardo.
-Lei era la nostra compagna di viaggio, eravamo un trio formidabile, riuscivamo a fare tutto quello che volevamo, eravamo liberi, nessuno ci diceva cosa fare...
Quei ricordi illuminarono gli occhi tristi di Tommy, chissà quali avventure stava rivivendo in quel secondo, quanti pericoli, quante emozioni! No... Diletta non si doveva farsi coinvolgere. Erano dei teppisti, dei delinquenti, questo doveva tenerlo sempre bene in mente quando guardava Tommy.
-La prima volta che avevo visto Chiara... Mi aveva fatto veramente molta paura. Era più grande di noi, ripetente ed aveva si e no 15 anni. Aveva sempre una sigaretta in bocca, i capelli rasati ed un ciuffo rosa sulla sua fronte, non scherzo; un rosa così forte paragonabile allo zucchero filato alla fragola. Lei, in realtà, aveva i capelli biondi che nascondeva con tinte assurde, a scuola veniva quasi ogni giorno con un colore diverso e capelli sempre più stravaganti, tanto nessuno ti diceva niente, non valevi niente in quel posto. Mentre a me, all'inizio, spaventava una persona del genere, Kam la trovava interessante. Fu lui a rivolgerle per la prima volta la parola, era alla ricreazione in cortile, vicino alle macchinette e da allora non ci separammo più.
Le parole non si fermavano, i ricordi non rallentavano; più Tommy raccontava, più si sentiva meglio e il dolore lentamente svaniva. Diletta era in silenzio e lo ascoltava, non riusciva ad immaginare quei due gemelli in una scuola, quei due delinquenti dentro un istituto.
-Conoscendola ho capito che era di tutto fuorché spaventosa; era espansiva con noi, solare, ti abbracciava alla prima occasione e mi piaceva molto quando mi elogiava, riusciva sempre a dire la frase giusta per incoraggiarti... E poi venne quel giorno, l'8 di agosto. Io e Kam decidemmo di scappare di casa... Passato molto tempo, nessuno ormai ci cercava più, ma neanche ci misero d'impegno se devo dire la verità... Contattammo Chiara per sapere come stava, era una mossa azzardata, ma eravamo anche molto curiosi; non se la passava bene, il suo patrigno non era gentile con lei, ma era la norma, vivevamo in un quartiere dove in ogni casa c'erano problemi ed era per questo che noi due eravamo scappati. Ci raggiunse in un battibaleno, eravamo di nuovo insieme. Ogni giorno, ogni anno, crescevamo sempre di più, aiutandoci a vicenda e vivendo grazie a piccoli furtarelli e truffe che mano a mano diventavano sempre più sofisticate. Lei era così selvaggia, nessuno poteva fermarla o contraddirla... Kam così intelligente, riusciva a fare tutto, a conoscere la gente giusta per avere un documento falso, ad informarsi sul come entrare in una casa disabitata... E poi c'ero io, non ero molto di aiuto. Andava tutto bene, a parte una cosa...
La voce di Tommy si affievolì, lo sguardo sempre più triste, la bocca che si era serrata improvvisamente. Si mise una mano sulle labbra e continuò parlando attraverso le dita.
-Nei vari viaggi anche lei conobbe molte persone... Poco raccomandabili. Furono loro a portarla su una strada senza uscita. Chiara era una tossica. Solo dopo anni capì finalmente come faceva ad essere sempre così felice e positiva anche se le cose andavamo male. Era sempre fatta, appena giravo la testa dall'altra parte lei si intossicava con quella maledetta roba... Io e Kam abbiamo sempre odiato la droga, di qualunque tipo, era la causa principale dell'inadeguatezza di nostra madre... Ma quel giorno...
Tommy faceva sempre più fatica a parlare, la mano alzata che continuava a coprirgli il viso, come se volesse riprendere quelle parole e riportarle dentro la sua bocca.
-Eravamo in uno squallido motel dalla moquette sporca e la carta da pareti strappata... Ero uscito un attimo, lo giuro! Avevo lasciato Chiara e Kam da soli ed ero andato a prendere un po' di schifezze e della birra... Dopo due giorni saremmo partiti per il sud per sostare in una semplice casa in campagna, quella famiglia sarebbe ritornata dopo un mese, era tutto perfetto! Non scorderò mai cosa trovai dietro quella porta...
La mano inizio a tremare, poteva ancora sentire il freddo ferro della maniglia, di come l'aveva abbassata e spinta poi in avanti. Diletta attendeva, rapita da quel racconto. Anche se Tommy stava soffrendo, doveva sapere che fine avesse fatto quella ragazza, se Kam l'aveva veramente uccisa.
-Trovai lei... Kam era sopra...
Tommy iniziò a respirare lentamente, a riacquistare fiato anche se era molto difficile per lui. Spostò solamente i suoi occhi verso Diletta, la ragazza che stava ascoltando tutto quanto, che stava accogliendo il suo dolore senza fiatare. Si calmò nel vederla e la mano smise di tremare. Diletta aveva il magico potere di tranquillizzarlo.
-Chiara era distesa a terra inerme, Kam era sopra di lei a cavalcioni che la picchiava... La schiaffeggiava, le colpiva lo sterno, mentre lei non si muoveva, non urlava e non protestava contro tutta quella violenza. Buttai la spesa a terra e mi precipitai contro Kam. Gli urlavo "perché lo stai facendo!? Che diavolo hai fatto!?" Ma lui mi guardava con aria assente, occhi vitrei e soprattutto vuoti, senza anima. Solo dopo mi accorsi del laccio emostatico sul suo braccio e del piccolo livido... Kam si era fatto di quella schifezza mentre io ero andato a prendere delle patatine. Poi andai da Chiara che... Non si muoveva. Aveva molti segni sul petto ed anche uno sul braccio, lo stesso di Kam. La bava alla bocca... Non si muoveva... Non respirava... Kam si era avvicinato a gattoni sorridendomi e dicendomi che lei l'aveva costretto, che l'aveva convinto a provare, ma che il suo cuore non aveva retto, che si era fermato e lui doveva farlo ripartire colpendolo più forte che poteva. Io non capivo nulla, era tutto... Non sapevo cosa fare, non ero in grado di fare niente. Io sono un essere inutile, vedevo mio fratello impazzito, io stavo tremando e... Chiara... Chiara era morta, solo dopo capì che era stata colpa di overdose e Kam aveva provato a salvarla come più poteva anche se era ridotto in quelle condizioni... Alla fine buttai Kam dentro una vasca con l'acqua gelida, mi serviva che fosse lucido. Dopo decidemmo insieme... Di portare il corpo di Chiara al primo ospedale, di abbandonarla lì e di sparire per sempre...
Il racconto finì con un pesante sospiro che racchiuse tutta quanta la storia. Tommy... Ora si sentiva più leggero. Non aveva mai raccontato tutto ciò, non aveva mai buttato fuori quella storia che da tempo lo corrodeva. A chi mai poteva raccontarlo dopotutto? Non poteva certo dire quello che pensava a Kam che era in parte responsabile di quella tragedia
Di conseguenza, Tommy si accorse che in tutta la sua vita, l'unica persona importante per lui era suo fratello, ma oltre ad esserne felice, era anche molto triste.
Lui si sentiva solo, non aveva nessun amico, nessuno con cui confidarsi come una persona normale. Vedeva gli altri ragazzi che andavano a scuola, studiare all'università, trovare un lavoro normale. Lui invece che stava facendo? Stava buttando via la sua vita in quel modo.
Si sentiva così vuoto, così triste... Come poteva ritornare felice come un tempo?
L'occhio gli fece di nuovo male e la mano che prima gli copriva la bocca, istintivamente strofinò la parte gonfia.
-No, Tommy!- lo rimproverò a bassa voce Diletta nel vedere quel gesto stupido. Si sedette e le sue mani si avvicinarono.
-Non devi toccarlo, anzi. Dovresti mettere qualcosa di freddo per il gonfiore.
Le sue dita affusolate e pallide ora toccavano delicatamente il viso di Tommy e lui la lasciò fare. Lo stava studiando, stava osservando quella ferita. Sembrava così seria, ma allo stesso tempo Tommy percepiva la sua stanchezza, la sua debolezza, ma queste sensazioni furono surclassate da altre, ben più pericolose.
Quelle carezze così delicate, quella gentilezza così inaspettata dopo così tanto dolore, il suo profumo così invitante. No... Non ce la faceva più ormai, non riusciva a trattenersi oltre. Quel contatto aveva fatto nascere qualcosa di nuovo dentro Tommy, un istinto che non sapeva controllare. Senza domandarle il permesso, senza chiedere nulla come suo solito, le afferrò quelle mani tremanti per bloccargliele.
Distesa di nuovo sul letto, più incantevole che mai, Tommy baciò Diletta.
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