25 Capitolo
Qualcosa gli toccò la guancia; era impercettibile, anche se gli dava fastidio, delicato, eppure lo aveva aiutato a svegliarsi. Il rumore assordante trasformò quel rilassante sonno in uno stressante risveglio; quel ronzio dentro il suo orecchio lo fece irritare ed innervosire. Aprì con molta fatica gli occhi e vide una mosca volare proprio sopra la sua testa, come se glielo facesse apposta e fosse venuta per farlo alzare dal letto. Che fastidio, che nervoso.
Lanciò via le coperte, si alzò dal letto grattandosi la pancia e sbadigliando clamorosamente, intanto la mosca lo perseguitava ancora svolazzandogli intorno, nemmeno fosse un satellite e lui un pianeta.
Prese il primo libro che trovò da una piccola scrivania accanto alle chiavi della macchina, uno tutto nero, sicuramente un thriller che stava leggendo la madre di Diletta. Aspettò qualche istante, il momento perfetto sarebbe prima o poi arrivato; era sempre stato bravo a cogliere l'attimo, avere l'intuizione giusta al momento giusto. Non appena la mosca si posò sulla scrivania, la scure cadde tagliando di netto la sua vita. La schiacciò con quel libro, non curandosi di rovinarlo né tanto meno di fare rumore.
"Presa." Pensò soddisfatto.
Kam era sempre stato mattiniero, tranne quelle volte che si sentiva male dalla sera prima ed era costretto a letto a riposarsi, ma mai si sarebbe aspettato di alzarsi così presto proprio quel giorno.
Dalla finestra il cielo era caratterizzato da quel colore che gli ricordava molto il lapislazzulo, dove in lontananza si intravedeva un celestino che preannunciava l'arrivo dell'alba. Allora guardò la sveglia e scoprì, a malincuore, che erano le cinque di mattina.
"Va bene svegliarsi presto... Ma ora che diavolo mi metto a fare? Ormai non ho nemmeno sonno."
Che avrebbe fatto Kam? Pensò mentre andava a vedere dentro l'armadio. Forse avrebbe fatto una corsetta nei dintorni? Così si sarebbe sentito meglio e carico per la giornata e avrebbe anche controllato se fossero ritornati dei fastidiosi vicini. Prese un paio di pesanti pantaloni da ginnastica, una maglietta ed una felpa da jogging. Si guardò allo specchio dentro l'armadio. I capelli tutti spettinati da quel brusco risveglio, la felpa addosso, se non fosse per i suoi occhi verdi era uguale identico a Tommy.
Già, Tommy, anche se gli sembrava averlo di fronte, in quel momento non voleva pensare a lui e al discorso del giorno prima; suo fratello stava cambiando troppo velocemente e questo lo spaventava... Aveva paura che non gli volesse più bene, che preferisse lei alla sua stessa famiglia...
No, non doveva pensarci. Muovere i muscoli gli avrebbe fatto bene, disteso i nervi, schiarito le idee e dopo avrebbe trovato una soluzione per risolvere tutti i suoi problemi.
Senza la mosca dentro la stanza, era di nuovo ritornato il silenzio o almeno così sperava...
Un rumore di passi attirò la sua attenzione allarmandolo. Suo fratello si era per caso svegliato? A quest'ora? Ma si alzava sempre tardi; anche quando aveva trovato dei biglietti molto economici di un treno non era comunque riuscito ad alzarsi alle sei per prenderlo e così l'avevano miseramente perso, ogni volta che ne aveva occasione glielo rinfacciava sempre. Mai si sarebbe svegliato a quell'ora, nemmeno se ci fosse stato un terremoto, anche perché non l'avrebbe mai sentito per quanto avesse il sonno pesante...
Forse era Diletta? Era riuscita a scappare dal bagno? Era impossibile.
Sbriciò da fuori la stanza, un occhio di smeraldo curioso osservava il corridoio buio non riuscendo a vedere nulla, ma l'orecchio continuava a percepire i passi che si allontanavano sempre di più.
Li seguì, lento e silenzioso, non volendo rivelare la sua presenza. Doveva essere un fantasma in quel momento. Raggiunse le scale e da lì sentì altro. Una voce che credeva essere sua amica, almeno fino al giorno prima.
-Prenderai la macchina e dovrai raggiungere la stazione dei treni... Non hai la patente?... Allora ti accompagnerò io, intanto tu prendi i soldi. Hai preso lo stretto indispensabile? Il resto lo potrai comprare, ma in contanti, non utilizzare mai la carta di credito che é rintracciabile. Prendi sempre i treni regionali o i pullman, almeno per i primi tempi. Poi non so che altro dirti... Ma dove sono le chiavi della macchina? Non riesco a trovarle.
Kam aveva capito tutto; ad ogni passo da lui fatto, ad ogni scalino sceso con difficoltà, si sentiva trafitto da un coltello dietro la schiena. Tradito, in quel modo. Lasciato solo, nemmeno fosse un cane. Voleva urlare, ricordargli che erano fratelli!
Quell'atto compiuto alle sue spalle, lo sguardo perso, la fiducia spezzata e l'ultimo scalino.
Alla fine li vide; erano usciti dal salotto per dirigersi verso l'uscita, mano nella mano, uno zaino in spalla, l'espressioni sorprese e l'improvvisa colpevolezza di Tommy rinchiusa in quegli occhi azzurri.
Kam, davanti ai pesanti catenacci di quella lussuosa villa, cercò di nascondere la sua delusione, ma era più forte di lui. Come poteva calmare la sua tristezza? Era ferito, i vari coltelli erano piantati nel suo cuore facendolo sanguinare, il suo orgoglio miseramente spazzato via nemmeno fosse un castello di carte dentro un tornado. Aveva preferito quella ragazza, a lui... A lui che aveva sempre cercato di fare di tutto per proteggere suo fratello.
Sinceramente non sapeva come comportarsi, se piangere miseramente come un disperato o scoppiare dalla collera come un pazzo; nel dubbio, Kam fece quello che sapeva fare meglio, ironizzare sull'accaduto.
-Bene bene bene, cosa abbiamo qui, il gatto che aiuta a far scappare il topo.- disse appoggiandosi all'unica uscita di quella casa.
-Se cerchi le chiavi della macchina, stanno in camera mia, se vuoi te le vado a prendere... Andate da qualche parte? Che maleducati che siete a non invitarmi.
I due fuggitivi, da quando avevano visto Kam con quello sguardo affilato, erano diventati statue di sale. Immobili, non sapevano cosa fare, come se fossero davanti ad un serpente velenoso che al primo passo falso li avrebbe morsi e condannati a morte certa; Tommy era silenzioso anche se aveva la bocca aperta, era spaventato e sorpreso, mentre Diletta con lo zaino in spalla si nascondeva dietro il suo salvatore, continuando a stringergli la mano.
"Staccatevi subito!"
Voleva ordinargli. Kam non sopportava quel contatto, quella solidarietà nata in nemmeno una settimana che addirittura superava quella che aveva con suo fratello. Gli dava fastidio, non dovevano toccarsi, non doveva toccarlo e lui non doveva toccare lei!
-Kam...- iniziò Tommy a bassa voce come se volesse calmare un isterico.
-Lasciaci andare, l'accompagno alla stazione e poi ritorno subito. Sarò veloce... Kam, anche lei ha il diritto di scegliere, di scappare se lo desidera, come l'abbiamo avuto noi tanto tempo fa.
Kam non guardava più quelle mani unite, ora aveva spostato la sua attenzione sui due occhi azzurri decisi, coraggiosi come mai lo erano stati in vita sua; da una parte era orgoglioso, suo fratello non aveva mai mostrato un briciolo di iniziativa ed ora tutto ad un tratto andava perfino contro di lui... Ma per le ragioni sbagliate. Voleva che Kam vestisse i panni del cattivo di tutta quella storia e che lui, invece, diventasse l'eroe? Bene.
Allora avrebbe recitato la sua parte fino alla fine.
-Non credevo che fossi così idiota, caro fratello.- Disse ghignando; doveva fargli male, rimetterlo in riga in qualche modo. Forse doveva tirare fuori il loro tabù, sarebbe stato così perfido?
-Pensavo che almeno un minimo d'intelligenza ce l'avessi pure tu, invece l'ho ereditata tutta io, da chi non si sa dato che i nostri genitori erano proprio due zoticoni, esattamente come te.
Parlare dei loro genitori in quel momento, forse non era stata una mossa furba dato che anche a lui faceva male ricordare; quei due individui erano sempre stati un tasto dolente da cui cercavano di parlarne il meno possibile. I ricordi della loro casa fatiscente, della loro madre tossica ed incompetente, la cintura di cuoio del padre, la piastra bollente del barbecue...
-Potrò essere anche uno zoticone come loro, ma tu hai ereditato tutta la violenza di papà.- Rispose furibondo Tommy alzando per la prima volta la voce. Era anche lui arrabbiato adesso e dovette lasciare la mano di Diletta per paura di stringerla troppo.
Kam digrignò i denti. Altra pugnalata al cuore dalla persona che credeva essere la più importante in tutto quel mondo marcio .
Doveva fargli ancora più male.
-Ti sbagli, io sono molto più violento!
La rabbia che non riusciva più a contenere alla fine esplose. Si buttò contro il suo stesso fratello, lo stesso viso, lo stesso sangue, lo stesso passato e la stessa eredità.
Era riuscito ad atterrare sopra a Tommy e assestargli un pugno sul viso, per poi afferrarlo per la maglietta. L'altro sputò sangue, ma il secondo colpo riuscì a pararlo e cercava di spingerlo via, di toglierselo di dosso. In quel momento, sotto gli occhi impauriti di Diletta, due leoni stavano lottando per avere la sua carcassa. Tommy a due mani lo colpì alla bocca dello stomaco rubandogli il respiro, ma Kam di certo non demordeva.
Gli insulti, i pugni, i tentativi di liberarsi; era un groviglio di violenza a cui Diletta non voleva più assistere.
Si allontanò per rifugiarsi davanti alla porta ed iniziò frettolosamente a mettere le mani sui catenacci. Da quando erano così difficili da togliere? Pensò frustrata ed in ansia, anche se non era colpa loro, erano le sue mani a tremare e ad essere sudate.
-Aspetta Diletta!- gli urlò qualcuno, ma non aveva capito chi dato che le due voci si assomigliavano talmente tanto. Si voltò e alle sue spalle vide Kam in piedi con la felpa strappata, il viso rovinato e le nocche rosse. Tommy invece era disteso a terra, forse svenuto. Vedendola che tentava di aprire la porta, una lampadina gli si accese nel suo cervello.
No, non l'avrebbe fatta scappare così facilmente.
-Credi davvero che non chiamerà la polizia? Dico a te Tommy!- urlò quelle parole calciandogli un piede.
-Sei proprio uno stupido a pensarla così. Guardala come tenta di scappare lasciandoti qui tutto solo. Ci denuncerà, ci manderà in galera. Mi avevi promesso che non mi avresti mai mandato in prigione!
-No... Non lo farà.- disse l'altro con voce roca.
-Me... Me l'ha promesso. Ha detto che... Vuole solamente scappare.
Riuscì ad alzarsi in piedi, le braccia strette al suo stomaco dolorante.
-... Sei tu l'idiota qui... Se pensi veramente che quello che stai facendo é giusto, sei tu lo stupido. Voglio solo aiutarti Kam... Le... Le nostre anime sono già macchiate, non rendiamole più sporche di così. Aiutarla... É la scelta più giusta.- disse cercando di ritrovare fiato fra una parola e l'altra.
-Le nostre anime? Da quando sei diventato così religioso!? Stai delirando! Sei il solito ingenuo che non cambierai mai!
Afferrò Diletta avvicinandola a sé. Con un braccio la teneva stretta come se fossero vecchi amici, l'altra mano le afferrò il viso per farlo vedere meglio a Tommy.
-Lei non é nessuno. Adesso per colpa sua stiamo litigando! Non riesci a vedere che é tutto un suo piano per metterci l'uno contro l'altro...
-Sei tu che hai iniziato a picchiarmi!- gli urlò sopra Tommy innervosito.
-Non é stata lei a suggerirtelo! Sei tu Kam... É tutta colpa tua. Noi... Noi non dovevamo entrare in questa casa con dentro una persona, l'avevo detto io, ma tu no! Ti eri fissato! Ti da così piacere procurare dolore alla gente? Diletta é piena di lividi, ha un taglio, l'hai ammanettata e rinchiusa al bagno! Tutte queste cose le hai fatte tu!
-Ma nemmeno mi hai impedito di farlo Tommy.
La voce gli era tornata improvvisamente normale, anche se fra le mani aveva ancora la ragazza e poteva farle del male in qualunque momento.
-Io l'avrò maltrattata, rinchiusa, ma tu che hai fatto? Sei rimasto a guardare, seduto sullo sgabello della cucina a mangiare le tue fette biscottate... Di certo non sei migliore di me Tommy.
Tommy rimase in silenzio di fronte a quella glaciale verità e l'unico a continuare a parlare era Kam.
-A quanto pare siamo in disaccordo su una cosa... Facciamo come al solito?
Tommy chiuse gli occhi.
-É di una vita umana che si sta parlando! Non puoi semplicemente lanciare una monetina. Non dobbiamo scegliere che film vedere.
Kam dalla tasca dei pantaloni tirò fuori una moneta.
-Come al solito?
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