Capitolo 5: Germogli di rivolta

Da quel poco che ho potuto ricordare, non ho mai avuto grandi rapporti con le donne: quelle che bramavo o ammiravo erano irraggiungibili in senso fisico o figurativo.

Nella migliore delle ipotesi non sapevano che esistessi, oppure ero irrilevante; nel resto dei casi mi consideravano più repellente di uno scarafaggio.

Di contro, tutte quelle attratte da me potevano essere categorizzate come bestie: serpi, volpi, galline, iene, vacche e via discorrendo; forse era per quella ragione che sviluppai una certa anaffettività e, a detta di alcuni, mi ero lasciato sfuggire delle occasioni irripetibili.

Non potevo farci nulla, per me era facilissimo perdere ogni interesse, ad aggravare il quadro vi era la mia totale incapacità nel calarmi nel ruolo di marito e padre, per non parlare del fatto che non ero in grado di garantire alcuna stabilità economica.

Inutile sottolineare che ero il peggiore compagno di me stesso, come se gli altri non avessero fatto abbastanza danni.

Nemmeno in quel mondo mancavano i paragoni con la flora e la fauna: una femmina di gorilla scorbutica, una rapace notturna e... una pianta carnivora? Ho mai avuto relazioni con donne normali? Nulla aveva più importanza dal momento che, dopo aver assistito alla metamorfosi di Euthymia, persi i sensi.

Dopo un po' mi risvegliai sul carro: avevo la schiena a pezzi e il braccio continuava a dolermi.

Posai lo sguardo verso sinistra, rividi gli abiti di cui fui spogliato, osservai la mano sinistra e, con gesti ritmici, la chiusi a pugno e la riaprii, per fortuna non avevo perso il controllo. Il bicipite sembrava essere tornato normale, anche se attorno al muscolo si era creato un sottile anello verde.

Mi sedetti e mi rivestii, la testa mi faceva ancora male, sembravano trascorsi eoni dalla strage delle ninfe, eppure non era ancora giunta la sera.

«Come va? Il demiurgo non ha più turbato i tuoi sogni, vero?»

«Tu!» il cuore mi scoppiò dallo spavento, «Non è possibile! Perché sei qui?!»

La carnefice delle driadi si era nascosta nel carro, attendendo il momento in cui riaprii gli occhi: «Ti ho liberato dagli influssi del marchio e non ricevo nemmeno una parola di ringraziamento? Che ingrato!»

In effetti non avevo sentito quella voce beffarda rimbombare nella mia psiche, non mi voltai per guardarla, ero certo che sarei stato alla sua mercé: «Non lo so, non mi ricordo. Tu piuttosto: la tua presenza è fin troppo sospetta, perché ti hanno lasciata qui?»

«Se intendi i tuoi compagni di viaggio, mi sono presa cura di loro» distolsi lo sguardo, non volendo svendere la mia dignità per la seconda volta, mi limitai a lasciarla parlare, «Non temere, in cambio della tua incolumità e della loro salute, mi hanno permesso di rimanere accanto a te.»

"Ho sentito balle migliori di quella, deve aver condizionato le loro menti con qualche tossina."

«Cosa devo fare per farti cambiare idea? Ora stanno molto meglio» sospirò, poi sentii un indice solleticarmi la schiena, ben presto le sue braccia si avvinghiarono attorno alle mie spalle e le sue dita si incrociarono all'altezza del petto.

«Non ci credo, puoi anche leggermi nel pensiero?!»

«Di che ti stupisci?» sentii il suo respiro solleticarmi l'orecchio, «Io sono nata dai tuoi desideri, io e te siamo uniti da un profondo legame: le nostre menti, le nostre anime e i nostri cuori sono affini. Ti dirò di più, anche tu puoi sapere che cosa penso e che cosa provo, ti basta volerlo.»

Sfilai l'intreccio delle sue mani e posai la palma sopra al cuore nel tentativo di placare quelle pulsazioni ribelli, deglutii della saliva e le chiesi: «Come fai ad avere queste certezze?»

Le dita della sua mano sinistra scivolarono lungo il segno che mi aveva lasciato: «È iniziato tutto da qui, questo anello è il marcatore floreale, il simbolo della nostra unione eterna. Sarò dovunque ti troverai, saprò se sarai in pericolo e annienterò qualunque cosa impedisca la nostra felicità; pensami, chiamami, desiderami, io sarò immediatamente da te!»

«Dacci un taglio, schifosa erbaccia!» il flagello divino sentì tutto e non tardò a esternare il suo disgusto, «Non ti permetterò di fare i tuoi porci comodi!»

«Che guastafeste» Euthymia sospirò e si allontanò da me, «Hai sprecato la tua occasione, la tua gelosia è immotivata. Ah, non paragonarmi a te, non sono un'opportunista che si fa scortare dagli altri perché incapace di difendersi; sono molto più potente rispetto alla precedente Signora della natura. In me scorre linfa semidivina, inoltre ho già fatto mie tutte le proprietà del marchio. Non so nemmeno quali siano i limiti dei miei poteri.»

«Vellerys, sta dicendo la verità» trovai l'occasione giusta per potermi congedare da lei, «Non so come abbia fatto, ma non ho più sentito la voce del maledetto. Ciò non toglie che la consideri una minaccia.»

Lontano dalle sue grinfie, aggiunsi: «Lei è pericolosa e imprevedibile proprio come il demiurgo, purtroppo nessuno di voi è riuscito a fermarla e dubito che allo stato attuale qualcuno possa resisterle per più di cinque minuti...»

«È un primo passo, mio adorato Clarent, non farò nulla di male ai tuoi compagni, sarò la tua più grande alleata! Ti prometto che sarò sempre dalla tua parte e avrai sempre più bisogno di me!»

«Spero proprio di no!» sollevai la mancina per fermare ogni sua possibile intenzione, «Senza offesa, ma sono già fin troppo debole. Un numero spropositato di donne deve garantire la mia incolumità, una in più sarebbe umiliante.»

«E lei che cosa rappresenta per te?»

Feci per risponderle ma l'orgoglio della spaccateschi mi precedette: «Io sono la sua spada!»

Non appena il dolore divenne sopportabile, abbandonai il carro e ripresi il tragitto in sella con Vellerys.

«Non mi piace quella cosa!» mugugnò.

«Lo so, in circostanze normali avresti ragione, ma vorrei sapere che cosa non ti fa schifo. Da quando sei uscita dalla gabbia, hai mostrato interesse solo per gli spargimenti di sangue, non hai altre passioni o qualcosa in cui ti ci voglia dedicare?»

«Te lo dirò quando saremo arrivati nei possedimenti del viscido, sempre se ne avrò ancora voglia...»

«Va bene, ognuno ha i propri segreti. Cerca almeno di non dare di matto una volta arrivati.»

«Per chi mi hai presa?!»

«Per un'irascibile pazza sanguinaria che sbrocca non appena può. Riconosco che sei bravissima quando si tratta di menare le mani, ma sei carente su tutti gli altri fronti, primo fra tutti quello diplomatico; ci stiamo dirigendo verso un luogo che mi dà il voltastomaco al solo pensiero, eppure cercherò di sopportare.»

«Credi forse di essere una persona migliore di me?!»

Feci una smorfia dubbiosa, poi mi scappò di dire: «Chi può dirlo? Forse al tuo posto mi sarei comportato allo stesso modo, nonostante tutto, so aspettare il momento giusto per gustarmi la vendetta. Per ora ti conviene sopportare e obbedire ai miei ordini: mantieni un profilo basso, procurati quel che ti serve e attendi le mie istruzioni. Se non ce la farai, potrai svignartela nella foresta e prendere a pugni gli alberi.»

Il mio unico rammarico era l'essere seduto dietro di lei, avrei potuto ammirare un'esplosione cromatica; dall'infrarosso all'ultravioletto, mille sfumature di collera. Almeno una mezza soddisfazione ero riuscito a prendermela.

La traversata durò tutta la notte, di tanto in tanto crollavo per i colpi di sonno, purtroppo quella cavalcatura così scomoda mi impedì di poter dormire.

D'un tratto la voce stridula e orribile del mercante di schiavi turbò la mia sonnolenza: «Mio signore! Finalmente siamo giunti nei miei possedimenti, avrete modo di riposarvi.»

«Non ne potevo più! Ora tappati quella fogna, non voglio sentire più la tua voce fino a domani!»

Trascorse le ultime centinaia di metri cavalcando il rettile, potei scendere e massaggiarmi le natiche. Notai Vellerys sogghignare e deridermi: «Sei proprio un buono a nulla!»

«Ha parlato quella brava!» mi limitai alla classica battuta da tavolata di amici imbecilli, in seguito decisi di ignorarla, attirato dalle torce sulle torrette poste ai confini del suo dominio.

Anche Talmiras e le guerriere scesero dalle loro cavalcature e si avvicinarono a me, vidi Euthymia incamminarsi, mantenendo una distanza di alcuni metri dal resto del gruppo.

Una volta radunati anche i monaci, impartii alcuni ordini al mercante e ai suoi sgherri: «La spedizione è stremata, visto che siamo nelle vostre terre spetterà a voi la responsabilità di garantire la nostra incolumità per tutta la durata della nostra permanenza. Monaci e sorellanza, per voi riposo forzato.»

«Certo, mio signore!» il vomito umano sorrise con quei pochi denti marci che gli rimanevano, «Ora siete nostri graditi ospiti, venite, vi accompagno nelle vostre stanze.»

Mi seccò ammetterlo, ma quella fu la miglior accoglienza che quel mondo mi aveva riservato. Il mercante insistette per ospitarmi con tutti gli onori: dapprima mi invitò all'interno di una singolare stanza termale, dove potei alleviare tutte le sofferenze accumulate durante il tragitto; dopo aver trascorso diverso tempo ammollo, mi condusse all'interno di una sontuosa camera il cui letto avrebbe potuto ospitare uno o due harem.

«Gradite compagnia per la notte? Posso fornirvi tutto ciò che desiderate.»

«Ah sì? Desidero la morte di buona parte degli esseri viventi e divini; se puoi accontentarmi, darò volentieri un'occhiata al tuo repertorio.»

Chissà perché si ammutolì e mi lasciò solo in quella stanza... Mi spogliai di quell'accappatoio, trovai una vestaglia e, dopo essermi assicurato che non vi fosse alcuna fonte d'illuminazione diretta o indiretta, avanzai verso quell'enorme giaciglio.

Tastai lo spessore dei vari cuscini, alla fine scelsi il più sottile e scaraventai via tutti gli altri, ecco ripresentarsi puntuale un acerrimo nemico: l'insonnia.

La stanchezza era terribile, ma il mio stato mentale era stravolto dagli accadimenti di quella giornata; un fastidioso vortice di pensieri non mi dava pace.

Avevo un unico desiderio: liberarmi da tutti quegli stati d'animo e poter addormentarmi come una persona normale, risvegliandomi senza obblighi d'orario e nel silenzio più totale.

Qualcuno aveva esaudito la mia preghiera, il mio respiro si fece più calmo e profondo, le palpebre si chiusero di loro spontanea volontà e un tenue profumo si diffuse nell'area, conciliando il sonno. Mi addormentai.

Per la prima volta potei sognare libero da congiure divine. Come rare volte nella mia vita precedente dormii di gusto, anche il sogno che avevo fatto era tranquillo con una leggera vena di sensualità; ero all'interno del piano più alto di un palazzo ed ero in compagnia di una ragazza all'apparenza modesta, ma era evidente che nascondeva il suo potenziale.

Mi raccontò della sua ascesa professionale, sebbene non potei ricordare con precisione le sue parole, mi colpì l'arguzia, la disinvoltura e la sagacia con cui si esprimeva: un intelletto brillante e seducente.

Cominciai a sentirmi fin troppo bene, al punto che non sembrava più un sogno: da quando un'esperienza onirica sembrava più autentica della realtà stessa?

No che non poteva! Mugugnai, le palpebre mi tremavano, avevo udito qualcosa che si non sarebbe mai dovuto sentire in quella stanza, nel frattempo avvertivo del peso attorno all'inguine.

Non appena riuscii ad aprire gli occhi mi accorsi che era ancora l'alba, notai che le mie gambe erano intrappolate da spire di liane e che sopra al mio basso ventre c'era Euthymia. Quando si accorse che mi ero svegliato si inarcò e la sua lingua salì dalla mia clavicola fino alla giugulare, mordicchiando i muscoli del collo.

«Buongiorno...» mi salutò con voce ansimante e sensuale, «Hai gradito questo risveglio?»

«Eri fin troppo tranquilla e defilata ieri notte; non hai che un giorno di vita eppure sei tremendamente insidiosa. Dopo ciò che hai fatto nella foresta, avresti insospettito chiunque.»

«Sai che cosa mi fa impazzire di te? Che nonostante i tuoi pensieri siano lo specchio dei tuoi desideri, le tue parole e le tue azioni trasudano di autorità e disprezzo; questo è in parte dovuto all'influenza del marchio, ma se non fosse stato per la tua personalità così sprezzante e tagliente, non saresti stato scelto da quel dio che si diverte a giocare con la tua vita.»

«Dove vorresti arrivare? Non ti sei già vendicata?»

Non smetteva di contorcersi e gemere come una forsennata, mi morse il labbro inferiore e prima che potessi chiudere gli occhi, mi afferrò il viso con entrambe le mani. Era finita, la sua bellezza era insostenibile.

«I tuoi pensieri mi hanno nutrita, se sono ambiziosa e insaziabile è perché tu lo vuoi più di qualunque altra cosa. I tuoi desideri sono anche i miei, sarà molto eccitante scombinare i piani di quel demiurgo!»

Non c'era nulla da fare, sapeva tirar fuori tutto quello che volevo trattenere. Nel suo vocabolario non esisteva la parola "controllo".

«Non preoccuparti, nessuno può sentirci. Ho disseminato l'area di polveri soporifere, inoltre sto sorvegliando i confini grazie alle mie estensioni vegetali; ho occhi e orecchie ovunque. Godiamoci assieme questo momento.»

L'accontentai ma non volli dargliela vinta, decisi di prendere l'iniziativa e sfogare su di lei tutta l'aggressività e la frustrazione accumulate da quando giunsi in quel mondo.

Stetti con lei per almeno quattro ore senza risparmiarmi; non sapevo perché, ma avevo energie da vendere e più la possedevo, più la brama di farla mia cresceva. Alla fine, prevalse la mia tenacia.

Come molte volte in passato, dopo aver soddisfatto i miei più bassi istinti, sopraggiungevano pensieri e sensi di colpa.

"L'ho fatto con un vegetale! No, è più corretto affermare che un vegetale ha abusato di me... Non ho mai goduto così tanto, è fin troppo perfetta, inoltre non puzza di sudore o di altri fluidi, anzi! Quel suo profumo floreale è irresistibile! Se non mi invento qualcosa rischio di dipendere da lei per tutta la vita."

Euthymia era distesa sul letto, ancora ansimante, eppure capace di mostrarsi con un sorriso provocante e lascivo.

«Ti ho ammaliato, non è così? Te l'avevo detto che avresti perso la testa per me. Peccato dover concludere, mi sarebbe piaciuto continuare ancora a lungo.»

«Non cercare di apparire più forte di quel che sei! Ho vinto io e non concedo rivincite» solo in un secondo momento mi resi conto di averla sparata grossa.

«Ah no? Sono convinta che saresti entusiasta di ripetere quest'esperienza» la vidi rialzarsi e ricoprire le nudità del suo corpo con la comparsa di vesti vegetali, «Più sondo i tuoi stati d'animo e i tuoi ricordi, più desidero stare con te. Anche il nome che mi hai dato è frutto dei tuoi desideri ed è bellissimo; mi hai concesso delle qualità che non avrei potuto ottenere.»

Non volli rimanere per sempre in quel luogo, ormai il sole era sorto ed era giunto il momento di riunirmi col resto del gruppo. Decisi di vestirmi con gli abiti che trovai piegati sopra a un baule, nel frattempo le risposi: «Le tue abilità sono davvero fastidiose, non ricordo quasi nulla della mia precedente esistenza, se non le nozioni apprese. Euthymia significa "serenità" in una lingua antica.»

«Proprio così! Grazie a te sono immune da tutte le sfaccettature di rabbia e paura, mi hai donato lo stato d'animo ideale per affrontare qualunque avversità. Anche questo è un riflesso dei tuoi desideri e farò ciò che è in mio potere per rasserenare il tuo animo.»

«Se davvero ci riuscirai, potrei cambiare l'opinione che ho di te, In un impeto di generosità potrei addirittura considerarti la compagna ideale e decidere di essere più ambizioso, magari rivoluzionando questo mondo, ma a modo mio.»

Io e la Signora della natura ci congedammo da quella stanza, la servitù ci condusse in un lussuoso salone: lo sfarzo gridava la sua presenza in ogni angolo, sembrava l'interno della villa di un boss del crimine.

Tutta quell'ostentazione di ricchezza e potere cominciava a infastidirmi, ma dovetti accantonare quel pensiero alla vista di quelli che erano i miei compagni di viaggio.

Con l'eccezione dei monaci, la cui fede imponeva le logore tuniche nere, il resto del gruppo aveva ricevuto degli abiti civili; li vidi in piedi e, quando i nostri sguardi si incrociarono, mi salutarono tutti con un inchino.

Le guerriere della Sorellanza sembravano ragazze normali, era insolito poter ammirarle disarmate e prive di maschera: «Le spietate assassine appaiono del tutto innocue. Sono lieto di vedere i vostri bei visetti, vi vedo serene e rilassate.»

Quella che sembrava più di tutte una comune campagnola prese la parola: «Mio signore, ci siamo limitate a obbedire ai vostri ordini.»

«E avete fatto bene, come ti chiami?»

«Io sono Abuyla, uno dei due vice comandanti della Sorellanza.»

«E l'altra sarebbe?»

Prese parola un'esile fanciulla dalla pelle olivastra e dagli occhi castani: «L'altra sono io, Malak, al vostro servizio.»

Annuii, osservai Talmiras e le chiesi: «Ho apprezzato il fatto che ti sia preoccupata per me, ora puoi alzare la testa, non sono più in pericolo di vita.»

«Mio signore...» solo dopo qualche secondo riuscì a guardarmi negli occhi, non compresi il perché di quell'esitazione.

«Va tutto bene, anche tu e il resto del gruppo vi siete riposati a sufficienza.»

«Anche troppo!» la vidi esternare le proprie emozioni dopo tanto tempo, «Noi guerriere siamo addestrate a riposarci il meno possibile, ma questa volta non abbiamo saputo resistere.»

Intuendo la colpevole del misterioso fenomeno, portai lo sguardo ad ammirare gli affreschi del soffitto e sospirai.

Rimasta tranquilla fino a quel momento, Vellerys tuonò: «Hai finito di pavoneggiarti con la Sorellanza, razza di buono a nulla?» sembrò essersi calmata, ma osservò Euthymia sorridere e ringhiò: «Sei stata tu! Hai usato uno dei tuoi trucchetti vegetali per farci dormire!»

L'astuta driade le rispose: «Sì, ho obbedito agli ordini del nostro signore, poiché temeva per la vostra salute, mi ha incaricato di farvi recuperare le forze durante la notte. In fin dei conti sono stata io a guarirvi dopo il nostro incontro nella foresta, dico bene?»

La spaccateschi si limitò a mugugnare, dalle sue espressioni aveva intuito che Euthymia non stava dicendo tutta la verità, perciò mi chiese: «Che ti ha fatto, quella?!»

«Nulla di nocivo, almeno credo... L'ho ritrovata all'alba e mi aveva raccontato il suo piano; mi ha spiegato che ha lanciato dei semi o dei germogli che le permettono di monitorare tutto il dominio del lurido verme, non conosco bene i dettagli.»

La ninfa tacque, preferendo annuire serafica a quella spiegazione raffazzonata.

«Ora che ci siamo tutti, possiamo accomodarci e mangiare, a quanto pare dovremo pianificare le prossime mosse.»

«Sono stato informato che il regno ha assoldato un corpo di mercenari per dare la caccia a voi e a chi vi protegge, ora però non pensateci e godetevi la mia ospitalità» il mercante di schiavi batté le mani due volte e la servitù accorse per offrirci un sontuoso pasto.

Tutti i commensali poterono riempirsi lo stomaco, io stesso dovetti ammettere l'ottima qualità del pasto, ben diversa dall'austera cucina monastica.

Terminata la colazione più abbondante della mia esistenza, esternai i miei pensieri: «Il vento di guerra sta soffiando più rapidamente del previsto. Essere rivoltante, sappiamo che sei in possesso dell'armatura dell'ordine dei paladini; consegnamela, sarà uno strumento di negoziazione.»

«Sarà fatto.»

«Se siamo qui è per fornire un nuovo equipaggiamento a Vellerys; già che ci sei, asseconda tutte le richieste della Sorellanza, fornisci loro veleni, trappole e tutto quello che possa servir loro. Una volta equipaggiati e radunate le nuove forze, valuteremo quale fronte attaccare per primo.»

«Mio signore, se siamo qui è anche per un altro motivo.»

«Ti ascolto, Talmiras, di che si tratta?»

«Vostra madre ha trovato rifugio in queste terre e desidera incontrarvi quanto prima.»

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