Capitolo 3: La spaccateschi

Anche uno come me, se posto in condizioni estreme, può addormentarsi; complici la stanchezza di quella giornata vissuta sul filo di lama e la copiosa perdita di sangue, mi trovai a vivere la prima esperienza onirica in quel mondo.

Come nella mia precedente esistenza, il sogno era un continuo susseguirsi d'immagini e frasi, ogni tanto si alternava qualche suono, più o meno caotico.

Da tempo non riuscivo a godermi una nottata di sonno, quella volta non fu eccezione: d'un tratto sprofondai in un abisso di melma informe, proprio quando ebbi la percezione del mio corpo schiacciato, udii la voce beffarda di quella parodia di demiurgo: "Come ci si sente ad avere l'anima marchiata?"

"Bastardo! Ti stai prendendo gioco di me?!"

"Al contrario! Stai andando bene; la prima testa è caduta, molto presto ne seguiranno altre."

Provai la stessa sensazione del risveglio dopo un'anestesia: il tempo di un battito di ciglio e mi trovai sdraiato in un letto col viso ricoperto di bende, puzzavo di sudore e tremavo come un capretto al macello.

Tutti i dolori sopiti durante il sonno esplosero come una ferita che si ribella alle suture, non potei far altro che gridare e contorcermi.

Osservai quella piccola stanza per pochi istanti e di sfuggita, le mie urla attirarono l'attenzione di un monaco inserviente; mi prestò soccorso ponendo entrambe le mani sopra la mia fronte e recitando un'invocazione taumaturgica.

Sentii il fruscio delle catene che stringevano il corpo macilento ma dopo un po' non ci feci più caso: la mia nuova condizione fisica mi sembrò più sopportabile, capii che la ferita sul volto era guarita.

Qualcosa in me era cambiato, il marchio che l'abate priore incise nel mio animo aveva violato ogni cosa. I miei pensieri non erano più gli stessi e sentivo di aver perso il controllo delle mie emozioni.

«Monaco!» urlai, «Dove mi trovo? Dove sono i due traditori?!»

«Cercate di mantenere la calma, mio signore» il religioso pose entrambe le mani all'altezza del petto, continuando, «Le vostre condizioni non sono ancora stabili. Il priore sta recuperando le forze, l'invocazione lo ha stremato.»

Quelle parole solleticarono pensieri omicidi: "Ottimo! È l'occasione perfetta per farlo fuori!"

«Per quel che riguarda la guardiana e le sue compagne,» continuò, «non hanno mai smesso di vegliare su di voi, giorno e notte.»

«Tu mi sembri il meno pazzo tra quelli che ho conosciuto, dimmi dove posso lavarmi e radermi; questo pelo in faccia mi dà sui nervi!»

«Vi accompagno, reggetevi a me.»

Il monaco mi sorresse fino a portarmi in una grande stanza, vidi alcune tinozze colme d'acqua, su uno scaffale vi erano forme di sapone e bottigliette contenenti unguenti, notai anche la presenza di forbici e rasoi.

«Qui è dove manteniamo il nostro decoro. Vi preparo un cambio d'abiti.»

«Molto bene» avrei voluto ringraziarlo, avrei preferito usare parole più gentili, ma non riuscii a esprimere la mia gratitudine, non ero padrone della mia anima.

Con un rispettoso cenno del capo, il religioso se ne andò. Mi spogliai e a piedi nudi mi avvicinai allo specchio, unico elemento decorativo di quel luogo: "Che brutta faccia! Sembro un quarantenne invecchiato male, spero di rimediare rasando barba e capelli..."

Presi atto della situazione, non lesinai a tagliare anche più del dovuto. Osservai le strane sfumature biondo cenere e non le sentivo mie, sembrava una variopinta rappresentazione del conflitto tra la mia anima e quella precedente.

Via anche quella fastidiosissima barba: a rasatura ultimata mi massaggiai il viso, riscoprendo la sensazione di una pelle liscia.

La stanza era a dir poco austera ma non provai disagio, presi una forma di sapone e la gettai nella tinozza. Incuriosito dagli oli e dalle essenze contenuti nelle bottigliette, le aprii una dopo l'altra decidendo in base all'odore quale usare e per cosa.

Decisi di immergermi, l'acqua era fredda ma era un privilegio potersi lavare in un mondo in cui l'igiene non sembrava una priorità; osservai le numerose cicatrici, figlie di battaglie e fustigazioni e ben diverse da quelle che avevo, di natura incidentale e ospedaliera.

Trascorse più di un quarto d'ora, proprio quando mi ero abituato a quella temperatura e mi stavo perdendo nei miei pensieri, udii la voce del monaco: «Mio signore, vi ho portato i nuovi abiti.»

«Ottimo tempismo» sospirai, «puoi lasciarli in una mensola, faccio da solo.»

«Come desiderate» l'inserviente, dopo aver riposto gli abiti, aggiunse, «Non appena sarete pronto, dovrete presenziare a una cerimonia.»

«Sai che non ho recuperato le forze e mi chiedi di dover partecipare a uno dei vostri rituali?»

«Anche il priore è nelle vostre condizioni eppure ci sarà, qualunque cosa accada.»

«Se il vecchio tirerà le cuoia prima del tempo allora parteciperò con piacere!»

«La vita del priore, come la nostra del resto, è solo uno strumento del volere divino, non dimenticatelo.»

"Schiaccerò quella maledetta entità e tutti i suoi accoliti, non sarò la sua marionetta!"

Recuperai un po' di forze, uscii da quella stanza pulito e rivestito, il religioso era al mio fianco e mi condusse nel retro del monastero, sfilò il catenaccio di una porticina e mi accompagnò verso l'esterno. Per un attimo mi soffermai a osservare il paesaggio: un cielo limpido e senza nuvole, un blu intenso che avevo quasi del tutto dimenticato.

Quando riportai lo sguardo ad altezza d'uomo, notai una vasta prateria circondata dalla foresta; non vi era che qualche sentiero poco battuto.

Al centro di quella distesa d'erba si era radunato un gruppo di persone: due rettili da soma trainavano un pesante carro sul cui pianale era caricata una massiccia gabbia di ferro.

Il priore era lì, scortato da due adepti, in attesa del mio arrivo; le sue logore vesti erano adornate da una coppia di cingoli sacerdotali color porpora e celeste.

Quando il suo sguardo incrociò il mio, sorrise ed esclamò: «È giunta la guida terrena di noi peccatori!»

«Maledetto, che cos'hai architettato?!»

«I fedeli si sono prodigati per portarvi un dono degno di voi, ammirate.»

Tutto ciò che potei vedere era una ragazza i cui polsi erano ammanettati e le caviglie erano incatenate alle sbarre di quella prigione. Non riuscii a scorgere il suo sguardo, la testa era protesa in avanti e quella chioma biondo platino celava il suo viso; come se non bastasse, ruvide e sporche vesti di canapa coprivano quel corpo martoriato dagli stenti.

Schifato da quella visione, domandai: «Chi è questa donna?»

«La vostra sposa, mio signore» rispose il priore, «La dama della profezia, l'unica che può stare al vostro fianco. Vedrete, sarà una compagna ineguagliabile.»

Avrei voluto disintegrarlo per il disgusto provocato da quelle parole, per mia sfortuna ero troppo debole per compiere azioni avventate, dovetti stringere i pugni e chiedere: «Quali crimini ha commesso? Credevo che "la dama della profezia" fosse un'anima innocente e devota, ma il trattamento che le avete riservato mi suggerisce altro; esigo spiegazioni.»

«Lasciate che sia io a rispondere» un viscido figuro sdentato dalle dita ricolme di anelli e dalla voce stridula osò rivolgermi la parola, «Questa è merce preziosa, la migliore del mio assortimento. Non la cederei se non per enormi somme di denaro, tuttavia, quando ho saputo che siete giunto tra noi, non ho resistito all'impulso di regalarvela.»

Ci mancava solo un mercante di schiavi, la lista di persone che avrei voluto fondere nel piombo si stava allungando.

«Vi vedo teso, mio signore» la sua parlantina era capace di urtare il sistema nervoso di un santo, «Dovete sapere che era uno dei paladini più valorosi del regno di Coldyr. Il suo nome è Vellerys, il flagello divino.»

«E così tu saresti una guerriera? Perché sei caduta in disgrazia?»

«Un giorno...»

«Zitto, lurido verme! È lei che deve rispondere!» nel momento in cui scoppiò la mia ira, qualcosa in me cominciò a cambiare. Quelle parole sembravano un ordine assoluto, il mercante crollò a terra e più volte si toccò la mandibola, incapace di muoverla.

Gli astanti osservarono la scena attoniti, mi avvicinai a quelle sbarre di ferro e osservai la prigioniera, chiedendole: «Lo dico per l'ultima volta, cos'hai fatto per finire in gabbia?»

La ragazza sollevò il capo a fatica e mi osservò: potei intuire da quegli occhi color turchese supplicare una morte onorevole, ma ciò che fu in grado di dire si ridusse a rauchi lamenti. Perse il fiato, tossì e vomitò sangue.

«Liberatela immediatamente! Lavatela, curatela, nutritela e si presenti a me con abiti decorosi!»

«Ai vostri ordini!» risposero due guardie carcerarie.

Utilizzando delle chiavi arrugginite, aprirono il lucchetto della gabbia e le tolsero ogni ferro che la teneva imprigionata; la presero per le spalle e la condussero fuori.

Il priore ordinò ai sorveglianti di adagiarla a terra, poi ai suoi monaci di compiere un rituale di guarigione. Gli adepti si disposero in cerchio attorno lei e invocarono i poteri divini.

Non appena la vidi rialzarsi con le proprie forze, mi allontanai da quella cerchia, passeggiai in direzione della foresta e urlai: «Talmiras, so che sei qui! Raduna le tue guerriere, procacciate viveri ed erbe medicinali, vi aspettiamo all'interno!»

Non ricevetti risposta ma udii dei brevi fruscìi tra la vegetazione, la caccia era aperta.

Si era fatta sera, la Sorellanza delle ombre aveva portato abbondanti scorte di cibo dalla foresta: carni, radici, uova di chissà quale animale, erbe commestibili e ricostituenti grazie alle quali potemmo recuperare le forze.

Mi sentii meglio e decisi di incontrare Vellerys nel monastero: l'abate priore presiedeva l'altare, i suoi accoliti erano disposti in fila attorno alle navate laterali.

La paladina non fuggì e giunse al mio cospetto scortata da Talmiras, pareva tutt'altra persona rispetto a poche ora fa, in lei spiccava un'aura di grazia e regalità, enfatizzata da un portamento sobrio e solenne.

«Benvenuta, vedo che non te la sei svignata, questo significa che sei disposta a rispondere alle mie domande?»

Il flagello divino aggrottò le sopracciglia, squadrandomi da capo a piedi: «Non hai forse imbastito questa cerimonia per adempiere alla profezia?»

«Non fraintendere. Io, come te, sono vittima di circostanze nefaste; giuro che non ti sfiorerò e, se è ciò che vuoi, sei libera di andartene in qualsiasi momento.»

Prima di lasciarla parlare, aggiunsi: «Il tuo sguardo è inequivocabile, non c'è alcun interesse in me, dico bene?»

«Esatto, non provo la minima attrazione.»

«Non aspettavo altro, la cerimonia è annullata!» osservai divertito lo sguardo smarrito dei monaci e del priore, «In te scorre sangue nobile, eppure ti hanno trattato come una bestia; prima di rispondermi, solleva le maniche e mostrami le palme delle mani.»

«Oh?» sorrise la paladina, assottigliando lo sguardo, «Vuoi ammirare il mio corpo?»

Osservate la muscolatura e le numerose cicatrici delle braccia, l'ampiezza delle spalle e i ruvidi calli delle mani, espressi il mio giudizio: «Ho visto a sufficienza: tu adori il massacro e questo è l'aspetto di una spietata guerriera che si è divertita nel mietere chissà quante vittime. Scommetto che sei il tipo che preferisce le armi pesanti, qual era il tuo vero nome di battaglia?»

«La spaccateschi» rispose controvoglia, gelandomi con lo sguardo, «Per tenermi lontana dalla successione al trono, mi avevano spedita nei fronti più ostili, sperando che il nemico mi facesse fuori. Ogni volta tornavo a casa portando qualche trofeo di guerra, ma a quanto pare, non erano molto graditi.»

«Che personcina interessante! La "spaccateschi": ti si addice, sai? Nonostante le apparenze, sei un mostro sanguinario in armatura; più tentavano di eliminarti più la tua fama cresceva, eri la maledizione della tua famiglia e dei tuoi compagni d'arme.»

Ira e terrore esplosero nel suo sguardo glaciale, iridi cerulee mi fissarono come se fossi la più grande delle sciagure: «Maledetto! Come hai fatto a...?»

«Sei come un libro aperto» tenni testa a quell'espressione straripante di sgomento, «Ti si legge tutto in faccia, riesco a capire che chi provava orrore per te ha cercato un modo per esorcizzare la tua natura bellicosa, ora dimmi che cosa ti hanno fatto.»

«Mi costrinsero a seguire i dettami della chiesa e a intraprendere un percorso di redenzione; ero costantemente sorvegliata dai chierici, i quali non esitavano a usare i loro poteri per alterare la mia mente.»

Smorzai la tensione, allontanandomi da lei, mi guardai intorno, nessuno osò ribattere. Sospirai, tornai a fissarla e aggiunsi: «A quanto pare ci erano riusciti e tu entrasti a far parte dell'ordine dei paladini.»

«Devo essermi rammollita se uno come te riesce a ricostruire i fatti conversando per la prima volta con una sconosciuta» mi mostrò un amaro sorriso e proseguì, «A un cavaliere non è concesso ambire al trono, ma a me stava bene così, potevo combattere quanto volevo "in nome della giustizia" e non subivo ripercussioni. Nonostante la mia passione per la guerra fui promossa a comandante incursore» quel sorriso divenne ghigno e infine risata, «Ero il terrore dei nemici e dei miei sottoposti!»

«Immagino la tua rapida ascesa dei ranghi cavallereschi, alla fine avevi trovato la tua strada e avevi conquistato gloria e vittorie; ora spiegami il motivo del tuo declino.»

«Ai membri dell'ordine vengono forniti armi e armature sacre, il paladino è l'incarnazione del volere divino e agisce in suo nome; colui che devia dal cammino della fede viene punito dal suo stesso equipaggiamento.»

«Oh, le cose si fanno interessanti, continua!»

«Ci eravamo diretti negli estremi confini occidentali del regno, dove le forze ostili si erano insediate; il nostro obiettivo era sterminarle e occupare la base.»

«Questa volta però, il nemico lo sapeva e vi aveva teso un agguato.»

«Come capre di montagna discesero lungo i pendii e una pioggia di frecce cadde sul nostro plotone.»

"Oltre a quei mostruosi rettili esistono animali come le capre? Nonostante tutto, c'è qualche somiglianza col mio mondo."

«Fu un massacro, in pochi riuscirono a sopravvivere; quando si resero conto che l'ordine era a un passo dalla disfatta e che il flagello divino era impotente davanti al nemico, decisero di imprigionare i sopravvissuti; quello fu l'inizio della fine.»

Calò un silenzio di tomba, al punto che l'atmosfera di quel luogo abbandonato sembrò raggelare.

Vellerys espirò a lungo, poi proseguì nel suo racconto: «Ci rinchiusero in celle sotterranee. Fanti, scudieri e tutti coloro che non avevano armature divine furono costretti a privarsi delle loro corazze, gli altri vennero incatenati. Il caldo era così soffocante che rischiavamo di bruciare vivi, mancava cibo e acqua e non di rado scoppiavano epidemie.»

«Eppure sei riuscita a sopravvivere, spiegami come.»

«Un mio commilitone stava per tirare le cuoia, io ero allo stremo delle forze, i morsi della fame cominciavano a sentirsi e decisi di...»

«Hai mangiato le carni di un tuo compagno! Questa è la colpa di cui ti sei macchiata!»

Vellerys morse il labbro inferiore, ruggendo come una belva chiusa in un angolo, gridò: «Non avevo altra scelta! Almeno uno di noi doveva sopravvivere! Solo che... solo che...»

A quel punto iniziò a tremare, il ricordo di quell'esperienza la condusse sull'orlo della follia: «Non riuscivo a sopportare le sue continue lamentele, c'era un tanfo nauseabondo e se dovevo morire, almeno l'avrei fatto a stomaco pieno!»

Ormai era in pieno delirio, quello sguardo spiritato e la macabra precisione del suo racconto erano segni inconfondibili: «Mi avventai su di lui non appena si addormentò e gli morsi la gola, le sue urla attirarono le guardie. Nel momento in cui mi videro lorda di sangue fui presa a bastonate, come se non bastasse...»

«... l'armatura si era ribellata.»

«Nessuno mi aveva mai ferita in battaglia, i segni che hai visto nelle mie braccia sono opera della corazza; tutto il mio corpo stava per essere lacerato e stritolato dal metallo divino, con le ultime forze mi sbarazzai di ogni singolo pezzo e, dopo avermi tramortita, mi condussero in isolamento dove avrei atteso la forca.»

«Riposati» sollevai la mancina, espirai e, osservando i presenti nel monastero, le dissi, «Ti hanno trattata alla stregua di un male incurabile e, proprio come me, ti hanno ritenuta degna della pena capitale. Il mondo è ingrato, Vellerys; comprendo il tuo dolore meglio di chiunque altro.»

Il flagello divino tacque, come se aspettasse un mio intervento, fu così che le chiesi: «Che cosa desideri? Oltre ad assassini e pazzi invasati non ho molto da offrirti...»

«Vendetta!» gridò, «Vendetta contro i miei aguzzini, vendetta contro l'ordine ecclesiastico! Permettimi di vendicarmi e saprò sdebitarmi.»

«Sono io che decido come potrai servirmi, tu non sarai la mia sposa, sarai la mia spada; dilanierai i miei nemici e combatterai finché non sarai ridotta in frantumi. Ora però mi devi fornire ogni dettaglio sul campo di prigionia, organizzeremo una spedizione punitiva secondo lo stile della Sorellanza.»

Rassegnata all'idea di non poter combattere, mormorò: «E io? Che farò?»

«Che pensa di fare una guerriera che non può nemmeno indossare il proprio equipaggiamento? Una che non ci pensa due volte a gettarsi nella mischia è inadatta ad agguati e missioni furtive, per ora ci condurrai nelle fauci del nemico, voglio proprio vedere chi sono, al resto ci penseranno Talmiras e le altre.»

L'assassina, rimasta silente fino a quel momento, rispose: «Ai vostri ordini.»

La spaccateschi squadrò la guida della Sorellanza e sbottò: «Non mi farò superare da lei! Il mercante che mi aveva comprata assieme all'equipaggiamento sacro è schifosamente ricco. Quel viscido verme possiede terre, denaro e legami con i criminali più influenti; per lui sarà un gioco da ragazzi procurarmi altre armi e reclutare nuove leve.»

"E ti pareva, la mafia esiste pure qui! Sfrutterò quello sgorbio e farò trucidare lui, i suoi accoliti e tutte le organizzazioni affiliate" sospirai a quell'affermazione e le chiesi, «Come diamine ha fatto una come te a entrare nei paladini? Non c'è nulla di onorevole nelle tue parole e nel tuo passato; solo massacro e vendetta, è così che combatte un guerriero divino?»

«Dove hai vissuto finora? Un guerriero combatte e uccide, a prescindere dall'ordine di appartenenza.»

«Nel mondo da cui provengo un paladino è un antico cavaliere, famoso per la sua fede e il codice d'onore. Noto però che non ha più senso parlare; piuttosto dimmi dove si trova la sua dimora, sono proprio curioso di vederla.»

«Mio signore» la stridula voce del mostriciattolo riecheggiò tra le navate del monastero, «Vi ci accompagnerò con gioia, sarete mio gradito ospite. Per arrivarci però, dovremo attraversare la foresta e si dice che uno spirito maligno stia infestando i boschi, creando non pochi problemi ai suoi abitanti.»

«Chi sarebbero?»

«Le ninfe driadi: in genere lasciano transitare i viandanti, ma ho sentito che, a causa di questa minaccia, abbiano interdetto alcune aree.»

«Non possiamo permetterci passi falsi» mi allontanai da Vellerys, scrutai i monaci, il trafficante e le guerriere della Sorellanza radunate, «Organizzeremo una spedizione, preparate tutto ciò che serve per una traversata insidiosa.»

«Quanto a te, vecchio,» il mio sguardo colmo di disprezzo si posò sul priore, «se il tuo dio vorrà, ci rincontreremo.»

Accogliendole mie parole come se fossero un buon auspicio, congiunse le mani e,sorridendo, mi rispose: «Siate benedetto nel nome del padre.»

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