Romeo e Giulietta
Beatrice osservava le stelle. Erano circa le 21 e accanto a lei, sul tavolino in mogano che aveva sistemato sul balcone, c'era l'ultima fetta di pizza Margherita. Si accese una Chesterfield e chiuse gli occhi, cercando di rallentare il battito del suo cuore. Tamburellava nervosamente con le dita la copertina rigida del libro che aveva letto per tutto il pomeriggio e che l'aveva catapultata nel mondo di Catullo e Lesbia.
I capelli ricci e scuri le cadevano delicatamente sulle spalle e le rendevano il viso ancora più tondo, abbellito dai suoi occhi color ghiaccio e da due guance paffute. Si era truccata quella sera. Aveva messo un filo di eyeliner e un rossetto color pesca, per far risaltare le labbra non troppo carnose. Voleva apparire carina agli occhi di uno sconosciuto che non sapeva neanche se l'avrebbe raggiunta.
Il Civico 77 era chiuso quella sera. Attorno alla mora un silenzio assordante. Non avrebbe potuto ingannare il lento scorrere del tempo osservando e ascoltando le storie che varcavano il suo ristorante di fiducia. Non aveva mai messo piede all'interno del locale ma era grata per lo svago che dava quasi ogni giorno alla sua monotona vita.
La curiosità e il nervosismo la stavano divorando. Tutte le sue insicurezze si stavano facendo spazio cancellando il sorriso che le era apparso sul volto ripensando alla sera precedente.
Si riteneva una stupida.
Un nodo allo stomaco le impediva di fare qualsiasi movimento e una lacrima salata le rigava il viso: sapeva di delusione e falsa speranza.
Per due ore la mora era rimasta lì ad attendere la venuta di quel ragazzo che aveva avuto la forza di stregarla con un sorriso timido e uno sguardo incerto. Era stanca di essere presa in giro da una vita che le stava facendo la guerra senza un motivo valido. Portò sul tavolo della cucina il cartone con la pizza e tornò fuori. Prese le sue Chesterfield, il libro che aveva riposto sil tavolino e distrutta, stava tornando dentro casa quando una voce maschile risuonò in tutta Via Degli Ulivi, alle 23.
《Ehi, scusami! Non entrare, per favore.》 Il ragazzo dai capelli ricci e dal sorriso timido si era piazzato sotto il balcone di Beatrice. La mora poteva osservarlo bene. Aveva gli occhi che sembravano due pozze scure e un viso ovale contornato da lunghi capelli ricci.
Lorenzo si era armato di tutto il coraggio che aveva pur di fermare la ragazza di cui si era invaghito e, appena la vide bene in volto, ringraziò le stelle per avergli fatto conoscere quella dea. Aveva due occhi grandi e chiari- giurò fossero i più belli che avesse mai visto - un viso scarno e due labbra poetiche. Era affascinato quanto immobilizzato. Avrebbe voluto riprodurre la scena del balcone di Romeo e Giulietta ma a mala pena riusciva ad aprire bocca e spiccicare parole. Aveva notato che negli occhi della mora era apparsa una luce diversa, sapeva di speranza.
Beatrice era sbalordita. Lui era lì. Ed era stupendo. Sul suo volto le labbra si inarcarono formando un sorriso alla visione di quel timido ragazzo che per l'imbarazzo aveva abbassato lo sguardo e si era portato la mano dietro la nuca.
《Sei arrivato.》 Disse lei senza pensarci troppo su. Voleva rompere il ghiaccio.
《Sì, ci ho messo un po' di tempo perché non sapevo cosa fare.》
《Cosa vuoi dire?》
《Beh, mi presento sotto casa tua dopo che ieri sono rimasto a fissarti per qualche minuto nella penombra. Avrei potuto sembrarti uno stalker o un cretino.》
In Via Degli Ulivi risuonava la dolce risata di Beatrice. In vita sua, Lorenzo non aveva mai sentito un suono così delicato e soave da far concorrenza alla musica classica che ogni tanto si concedeva di ascolatare.
Nonostante i metri che li dividevano, il ragazzo era riuscito a scrutare ogni singolo particolare di quel volto visibilmente martoriato dalle lacrime e dalla sofferenza.
'Bella e dannata' pensava tra sé e sé mentre continuava a osservare esterrefatto la bellezza della mora.
I due rimasero in silenzio per qualche minuto, guardandosi incessantemente negli occhi. Il silenzio era il sottofondo perfetto per un momento così intimo e speciale. I cuori di entrambi battevano all'unisono una danza lenta e sensuale. Sorridevano, ogni tanto abbassavano lo sguardo. Nessuno dei due aveva la forza di interrompere quel momento magico.
Beatrice sentiva una strana sensazione. Per la prima volta sentiva il bisogno impellente di abbandondare il suo appartamento, il suo porto sicuro e raggiungere il moro. Le era bastato guardarlo per qualche minuto per tornare a vivere.
《Io mi chiamo Lorenzo, tu sei?》
《Beatrice.》
Entrambi accennarono un sorriso e nei loro occhi, era scoccata una scintilla.
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