Rinascita
Durante quella calda sera di agosto, Beatrice e Lorenzo si erano scambiati più sguardi che parole. Non era un questione di timidezza o paura, ma amavano entrambi quel silenzio complice che animava quell'incontro furtivo. La notte lasciava spazio al sorgere del sole e il moro, guardando quel cielo limpido e calmo, aveva capito che doveva tristemente salutare la sua dea e tornare a casa.
《Io..io devo andare.》 Disse abbassando lo sguardo, dispiaciuto.
《Oh, nessun problema.》 Bea accennò un sorriso che rincuorò Lorenzo.
《Posso avere il tuo numero di telefono?》
《Preferirei non urlarlo..scendo un attimo da te.》
Beatrice non credeva alle cose che aveva appena detto ma le sembrava la cosa più corretta da fare per quel dolce ragazzo che aveva avuto così tanta pazienza da rimanere tutta la notte sul muretto accanto all'entrata del Civico 77.
Il moro aveva iniziato a tremare come una foglia quando Bea sparì dal davanzale per dirigersi da lui. Non sapeva cosa fare, come muoversi, come salutarla, se darle un bacio sulla guancia o una stretta di mano. Il panico assoluto.
Beatrice stava uscendo dal grande portone e Lorenzo, come un soldato sull'attenti, la stava aspettando, tesissimo. Ma quando la vide a un centrimetro da sé, quella paura e quelle insicurezza svanirono in un secondo. La figura alta e snella della mora, poco più alta di lui, avevano lasciato spiazzato il moro, gli occhi color ghiaccio erano così grandi da lasciare il moro incantato e la pelle candida era ben curata e apparentemente morbida. E poi le labbra. Lorenzo si era soffermato ad osservarle per qualche minuto.
Gli era venuto quasi istintivo portare la mano sulla paffuta guancia della mora, accarezzandola delicatamente. Si accorse solo qualche minuto dopo del gesto inconsueto e scortese che aveva appena compiuto e riportò la mano lungo il fianco.
《Scusami.》 Disse mortificato.
Beatrice, di tutta risposta, prese la calda mano del moro e, incastrando perfettamente i suoi occhi con quelli del tenero ragazzo che aveva davanti, la riportò sulla guancia.
Per un attimo Lorenzo avrebbe giurato di non sentire più le gambe per la forte emozione che stava provando. Lui, così impacciato e maldestro era davanti alla ragazza più bella che avesse visto. E lui di ragazze attraenti ne aveva viste ma nessuna di quelle era stata capace di trovare l'accesso per il suo cuore e la sua mente. Si limitavano a qualche complimento che Lorenzo riteneva futile quasi quanto il loro tentativo di provarci spudoratamente con lui.
Beatrice era riuscita senza muovere un muscolo a farsi strada tra i pensieri del moro, dove giaceva indisturbata. Sapeva bene che quegli occhi color ghiaccio l'avrebbero perseguitato in ogni singolo momento della sua vita, ormai stravolta.
Lorenzo prese dalla tasca del jeans il suo cellulare e lo passò a Beatrice che digitò velocemente il numero. Il moro doveva tornare a casa altrimenti, nonostante i suoi 24 anni, sarebbero stati guai per lui.
Era arrivato il momento del saluto. Impacciati e imbarazzati optarono per un veloce bacio sulla guancia. Rapido e indolore.
《Ciao, Bice.》 disse il moro prima di incamminarsi verso casa, con i raggi del sole appena apparso in cielo che illuminavano la via di ritorno.
"Bice? Mi piace." Disse lei ripensando al soprannome che le aveva appena attribuito Lorenzo
Bea salì lentamente le scale, desiderava che quell'incontro fosse durato ancora un po'. Entrata nell'appartamento, si lasciò scivolare lentamente sul pavimento, mettendosi le mani in faccia e...sorridendo. Semplicemente. Sul volto le era apparso un tenero sorriso spontaneo. Beatrice era felice per la prima volta. Le sofferenze che avevano caratterizzato gran parte della sua vita e che erano state nascoste accuratamente dentro qualsiasi cellula del suo corpo, avevano lasciato spazio ad una felicità incontrollata e pura.
Quando Lorenzo tornò a casa, trovò Margherita sveglia. La ragazza, che lavorava in un negozio di abbigliamento vicino la loro abitazione, era solita alzarsi alle prime luci dell'alba e dedicarsi a se stessa prima di affrontare un'altra giornata piena di impegni. Quella mattina, Gheta - come la chiamava Lorenzo da piccolo - aveva notato qualcosa di strano. Suo fratello non era tornato a casa con lo sguardo basso, chiudendosi in camera sua senza neanche degnarla di un saluto, ma le si avvicinò con un sorriso smagliante che pensava non avere mai visto sul suo volto, sempre occupato invece da un'espressione fredda, quasi apatica.
《Buongiorno sorellina.》 Il moro le stampò un bacio sulla guancia, le fece qualche complimento sul nuovo colore di capelli - da un biondo cenere a un nero pece - e se ne tornò in camera con passo lento e soddisfatto.
Gheta non ebbe il tempo di fiatare, era sconvolta da ciò che stava accadendo. Ma guardando l'orologio si era accorta di non avere tempo per delle spiegazioni e le rinviò alla sera. Voleva capire cosa stesse accadendo al suo adorato fratellino.
Beatrice intanto stava decidendo cosa indossare. Voleva andare a trovare i suoi genitori e informarli della sua nuova conoscenza. Si sentiva strana. All'improvviso, tutte le insicurezze che avevano avuto possesso di lei fino a qualche giorno prima, sembravano affievolite magicamente. Al centro dei suoi pensieri non si trovavano più l'ansia e la paura ma lui, Lorenzo. E ogni volta che si accorgeva di ciò, un sorriso faceva capolino sul suo volto, allontanandola maggiormente da un passato doloroso. Optò per una semplice maglietta bianca e un pantaloncino nero, un filo di trucco e un paio di scarpe da ginnastica. La comodità prima di tutto. Armata di una buona dose di coraggio e di positività, Beatrice uscì dalla porta del suo appartamento.
Era sicura che il moro le avesse dato la possibilità di rinascere.
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