He's not her hero

Lui.
In tutta la sua stazza, la sua muscolatura, la sua criniera folta e castana che rendeva quei due occhi cangianti un taglio misterioso all'aspetto trasandato.
-Non sono tutti eroi questi personaggi.
Disse risvegliandola dalla visione magica, riponendo la rivoltella in tasca.
-Risparmiati la sorpresa donna: in questa città sono già leggendario per tutti i cittadini.
Continuò con tono annoiato, quasi come se il fatto di essere famoso non gli piacesse affatto, anzi.
Forse era stufo di essere trattato come l'uomo venuto dal passato, come quello che racconta com'erano le cose nella sua epoca, come un manufatto in un museo che viene costantemente osservato
Indossava un grosso cappotto con il tipico cappello del film, il che rendeva tutto molto realistico e più difficile da affrontare per Dakota Rain. Con amarezza dovette reprimere quella funesta voglia di saltargli addosso, decidendo che maschera indossare con il re della finzione.
-Qualunque cosa accada promettimi che starai alla larga da Daniel Dark. Dio solo sa cosa farebbe ad una ragazzina indifesa come te.
Aggrottò le sopracciglia.
-Dovrebbe conoscermi prima di darmi della ragazzina indifesa, signor Holmes.
Il detective fece trasudare un lampo dai suoi occhi che poi divenne tempesta imminente quando prese due passi per avvicinarsi e sovrastarla mentre passava lo sguardo sul suo corpo senza desiderio, nemmeno quando si soffermò sui seni come ogni uomo. Le girò attorno come un boa che si prepara a soffocare la preda, sfiorandole il collo con la spalla.
-Confermo la mia affermazione signorina. Le consiglio di seguirmi senza fare domande altrimenti sarò costretto ad insistere e mi creda quando le dico che non vorrei farlo.
Camminò davanti a lei, le mani dietro la schiena, tenendo un passo di marcia che la fece rimanere indietro ancora sbigottita. Cercava di ricordarsi il modo in cui la stava guardando: come se fosse capace di ucciderla senza troppi problemi oppure....l'altra faccia della medaglia ancora non la conosceva.
Quando la richiamò lei corse per raggiungerlo, ma per l'emozione inciampò in un ciottolo rialzato del marciapiede, sbilanciandosi in avanti con già il sapore della caduta sulla pelle.
-Stia attenta!
Sbottò Sherlock Holmes, afferrandola per la manica della maglietta e riuscendo a rimetterla in piedi.
La stava portando a casa sua, lo capì quando entrò e fu subito fine ottocento.
-Signor Holmes, è lei?
Sorrise riconoscendo quella voce antipatica e stanca del suo lavoro, guardando le pareti com'erano particolari, l'arredamento, tutte cose viste al museo ora prendevano vita. Una lacrima di commozione corse sulla sua guancia, cadendo sul pavimento in moquette anch'essa fuori dal suo tempo.
-Per l'amor del cielo contenga la sua emozione!
Borbottò il detective salutando aspramente la signora Hudson.
-Una femmina?!
Esclamò esterrefatta la vecchia padrona puntando un dito verso la Cheyenne che si sentì come l'amico che assiste alla litigata tra figlio e genitore.
-Si, l'ho portata per divertirmi quindi adesso torni da dove è venuta...nonnina.
Marcò con disprezzo a due soffi dal suo volto, sorridendo arrogante per farla sbuffare e tornare nelle sue stanze.
Dakota Rain si accorse che con Sherlock non aveva maschera, non ci riusciva, se non quella della ingenuità e stupidità che offuscavano la sua identità da detective come lui.
Era soltanto troppo felice di poterlo incontrare, l'emozione gioca brutti scherzi.
-Venga con me.
Lo seguì per le scale, giungendo nel leggendario, solo ed unico salotto che racconta tante storie ma solo due narratori.
Non c'era bisogno di descriverla.
La fece sedere dopo aver chiuso a chiave la porta e tirato le tende, accendendo il bel lampadario che pendeva sopra le loro teste. Si tolse il pesante cappotto, indossando una fine vestaglia cremisi che ondeggiava quando camminava.
-Sei qua per quale motivo?
Senza formalità: voleva una risposta ora e subito.
-Perché importa così tanto?!
Sherlock indurì lo sguardo.
-Signorina modera i toni.
La sgridò facendola sentire per la prima volta inferiore a qualcuno.
Dakota Rain assunse l'espressione massima per fingere sincerità, ma se una cosa non è vera non esiste modo per falsificarla.
-Volevo soltanto trasferirmi.
Disse alzando le spalle e stravaccandosi con nonchalance, comportamento che fece irrigidire il nobile ottocento rabbrividendo dinanzi a cotanta sfrontatezza da parte del nuovo millennio.
-Si comporti con rispetto insomma!
Sbraitò facendola sussultare, con la mano dalle nocche rosse protesa verso di lei la convinse a sedersi elegantemente incrociando le gambe. Non poteva deluderlo, doveva essere qualunque cosa lui volesse che fosse. Soltanto che Dakota...mai fidarsi di Sherlock Holmes.
-Devo cercare una persona.
Si protese verso di lei, allungano le mani e congiungendole con le lunghe dita unite sotto il mento, una posizione che le fece tremare il cuore.
-Scommetto che è la stessa persona che sto cercando io per porre fine a tutto questo.
Sussurrò ma riuscì a sentirlo.
-Chi ha incontrato fino ad ora?
-Larry Paul, Alex Finch, Julian Wells, Ian, Tony Stark e Hank Palmer.
A quel nome Sherlock sobbalzò strizzando gli occhi e facendo sì che lo guardasse dritto nelle pupille.
-Quell'uomo non lo devi vedere mai più, chiaro?!
Indignata rispose.
-Non dirmi cosa posso o non posso fare, chiaro?!
Scatenò l'ira del detective che rabbioso si alzò tirando un calcio al tavolino e ribaltandolo, stringendo i pugni mentre la guardava con sguardo infuocato.
-Donna stai rischiando.
Disse estremamente maschilista.
Dakota si alzò senza timore, facendogli capire che nell'epoca moderna non si trattano più così le persone.
-Io rischio quanto voglio.
-Bene! Allora hai perso l'unica protezione per ciò che avverrà, anzi forse potrei essere io il tuo assassino!
Le gridò dietro minaccioso, lasciandola scappare via a casa.
Aveva sbagliato: non è il suo eroe.




*dormo. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

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