- 49 - Let's Play
SON TORNATA!
Non ci avrei mai giurato.
La revisione è ufficialmente finita e finalmente, cazzo!
Scusate, ma è stato un lavoraccio, sopratutto dal punto di vista emotivo: tornare indietro, vedere certi strazi e pensare che li avevo scritti io (ew), e intanto trattenere la voglia di mandare tutto al diavolo e continuare il libro.
L'importante è che ora sono qui, pronta a portare avanti la storia, che
ATTENZIONE
da ora in poi sarà narrata in terza persona, per aver un racconto sinottico.
Volevo ringraziare: zaruchan e wanderingheath (sono ottime scrittrici) per alcuni piccoli, ma preziosissimi consigli; i miei amici e il mio ragazzo che mi hanno incoraggiata a sbloccarmi da un fermo emotivo e tutti quelli che seguono e sostengono City Lights.
In alto c'è il mio diario, che ho decorato così perché sono una maniaca. :333
Detto questo vi lascio alla lettura, mie care creature.💕
«Allora?», Tyler esortò le due a parlare, curioso e completamente all'oscuro del motivo per il quale si trovasse a casa delle sua collega, Sofia, seduto al tavolo con lei e la sua migliore amica - da quanto aveva capito.
La padrona di casa prese un respiro profondo, sentendo che i pensieri quali le affollavano la testa dovevano ancora esser riordinati. Sapeva che stava per chiedere un grosso, pericoloso e delicato favore al ragazzo.
«Tyler.», iniziò guardandolo dritto negli occhi nocciola, un poco scuriti dall'ombra che la bombetta nera gli proiettava sulla fronte corruciata.
La curiosità lo stava divorando e quindi iniziò a sistemarsi i corti capelli rossicci, impazziente.
«Devo chiederti un aiuto, ma prima di accettare devi sapere che potrebbe esser rischioso e devi promettermi che andrai fino in fondo, stando attento.»
«O-ok.», si limitò a dire confuso. Si girò a guardare l'amica di Sofia, sorprenendensosi, per almeno la terza volta, della quantità dei suoi capelli castano scuro.
Incrociò per un secondo gli occhi tenenti al nero della ragazza, che parvero volerlo tranquillizzare, nonostante facessero parte di un volto, un'espressione tesa.
Giulia guardò l'altra, notando la sua reticenza a spiegare cosa la turbava, quindi prese le redini del discorso, giunto ad un punto morto.
«Detta in parole spiccie tu devi pedinare una persona e riprenderla, non so, con il cellulare o ancor meglio con una telecamera.»
«Perché?», sbottò il pel di carota, allarmato, «Sof, ti rendi conto che potrei esser denunciato per stalking?», si rivolse alla ragazza, che altrettanto agitata, iniziò a sistemersi la montatura nera degli occhiali sul naso.
Si portò un boccolo castano dietro l'orecchio, che muovendosi sotto alla luce diede vita a dei riflessi d'orati.
«Lo so, Ty, ma davvero, sei l'unico che può aiutarmi. Aiutarci.», Sofia rivolse un'occhiata all'amica che annuì.
Tyler si concesse dei lunghi attimi per riflettere. Era sempre stato una persona disposta ad aiutare, ma fino ad un certo limite. Di fatto voltare le spalle ad un amica non era da lui, i suoi buoni principi glielo impedivano, ma Sofia si poteva definire davvero un'amica? Erano colleghi, sì, piacevoli conoscenti che lavoravano assieme, spalleggiandosi in molte occasioni, ma "amica" era un'etichetta che pretendeva di più da un rapporto.
Forse, questo la porterà all'altezza di quel termine; questa è un'occasione per diventarlo, pensò dubbioso.
Sospirò, ancora indeciso.
«Potrei prima sapere di cosa si tratta?»
Sofia sorrise, ritrovando un barlume di speranza che quella semplice domanda le irradiò nel petto.
«Prima giura che quello che sto per dirti rimarrà tra noi tre.», ordinò con tono solenne, fissandolo dritto negli occhi. Il rosso annuì e si sistemò meglio sulla sedia, pronto ad ascoltare, incrociando le braccia al petto coperto da una meglietta nera, completamente a contrasto con la sua pelle marmorea.
«Cerrie si è rifatta viva e abbiamo ragione di credere che sia pericolosa, o almeno che abbia intenzioni tali. Vedi, siamo certe che tra lei e Ryan ci sia qualcosa, sincera da parte sua, ma non da lui; siamo convinte che nutra sentimenti per Chris e che quest-»
«Stop, stop, stop!», la interruppe chiudendo gli occhi, frastornato. Scosse la testa per scrollarsi di dosso tutte quelle informazioni strane.
«Intendi dire che Ryan è gay? Ma scusa, Chris sta con Charlotte. Sof, già non capisco più nulla.»
«Ryan... Ryan probabilmente non è soltanto gay, ma innamorato di Chris e sono certa che la cosa sia reciproca; ne ho avuto qualche prova.», iniziò a spiegare la sua collega agitandosi sulla seduta.
«Ma Charlo-»
Ancora?, Sofia roteo gli occhi, lasciando all'altra la parola.
«È una semplice pedina, per Chris. Di sicuro la usa per far ingelosire Ryan e, forse, anche come ripiego; ha bisogno di qualcuno, di amare qualcuno, anche per finta.»
«E di risposta Ryan fa lo stesso con... Cerrie, giusto?»
Il poveretto si sentiva teletrasportato in una soapopera e già lo detestava, ma almeno iniziava ad intuire ed incastrare qualche tassello.
«Sì!», le due risposero all'unisono, con decisione.
«E secondo me Cerrie - che sarà matta, ma non stupida - ha capito qualcosa. Lo vedo da come guarda Chris con odio-»
«Cosa reciproca.», intervenne prontamente Giulia, interrompendo l'altra che, dopo averle dato ragione con un cenno del capo, continuò indisturbata.
«Siamo preoccupate di quello che possa fare. Non me la racconta giusta, dentro di me so per certo che farebbe qualsiasi cosa; basta vedere come stia giá facendo pressione a Charlotte per portare Cerulli davanti ad un prete.»
«Vuole rendere Chris "fuori gioco" amoroso.», commentò Tyler con le idee molto più chiare, accarezzandosi il mento con fare meditabondo, sentendo un lieve pizzicore alle dita causato dalla barbetta appena accennata.
«E quindi volete delle prove?»
Come un campanello d'allerta, quella domanda riportò le due amiche sull'attenti. Che si fosse convinto?
«Sì.», chiarì Giulia, pur sapendo fosse un quesito retorico, rivolto a sé stesso.
«Va bene.», Tyler allungò una mano affusolata verso quella di Sofia, stringendola per sugellare il patto.
Dal tronde sarebbe stato interessante, come un gioco rischioso ed eccitante, vissuto dal vivo; non aveva nulla di meglio da fare, niente da perdere.
Che tristezza, pensò amaramente il ventiseienne, mordendosi un labbro sottile.
«Non una parola con gli altri.», intimò lei, guardandolo scrupolosanente e continuando a stringergli la mano.
Rispose al suo sguardo d'intesa, elettrico ed intenso.
«Con nessuno.», giurò sciogliendo la stretta.
Il gioco iniziava.
«Sono trentasei dollari e quaranta.», Tyler si costrinse a sorridere alla cliente che non ricambiò perché intenta a trovare il portafogli nella borsa.
Iniziò ad estrarne un gran marasma e a poggiarlo sulla cassa; scontrini vecchi, chiavi di casa, chiavi dell'auto, biglietti di visita consunti, burro-cacao, monetine solitarie e quant'altro.
Il ragazzo guardò la cassa d'epoca annoiato, aspettando che la donna trovasse quei dannati 36,40 dollari.
«Eccolo!», esultò quella, aprendo il borsellino ed estraendone una carta di credito.
Non è possibile!
«Scusi, ma la carta non è addebitata, non funziona.»
«Come?», domandò incredula la donna rimanendo contradetta.
«Si sarà smagnetizzata.», minimizzò Tyler, stanco, «Vuole pagare in contanti?», chiese il più cortesemente possibile.
«Non ho dietro nulla, scusi.»
Lei iniziò a buttare tutto quanto nella borsa, alla rinfusa, per potersene andar via a mani vuote.
Chiese di nuovo scusa, mortificata mentre il commesso le sorrise di circostanza, esausto e innervosito.
Ora gli toccava risistemare tutta la merce in ogni parte dell'emporio, sforzandosi di ricordare a quale punto appartenessero i vari oggetti.
Il campanello della porta suonò, preannunciando l'arrivo di Sofia, in ritardo ed affannata seppur fossero ad inizio primavera; non faceva molto caldo.
«Sof!», il rosso le corse incontro, con ancora roba in mano, non appena posò gli occhi sulla sua bassa figura.
«Grazie a Dio.», si lasciò sfuggire sollevato.
«Tutto bene?», chiese la collega accigliandosi mentre si toglieva la sciarpa dal collo.
«No, affatto. Devo parlarti.», rivelò lui in tensione.
«Ok, dammi solo un attimo.», Tyler glielo concesse annuendo e seguendola sul retro del negozio dove depositò cappotto e sciarpa, mettendosi al braccio un grosso bracciale rosso.
Era l'unica cosa che distingueva lo staff dai clienti dato che non esisteva una vera e propria divisa.
«Quelle occhiaie?», osservò Sofia incuriosita.
«Non ho chiuso occhio.», rivelò.
«Ciao!», salutò Vanessa, altra commessa del posto, alta e magra, quasi sottopeso.
Anche Sofia le rivolse un saluto sbrigativo per poi riconcentrarsi sul giovane.
«Non dirmi che ci hai ripensato.»
«Nono!», si apprestò a rispondere, «No... Ma si tratta di quello.»
L'altra alzò un sopracciglio, spronandolo a parlare.
«Non ho neanche idea di come comportarmi.»
«Devi solo seguirla, nulla di difficile.», mentì l'altra per rassicurarlo.
Di certo non era facile: doveva esser sempre pronto a pedinarla, rimanendo ad una distanza tale da non esser nè troppo vicino - facendosi notare - nè troppo lontano - rischiando di farsi sfuggire dettagli salienti.
«Quando la spii cerca di confonderti con la folla, di esser indifferente. Renditi difficilmente riconoscibile.»
«Va bene.», sospirò arrensivo, «Esattamente quando la dovrei stalkerare?»
«Non è stalking, è investigazione.», lo correse Sofia, legandosi i capelli in una coda alta ed uscendo da là, dirigendosi alla cassa.
«Sof.», il suo sguardo era critico e la sua voce eloquente.
«Che pignolo. Chiamiamola "investigazione illegale", ok?»
«Suona malissimo!», la rimproverò poggiandosi sul bancone.
«Ma è a fine di bene.», sottolineò la castana, guardandosi attorno con scrupolo.
«Tu, per favore, limitati a seguire le mie indicazioni.», gli chiese con tono morbido, ma vincolante.
«Va bene...», acconsentì nuovamente, buttando la testa all'indietro.
«Il mio turno è finito; me ne vado a far una bella dormita.», annunciò togliendosi il bracciale ed allontanandosi da lì.
«Ci sentiamo.», gli sorrise Sofia prima di iniziare a girovagare per l'emporio, pronta ad assistere qualsiasi cliente.
La ragazza iniziò a camminare posando lo sguardo sulla stravagante merce, senza osservarne davvero i dettagli, era troppo assorta nei suoi pensieri per poter curarsi di ciò che la circondava.
Le sembrava di continuare a correre vedendo il traguardo, ovvero una vita serena, ma proprio quando le mancava un passo dall'arrivo, proprio quando iniziava a pregustarselo, questo si allontanava di nuovo lasciando spazio ad altra strada piena di contrattempi, pericoli e preoccupazioni.
Odiava quella sensazione, detestava doverci convivere, ma non si sarebbe mai lamentata della sua vita.
Di certo Sofia aveva immaginato ed in parte progettato il suo futuro, quale, puntualmente aveva trasgredito ad ogni piano della giovane.
Non aveva pensato di vivere in un altro continente, di sposarsi così giovane con un uomo più grande, di tramutarsi in una mezza-galeotta, eppure non desiderava cambiare il suo passato, ciò che era divenuta.
Dubbi e ripensamenti? Sì. Rimpianti? No.
L'unica cosa che le dava nostalgia era quella semiquiete che caratterizzava gli anni precedenti a quel 16 novembre 2018. Abbassò gli occhi e spostò il bracciale, leggendo quella data impressa ad inchiostro nella chiara pelle del polso.
Ricordò quando se la fece tatuare: Ryan-Ash era esagitata al pensiero di realizzare su Sofia il primo tatuaggio in assoluto; Giulia era lì con lei, a stringerle la mano seppur il dolore fosse flebile, continuava a ripeterle che quello era un atto di automasichismo, ed effettivamente era così.
Ogni volta che vi posava lo sguardo, le tornava in mente il tragico scenario del suo omicidio, ma quella notte rappresentava il suo essere, quella che ormai era la sua vita, perciò le sensazioni evocate da quel "16 november 2016" erano in parte positive.
La ragazza proseguì la "passeggiata", pensierosa, continuando a lasciare il resto del mondo sfocato, rimanendo nel suo esilio mentale. Le piaceva riflettere e crogiolarsi in qualsiasi monologo interiore, pensiero per organizzare la sua giornata o pellicola di un qualche ricordo.
Svoltò a destra, passando un tavolinetto su cui erano impilati dei libri ed un teschio sezionato di sbieco; era un articolo interessante, però ancora nessuno lo aveva comprato, lasciando alla castana l'idea di appropriarsene - se solo non fosse costato un po' troppo.
«Ciao, Dave.», salutò il cranio e andò avanti nella sua camminata lenta, ancora intenta ad ascoltare la sua mente piuttosto loquace.
Neanche si accorse della presenza dietro di lei, e dire che era vicina.
Sarà stato per il passo felpato o per la distrazione di Sofia, ma questa proprio non si accorse di chi la seguiva.
La commessa si domandò cosa avrebbe potuto prepararsi per cena; forse sarebbe andata a da Giulia per una serata fatta di pizza e cartoni animati di Hazel, giusto per abbattere la solitudine. Fece l'ennesimo passo ed urtò col piede uno stand da cui cadde una pallina realizzata in legno intagliato.
L'oggetto rotolò davanti a lei finché non si piegò per raccoglierla.
Tirandosi sù guardò tra le sue gambe, vedendone - sottosopra - un altro paio.
Le conosceva bene.
Erano magre e fasciate da jeans neri. Erano pelose e facevano solletico quando si intrecciavano alle sue sotto le coperte. Amava quelle gambe.
«Ow, ti ho rovinato la sorpresa?», chiese lei con tono neutro, mantenendo la posizione e squadrandolo con la testa in giù.
«Ti sei rovinata la sorpresa.», la corresse, «A me invece piace. Già a novanta.», commentò leccandosi le labbra, famelico ed ormonato.
«Siamo in un luogo pubblico!», Sofia tornò eretta e si voltò per dargli un colpetto sulla spalla, sgridandolo e diventando un poco rossa, proprio come una ragazzina.
«Che fai, non saluti?», domanò provocante. Le afferrò un avambraccio e la strinse a sè, baciandola con una tenerezza inaspettata. Aveva previsto qualcosa di più intenso e passionale, ma quella dolcezza le piacque molto.
«Ti sono mancato?»
«Sei stato via solo due giorni, Rick.», minimizzò la moglie, sporgendosi fuori dall'abbraccio per riporre la piccola palla in legno.
«Non sai mentire.», la provocò sorridendo. Era scontato che le fosse mancato, la cosa era reciproca.
«Siete tornati prima, perché?», gli chiese, ignorando la sua frecciatina, e riprendendo la ricognizione per l'emporio.
«Non ha piovuto, quindi abbiamo concluso subito lo shooting. Saresti potuta venire.»
«A New York? Nah...», lasciò in sospeso la frase per potersi allungare e raggiungere il cartellino del prezzo.
Ricky protese il braccio, aiutandola, riportandolo in vista.
«Non mi piace, è troppo caotica.», concluse.
«Perché, Scranton no?», domandò con sarcasmo.
«Lo è, ma meno.», chiarì avviandosi verso la cassa col marito che la seguiva a ruota.
«Programmi per più tardi?»
«Avevo qualche bozza per la serata, ma niente di programmato. Tu cosa vuoi fare?», Sofia rigirò la domanda e guardò il ragazzo, perdendosi un attimo nel suo sguardo felino e limpido.
«Che ne dici di cenare fuori?», propose prendendole la mano e giocherellando con la sua fede.
Lei annuì convinta.
«Solito ristorante cinese?»
«Sì!», esultò elettrizzata, «Prenoti per le 20:00, va bene?»
«Sì, signora.», rispose solennemente, impettendosi. Sofia rise con leggerezza e gli passò una mano tra i capelli.
«Com'è andata oggi al lavoro?», chiese il chitarrista prima di riempirsi la bocca con un raviolo al vapore intero.
«Dopo che sei tornato a casa? Come al solito.», rispose brevemente, con un accenno di noia nella voce.
«La cosa più interessante è stata parlare con Dave di quanto sia noiosa l'estate con tutto quel sole, tutto quel caldo.», disse calcando di disprezzo le due parole.
«Sei innamorata di quel pezzo di ossa. Perché non lo compri?», chiese Ricky divertito. Certo che tra tutte le donne del mondo, ne aveva sposata una proprio particolare.
«È superfluo, non serve. E poi chissà cosa ci farebbe Felix...»
«Tutte scuse. Ho capito, te lo regalerò io per il compleanno.», sentenziò con un tono fiero, che non ammetteva repliche.
«Tesoro, un teschio per il 16 novembre?», commentò giù di tono.
Simbolo di morte in un giorno di morte.
«Scusa... Non ci avevo pensato.»
Ricky sembrava più mortificato del dovuto; quello era un altro argomento tabù tra di loro.
«È tutto okay.», gli strinse una mano sul tavolo con cura, per rassicurarlo.
«Vuoi assaggiare?», domandò subito dopo, indicando il suo piatto di gnocchi di riso con bambù e funghi, giusto per cambiare argomento.
Rick non se lo fece ripetere due volte, allungò la forchetta - perché litigava sempre con le bacchette cinesi - e se li gustò.
«Come va con Cerrie?»
«Con Cer-Cerrie? In che senso?», domandò con la bocca ancora piena.
«Non saprei. Come si comporta, cosa fa... È tutto a posto, sì?», Sof chiese conferma.
«Sì, va tutto bene, è molto gentile. È Chris che non la sopporta, ma non ci facciamo caso, Chris non sopporta nessuno da mesi ormai.»
Calò il silenzio al loro tavolo, per pochi secondi, abbastanza per lasciarli meditare cullati dai rumori circostanti, dalle chiacchierate indistinte degli altri commensali.
«Sei andato a trovare Ryan?», interruppè il silenzio la ragazza, guardando l'amato ritornare presente.
«Sì, prima di tornare a casa. Gli ho portato le ciambelle glassate alla fragola.», Ricky sorrise, intenerito al pensiero di Ryan felice.
Gli sembrava si stesse rimettendo, o almeno così lo stava ingannando la sua speranza. Le condizioni del chitarrista erano ancora stazionarie, ma Rick non voleva rassegnarsi, non osava nemmeno immaginare un peggioramento nel migliore amico; semplicemente, nella sua mente, Ryan non poteva non esserci nella sua vita.
«Amore, tutto bene?», le chiese notando che le iniziavano ad inumidirsi gli occhi.
Lei annuì con veemenza, cercando di ricomporsi subito.
«È solo che spero che torni tutto come prima, il più presto possibile. Mi fa male vederlo ridotto così, in ospedale.»
Si strinsero le mani ancora più forte, per confortarsi, fondere il loro dolore e combatterlo assieme.
«Mi mancano le sue battute fuori luogo durante le serate tutti assieme.», Sofia sorrise tristemente, tirando su col naso.
«Anche a me, ma vedrai che ce ne saranno altre.», la rincuorò Ricky, con sguardo fiducioso. Le sorrise, rasserenandola per qualche istante.
Lei alzò gli occhi, percependo una sgradevole e familiare sensazione di tumulto alla bocca dello stomaco.
Affrontò per una frazione di secondo quello sguardo rosso e vivido.
La odiava.
Lei si dissolse subito, indisturbata.
Sofia, come se nulla fosse, tornò a guardare la sua dolce metà, ricambiando a stento il sorriso.
«Lo spero.»
Gente, ce l'ho fatta!
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