- 43 - Chris' Debt

(Ricky Horror - "Black Damask" music video)


Karma cingeva Ryan con un braccio che spuntava dal tessuto nero della mantella.
La sua pelle era marmorea, la tinta lattiginosa era screziata dal disegno delle sue vene, di un macabro color violaceo, tendente al nero.
Le sue unghie si strinsero attorno alla spalla di Ryan, sgualcendogli il soprabito.
«...Anche Cerulli.»
Parole minacciose, che presagivano il peggio, che non lasciavano scampo.
Era come se il tempo si fosse fermato, avesse preso una pausa per assistere meglio al fatto, concedendosi di tremare d'inquietudine, intimorito.
Gli occhi di Rick erano terrorizzati, esattamente come i miei.
Cercai di muovermi, di raggiungere il mio amico, di avvisarlo, di salvarlo; ma una gelida paura mi bloccò.
La figura di Ryan cominciò a sbiadirsi, a diventare evanescente fino a scomparire nel nulla, lasciando spazio soltanto ad un agghiacciante urlo di dolore puro.
Il suo.

Mi risvegliai di soprassalto.

«Ryan...», sussurrai col fiato corto.
Era solo un incubo. Un incubo così reale da accapponare la pelle.
Mi trovavo sotto un candido e leggero lenzuolo, così fine da sembrare tessuto dagli angeli.
Ne strinsi un lembo, così sperando di attenuare il tremore delle mie mani. Ancora frastornata e confusa mi guardai attorno individuando le valigie ancora da disfare davanti la porta e Ricky appoggiato alla ringhiera del balcone, a fumare e godersi la vista sull'oceano Pacifico.
Era in controluce e la sua sagoma nera lasciava intuire i capelli scompigliati e i pantaloncini del pigiama.
La camera dell'albergo era a soqquadro, dopo la notte di fuoco con Rick. Si dice "consumare il matrimonio", no?

Cercai di fare mente locale, tenendomi la testa tra le mani, ancora troppo confusa.
Mi trovavo in una camera d'albergo alle Hawaii, in luna di miele, con noi c'erano Giulia e Devin, nella stanza affianco.
Ryan e Chris avevano litigato veramente, di quello ero certa, ma Karma e il prezzo per Chris, quello era vero?
Non riuscivo a ricordare.

«Rick!», lo chiamai con un tono di voce più alto e disperato di quello che in realtà volevo.
Lui si allarmò e mi raggiunse sedendosi sul letto.

«Hai una pessima cera.», commentò preoccupato, dopo aver spento la sigaretta. Poggiò una mano sulla mia fronte sudata e constatò che il mio battito era accelerato.

«Cosa è successo a Ryan?», domandai ansiosamente, «Non ricordo.»

«Intendi al ricevimento? Se n'è andato, come al matrimonio di Devin.», mi chiarì.

«Tutto qui? Era solo, completamente solo quando se ne è andato?»

«Sì.», mi confermò Ricky con calma, alleviando in parte le mie paure.
Continuavo a sentirmi agitata a riguardo: quell'incubo era troppo realistico.
Quello sguardo rosso e spietato, quell'aria grave, quell'avvertimento.
Che fosse un sogno premonitore? Come ne aveva già avuti Rick.
Spinta dalla preoccupazione, gli afferrai il polso, facendogli incontrare il suo sguardo stupito con il mio spaventato.

«Ho fatto un sogno.», iniziai.
«Riguarda Ryan.», presi fiato e lui mi fissò in attesa di altri dettagli.
«E c'era anche lei.», il tono si fece più serio pronunciando la sua presenza, tanto che Ricky sussultò e strinse le labbra in una linea dura.
«Se lo portava via, dicendo che anche Chris avrebbe pagato il prezzo.»

Rick si alzò di scatto dal letto, cogliendomi di sorpresa e facendomi perdere qualche battito: ero troppo agitata.
Iniziò a fare su e giù per la stanza, fino a fermarsi e prendere un respiro profondo. Si girò e con sguardo scosso, «Cosa pensi voglia dire?»
Lo guardai con eloquenza.
«Intendo dire: siamo sicuri che debba per forza pagare con la morte?»

«Cosa intendi?», chiesi corrucciando lo sguardo.

Sospirò e si passò una mano sul volto, come stremato dallo sforzo di pronunciare quelle parole.
«Io devo morire perché è morto un uomo per mano tua, ma Chris non ha mai assassinato una persona, che io sappia.»

«E tu sai un qualcosa riguardo il suo passato che deve pareggiare con la sorte?», chiesi ricevendo uno sguardo che rispondeva da sé.
«Cos'è, Rick? Cosa ha fatto Chris?», domandai perentoria, sapendo che non era sua intenzione rivelarmelo.

«Non ti riguarda.», tagliò corto, guardando altrove.

«Ryan è anche amico mio!», mi opposi al suo mutismo.
«Mi riguarda eccome! Io voglio bene a quello sconsiderato ed emerito idiota...», una lacrima sfuggì dai miei occhi.

«Calma.», Rick cercò di consolarmi, avvicinandosi a me per abbracciarmi, ma lo scansai.

«Non cercare di farmi star meglio con baci e abbracci quando sai benissimo che basterebbe dirmi cosa sai!», lo rimproverai con tono asprò.
Rick abbassò le braccia, protese nell'atto di stringermi al suo petto, sbuffando.

«Non ne sono certo, potrebbe aver fatto altro e...»

«Dimmelo.», ringhiai, «Non girarci attorno. Cos'è di tanto grave, eh? È una cosa così mostruosa da non poterla dire neanche a me?», alzai la voce perdendo le staffe.
Mi asciugai nervosamente le lacrime.

«Va bene!», sentenziò rasentando un urlo da spaccare i timpani.
Si calmò prima di raccontare,.
«All'età di vent'anni Chris, per salvare sua sorella, ha falsificato dei documenti.», sentenziò, rivelando, in realtà, quasi nessuna informazione.

«Dimmi di più.», questa volta il mio tono somigliò ad una pietosa richiesta.

«Lei soffriva di cuore, questo fin dalla nascita: aveva bisogno di un trapianto. Era in lista d'attesa per l'organo, ma il posto le fu soffiato da un bambino che, superstite da una sparatoia, ebbe la precedenza per il trapianto. Non solo Chris era del parere che il bimbo sarebbe molto comunque, quindi, con l'aiuto della sua fidanzata dell'epoca (un'infermiera alle prime armi) falsificò le carte, assicurando il nuovo cuore a sua sorella. Il bambino rimase in coma, a causa dei proiettili nel petto, e morì dopo pochi giorni.»
Rick, finito il racconto, prese fiato e si sgonfiò dalla tensione accartocciandosi su sé stesso.

«Ragazzi! Andiamo, è ora della lezione di surf!», ci incitò Giulia, già in costume, spalancando la porta.
Il suo sguardo entusiasta scemò quando notò Rick, accasciato sul puff con la testa tra le mani e lo sguardo sofferto, e me, in piedi davanti a lui con le braccia conserte e gli occhi rivolti verso il soffitto, per evitare di lasciarmi sfuggire le lacrime di nuovo.
«Tutto ok?», domandò preoccupata, entrando in camera.

«Sì, tutto bene.», mentì Rick, convincendola poco.
«Tu e Devin iniziate ad andare, noi ci prepariamo.»
Giulia si limitò ad annuire mestamente per poi rivolgermi uno sguardo carico di mille domande.
La liquidai con un gesto della mano che lasciava intuire che le avrei spiegato tutto in spiaggia.
Be', non tutto.

«Io scendo. Quanto ti manca?», chiesi a Ricky che era chiuso in bagno da quasi una decina di minuti.
Quanto ci voleva per mettere dei boxer?

«Tra poco arrivo. Scrivo a Ryan il numero telefonico della nostra camera qua, nell'albergo.», rispose da dietro la porta chiusa.
Sitkowski si era offerto di curare il nostro giardino e accudire Felix durante la nostra assenza, come Ryan-Ash e Josh, incaricati da Devin di tener d'occhio Hazel.

Io, Giulia e suo marito eravamo in spiaggia, già armati di tavola fornitaci dall'istruttore che, al momento, stava avvertendo il piccolo gruppo di novelli surfisti riguardo le norme da seguire in acqua.
La mia amica, appoggiata alla sua tavola saldamente conficcata nella sabbia, si guardò in giro ed emise uno strillò di sorpresa.
«Che hai fatto? Ti sei sborrato addosso?», esclamò attirando l'attenzione del gruppo intero.

«Amore!», la richiamò Devin sotto voce, abbastanza imbarazzato.

«Cattiva influenza di Ryan...», si giustificò lei, squadrando mio marito con un misto di divertimento e stranimento.

Ricky si era imbrattato di protezione solare, svuotandone almeno tre tubetti interi.
Un soffio di vento caldo gli spostò una ciocca di capelli sporca di crema in bocca e al sapore del cosmetico, Rick sputacchiò a terra, imbruttendo il volto in una smorfia di disgusto.
«Non guardatemi così!», si lamentò, «Ho la pelle chiara e sensibile!», spiegò risentito da tutti gli sguardi biechi che lo studiavano mentre, con difficoltà causata dalla crema sui palmi, cercò di impugnare la sua tavola che continuava a scivolargli.

«Non dovresti sciacquarti le mani?», tentò Devin mentre si legava i capelli che recentemente aveva trattato in modo da trasformarli in dread-locks.

«No.», rispose Ricky fermamente convinto, «Altrimenti mi scotto.»
Per evitare di perdere la presa sulla tavola, questa volta l'abbracciò, letteralmente, iniziando a correre sul bagnasciuga: fu così che Richard Olson, chitarrista di una certa fama, con la reputazione da intellettuale misantropo e l'aria da duro, inciampò nella sua tavola da surf.
Cadde a terra, riempendosi di sabbia in faccia. Si alzò, ritrovandosi il corpo ricoperto di granelli d'orati.
«Smettetela di ridere, stronzi!», ordinò guardandoci di sbieco.
Rick abbandonò la tavola sulla sabbia, dopo averla scagliata a terra con rabbia, avviandosi alle docce per lavarsi di dosso la protezione.
«Ora vi distruggo!», ci avvisò una volta tornato, inforcando la tavola per i lati.
Questa volta, senza perderla o inciamparci, corse verso il bagnasciuga a rallenty, come i bagnini di Bay Watch.

«Perché acidenti corre a rallenty come un pirla?», si chiese Devin, esasperato dall'amico imbranato.

«Secondo me si sta autocraticando. Di cosa non lo so, ma penso si senta figo.», commentò Giulia, osservando Ricky mentre iniziava addirittura a tirare fuori la lingua, come fanno i Labrador che rincorrono una pallina.

Noi tre, con noncuranza, lo superammo - camminando - fino ad arrivare dove l'acqua ci circondava le caviglia.
«Ti muovi o deve arrivare una tartaruga a deriderti per quanto sei lento?», gli urlò Devin impaziente.

«Sta' zitto e stai attento a non rovinarti lo smalto!», ribatté Ricky e notando la faccia indignata di Devin esclamò, «Boom baby. Nigga nigga on the board!», ed accellerò la corsa fino a lanciarsi in acqua, senza cadere: è da ribadire.

Sdraiò il petto sul legno, lasciando che gli avambracci si gettassero in acqua per nuotare contro un'onda.
Dapprima con un equilibrio precario si alzò sulla tavola, poi stabilizzò il baricentro aprendo le braccia e piegando le ginocchia. I capelli scuri, a constatato con l'acqua pura e chiara, erano animati dalla brezza oceanica.
Sembrava a suo agio e cavalcava le onde cristalline con naturalezza, incantandomi.

«Ehi, Sola!», Rick chiamo Devin, «Beccati questa!», gli mostrò il medio alzato, con irriverenza ed un sorriso dettato dalla rivalsa, prima di entrare nel tubo, trasgredendo alle regole dell'istruttore. Era pericoloso per i principianti.

«Però...! Il pirla non è male senza la crema a farlo scivolare.», notò Giulia estasiata.

«Pirla numero due non si è fatto sentire?», chiese Devin, riferendosi a Ryan, mentre tentava di non scheggiarsi lo smalto fresco di SPA.
Scossi la testa in diniegazione, continuando a seguire Ricky con lo sguardo.

Dopo cinque, lunghe, estenuanti, anche divertenti, ma estenuanti, ore a surfare anche Rick si stancò e decise di farsi una doccia in camera.
«Ti sei divertita oggi?», domandò legandosi un asciugamano intorno alla vita.

«Sì, ma non penso di doverti fare la stessa domanda.», gli sorrisi compiaciuta, iniziando a prendere la crema dopo-sole per mettergliela sulla schiena. Si era ustionato tutta la pelle, ma meno del previsto.

«Lo so! È bellissimo il surf!», iniziò a gesticolare entusiasta, «È da rifare! Sul serio, hai visto come affrontavo le onde?»

«Sì, grande domatore degli oceani.», ridacchiai contagiata dalla sua ilarità, «Non ti sei neanche bruciato troppo.»
Finalmente, per un po', ritrovammo serenità, accantonando le serie di preoccupazione che ci inflisse Karma.

«Ryan?», chiese, più tardi.

Controllai i messaggi sporgendomi dal letto, per guardare il telefono sul comodino.
«Si è fatto sentire. Per bene 107 volte in totale.»

«Tutto sulla segreteria?», chiese Rick con una smorfia dolente.

«No...»

«Grazie a dio!», sospirò di sollievo.

«106 messaggi in segreteria telefonica e un sms con scritto "Viva l'orgasmo!"», precisai smontando la gioia di Ricky.

«Uhm... Ma va questo coso? Quando devo parlare?», poi ci fu un tonfo ed il primo messaggio vocale finì, così come per il secondo con l'aggiunta di un "Non funziona... Regalerò a Rick una nuova segreteria telefonica."
Il terzo messaggio, invece, era tutta una bugia che recitava: "Ehi Rick! Sof! Come va, ragazzi? La vostra segreteria telefonica è tutta intera e va benissimo. È così facile da usare."
Il messaggio si interruppe nuovamente.
Un tonfo.
«Ma sta cazzo di segreteria telefonica del cazzoooo! Non funziona!»

Furono così i primi quindici messaggi, circa. Mentre Ricky rideva senza respiro Ryan registrò che "accidentalmente" la lavanda in cucina aveva preso fuoco e che per spegnerla aveva "leggermente" allagato la cucina.

«Ok. Giorno 1, ore 12:34. Ragazzi, è stata dura, ma ce l'ho fatta
Ryan parlava col fiatone e il tono di un sopravvissuto all'Afganistan.
«È agente Ryan che vi parla e dopo svariati e dolorosi tentativi, la scatoletta di cibo per gatti seniors è stata aperta con relativo successo. È possibile che la salsetta dentro sia schizzata sulle tendine, ma no problem! Le ho lavate con candeggina pura, non trovavo altro. Magari da bordeaux ora sono rosa confetto, ma almeno non puzzano. Le ho spruzzate col dopobarba ed hanno un odore buonissimo

«Rick, è possibile che Felix, il tuo gatto, mi odi. Non so perché, ma più volte ha tentato di gettarmi cose in testa spingendo oggetti dalla mensola. E dire che l'ho trattato bene. Gli ho pure messo i fiocchetti viola in testa per farlo sentire più carino...»

«Basta! Metti in pausa. Non voglio sapere altro.», implorò Ricky sofferente.

«Messaggio 32. Qua tutto bene. Il tagliaerba ha smesso di inseguirmi. Ho rischiato di brutto, ma ora si è schiantato contro la staccionata e fuma. Non è più un pericolo

«Messaggio 55. Dato che Felix ora mi adora ho pensato di tenergli compagnia. Mi guarda sempre con gli occhi quasi socchiusi, con la coda che si muove e le orecchie all'indietro. Deve proprio amarmi! Perciò voglio chiederti scusa, ma avevo fame e mi sono cucinato qualcosina in microonde. Quando ho tirato fuori il piatto, quello era ustionante e l'ho lanciato. È possibile si sia rotto contro un quadro di Sofia...»

Messaggio 74... ci fu un lungo silenzio, poi, qualcosa si mosse vicino il microfono, probabilmente la mano di Ryan che impediva di sentire.
«AHAHAHAH. Vi è piaciuta la battuta? Be', divertitevi, ciao!»
Rick si stampò una mano in fronte, scuotendo lentamente la testa, disperato.

«Messaggio 95. Mi sentivo solo e così mi sono preso la libertà di invitare Melissa a casa tua. Ricordi la sorella di Charlotte, la Sgualdrina di Chris? Ecco: ci ho provato, ma ho palpato la tetta sbagliata, mi sa. Mi ha picchiato con la mazza che si porta sempre a presso e poi mi ha lanciato la lampada che ti ha regalato tua nonna. Sì, quella che costava molto ed era bellissima. Al massimo ti fai dire dove l'ha comprat... Ah, era un cimerio di famiglia, vero... Forse tua nonna ne ha un'alt... Ah già. Tua nonna è morta...»

«Messaggio 104.», piangeva come un bambino, con tanto di soffiate di naso. «Melissa non mi vuole! Come faccio a fare ingelosire chi sai tu?! SONO SOLOOOO!»

«Messaggio 105.», la sua voce era molto più distesa e felice, «Ero triste così sapendo dove tieni certe cassette le ho prese...»

«Tesoro, perché non vediamo un film?», mi chiese Ricky cercando di bloccare il messaggio.
Lo fulminai con lo sguardo, continuando ad ascoltare la voce di Ryan.

«...Che bei ricordi quando le guardavamo assieme in camera tua da adolescenti. Mamma mia quanta roba! Ho notato che erano tutte impolverate, si vede che Sofia è brava... Eppure "Natiche Asiatiche 3" era spolverato. Lo so, lo so. È il tuo preferito, dici che ha una bella trama e hai ragione amico! Un gran capolavoro del porno

«NATICHE ASIATICHE?!», strepitai contro Rick che si fece piccolo, implorando pietà.

«Non è come pensi.», cercò di scusarsi.

«Bene, allora stanotte dormi sul divano o da Devin e Giulia. Tranquillo non è come pensi!», urlai furiosa ed offesa.

«Allora non sei arrabbiata.», esitò per un attimo, abbozzando un sorriso.

«Sì che lo sono, porco che non sei altro!», me ne andai sbattendo la porta che lui riaprì tentando di raggiungermi.
«Vai a fartela con le orientali, le gradisci di più!», esclamai indicando il mio corpo e lo allontanai da me per uscire dall'hotel e raggiungere la spiaggia.

«Sofia! Natiche Asiatiche lo avevo prestato a Vinny! Non l'ho più guardato da quando sei arrivata tu!», mi urlò dalla finestra al 3º piano.
Mi alzai pulendomi dai granelli di sabbia, mentre molti turisti si avvicinarono al nostro spettacolino.

«Non ci credo! Vinny non fa ste cose!», gli risposi, ad alta voce, andando sotto al balcone.

«Posso dire a difesa del film che Natiche Asiatiche è un ottimo porno: integra nella società le minoranze etniche con successo e-»

«Devin fila dentro!», lo sgridò Giulia materializzandosi, anche lei, sul balcone alla destra di quello dove si trovava mio marito. Devin, con espressione demoralizzata, si arrese e ritornò in camera.

Ricky continuò con le scuse.
«Vinny va pure al Marshall Mathers fun club. Quello per ragazze perché ha paura delle risse! Ci sono tante cose che non sai di Vinny e-»

«Non stiamo parlando di Vinny!», contestai mentre la folla attorno a me aumentava e qualche altro curioso sbucava da finestre e balconi.

«Tesoro, posso giurarti di non aver più neanche pensato ad un porno da quando ci sei tu. Sei tu il mio porno preferito!», ammise, convinto di aver proferito la perla di romanticismo dell'anno.
Rabbrividii disgustata dal quel tentativo di lusinghe, chiedendomi se rischiavamo di essere denunciati per conversazioni oscene in luogo pubblico.
«Mi perdoni anche se sono innocente? Ti prego io n-», Ricky interruppe la sua richiesta per rispondere al telefono.
Mi arrabbiai ancora di più, neanche dava la precedenza al nostro litigio, a me. Però, quando riattaccò e mi guardò con quell'espressione così addolorata e stupita, non esitai a raggiungerlo, sentendo già nel profondo del cuore che centrava la salute di Ryan.
In quei giorni erano previsti gli esiti delle analisi.

Sbattei la porta della camera trovandoci dentro Devin che abbracciava sua moglie, mentre si concedeva ad un pianto, e Rick che stritolava le coperte in una mano mentre attenuava lo stress fumando in camera, anche contro il regolamento.
I sensori antincendio scattarono, ma a nessuno di noi quattro importò.

Ryan mangiava a dismisura non per motivi fisici, ma per depressione e stress, causati da Chris. Altro sintomo del suo stato d'animo era l'accanimento sul fumo, il quale aggravò i suoi polmoni fino a generarvi un tumore.
E non c'erano polmoni sani per un trapianto.

Il prezzo di Chris.













- sdrammatizziamo, dai. -

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