- 41 - I Do

L'equilibrio di Chris vacillò per qualche istante a causa della sorpresa, ma Ryan non gli permise di cadere stringendolo a sé.
Gli occhi del maggiore si chiusero lentamente e la sua mente si lasciò andare al tormento di quel bacio dai mille significati. Senza accorgersene le sue mani strinsero ancora di più il volto di Ryan come se temessero che si potesse allontanare per sempre, sfuggirgli dai palmi come sabbia, come il tempo che avrebbe voluto fermare in eterno, in quell'istante.

«È stato uno sbaglio.», sentenziò Ryan, amaramente, con fiato corto, dopo essersi staccato da Chris.

«Ma-», cercò di controbattere quest'ultimo.

«Fammi il piacere di stare zitto.», tagliò corto l'altro, «È stato un errore.», sibilò rabbioso.

«Non è vero!», si scaldò Chris scatenando un ghigno amaro a Ryan che gli dava le spalle.

«Tu credi?», rispose sarcastico voltandosi, «È stata la copia di un errore più vecchio ed è ora di dimenticare tutto quanto. Hai fatto tu la scelta: ora hai Charlotte ed io ho...», esitò e distolse lo sguardo perdendo la durezza del suo tono, «Io ho me stesso e dei bei ricordi, questo mi basta.»
Si girò e si allontanò da Chris accorgendosi della nostra presenza.
«Cos'avete da guardare?», sputò velenoso superando me e Rick, raggiungendo un auto da cui si sbracciava un soccorritore.

«Sei felice? Domani avrai il mio cognome.», la voce di Ricky era più nasale a causa del suo raffreddore.
Il suo viso si nascose nell'incavo del mio collo dove deposito dei baci che ignorai.

«Cosa succede tra Chris e Ryan?», indagai senza tanti giri di parole, scollandomelo di dosso.

«Cosa intendi?», rispose sorpreso sedendosi sul letto.

«Lo sai benissimo cosa intendo. Non ci girare intorno, so che sei a conoscienza di quello che sta succedendo.», risposi schietta, scrutando accortamente ogni sua minima reazione.

«Non è vero.», insistì, convinto di potermi mentire così spudoratamente.
A prescindere dal fatto che si trattasse del suo migliore amico, si vedeva lontano un miglio che sapeva.

«Sono tua moglie e-»

«Non iniziare.», mi interruppe, «Ancora non sei mia moglie e già usi questa formula?», rispose spazientito.
Spalancai la bocca stizzita.
«Non mi dare ordini.»

«E tu non ordinarmi di non darti ordini!», strinsi i pugni.

«Dobbiamo litigare per questo? Perché tra Ryan e Chris c'è qualcosa?», chiese con tono rassegnato.

«Dunque ammetti di sapere.», assottigliai gli occhi e gli serbai uno sguardo inquisitore.

«È il mio migliore amico.»rispose piccato.

«A Ryan racconti i miei segreti, ma non viceversa? E allora perché non ti sposavi con lui?!», mi inviperii.

«Perché a me non piacciono gli uomini come a lu-», si bloccò stampandosi una mano sulla bocca.

«Lo sapevo!», esclamai, «Sei pessimo a mantenere i segreti, sai?», lo schernii soddisfatta.

«Tu sei ottima ad estorcere informazioni, invece. Perché non vai a lavorare per i servizi segreti?»

«Me lo hai già detto quando ho rovinato l'effetto sorpresa della tua proposta.», ammiccai divertita e mi intenerii al ricordo.

«Comunque non ne è certo nemmeno lui da quanto mi ha detto. Magari è solo una fase...», riprese il discorso.

«Oh, certo, Ryan è gay a periodi. Dal lunedì al giovedì con orario continuato?», risposi sarcastica.

«Bisessuale, al massimo.», specificò, «E non è certo.», puntualizzò.

«Avanti, dalla a bere a qualcun altro. I loro litigi, i loro sguardi, come si trattano e toccano. Il bacio!», accentuai l'importanza del fatto con un ampio movimento delle braccia.
«È evidente che quei due si piacciano a vicenda.», trassi le mie conclusioni soddisfatta.

«Io non mi voglio impicciare, comunque.», concluse stendendosi sul letto e sbuffando.

«Tanto ci sei già dentro fino al collo.», lo punzecchiai mentre cercavo il pigiama.
Lo indossai e m'infilai sotto le coperte accanto a Rick che rosicchiava nervosamente una penna mentre nell'altra mano teneva l'enigmistica.
«Posso spegnere la luce? Ho sonno.»

«Mh-mh.», acconsentì con aria assorta, riponendo ciò che aveva in mano.
«Buonanotte.»

«Mh... Notte.», mugugnai rigirandomi nel letto, nervosa ed emozionata per il giorno seguente.

Il salone era illuminato da fioche luci blu e bianche. Le sedie schierate ai lati del corridoio dove sarei passata per raggiungere Rick erano bianche, attaccate ad esse si trovavano fiocchi di neve realizzati in vetro.
Il pavimento di parquet scuro contrastava con le stelle alpine immacolate sparse su di esso.

«Sei pronta?», mi sussurrò Jonathan prendendomi sotto braccio. Annuii tesa e trasalii quando anche mio padre, senza che me lo aspettassi, mi si accostò. Ero decisamente troppo nervosa.

«Avanti, andiamo.», mi incoraggiò papà accompagnandomi verso l'arco di legno bianco dove mi attendevano il celebrante e Ricky.
Strinsi di più le braccia di mio fratello e mio padre sentendo le gambe fatte di gelatina.
La testa pulsava in un modo insopportabile e gli occhi mi bruciavano.

«Non ce la faccio...», dissi con un filo di voce sentendo il respiro venirmi a mancare.
Non mi udirono e mi lasciarono davanti al mio quasi marito che, al mio contrario, sembrava a suo agio nel suo elegante abito gessato nero.

I minuti passavano ed il funzionario parlava a ruota libera, senza che riuscissi a cogliere una sola parola.
Ciò che diceva erano solo suoni confusi ed ovattati, come provenienti da una lontana dimensione astratta.
Persi presto il filo della cerimonia in quanto ero troppo occupata ad ansimare in cerca d'ossigeno, ma sentivo solo un lancinante dolore ai muscoli intercostolari. Strinsi il bouquet sentendo le mani sudate.
Il groppo in gola lentamente si sciolse e la figura di Rick si sfuocò mano a mano che si allontanava da me.
Le luci corolate scomparvero lasciando spazio al buio della mia mente.

«Hai mai visto gli occhi di qualcuno chiudersi per sempre? Scorgendo dalle sue labbra socchiuse la sua anima abbandonarlo?», la mia voce rimbombava senza fine nell'oblio di quel posto che avevo mai visto prima.
«Io no, perché quando la sua gola iniziò a sanguinare e a sporcarmi della sua linfa vitale, i suoi occhi rimasero spalancati, come a fissarmi, a rimproverarmi di averlo ucciso.»
La mia voce echeggiava nel vuoto.
Alzai gli occhi mortificati verso quella presenza femminile incappucciata. Lei mi fissò e scorsi soltanto qualche bozza dei suoi lineamenti delicati. Il suo volto era come se mi ordinasse di dire altro. Era un ordine al quale il mio subconscio non poteva sottrarsi.
«Lo ammetto. Ci sono volte che penso di non meritare Ricky, che non dovrei essere felice al suo fianco perché l'ho conosciuto assassinando una persona.», riabbassai lo sguardo chiudendomi nel mio mutismo.

«Stai tranquilla.», interruppe il silenzio con voce decisa. Era la prima volta che sentivo quel suono, un timbro così graffiante ed aspro. La guardai e anche il suo volto si indurì. Aveva qualcosa di famigliare, quello sguardo, così scarlatto, lo avevo già visto.
«Tutto si sistema. Pagherai ciò che hai preso perdendo la stessa cosa.»

Sgranai gli occhi e sentii i brividi lungo la colonna vertebrale. Con la salivazione azzerata mi sforzai di chiedere "Cosa intendi, chi sei?"
Ero in tachicardia, sentivo di star sudando freddo e l'atmosfera diventò opprimente, neanche ricordavo come arrivai là.

Rise, quasi perfidamente, «Stai ben attenta alla vita del tuo amato. Io sono la bilanciatrice.», sorrise e scompari.
«O meglio conosciuta come Karma.», la sua voce eccheggiò nel buio e dopo qualche istante senza ossigeno tornai alla luce, sveglia, al mio matrimonio.

«Si sta svegliando!», annunciò Giulia in un urlo di sollievo.
Due dita di mia madre erano poggiare sulla mia giugulare, la mia mano destra era stretta in quella di Rick e l'altra in quelle di Giulia.
Damigelle e testimoni mi circondavano, gli invitati invece si erano alzati per cercare di vedere le mie condizioni.

«Attacco di panico. Non c'è dubbio.», constatò Jonny in tono apprensivo poggiandomi il dorso della sua mano sulla fronte sudata.

Aprii completamente gli occhi, ricevendo delle dolorose fitte a causa dei neon accesi, i quali emanavano una luce più forte di quella che facevano le lucine decorative. Misi a fuoco e regolarizzai il respiro.
A fatica, e con qualche vertigine, tornai in piedi sostenuta da mio padre.
«Sei in pericolo!», avvertii Ricky spaventata.

«Ha battuto la testa, povera.», commentò Sabrina accostandosi al fratello. Mi guardò con compassione, dandomi una carezza sulla spalla.

«Non ho battuto la testa! È il karma, Richard, sei in pericolo!», continuai aggrappandomi al suo soprabito.

«Tesoro, è tutto a posto.», cercò di rassicurarmi prendendomi le mani e riportandomele lungo i fianchi.
«Possiamo continuare.», avvertì ad alta voce, ignorando il mio presagio.

«Ma-», cercai di protestare, ma mi arresi, sfinita dal mio svenimento.

«Ci penseremo dopo.», mi rassicurò mentre gli altri tornavano al loro posto per continuare la cerimonia.
«Stai tranquilla.», mi disse serbandomi uno sguardo rincuorante che subito si spense, lasciando spazio ad uno indecifrabile. Per un in stante sembrò estremamente lontano, rapito dai suoi cupi pensieri.

«Tu, Richard Allen Olson secondo, vuoi accoglierla come tua sposa,
promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla ed onorarla
tutti i giorni della tua vita?», chiese il funzionario in tono solenne.

Ricky mi guardò negli occhi intensamente e strinse la mia mano destra.
«Sì.», rispose sicuro continuando a scrutare nel mio sguardo.
Il celebrante rivolse la stessa domanda a me creando nuovamente scompiglio nella mia mente.

«Se lo faccio morirà.», sussurrai spaventata guardando il pavimento.
Rick si chinò con sguardo corrucciato per potermi vedere in volto.

«Non dire sciocchezze. Che ti prende?», mi chiese con premura.

«È il karma, lo ha detto lui... Lei... Quella donna incappucciata!», risposi a fatica e confusa. Alzai il capo ed indicai la sagoma nera erta in tutto il suo mistero dietro gli invitati.
Ricky guardò nel punto che indicai e sobbalzò come faceva durante un colpo di scena in un film horror.
Subito la figura nera di dissolse nell'aria.

«Signorina, io non vedo nessuno.», disse il celebrante confuso.
Stavo impazzendo? Eppure ero certa che fosse lì.

«Tu l'hai vista.», esitai a chiedere a Rick che strinse di più la mia mano e fece un cenno positivo col capo, quasi impercettibile.

«Era là.», rispose sottovoce rabbuiando il suo sguardo.

«Sentite!», scoppiò Ryan.
«Non sono venuto qua, nel buco del culo del mondo, rischiando di morire per poi non vedere che vi sposate solo perché avete le traveggole!»
Ci spinse sotto l'arco dove si svolgeva la funzione e rispose per conto mio.
«Sì. Si vuole sposare con Ricky e tutte quella cagate là. ORA FALLI BACIARE!», tuonò istericamente terrorizzando il celebrante.

«Vi dichiaro marito e moglie...», esitò l'uomo sotto lo sguardo minaccioso di Ryan.
«Ora puoi baciare la sposa.»

Ricky mi posò un lieve bacio e mi strinse a sé, capendo che in quel momento avevo soltanto bisogno di un abbraccio rassicurante.
«Non importa se morirò.»

«Sì, invece. Sarà per colpa mia...»
Non capivo più nulla.

«Non è vero. È colpa sua.», fulminò qualcuno dietro le mie spalle, ma non mi permise di voltarmi, aumento la presa sulla mia schiena, quasi stritolandomi.
«Io la vedo e ti credo, ma non le permetterò di fare qualcosa a me o a te.», promise con una vena di rabbia nella sua voce determinata.

«Cos'è sto schifo? Un abbraccio?», inveii Ryan.

«Aveva bisogno di rassicurazioni.», si difese Rick urlando per sovrastare gli esulti degli invitati.

«È un matrimonio, ci vuole il bac... OUCH!», gli scagliai in faccia il mio mazzo di fiori, reso doloroso dai fili di ferro aggiunti per sorreggere le corolle.

«Scusalo, ha bevuto un po' prima.», mi spiegò Rick sorridendo divertito mentre raggiungevamo l'aperitivo.

«Perché tu la vedevi?», interruppi l'aria rilassata tra noi.

«Perché l'avevo già vista, in passato.», tagliò corto serrando la mascella.

«Dove?»

Prese un respiro e chiuse gli occhi.
«Non penso tu lo voglia sapere.»

«Pensi male.», lo contraddii.

«Quando mi stavo per suicidare ha tentato di dissuadermi perché secondo le sue parole non era quello il momento in cui sarei dovuto morire. Poi, la notte prima del nostro incontro l'ho sognata. Era alle tue spalle, le domandai chi tu fossi, ma si è limitata ad ordinarmi di starti accanto perché mi avresti tenuto in vita fino al momento giusto. Infine, questa notte l'ho rivista.», prese un lungo respiro.
«Ha detto che sarò il giusto prezzo che dovrai pagare e che se mi fossi allontanato da te per proteggermi, allora tu stessa saresti stata il prezzo. E questo non posso permetterlo.»

«Tutto questo è assurdo.», scossi la testa incredula allontanandomi da lui.
«Sarebbe a dire che ci siamo incontrati perché io devo pagare tutti i miei sbagli perdendoti?», feci dei passi all'indietro, allontanandomi da lui.
Il "prezzo" di cosa?
Perché proprio lui?

«Sofia...», mi chiamò sfiorandomi il braccio con dolcezza.

«No. No. No.», scossi la testa con le lacrime agli occhi.
«Non puoi essere nato per morire non si sa quando, non si sa come, per assolvere il "prezzo" di qualcosa che ho fatto io.»

«Invece sì, a quanto pare. Ma a me sta bene: prima o poi dovrò morire comunque, almeno lascia che accada perché sto accanto a chi amo.», mi sussurrò tornandomi vicino.
«Ti prego. Nella gioia e nel...?»

«Dolore.», conclusi lasciandomi cullare dal suo profumo.

«Andiamo a festeggiare il nostro amore con gli altri, cara moglie?», mi incitò indicando il ricevimento.

«Va bene.», acconsentii controvoglia avvicinandomi alla folla dove due occhi rossi si facevano notare da dietro il cappuccio nero.

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