- 28 - Will You Marry Me? (Pt. 2)

Rimasi impietrita.
Sguardo sbarrato.
Gli attimi passavano.
Una folata di pensieri - per niente positivi - travolse la mia mente, eppure neanche una sillaba riusciva a sfuggirmi dalle labbra.

«Basta che tu dica di sì.», mi suggerì sottovoce Ricky, guardandomi in febbrile attesa.

«E se non volessi?», risposi in un sussurrò, ritraendomi da lui.

«Cosa?», si alzò incredulo mantenendo i suoi occhi limpidi incatenati ai miei.
«Mi hai lasciato sempre intendere di voler star con me per sempre. Cosa ti prende?», iniziò a scaldarsi, lasciando che il tumulto di emozioni contrastanti sporcasse le sue iridi cerulee.

«No. Non voglio.», risposi spaventata.
Una parte di me voleva poter uscire del mio corpo e scuoterlo, prendermi a schiaffi.
Che diamine dici?, domandò la vocina che vive nella mia testa, quella che non contemplava le idee che mi spinsero a quel "no".

«Se volete, me ne vado...», esitò sua sorella guardandoci confusa. Si sentiva di troppo e si notava da come si sistemava i capelli con irrequietezza.

«Tranquilla, Sabrina; me ne vado io. Sono stufo dei tuoi capricci e della tua lunaticità.», disse a denti stretti, serrando i pugni che tremavano.
Mi guardò furioso un'ultima volta prima di uscire dalla camera, tempestoso.

«Ricky, no!», lo implorai contraddicendomi.
Prendi una decisione, Cristo!, ringhiarono i miei pensieri.
Da' retta a me e seguilo!, pretese la vocina mentre la coscienza faceva a pugni con quest'ultima.
Lascialo andare!, mi ordinò proprio la coscienza, suscitandomi ancora più confusione.
«Aspetta!», lo inseguii fino al salotto.

«Aspetta cosa? Mi metti sempre in dubbio! Pensi che ti tradisca, pensi...», la sua voce iniziò ad esitare quando una lacrima minacciò di rigargli la guancia, «...pensi che non ti ami, pensi che ti sostituirei e quando ti chiedo di sposarmi, che fai? Dici di no!», mi urlò contro, asciugandosi gli occhi con rabbia e bestemmiò.
«Ti diverti a prendermi per il culo?!»

Mi sentii vuota: così piena di pensieri e di emozioni contrastanti che non potevo neanche più percepirli, sentendomi un involucro di pelle, sentendo dentro il buio più desolato.
Cercai di dire qualcosa, ma mi bloccò, troppo preso a far fluire il suo fiume di parole. Un fiume in piena, un fiume dalla corrente forte, irrefrenabile.

«Ti sono stato accanto il più possibile, in ogni momento, ti ho difesa quando Chris ti voleva denunciare nonostante la sua reazione fosse comprensibile, nonostante sia mio amico da anni, da prima che tu arrivassi. Ho sempre cercato di esser meglio di quello che sono, per te!», le sue parole brucianti mi investivano, lasciando scottature dove passavano.
«Mi viene quasi da pensare che sia tu a non amarmi, a starmi accanto per non aver a che fare con la giustizia, perché ho i soldi... Ma certo! I soldi, ti piace il mio portafogli, non io!», iniziò a muovere le braccia con foga, gesticolando animatamente.
«No, no. Mi rifiuto di pensarlo. Per Dio.», sussurrò incredulamente e ferito, «Ma sai cosa? Me ne frega, ma non dovrebbe perché me ne vado via, lontano da te. ME NE VADO.», concluse con voce rauca, modificata dall'ira e dal dolore.

«Ricky, no!», mi aggrappai al suo polso cadendo a ginocchioni.

«Cosa?!», si riappropriò del suo braccio con un movimento brusco facendomi atterrare sul pavimento anche con le mani.
«Non mi vuoi? Ok, finiamola qua.»

«Non è vero!», urlai disperata tornando in piedi e barcollando verso di lui.
Scossa dai singhiozzi, ogni mia implorazione risultava un urlo di dolore che squarciava il silenzio notturno e riusucchiava tutta l'aria dai miei polmoni. Diventavo sempre più vuota.

«Allora perché?! Perché saltare a conclusioni errate, dubitare dei miei sentimenti? Perché poi rifiutarmi?», la sua mano strinse la maniglia della porta principale più forte. Le sue nocche diventarono bianche, almeno quelle non coperte dai tatuaggi.
Sentii come se il mio cuore fosse al posto di quel pezzo di ferro attaccato alla porta: stritolato tra le dita che una volta accarezzavano il mio volto con dolcezza e attenzione a non ferirmi.
Quando la medicina diventa un'arma ti si ritorce contro, ti provoca più dolore della malattia stessa: così fu Rick in quell'istante. Ed io fui così per lui.

«Non voglio farti soffrire.», iniziai, a fatica, il mio discorso.

«Ma lo fai.», commentò lui sotto voce, facendomi sentire ancora più in difetto.

Cosa stavo facendo? Perché stavo mandando tutto a rotoli?

«Non voglio che tu ti ritrovi sposato con una carcerata, una criminale. Ho paura Rick, non di sposarti, ma di lasciarti solo con una fede al dito.»

Ed ecco la verità.
I pensieri che misero in subbuglio la mia coscienza - di quell'opinione - e la mia vocina - di un pensiero diverso.
Il mio pianto si intensificò dopo quella rivelazione che si trascinò appresso un fitto silenzio.
Guardai Rick: i suoi occhi arrossati e pensierosi, il suo petto che si alzava freneticamente per via del respiro affannato, le sue mani ancora tremanti, la sua espressione confusa, ma sollevata, seppur sofferente.

«Se la pensi così allora è stato vano anche tutto il nostro rapporto.», sentenziò sconsolato, scrutandomi con occhi indecifrabili. Sentii qualcosa, forse la remota speranza di sistemare le cose, o più semplicemente il mio cuore, far crack nel mio petto.
«Però...», prese un respiro profondo allentando la presa sul pomello e sul mio respiro.
«Vedi, se mi sarebbe importato veramente che tu sia un'assassina...», mimò le virgolette con le dita, «Non ti avrei neanche portata in quell'hotel a Varese, non ti avrei nascosta dalla polizia, non ti avrei mai difesa e non mi sarei lasciato in balia dei sentimenti che nutro per te.», detto questo mi tornò vicino e, con un briciolo di esitazione, mi portò una ciocca di capelli, lasciando che la mano si posasse sulla mia guancia in una lunga e tenera carezza.
«Perciò se ti ho fatto quella domanda non ti devi preoccupare. Inoltre pagherò la cauzione, a costo di finire in bancarotta, ma non permetterò che ci separino. Ok?»
Annuii e tirai su col naso, cercando di non appannare ulteriormente la mia vista con altre lacrime.

«Io non ti vedo come una convenienza.», misi in chiaro, posando le dita, poi l'intero palmo sulla sua mano, quella che continuava a sollecitarmi la pelle della gote, su cui compariva la cicatrice che mi procurai quella fatale notte.
«Non voglio morire lontana da te.», aggiunsi dando suono ad un'altra delle mie più profonde paure. Mi concessi di disperarmi, scaricarmi contro il suo petto caldo lasciando che le lacrime si fondessero col rumore del suo cuore.

«Non lo permetterò.», s'intenerì ancora di più e gli angoli delle sue labbra si inarcarono appena.
Con delicatezza mi allontanò dal suo corpo e si inginocchiò nuovamente.
«Ora te lo richiederò e non devi pensare nè alla prigione nè a quella notte, ok? Ti chiedo solamente di guardare i miei occhi e dirmi cosa ci vedi: se un "sì" o un "no".»
Annuii e gli porsi le mie mani, sentendo a quel contatto che il vuoto si dissipava.
«Sofia, dato che con la tua vena da Sherlock Holmes hai rovinato la mia sorpresa e, dato che sei riuscita in tre minuti a farmi cambiare idea sette volte...», sorrisi divertita ed emozionata, «Io ti amo, proprio per gli effetti collaterali che solo tu hai su di me. Vuoi sposarmi?»

«No.», risi, «Me lo chiederai solo quando avrai l'anello.», gli feci la linguaccia e, notando la sua occhiataccia, scappai per il salotto.

«Allora sei proprio stronza!», mi inseguì acchiappandomi e sollevandomi a mo'di sposa.

«Lasciami!», cercai di liberarmi ridendo a crepapelle per il suo solletico.

«Non ci penso nemmeno.», mi sussurrò posando un bacio sulla mia guancia.
«Sabrina, noi andiamo!», urlò alla sorella che non rispose; probabilmente era caduta in un sonno profondo - nonostante l'epopea che era in corso.

Rick mi mantenne in braccio per tutto il tragitto verso casa. Camminava in silenzio e decisi di spezzare la monotonia attaccando bottone.
«Mi farai una sorpresa per la proposta?»

«Sì.», rispose abbassando lo sguardo su di me, accennanndo poi un sorriso.

«Sono davvero stanca. Stare con te è un'altalena di emozioni!», feci finta di lamentarmi, «Come avere il ciclo 365 giorni all'anno!»

«Lo stesso vale per me, eh! E sono uomo...», commentò tentando di sembrare risentito, ma non riuscì a camuffare un altro sorriso.
La sua espressione mi scaldò il cuore ed io strinsi di più le braccia attorno il suo collo, poggiando il capo sulla sua spalla.

«Sai... Ho sofferto veramente molto in queste ore... Pensando che tua sorella fosse la tua amante.», ammisi sottovoce ad occhi chiusi.
«Ho anche imparato che con le parole ci sai fare, che si tratti di ferire o curare. Pensavi davvero tutto quello che hai detto?»
Rick non rispose, fingendo di non aver sentito, ma ero certa che ad udire quella domanda si irrigidì un poco.
«Non serve l'anello.», alzai il tono per attirare meglio la sua attenzione, «Ho capito che mi basti tu con la certezza della tua fedeltà, nient'altro.», sorrisi compiacciuta dalla mia saggezza.

«Oh, non essere sciocca. So quanto vuoi quell'anello, sei troppo ossessionata dal sengue e so che ti piacerà portare al dito qualche goccia del mio.», cercò di sdrammatizzare, ma la mia mano scese sul suo petto, lentamente, scorgendo il suo battito cardiaco accelerare dopo le mie parole.

«Non essere sciocco. So quanto ti è piacciuto sentire quel che t'ho appena detto.», risposi rigirando le sue parole, proprio come fece lui durante il nostro primo incontro.
Mi lasciavo portare a casa tra le sue braccia, con le palpebre chiuse, sorridendo beata dal suo cullarmi, sentendo il sonno scivolare dai miei arti sin al petto, fino a farmi cadere in un sonno profondo.

«È sveglia?»

«A me pare tanto in stato confusionale.»

«Già. Sembra uno zombie. Prova a farla alzare.»

Delle voci famigliari, probabilmente maschili, giusero ovattate alle mie orecchie, ma gli occhi non ne volevano sapere di aprirsi. Ero ancora nel limbo tra sonno e veglia; più verso il mondo dei sogni.

«Banzai
Una voce spettrale, non alta, ma abbastanza vicina al mio orecchio da farmi trasalire.
Aprii gli occhi spaventata e persi altri anni di vita ritrovandomi la faccia maniacale di Ryan ad un palmo dalla mia.
«BANZAIIIII!», questa volta urlò saltandomi addosso.

«CAZZO.», imprecai, con voce sorda per via dell'impatto sullo stomaco.
«Ryan, sei un idiota!», gli strillai calciandolo giù dal letto.
Lentamente la mia vista si rafforzò fino a mettere a fuoco le sagome di Chris, Balz e Ryan-Ashley con in braccio suo figlio, James.

«Come è stato?», mi chiese entusiasta la donna porgendomi il bambino che voleva aggrapparsi ai miei boccoli, come faceva ogni volta che lo curavo mentre i genitori lavoravano o si concedevano una serata romantica.
Presi in braccio il piccolo che subito afferrò una ciocca di capelli rigirandosela sulle paffute dita.

«Come è stato cosa?», domandai confusa.

«La proposta!», esultò lei accompagnata dai gongolii degli altri.

«Chi ve lo ha detto?», indagai assottigliando gli occhi, non per intimorirli, ma perché senza occhiali vedevo ben poco.

«Sabrina.», rispose con ovvietà Chris che si era riavvicinato a me in quei mesi, accantonando quell'ostilità sbocciata l'ultima sera a Berlino.

«Possibile che voi la conosciate ed io no?», domandai seccata: io ancora non conoscevo la famiglia di Rick che abitava nei dintorni, ma gli altri sì. E poi Sabrina non stava dormendo quando finalmente accettai?
«Quando ve lo ha detto?», chiesi come offesa da quello scambio d'informazioni, però m'ignorarono più concentrati sulla loro sete di dettagli.
«Posso prima fare colazione?», implorai, ormai arresa all'idea di dover raccontare tutto per filo e per segno.
Balz acconsentì riprendo suo figlio dalle mie braccia e baciandogli i corti e radi capelli biondo miele.

Scesi verso la cucina seguita dai cinque quando dalla porta principale comparve il mio futuro marito.
Ah, suonava così bene!
«Aspetta, loro quando sono entrati?», li indicò confuso, tenendo il mano la posta.

«Non li hai fatti entrare tu?», ero sconcertata, non si saranno mica intrufolati in cas...?

«Non dovevi lasciare la porta aperta.», aggiunse Ryan che abbracciò il migliore amico.
«Ti sposi!», esultò sollevandolo da terra, Rick strabuzzò gli occhi per la sorpresa, stava soffocando stritolato.

«Devi portarla dai tuoi.», aggiunse Ryan-Ash e mi indispettii a riguardo, di nuovo.

«Già, Richard. I tuoi.», assottigliai gli occhi a due fessure taglienti, saettanti rabbia. Ryan in un sussurro fece notare a Ricky che lo chiamai "Richard", chiaro segno di pericolo.

«Già, Richard.», puntualizzò Chris, per stare dalla mia parte, la parte più forte.
Sorrisi compiacciuta; ero felice di aver riottenuto la stima e la fiducia del gigante dei Motionless.

«Tempo al tempo, tesoro. Saranno contentissimi di conoscerti.», cercò di addolcire la pillola.
Sarei diventata vedova prima di sposarlo? Probabile.

«Cosa intendi con tempo al te, la mia imminente sfuriata fu interrotta da...

«MIA SORELLA SI SPOSA!», Giulia quasi inciampò nel suo vestito lungo non vedendone l'orlo a causa dal pancione che lievitava ogni giorno.
Mi travolse felice come non mai, seguita da Devin e Vinny, ormai portatore ufficiale dello champagne.
Cercai di liberarmi dalla presa mortale della mia amica, altrimenti mi sarebbe passata la sfuriata contro Ricky.
«Devi fargli conoscer i tuoi!», mi squittì Giulia.

«È vero.», constatò Rick, fingendosi scottato a sua volta, per giustificarsi.

«Ma i miei abitano in un altro continente, i tuoi in questa città!», obbiettai e magicamente tutti si fecero da parte lasciando noi due al centro, come spaventati da un possibile litigio.

«Ancora però non è definitivo, non avete l'anello.», si intromise Ryan, «Intendo dire: prima i genitori di Sofia, poi quelli di Rick quando sarà un filino più ufficioso.»

«E secondo quale logica?», chiesi incrociando le braccia.
Ryan deglutì rumorosamente e Rick gli scoccò uno sguardo che suggeriva di chiudere il becco.
Dall'altra parte della stanza Chris si porse un dito sulle labbra guardandolo intensamente e scuotendo la testa.
Tutti gli altri fecero i finti tonti.

Bene. Cos'altro avevano in mente?

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