- 22 - I Love You


«Rick, mi vergogno.», piagnucolai al sicuro da sguardi altrui grazie la tenda.

«Avanti, nuda ti ho già vista, e anche bene.», scoppiò in una risata che soffocò a fatica.

«Non aiuti per niente!», lo rimproverai prima di prendere un respiro profondo e scostare la tenda.

«Visto? Ti sta bene, andiamo e prendiamo questo.», disse con fare sbrigativo. Era il tredicesimo costume da bagno che provavo.

«No, non ti sembra troppo provocante?», esitai guardandomi allo specchio.

«È un bikini, deve essere provocante al meno un po'.», il suo tono sbrigativo implorava un posto dove sedersi.

«No, avanti il prossimo modello.», sentenziai e chiusi la tendina sottraendomi agli occhi di metà negozio che ci osservava divertito.

«Te lo scordi! Non vado a cercarne altri, questo va benissimo.»

«Ti prego.», lo scongiurai ed entrò nel camerino col telefono vicino l'orecchio.

«Devin.», lo salutò.
«Ho bisogno di te per far shopping con Sofia.»

«NO.», urlai ancor più in imbarazzo.
Tentai di acchiappare lo smartphone, ma la mia mano ancorata ad esso mi porto fuori dal mio nascondiglio.
Rick tentò di liberarlo dalle mie grinfie, ma bastò rendermi conto della gente che assisteva, mollai l'osso per tornare al riparo nel camerino.

«Vestiti e scegline uno, io ti aspetto alla cassa.», mi liquidò allontanandosi.

«Stronzo.», tribulai in italiano, ma rise comunque - non servivano traduttori per capire la mia stizza.

Nella piscina al coperto dell'hotel aleggiava un profumo di giglio, delicato e rilassante, ma non abbastanza per farmi togliere l'accappatoio di dosso.
Le luci erano soffuse e la temperatura calda. Le pareti ricordavano i tetti delle case walzer del Piemonte, tra le Alpi, dove mi sentivo sempre a casa.

«Dai, entra in acqua.», mi incoraggiò Giulia, fantastica nel suo costume viola, accanto a Devin che la circondava protettivo.
Il più lentamente possibile, ad occhi ben chiusi, sciolsi il nodo dell'accappatoio lasciando che questo scivolasse giù dalle spalle, fino a liberare interamente la mia figura coperta da un bikini troppo succinto per i miei gusti.
Iniziai a tremare e cercai Rick, per rincuorarmi nel vedere i suoi occhi, ma non c'era.

«Dov'è Ric...?»
Le sue mani mi spinsero oltre il bordo della piscina facendo scontrare violentemente il mio corpo con l'acqua.
Bevvi fino a strozzarmi, annaspai fino al bordo e nera dalla rabbia afferrai la sua caviglia villosa.
Lo trascinai dentro e lo affogai per qualche secondo.

«Ma sei scema?», mi urlò contro sputando acqua.

«Mai quanto te!», e lo schizzai.
Per vendetta afferrò i miei fianchi e mi trascinò verso il fondo dove mi donò il suo ossigeno in un bacio anche fin troppo intimo.
I suoi palmi scorrevano sul mio dorso ormai rilassato e le mie gambe s'intrecciarono alle sue.
Sentii i brividi dietro la nuca e dopo pochi istanti l'aria più fredda mi accolse.
Fu la forza di gravità a riportarci a galla dove i due piccioncini ci attendevano preoccupati.

«Rick, pensavo la stessi uccidendo.», ci si avvicinò Giulia.

«Ma figurati.», le sorrise con nonchalance provocandomi una fitta di gelosia all'altezza dello stomaco.
«Quella faccia?», mi chiese subito dopo il mio ragazzo.

«Penso di essere gelosa.», ammisi senza volerlo rendendomi conto di quanto fossi sciocca ad esser invidiosa di un sorriso alla mia migliore amica, per altro "innamorata" di Devin - si poteva già definire tale?
Rick alzò un sopracciglio aumentando il suo charme. Sapeva che con quella semplice mossa potevo vuotare il sacco.
«Di Giulia. Le hai sorriso e... Uff! Sono egoista dei tuoi sorrisi e delle tue attenzioni e di tutto il resto.», dichiarai gesticolando con veemenza.

«Non oso immaginare cosa farai con le fans...», commentò in pensiero.

Merda!

Notando la mia espressione crucciata, irruppè in una risata fragorosa.
«Non ti devi preoccupare, ho occhi solo per te.», mi rivolse un altro sorriso e mi sciolsi abbassando la guardia e ricevendo uno spruzzo d'acqua.

«Non è giusto!», esclamai inseguendolo per tutta la vasca.

«E tu ieri pomeriggio? Non ti pare di avermi schizzato di più?»
Mi fermai di colpo, sbarrai gli occhi e diventai rossa.
«Uuh, colpita ed affondata.»

«Richardallenolson, faischifo!», esclamai, tutt'un fiato, indignata.

«Non eri così contraria ieri, e l'altro ieri, e l'altro altro ieri...»
Volevo vendicarmi, ma lanciargli acqua in faccia o affogarlo non era abbastanza, dunque...

«Se fai così mi metti voglia...», gli sussurrai maliziosamente, disegnando - con le dita - figure astratte sulla pelle del suo collo.
«Vuoi andare sú?», annuì con vigore ed io sorrisi mentalmente, soddisfatta.
«Inizia a salire.», gli lanciai uno sguardo lussurioso allontanandomi da lui e raggiungendo Ryan.
Oh, me l'avrebbe pagata.
«Ascoltami. Io ti do la chiave della mia stanza e ti devi far trovare nudo sul letto, ok?»

«Cosa?», Sitkowski mi guardò sbalordito, ma una punta di felicità aleggiava sul suo volto.

«Fai come ti dico e basta.», gli ordinai e si inclinò alla mia volontà senza neanche lamentarsi.
Raggiunsi Rick e non appena entrammo in ascensore mi gettai sulle sue labbra, un ottimo diversivo per distrarlo e dar tempo a Ryan.
Iniziò ad esplorare il mio corpo in punta di dita ed io feci lo stesso a scopo di rubare la sua copia della chiave.
Passai una mano sul cavallo dei suoi pantaloni per non far sospettare che volessi arrivare alla sua tasca.
Al mio tocco sussultò senza trattenere un mugolio, mi strinse di più a sé e addentò delicatamente la mia lingua.
Infialai la mano dove teneva la chiave e la rubai, senza che se ne accorgesse.
Le sue carezze all'altezza del seno si fecero sempre più roventi fino a portarmi al punto di accantonare la mia vendetta e concedermi fino in fondo alle sue "coccole speciali".

No. Dovevo lasciare a Ryan la sua dose di divertimento.
Arrivammo alla porta che, grazie a Ryan, era già aperta. Rick non ci fece caso e non appena mise piede nella stanza, mi staccai da lui, chiusi la porta in un lampo e girai la chiave.

«Ehi, tesoro.», sentii Ryan salutarlo.

«CHE SCHIFO! SOFIA, FAMMI USCIRE! PER L'AMOR DEL CIELO COPRITI! SOF, IO TI AMMAZZO! AMICO, NON. MI. TOCCARE.»

Iniziai a ridere, fino ad accasciarmi a terra - rischiando di far cadere una signora che stava passando e mi osservava con un misto di confusione e misericordia.

«QUALCUNO MI LIBERI! AIUTO!», Rick batteva i pugni contro l'asse di legno bianco che ci separava.
Ormai era giunto al limite della disperazione, così aprii la porta rivelando la scena più nosense della storia.

Ricky che si rifugiava in piedi sul comò, armato di bastone per appendere i vestiti in armadio con lo scopo di scacciare Ryan che mi dava le spalle esibendo il suo fondoschiena a tutto il corridoio. Per fortuna in quel momento non stava passando anima viva.

Quando Richard si accorse che li stavo osservando con la porta aperta balzò giù dal mobile, tirò un colpo in testa a Ryan come diversivo e si precipitò fuori dalla camera chiudendo la porta ed intrappolando l'amico.
«Me la paghi!», mi puntellò il petto con l'indice affusolato tenendo il bastone stretto in mano.

«Ma almeno Ryan non schizza, dovresti essere contento.», risposi con naturalezza. Mi stavo godendo la situazione fino all'ultimo.

«Sta sera me la paghi, ma molto.», mi sibilò tra l'ammiccante e il risentito.

«Ohoh, sesso violento? No, grazie, non vorrei schizzarti troppo.», stesso tono, ancor più risate sotto i baffi.

«Smettila con questa storia.», esigé contrariato e buio in viso prima di tacermi con un bacio, dapprima amaro, poi, via via più delicato.
«Scusa.», mi scoccò uno sguardo pentito.

«Mi spiace, ma sto imparando a non farmi vincere da questi giochetti.», gli feci la linguaccia, divertita come non mai.
«Però ti faccio una foto. Sembri un procione arrabbiato e pentito, che carino.», presi il telefono e notai nove chiamate perse da mio fratello.
La mia espressione cambiò subito e Rick se ne accorse.

«Tutto ok?», domandò corrugando la fronte.

«Non penso.»
Gli mostrai le notifiche sul blocco schermo e si allarmò.

I due imbecilli della R al quadrato erano seduti accanto a me, in un silenzio teso, in attesa che mio fratello rispondesse. Ryan nel frattempo si era messo mutande e maglietta.

«Jon-»

«Devi muoverti a scappare, devi lasciare l'Europa, devi scomparire da ogni social e cambia numero di telefono! La polizia ti ha rintracciata.», la voce agitata di mio fratello fu un pugno nello stomaco.

«Cosa?», chiesi con la salivazione azzerata, sentendo che quel delicato velo di tranquillità raggiunto si era strappato.

«Sono stati qui, ci hanno fatto domande. Nasconditi. Ricky non è in pericolo, tu sì. Quindi scappa e non chiamarmi più o ti troveranno. Ti voglio bene.», riattaccò lasciandomi scombussolata sull'orlo di una crisi di pianto.

Come? Ero sicura di non aver lasciato prove. Non ho neanche più usato carte di credito o cose del genere!

Nella mia mante si affollarono domande, terrore, ansia, scenari apocalittici e il volto spaventoso di una donna dagli occhi rosso fuoco.
Ebbi un capogiro sentendo troppo trambusto nella mia testa.
Mi alzai in piedi, traballante, e mi asciugai le mani sudate sui pantaloni.
«La polizia è sulle mie tracce, solo sulle mie.», Rick, però, non tirò un sospiro di sollievo sapendosi salvo.
Iniziai a piangere, sentendo di non poter più trattenere la disperazione.

«Ho un'idea.», Ryan attirò la nostra attenzione.
«Portala a Scranton, a casa tua. Allie e le altre si prenderanno cura di lei. Hai abbastanza tempo per andare e tornare per poi suonare anche qua a Berlino.»

«Non posso lasciarla sola.», si alterò Ricky tenendomi la mano, spaventato per la mia sorte.

«Sì, invece. Puoi e devi.», gli dissi con un filo di voce, arresa ai fatti.

Prese un respiro profondo e strinse la mascella.
«Dobbiamo dirlo agli altri. Tu, Ryan, aiutala a fare i bagagli.», l'amico annuì e subito si mise al lavoro collaborando in silenzio. Un silenzio teso e carico di pensieri pungenti. Vederlo serio acuiva il senso di drammaticità di quei momenti.
Dopo qualche minuto dalla stanza affianco udimmo un forte vociare di sconcertazione ed incredulità.

«Tu hai portato tra noi un'assassina!», urlò Chris su tutte le furie, «E voi non ci avete detto nulla!», se la prese con Devin e Ryan, quest'ultimo sull'uscio accanto a me.

«Chris, smettila. Non sai nulla di questa storia, non è pericolosa.», mi difese Devin.
«Quando non sapevi di questa cosa la trattavi normalmente, perché cambiare ora?»

«Perché ha ucciso una persona!», strillò su tutte le furie.

«Non è un'assassina! Piantala! Non sai cosa è successo quella notte, lei mi ha salvato e ci hai passato giornate assieme, penso tu sia consapevole che non uccide per gioia altrimenti saresti già morto!», sbottò Rick calciando un cuscino che si trovava a terra.

«Lo sai che se si viene a sapere in giro siamo spacciati?!», gli ringhiò Chris sovrastandolo e puntando le sue iridi ambrate in quelle glaciali del più basso.

«Non me ne frega!», sentenziò con sicurezza, quasi orgoglio.
Vidi Giulia farsi piccola in un angolino, mentre Korel la rassicurava.

«Rick, qua non si tratta di cosa frega a te, razza di un egoista. Qua è in gioco la sorte dell'intera band, della crew, di tutti!», urlò il cantante.

«Ora basta!», Ryan divise i due e prese Chris per un braccio, «Se lei è la felicità del mio migliore amico, posso solo assicurarmi di preservarla. È anche amica mia, per questo io intendo aiutarla, ok? So perfettamente che lei per prima non vorrebbe aver ucciso una persona, ed è umana, merita clemenza, va bene?!»
La stanza intera su ammutolì, riflettendo sulle parole del chitarrista.

Ryan? Ryan saggio? Ryan che mi vuole bene? Ryan che mi difende?

«Basta che Rick torni in tempo per il concerto di domani sera.», rispose Christopher con un tono di voce molto più basso, ma pur sempre avvelenato.

«Ci puoi contare.», rispose Ricky freddamente afferrando gran parte dei miei bagagli.
Vinny si appiattì contro un muro, sconcertato, facendo spazio a Rick per uscire.

«Tieni. Se avrai bisogno, presentati a questo indirizzo: è dove abitiamo io e mia moglie, lei ti aiuterà.», Balz mi passò un bigliettino e mi abbracciò.
«Buona fortuna.», sussurrò allentando la stretta.

«Grazie.», sospirai commossa riponendo il pezzetto di carta in una tasca. Salutai tutti gli altri, in modo particolare Giulia e Ryan, mentre Chris non volle neanche stringermi la mano e mi intimò un "vattene" così tagliente che mi rimase in testa per tutto il viaggio.

Tre ore in aereoporto, nove ore di volo, mezz'ora in auto.
Fu stancante raggiungere l'America col pensiero fisso alla mia cara Italia.
Là era mattino, la luce intensa illuminava la casa di Rick, all'esterno celeste come i suoi occhi, dentro pitturata ed arredata di rosso e nero, proprio come l'anima del proprietario.
Portai le valigie in camera, al piano superiore. Raggiunsi Rick in cucina, stava affiggendo con una calamita sul frigo una lista di indirizzi e numeri telefonici in caso di bisogno.

«Lo sai che non posso rimanere e che tornerò fra non poco, vero?», teneva il mio viso tra le mani, come se non volesse lasciarlo andare.

«Lo so.», cercai di guardare a terra, per non lasciare le lacrime vincermi.
Ricky mi baciò tenendomi stretta, quasi sgretolandomi le costole; era tutto ciò che volevo.
Era un contatto tormentato, amaro e carico di tristezza. Consapevoli che fosse l'ultimo per un lungo tempo, non volevamo allontanarci e porre fine a quel bacio.
Però, doveva staccarsi da me, per tornare in aereoporto per raggiungere la band, per vivere il suo momento di fama, lasciandomi in quel beato e tormentato alone di anonimità.
Mi regalò un'ultima carezza perdendosi nei miei occhi.

Non lo dire. Non lo dire. Non lo dire.

Con tutta me stessa desideravo che non lo dicesse. Avrebbe reso tutto più difficile.

Si voltò verso di me un'ultima volta, pronto ad uscire.

Non lo dire.
Ti prego, non farlo.

«Ti amo.», e chiuse la porta dietro di sé.

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