- 21 - Berlin

«Sof?», Devin mi scosse piano, svegliandomi. Mi guardai attorno confusa. Riconobbi il salottino appartato sul fondo del bus, il divano dove mi coricai e il volto sereno del ragazzo. Ad avvolgermi un pile scarlatto che non ricordavo di avere al momento in cui mi addormentai.
«Dai, alzati che tra un'oretta arriviamo.»
Mi alzai a seder e Devin, dopo avermi rivolto un sorriso, se ne andò senza aggiungere altro, lasciando la porta aperta. Mi giunse ovattato il trambusto dei preparativi pre-arrivo a destinazione, era già molto tardi e dovevo ancora vestirmi.

Mi ero alzata in piedi per stiracchiarmi quando vidi una busta poggiata sul divano.
"Da Ricky per Sofia...", riconobbi la grafia che mi svegliò la mattina dopo l'omicidio in un albergo di Varese.
Decisi di leggerla in un luogo più appartato, quindi salii di sopra e mi rifugiai nella mia brandina chiudendo la tenda.
Accesi la luce alle mia spalle e cercai di rilassarmi poggiamdomi sul comodo cuscino, ma più gli istanti passavano, più diventavo tesa, perciò estrassi la lettera con mano esitante. Non era una sensazione promettente quella che si stava diffondendo ed impossessando del mio corpo.

"Sofia, ti scrivo perché sono troppo introverso per dirtelo di persona, ma devo assolutamente farti sapere tutto.
Soffro di bipolarità. Penso si capisse già, ma sto entrando in una fase maniacale ed ho paura. Sono spaventato da quello che potrei fare a te e agli altri. Prendo delle pillole, ma sento che il dosaggio non basta per ora e non intendo volerti mettere in pericolo. Promettimi solo una cosa: se un giorno perderò il senno della ragione e rischierò di farti del male non esitare a difenderti, a costo di uccidermi.

Per sempre tuo,
Procione in Calore."

Ormai i fogli mi tremavano in mano così tanto da confondere le parole e non poterle più leggere.
Distinsi delle macchie sulla carta, probabilmente lacrime; non mie. Immaginai la sua sofferenza, ma quello che più si fece sentire sul mio petto fu una sensazione di codardia, come se non avessi dovuto origliare la sua discussione al telefono la notte prima.
Volevo parlargli, ma non sapevo come e sopratutto cosa dirgli.
Un buon inizio forse, pensai, sarebbe stato scoprire dove fosse.

«Dov'è Rick?», chiesi ai ragazzi intenti a far passare il tempo.

«Guardate un po' chi è tornata fra noi!», mi annunciò Ryan ridendo.
«Non ti sveglierebbe neanche un'apocalisse zombie.»

Gli tirai una pacca, contrariata.
«Lo so, ma io ho fatto una domanda.», sottolineai.

«Si sta facendo una doccia.», rispose Balz non alzando lo sguardo dal piatto di bacon e uova strapazzare.
Non era maleducato, semplicemente quando vedeva il cibo non esisteva più nessuno, neanche Ryan-Ashley, sua moglie da un paio d'anni.

Lo ringraziai e mi feci coraggio, mi diressi verso il bagno sentendo l'intesificarsi dello scroscio dell'acqua ad ogni passo più vicino. Non avevo idea da dove incominciare e, preoccupata, bussai sul plexiglas lavorato in modo da mantenere la privacy.
Rick riconobbe subito la mia sagoma più bassa e meno massiccia confronto ai compagni ed aprì uno spiraglio facendoci passare la mano bagnata.
Da dentro uscì una nube di vapore ed una fragranza di ribes e cioccolato.
E ti pareva?
Le dita tatuate "less" mi trascinarono nell'angusto piatto doccia e mi sentii avvolta da un corpo ben conosciuto.

«Non voglio ferirti.», Ricky mi strinse a sé, incurante che fosse fradicio e che avrei dovuto cambiarmi i vestiti, ma sentendolo così affranto, anche a me non importò più nulla di ridurmi ad un accappatoio umano; lo abbracciai sentendolo rilassarsi a quel contatto consolatorio.

«Sono accanto e lo rimarrò.», promisi perché altre parole non c'erano.
I suoi occhi sconvolti, arrossati, tornarono a sorridere per un instante e poi si chiusero intenti a godersi a pieno il bacio che gli scoccai subito dopo.
Sotto i miei polpastrelli, la sua pelle morbida e calda. Sentivo sotto le mani il suo petto espandersi in respiri irregolari, affannati dal bacio che si intesificò sempre di più.

«Rick! Cazzo! Devo lavarmi anch'io!», Ryan aprì la porta scorrevole in plastica trovandoci abbracciati.
Lui nudo, io vestita a cipolla per il freddo, lui madido, io quasi totalmente asciutta, ma entrambi confortati l'uno dall'altra.
«Questa è la cosa più strana che abbia mai visto.», commentò storcendo il naso e lasciandoci soli.
Scoppiai a ridere. Non avrebbe mai imparato a bussare. Mai.

Uscii dalla doccia lasciando Ricky a finire il suo shampoo e mi diressi ad asciugarmi i vestiti con l'asciuga capelli, ma prima feci partire il microonde con i miei calzini dentro, altrimenti non sarebbero mai stati indossabili per tempo dato che si bagnarono di più del resto del vestiario.
Quando mancava poco perché l'alone umido sulla maglia si riassorbisse del tutto, Rick mi raggiunse per prendere il phon.
Dopo essersi asciugato quella morbida massa scura che gli contornava il viso, decise di rovinarla come al solito.
Fin da quando entrò nella band non potè più far a meno di quella robaccia che faceva sembrare i capelli più sporchi di quelli di Severus Piton.
A lui piacevano profumati, ma con l'aspetto untuoso, raggruppai in ciocche come se fossero dei dread-locks non annodati.

«Ragazzi, siamo arrivati.», ci avvisò Chris dopo essersi risvegliato dal torpore causato dell'osservare fuori dal finestrino.
La facciata dell'hotel era imponente e spiccava dai colori monotoni del resto della città.
L'interno era altrettanto personale, ospitale ed avvolgente grazie ai colori caldi. La luce non era troppo intensa, rendeva il tutto più intimo e rilassato confronto l'illuminazione dell'albergo di Ginevra, fredda e forte.
Portammo le nostre valigie in camera.
Io alloggiavo con Rick, fu un'idea di Chris che mi piacque molto.
Dopo, per un capriccio di Ryan, andammo tutti a prendere una cioccolata addentrandoci nel vitale e fresco centro della città.

«Ragazzi, devo dirvi una cosa.», Devin attirò l'attenzione di tutto il tavolo con aria criptica.
«Io mi vedo con una ragazza e verrà a trovarci qua.»
I ragazzi esultarono. Dopo la rottura con Kylie, Devin era rimasto lontano dalle donne - o almeno dalle relazioni stabili.

«Chi è?», chiese Chris di buon umore grazie ai suoi waffles. Li amava.

«Giulia.»
Ryan sputò la sua cioccolata.
Era scura, calda e densa, inoltre mischiata alla sua saliva che rendeva il tutto più nauseante.

«Quella Giulia?», indagò Vinny strabuzzando gli occhi.
Il bassista annuì mestamente lasciando che il coro di "Stai scherzando?" si levò spontaneo.

«No. Ne sono rimasto affascinato come mai prima d'ora e lei ricambia. Mi spiace.», mi guardò implorante di non so cosa; approvazione, magari.

«Io invece devo prendere la pillola del giorno dopo.», mi lasciai sfuggire.
Ryan sputò la bevanda ancora.

«Perché?», chiese Korel sorseggiando il caffè.

«Perché hanno fatto porcherie mentre dormivamo, secondo te?», rispose ironicamente Chris.
Ryan sputò nuovamente.

«La vuoi finire?», lo richiamò Vinny che fu schizzato.
Ryan continuò a ridere sguaiatamente con rivoli marroni che spiccavano sul suo mento.
Sputacchiava briciole di biscotti e sbatteva i pugni divertito sul tavolo di lamiera, fino ad ammaccarlo.

«Sei serio?», gli domandai severa alzando un sopracciglio infastidita da quel comportamento, come gli altri del resto.

Il ragazzo riprese fiato a fatica, ancora scosso da forti singhiozzi che andarono a scemare, ma la sua espressione di follia e divertimento gli rimase stampata in faccia.
Poi sussurò fra se e se l'ultima frase di Chris, ridendo sotto i baffi di nuovo.

«Davvero, Ryan? Davvero? Ti fa così tanto ridere?», lo sgridò Rick.
«Non mi stupisco che Allie ti abbia chiesto una pausa di riflessione.»

Stoccata.

«Non mettere in discussione il nostro matronio!», Sitkowski subito si scottò puntando un dito contro l'uomo accanto a me. Purtroppo per lui, non incuteva timore col muso sporco di cioccolata.

«Da bravo, Ryrí. Siediti.», Chris, poggiandogli una mano sul braccio, lo fece accomodare e gli pulì il viso con un tovagliolo, premuroso come una madre.
Quando uscimmo dal piccolo bar, Devin ci salutò ancora abbastanza in soggezione per poter prendere Giulia in stazione, da quanto capii si sarebbe aggiunta a noi a tempo indeterminato e questo mi puzzava.

«Quel muso lungo è per la tua amica?», mi domandò con riguardo Ricky mentre percorrevamo le vie del centro.

«Sì.»

«Cosa c'è che non va?», chiese perplesso, per lui era tutto normale, quasi vantaggioso come unire l'utile al dilettevole.

«Giulia che lascia casa per una persona appena conosciuta? No, non è da lei; ci deve essere qualcosa sotto e questo mi preoccupa, di sicuro è serio. Poi lei dovrebbe continuare gli studi, ha una vita in Italia, non può lasciare tutto come me.», notai lo sguardo di Rick che stava per controbattere e glielo impedii, «So cosa stai per dire, non lo fare. Io sono scappata per tu sai quale motivo. Non penso ci sia bisogno di discuterne.»

«Ti è passata per la testa l'idea del colpo di fulmine? Magari vuole solo inseguire l'amore.», rispose come seccato, volendo difendere Giulia a spada tratta.

«Stai dalla sua parte e non dalla mia? Se permetti conosco benissimo Giulia da anni, so com'è e sento puzza di bruciato.», risposi offesa.

«Cos'è questo, un litigio?», Richard alzò un sopracciglio e gli altri smisero di chiacchierare per un istante e ci guardarono, notando il nostro tono di voce alterato.

«Sì. Perché non mi vuoi dare ragione e prima regola con le donne: le donne hanno sempre ragione, è oggettivo.», risposi infastidita seminandolo dietro di me, soddisfatta della mia perla di femminismo.
Andai in camera nostra spingendo la porta per evitare che entrasse.

«Ti stai comportando esattamente come Ryan.», a quelle parole mi spostai dalla porta lasciando che si aprisse di scatto e che Ricky cadesse sull'uscio della stanza.

«Questa me la paghi.», dicemmo all'unisono per poi scoppiare a ridere, allentando la tensione.

«Di cosa hai paura? Per Giulia intendo.», mi chiese dopo aver chiuso la porta.

«Che abbia trovato in Devin la possibilità di lasciare casa e tutti i suoi problemi, come fece mia madre trovando mio padre; e te lo dico chiaro e tondo, il loro matrimonio è un fallimento. Rimangono assieme solo perché non possono pagare il divorzio, non per altro. Oltretutto, io e lei ci siamo allontanate per via della mia fuga: ho paura che nel frattempo sia successo qualcosa che non m'ha detto.»

«Messa così preoccupa anche a me la cosa, ma come tu conosci lei, io conosco Devin. È molto tempo ormai che schifa i rapporti amorosi, ma in un batter d'occhio già ufficializza con Giulia. Per questo mi viene da pensare che si tratti veramente di una bella cotta reciproca. Pensaci bene: i tuoi sono solo dubbi, la mia ipotesi ha una logica e dei punti saldi; è probabile che sia amore, che poi finisca male o bene è da vedere.»

«Allora spero che finisca bene.», sorrisi, lasciandomi convincere dal suo discorso più positivo confronto al mio.

«Perfetto, ritengo il litigio finito!», esclamò eliminando la distanza tra noi.
«Possiamo stipulare un trattato di pace?», domandò con voce perversa, alludendo a quello successo la notte prima, e quella precedente ancora.

«Uomini! Pensate solo a quello.», roteai gli occhi e portai le braccia al petto, tenendole conserte. Un sorrisetto tradiva la mia reazione.

«Lo devo prendere come un no?»

«Chiudi la porta a chiave.», risposi sciogliendomi i capelli.

«EVVAI!», esclamò girando la chiave nella toppa e fiondandosi su di me.

Le ore passarono e la sera spense il cielo di Berlino, lasciando spazio alle insegne dei locali del centro dove Chris propose di uscire nuovamente, "tutti" assieme, se solo non fosse stato per Devin e Giulia che non si erano visti per tutta la giornata. Il bassista era andato a raggiungerla in stazione e poi, poof, scomparso.
Alla fine, ci arrendemmo alla loro assenza, consumando il nostro aperitivo senza di loro.
Al ritorno, ci perdemmo, ritrovandoci in un viale deserto di periferia.
L'unica fonte di luce, al di fuori della luna, era la torcia del cellulare di Balz che, illuminando verso un resto del muro di Berlino, rese visibile le figure ubriache di Devin e Giuli.

«Baciateci il cuuuuuulo!», come una cantinela, l'uomo abbassò i pantaloni mostrandoci le natiche, dall'alto del suo muro.
E Ryan sputò la sua birra.

«Ryan: il ritorno.», recitò come annoiato Vinny.

«Scendi da là!», strillai in italiano, per rendere a Giulia il messaggio più chiaro.
Ciondolava, brilla, sul ciglio del muro, rischiando di rompersi l'osso del collo.
«Screanzata.», imprecai tra me e me, cercando di arrampicarmi aiutata da Chris che mi fece salire sulle sue alte spalle.
«Vodka? Ma sei scemo?!», sbattei in faccia a Devin l'etichetta di quello che si erano scolati in nostra assenza.
In tutta risposta singhiozzò, alzando le spalle, e poi rise come un cretino.
Circondai la mia amica con un braccio conducendola dove Chris l'aspettava a braccia aperte, per afferrarla nel momento in cui sarebbe saltata giù.
Ryan mi raggiunse per far scendere anche l'amico che opponeva resistenza e che, come un incosciente, balzò senza curarsi dell'altezza o di atterrare incolume.

Il viaggio di ritorno, per noi lucidi di mente, fu un alternarsi del compito di sostenere Devin e Giulia per tutto il tragitto sofferto dal muro all'hotel.

«Ragazzi, vi aaadooro!», con voce artefatta dall'alcol, Devin continuò a delirare mentre per almeno tre volte, Giulia interruppe il cammino per vomitare.

«Io ti detesto in questo preciso momento.», sbuffò Ricky dopo essersi preso l'amico in spalla.

«Perché?», utilizzando la mia madre lingua potei parlare con Giulia senza filtri.

«Cosa?», chiese frastornata dalla sbronza che comunque si alleggerì grazie ai conati precedenti.

«Perché stai raggiungendo Devin riducendoti così.», il mio tono preoccupato la fece ridere, in un modo così amaro da far gelare il sangue nelle vene.

«Perché ho bisogno d'amore, Sofia. Ne ho disperato bisogno, basta anche l'illusione.», singhiozzò con un sorriso ebete e gli occhi spenti, più bui del cielo di mezza notte.

Dovevo assolutamente tenerla accanto perché solo in quel momento mi accorsi quanto ancora fosse fragile, alla ricerca di felicità e pace, disposta ad ubriacarsi su un muro alto metri e lontano migliaia di chilometri da casa pur di raggiungerle.
«Ti voglio bene.», l'abbracciai sentendo il pungente odore dell'alcol tra i suoi folti capelli castani.
Non rispose, ma si sciolse tra le mie braccia ed appendendosi a me, l'equilibrio non era dalla sua parte quella notte.

Esausta, portai Giulia sul letto di Devin e le rimboccai le coperte lasciandole un bacio sulla guancia.
«Buonanotte, sorellina.», le sussurrai e le sue labbra accennarono un sorriso.
Devin dormì a terra, la scelta fu presa dalla dose massiccia di alcol nel suo corpo.

Chiusi la porta della loro camera per poi chiudere la mia.
Mi rannicchiai sotto le coperte usando come pigiama una maglia di Rick.
Sentii il suo petto aderire alla mia schiena e le sua braccia trattenermi a lui.
Così, quella notte chiusi anche gli occhi mettendo un punto a quella giornata.

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