- 19 - Another Goodbye

«Dunque Sofia è contesa tra Ryan e Ricky?», domandò Balz.

«Per l'amor di Dio, no!», esclamammo io e Ryan all'unisono guardandoci a vicenda con ribrezzo.

«Lei è stronza!»

«Lui è sposato, nonché un imbecille madornale!»

«Visto?!», Ryan mi additò e gli serbai uno sguardo saettante.

«Ha soltanto ragione e poi non dovevate fare pace?», Devin non poteva evitare di non sgridarci come se fossimo stati due bambini.

Entrambi ci ammutolimmo e Chris prese le redini della conversazione.
«Era una cosa così evidente che c'è del tenero tra voi due, ma perché nascondercelo?», purtroppo stava iniziando a far domande scomode.

«Per non farmi trattare come la ragazza dell'amico.», abbozzai una risposta di esile convinzione.
«Poi non volevo sparegere la voce tra le fan, per il momento.», aggiunsi all'altra mezza verità.

«Dai, ragazzi. Ora siamo curiosi, dove e come vi siete conosciuti?», Vinny completò l'opera.

«Meetic.»

«Un bar.»

«Non ricordo.»

Ryan, io e Rick - in quest'ordine - rispondemmo sovrapponendo le nostre bugie.

«Olsen era in un bar ad usare Meetic e si sono scritti.», Ryan salvò la questione imbarazzante mentre l'amico lo guardò storto per via dell'Olsen. Lo odiava.
Gli sguardi confusi del nostro pubblico andarono a scemare, ma non ero sicura si fossero bevuti la balla.
Solo in quel momento, quando Rick mi prese la mano, notai che stessi sudando freddo.
Cercai gli occhi di Giulia, per me erano sempre un rifugio, il suo sorriso sereno calmava anche me e vederlo in quel momento mi avrebbe giovato, ma non trovai nè lei nè Devin.

Notai chiaramente come in quei minuti di agitazione generale lei si atteggiasse in modo costruito e lui enfatizzasse tutti i suoi movimenti in modo che si notassero i suoi bicipiti.
Si stavano corteggiando a vicenda ed ora erano addirittura scomparsi di soppiatto. Incredibile, erano già complici.
Compresi immediatamente come si stava sentendo Jonathan a sapermi non più vergine, per mano (o qualcos'altro più giù) di un ragazzo che conoscevo da molto poco.
A me il solo fatto che la mia migliore amica si fosse appartata con Devin mi diede fastidio, oltretutto mi sentii uno schifo ad aver ripensato a quanto poco conoscessi Rick e quanto già gli avessi dato.

Scacciai quei pensieri e feci notare la loro assenza agli altri, trattenendo la preoccupazione ed il fastidio che mi pervasero.

«Già. Dove sono secondo te?», mi domamdò Rick, decisamente più rilassato, forse per la libertà di potermi tenere tra le braccia davanti gli altri.

«Vado a cercarli? So che non dovrei interrompere, ma...»

«Vai assolutamente.», si allarmò Balz. «Non so come sia Giulia, ma basta conoscere Devin per non fidarsi.»
Io conoscevo anche Giulia e secondo la logica del tastierista era un gran casino.
Affidabilità livello 0.

«Porta con te Ryan, così fate pace.», Rick mi rivolse un occhilino.

Ed erano appena le 15 in punto. Sarebbe stata una giornata lunghissima.
Il moro sbuffò e mi seguì fuori dalla stanza in ricognizione, poi prendemmo vie separate come concordato.
Corsi alla porta di Devin, ma non c'era nessuno. Origliai e non sentii voci o letti cigolanti - grazie al cielo -, inutile bussare; perciò corsi al bar dell'albergo, ma nulla.
Infine alla terrazza principale dell'hotel trovai Ryan accovacciato che già li sbirciava da dietro un'imponente vasiera con un'alta e rigogliosa pianta a coprirci.
Erano seduti uno affianco all'altra a ridere e guardarsi perdutamente.
Mi sentii sollevata e mi investì un senso di dolcezza, così, dato che tutto era sotto controllo, iniziai a svignarmela.

«Dove vai?», mi bisbigliò Ryan notando la mia assenza al suo fianco.

«È tutto normale, non serve che le faccia da cane da guardia. Lasciamo loro un po' di intimità, sono così carini.», spiegai con superiorità.
Si alzò avvicinandosi a me, il suo sguardo severo incastrato col mio che non osava demordere.
«Per cosa ti scusavi?», gli chiesi fingendomi indifferente.

«Quando?», aggrottò la fronte.

«All'una circa, quando sono uscita.»

«Be', alla litigata di sta mattina e le varie cose...», rispose vagamente, ma riconobbi il suo sforzo nell'ammettere di essere veramente pentito. Io, col mio pessimo carattere, non ne sarei stata capace così facilmente.

«Accetto le tue scuse solo se tu accetti le mie.», risposi neutrale, allungando una mano.

«Prometti anche di non picchiarmi più?», ritirai la mano.

«Ovvio che no, è troppo divertente.», scherzai e mi rivolse un sorriso capendo le mie intenzioni non-ostili.

«Affare fatto.», concluse e mi porse un braccio che incrociai col mio.
Con le braccia incrociate, ci allontanammo dal nascondiglio e una volta per tutte sotterrai l'ascia di guerra anche con lui, sperando davvero di poter andare finalmente d'amore e d'accordo.

Stavamo per varcare la porta quando sentii la risata di mio fratello. Era la cosa che più al mondo mi rendeva il cuore leggero, dunque fermai Ryan per ascoltare mio fratello ridere ed intrattenere gli altri coi suoi discorsi.
Presto, il mio sorriso si trasformò in un broncio di pura stizza.
«Allora? Cosa ha fatto quando avete visto il reagalo?», lo sentii chiedere elettrizzato.

Brutto bastardo.

«È diventata rossa pomodoro e poi si è coperta la faccia con la felpa!», mi derise Vinny.

«Non è divertente...», aggiunse Rick con risentimento.

«JONATHAN!», mi scagliai contro di lui spingendolo sul letto e sovrastandolo per tappargli quella boccaccia.

«Eww! Incesti.», commentò Ryan.

«Avevi promesso di impegnarti.», lo apostrofò Rick che mi tolse da mio fratello.

«Non ti deve importare di quel ragalo e se lo userò.», scelsi le parole per lasciar intendere il falso.

«Certo.», Chris tossì, con sguardo eloquente.

«Già usato.», boffinchiò Balz.
A Ryan scappò una risatina soffocata.

«Cosa state intendendo?», assottigliai gli occhi, ma erano troppo divertiti per temermi.

«Be'... Sta mattina Ricky per qualche "motivo" è corso in soli pantaloncini e aveva "certi" segni...», vaneggiò Vinny.

«Già, e ieri notte ci sono stati "certi" rumori molesti...», insinuò anche Sitkowski che si beccò un mio colpo sul coppino.

«Smettila.», gli disse scocciato Ricky che non riusciva a trattenere un sorrisetto ebete di chi è messo in soggezione.

«Ma noi stiamo solo raccontando le ultime ore...», Chris si finse innocente, ridendo sotto i baffi.

«Basta!», ordinò Jonny infastidito facendomi sobbalzare.
«Secondo me non doveva neanche immaginarla in intimo, intesi? Non me voglio più sentire parlare.»
Nonostante fosse il più giovane, il più basso ed avesse la voce più limpida confronto a quella mature della band, mise fine agli scherni con tale decisione nel suo tono che mi mise paura.
Ringhiò anche a Rick, ma non ne sono certa.

«Va bene...», Chris alzò le mani in segno di resa.

Mi sentii terribilmente in soggezione. I miei ripensamenti erano sempre più forti ora che era messo in discussione il fatto della notte precedente.
Quello che più temevo si materializzò sotto i miei occhi: venni presa in giro nella mia intimità più profonda e mi sentii la delusione per mio fratello che inceneriva Richard con gli occhi.
L'aria diventò tesa perciò tutti tornarono nella propria camera.

«Sof.», Balz mi richiamò per poi sussurrarmi, «Stavamo scherzando, non ti vergognare di cose assolutamente normali.»
Mi sorrise tentando di sollevarmi il morale, ma i miei pensieri non si diradarono. Finsi un sorriso ed uscii dalla sua camera.

Mentre mi stavo incamminando nella mia stanza, notai con la coda dell'occhio Jonathan raggiungere il mio ragazzo. Mio fratello si diede un'occhiata attorno per verificare la loro privacy ed aspettò la mia scomparsa in camera per poter parlare.
Rimasi con le orecchie tese e la porta socchiusa.
«Basta che la rendi felice.», gli disse Jonny. Il suo tono era liquido, quasi commosso.

«Puoi contarci.», rispose Rick solennemente e il dialogo si concluse lì.
Si separarono e il chitarrista entrò in camera mia.
Cercò la mia attenzione, chiamandomi, e mugugnai per fargli intendere che ero in ascolto. Non volevo girarmi a far notare lo sconforto scolpito sul mio viso. Mi prese il mento con due dita, costringendomi a guardarlo.
«Hai un fratello fantastico. Ti vuole così bene da odiarmi a prescindere e vuole solo la tua felicità. Ho promesso a lui e a me stesso che sarò io la tua felicità. Ok?»
Annuii, emozionata da quelle parole e mi accoccolai al suo petto lasciandomi cullare dal suo respiro caldo.

Aprii gli occhi. Il mio sonno fu disturbato dalla vibrazione del cellulare di Rick, riposto nella sua felpa, più precisamente nella tasca incastrata sotto la mia schiena.
Seguendo la stoffa spessa e nera si arrivava al suo busto, che si abbassava ed alzava regolarmente, mentre dormiva accanto a me.
Aveva un braccio sul mio ventre che prima di addormentarsi mi cingeva con più insistenza. I suoi capelli neri coprivano i suoi lineamenti addolciti dal sonno, alcuni appiccicati alla guancia ed altri incastrati tra i piercings.
Mi strofinai gli occhi e guardai lo schermo del suo I Phone, scoprendo il perché della vibrazione.
La sveglia denominata "preparati hai un maddafakka concerto" mi chiarì che si fece l'ora di arrivare allo stadio per lo spettacolo.

Lo show era sold out perciò io, Giulia e mio fratello avremmo assistito dalle quinte stando ben lontani dai comandi degli effetti speciali.
A Jonathan non dispiaceva la musica, così, seguì lo spettacolo mentre io distraevo Giulia che ha sempre odiato questi generi musicali.

«Allora...», attirai la sua attenzione.
«Tu e Devin, eh? Dai racconta!», insinuai ammiccando sguaiatamente.

«Cosa dovrei raccontare, non... Non abbiamo fatto nulla, cioè cosa intendi?», tentò di passare per ingenua, ma divenne piuttosto rossa in viso.

«Hai capito benissimo. Gli sguardi reciproci, lui che mette in mostra la mercanzia e te che ti sistemi freneticamente i capelli in sua presenza. Pensi che non si noti? E poi eravate tenerissimi sulla terrazza.», continuai convinta della nuova coppia.

«Sul serio non so a cosa ti riferisci...», mentì di nuovo, ma con aria disinvolta questa volta.
Poi il suo entusiasmo la tradì, «Aspetta, eravamo teneri?!»
Sorrisi vittoriosa.
«I miei e i tuoi non sanno che io è Jonny siamo qua con te.», cercò di farmi concentrare su altro. Argomento ovvio, che non mi avrebbe distratta.

«Immaginavo. Magari penseranno anche che tu sei in giro con Jonny in modo romantico, ma no perché a te piace De-vi-n...», la stuzzicai riprendendo l'argomento di prima. Non intendevo demordere.

«Non è vero! Non mi piace e io non gli piaccio!», rispose scocciata voltando il viso da un'altra parte.

«Perché ti risulta difficile ammetterlo?», le chiesi esasperata.
Non mi degnò di uno sguardo e gettai la spugna lasciando che la discussione si chiudesse lì.

«Vuoi smetterla? Fra poco torni a casa e chissà per quanto non ci vedremo. Oltretutto sono io quella irrascibile, dunque facciamo pace. È un ordine!», urlai a Giulia, per via dell'assordante musica proveniente dal palco.

«Ok.», acconsentì, «A patto che mi dai il numero di Devin.», e finalmente mi regalò uno sei suoi sorrisi furbi.

«Lo sapevo!», esultai soddisfatta.
Prima regola con Sofia Pigato: Sof ha sempre ragione.
Conversammo finchè il concerto non finì ed i ragazzi arrivarono nelle quinte.
Devin si avvicinó a noi, mi diede un'affettuosa pacca sulla spalla come era solito fare, e poi accarezzò di sfuggita il volto di Giulia facendola sciogliere.

«Latin lover.», commentò Rick sottovoce. Gli annuii ridendo.

Gli R al Quadrato, come chiamavo Ricky e Ryan - oltre "i due imbecilli" -, erano sofferenti oltre che stanchi dall'esibizione.
Per loro fortuna le valige non erano neanche state disfatte e furono subito caricate sul tour bus senza dover faticare a prepararle.
Salutai a malincuore mio fratello e Giulia, dilatando il tempo il più possibile.
«Mi raccomando non dite nulla ai nostri genitori di me. Per favore.»

«Certo!», rispose con eloquenza mia sorella.

«Ci manchi già.», mi disse Jonny in sussurro stringendomi forte e Giulia si unì all'abbraccio.
Sentii le lacrime battere contro le palpebre serrate e senza poterle trattenere solcarono le mie goti.
Jonny mi asciugò le guance e mi diede un ultimo bacio sulla pelle ancora umida.
Salii sul bus diretto a Berlino e quando partì rimasi a guardare le loro figure finché non diventarono sagome confuse fino a sparire nell'orizzonte.

«Lo so, pure io ho una sorella minore ed una famiglia.», Ryan mi poggiò una mano sulla spalla, «Ma almeno abbiamo la certezza che il loro amore sarà sempre lì per noi..», mi consolò agitando il telefono e facendo vedere che stava telefonando a sua moglie, Ellie.
Gli rivolsi un sorriso spento e sconsolato prima che si allontanò per via della chiamata.

L'odio fa male, ma sentire il calore dell'affetto sulla pelle e poi non trovarlo più addosso, distrugge molto di più.

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